06/02/2017 – I diritti di rogito e l’interpretazione delle norme

I diritti di rogito e l’interpretazione delle norme

 

Anticipo il mio prossimo Editoriale di Personale News.

E avanti! Non passa giorno che non arrivi un’interpretazione che ci fa strabuzzare gli occhi dalla sorpresa. Pensiamo solo alla vicenda dei diritti di rogito ai segretari comunali. Insomma: chi ha ragione? Si pagano o non si pagano anche ai segretari di fascia “A” e “B” che prestano attività lavorativa, in un ente senza la dirigenza? Sembrava che ci fosse una netta linea di separazione interpretativa tra Corte dei Conti e Tribunali del lavoro, ed invece, la recente sentenza del Tribunale di Bergamo ha detto che forse, sì, è più corretto erogare i diritti solo ai Segretari di fascia “C”. Però, dopo qualche giorno, arriva il Tribunale di Verona che conferma l’orientamento dei precedenti giudici del lavoro. E allora? Come la mettiamo?

Ma non voglio fermarmi sulla vicenda, peraltro, per chi scrive, già chiara da tempo: se la norma ha voluto precisare la questione degli enti con e senza la dirigenza ci sarà un motivo, altrimenti bastava scrivere una cosa tipo: “si pagano solo ai Segretari di fascia C”.

Ed è proprio su questo che vorrei aggiungere una parola. Come si sta giocando la partita tra lettura formale della disposizione e interpretazione della volontà del legislatore?

Mi piace ricordare una frase contenuta nella sentenza 14086 del 1° ottobre 2002 della Corte di Cassazione: “La Pubblica Amministrazione non ha alcun obbligo di conformarsi alla interpretazione dottrinale e giurisprudenziale, mentre ha invece l’obbligo – dovendo svolgere ogni sua attività con la rigorosa osservanza del principio di legalità – di applicare la legge dandone, in base ai prescritti canoni ermeneutici, una interpretazione conforme alla sua effettiva portata normativa”.

Uao! Come suona bene. E quali sono i prescritti canoni ermeneutici? Potremmo pensare, ad esempio, all’articolo 12 , comma 1, delle “Disposizioni della legge in generale” del codice civile (pre-leggi) dove si legge che “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”.

E ci risiamo. In un loop senza fine, dove ciascuno tra operatori, giudici, magistrati, commentatori, formatori e giornalisti può deformare come un elastico, dando l’interpretazione che, in quel momento, gli appare più corretta.

Per concludere, mi permetto anch’io un giochino interpretativo. Richiamo una frase detta da Nietzsche in un contesto totalmente diverso, utilizzandone il significato delle parole nella loro connessione letterale, ma applicandole al nostro mondo lavorativo: “Non esistono fatti, solo interpretazioni”. Visto? Funziona…

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