06/08/2015 – Il segretario non può ricevere indennità di risultato senza obiettivi certi e verificati

Il segretario non può ricevere indennità di risultato senza obiettivi certi e verificati

di Stefano Usai

La sentenza 451/2015 della Corte dei conti – Prima sezione centrale d’appello

Il segretario comunale non può ricevere compensi per l’attività di presidente del nucleo di valutazione e non può ricevere alcuna indennità di risultato se gli obiettivi non risultano assegnati e i risultati raggiunti. Lo stabilisce la Corte dei Conti, prima sezione giurisdizionale centrale di appello, nella sentenza n. 451/2015, che ha rilevato diversi profili di danno erariale a carico dei convenuti.

La vicenda 

La sezione affronta l’appello proposta dal sindaco e dal segretario contro la pronuncia di primo grado della sezione giurisdizionale Campania n. 1103/2014. Nel caso di specie, venivano in considerazione – tra le altre – le attività svolte dal segretario comunale quale presidente del nucleo di valutazione. L’appellante (segretario) sosteneva che l’emolumento era dovuto in quanto l’incarico era da collocarsi «tra quelli aggiuntivi extraistituzionali», considerato che il suo confermimento era avvenuto «con apposito decreto sindacale e la cui attività è stata espletata al di fuori del normale orario di servizio». Al giudice dell’Erario la motivazione difensiva non è apparsa persuasiva. Al di là della natura della funzione di presidente del nucleo di valutazione – si legge nella sentenza – , occorre ricordare «che lo svolgimento di tale mansione era previsto nel contratto collettivo integrativo di livello nazionale dei segretari comunali e provinciali (accordo del 22 dicembre 2003) tra le condizioni che avrebbero potuto determinare l’incremento (dal 10% al 50%) della retribuzione di posizione del Segretario Comunale». Ma, nel caso trattato l’appellante, nel periodo interessato dal procedimento, già percepiva la retribuzione di posizione nel suo massimo. Circostanza che, secondo i giudici, «avrebbe dovuto comportare che, (…) l’attività di presidente del nucleo di valutazione non comportasse il percepimento (…) di alcun altro emolumento». È stata inoltre ritenuta inconferente anche l’affermazione difensiva secondo cui il compenso sarebbe spettato perché rientrante non nelle funzioni di segretario comunale ma di direttore generale.

Le indennità di risultato 

La sezione ha affrontato anche la questione della presunta indebita erogazione delle indennità di risultato al segretario, soffermandosi sugli elementi essenziali necessari per una corretta corresponsione. Le precisazioni fornite in sentenza rappresentano una conferma delle statuizioni costantemente ribadite in relazione alle questioni relative alla valutazione nel pubblico impiego. Secondo la sentenza di primo grado, l’indennità di risultato «è stata riconosciuta in violazione del quadro normativo di riferimento, atteso che tale indennità è stata riconosciuta e liquidata in assenza di un’assegnazione di obiettivi e senza la necessaria verifica della loro assegnazione». Il giudice d’appello, in perfetta sintonia con il giudice di primo grado, evidenzia che le fasi di previsione ed erogazione dell’indennità di risultato sono puntualmente procedimentalizzate «dall’articolo 42 del contratto nazionale del 16 maggio 2001» e che gli elementi indeffettibili che leggittimano la corresponsione sono sostanzialmetne due: «l’attribuzione degli obiettivi espliciti e chiari (da non rapportare a generici riferimento al programma politico tout court del sindaco) e il controllo del raggiungimento dei risultati conseguiti». Tutti elementi che la procura ha ritenuto carenti e la cui sussistenza è rimasta indimostrata da parte degli appellanti. Per effetto di quanto annotato, il giudice ha ritenuto confermato il pregiudizio erariale sia in capo al sindaco «che ha disposto l’attribuzione delle varie somme indicate», sia in capo al segretario che «nell’ambito della sua funzione di garante della legalità dell’azione amministrativa dell’ente, non ha rilevato le illegittimità delle operazioni poste in essere, beneficiando dei relativi effetti».

Azione di responsabilità anche nel Comune è in dissesto 

È importante nella sentenza anche un riferimento ai rapporti esistenti tra l’azione responsabilità e l’eventuale situazione di dissesto (dell’ente) non ancora conclusa. Gli appellanti hanno sollevato l’eccezione di inammissibilità dell’azione risarcitoria in quanto – secondo la tesi difensiva – la domanda avrebbe dovuto ritenersi «inammissibile in quanto la procedura conseguente al dissesto» era ancora in corso. Secondo questa tesi, «solo all’esito di detta procedura e, segnatamente, all’esito della vendita dei beni di proprietà dell’ente» avrebbero potuto «individuarsi, (…), eventuali danni cagionati dai convenuti in giudizio». Nemmeno questa idea viene ritenuta persuasiva. Infatti, rileva il guidice, il motivo è privo di fondamento «poichè nessuna norma di legge impedisce alla Procura di esercitare l’azione di responsabilità nei confronti di amministratori e dipendenti di un ente dissestato, tenuto conto poi del fatto che l’esito dell’azione medesima è finalizzato ad ottenere un ristoro patrimoniale per l’ente stesso, con evidenti vantaggi per tutti gli squilibri finanziari locali».

 

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