05/10/2018 – Cani randagi: illegittima l’ordinanza che vieta di sfamarli

Cani randagi: illegittima l’ordinanza che vieta di sfamarli

TAR, Campania-Napoli, sez. V, ordinanza 02/10/2018 n° 958

Di Riccardo Bianchini – Pubblicato il 04/10/2018

 

E’ illegittimo il divieto di dare da mangiare agli animali randagi? Quali sono i limiti ai poteri del sindaco in materia?

La risposta a questi quesiti arriva dalla Sezione Quinta del TAR Campania-Napoli con l’ordinanza n. 958 depositata il 2 ottobre 2018.

Nel caso di specie un Comune campano aveva emesso una particolare ordinanza prevedente, fra l’altro il divieto ai cittadini di alimentare i cani randagi nelle aree pubbliche e l’obbligo di utilizzo di museruola e guinzaglio nella conduzione di cani.

A fronte di ciò ricorreva in giudizio, proponendo istanza cautelare di sospensione del provvedimento, un’associazione.

Il Collegio ha accolto la domanda cautelare, così riconoscendo la sussistenza sia del requisito del fumus boni iuris che del periculum in mora.

La pronunzia della Corte. Nel dettaglio, sotto il profilo della fondatezza nel merito della domanda, il Collegio ha evidenziato – con al caratteristica sintesi dei provvedimenti cautelari – che l’interesse pubblico sotteso al provvedimento consistente nel divieto di alimentazione degli animali randagi non poteva identificarsi che nell’esigenza di evitare il verificarsi di situazioni nocive o pericolose dal punto di vista igienico sanitario. Esigenze di igiene che potrebbero essere messe in pericolo dall’abbandono di rifiuti su suolo pubblico.

Ma, ha rilevato il Collegio, tale condotta costituisce già di per sé un illecito tipizzato da altre norme indipendentemente dall’ordinanza sindacale impugnata. In altri termini, colui che sfamando animali randagi abbandoni rifiuti sul suolo pubblico risulta già sanzionato e, dunque, non vi è ragione di vietare tale condotta che, di per sé, potrebbe anche essere svolta in modo da non arrecare pregiudizio all’interesse pubblico  (attraverso l’uso di appositi contenitori ed rimuovendo gli avanzi di cibo). Da ciò la carenza di ragionevolezza della disposizione impugnata.

Quanto all’obbligo di musuerola, il Tar campano ha invece richiamato un precedente del Tar romano evidenziando come “l’aver previsto, in maniera indiscriminata e astratta, l’obbligo di dotare di museruola i cani appartenenti alle razze pericolose o di grossa taglia risulta illegittimo e contrastante con la normativa in materia e che “la letteratura scientifica veterinaria ha confermato che non è possibile stabilire il rischio di una maggiore aggressività di un cane in base alla razza o ai suoi incroci” (sentenza 710016, il T.A.R. Lazio- Roma)”.

Da ciò il convincimento del Collegio sulla fondatezza del ricorso in ordine al merito della domanda.

Lo stress dell’animale. Di ancora maggiore interesse appare la motivazione che ha portato ad accogliere la domanda cautelare: ossia le considerazioni svolte nell’ordinanza in tema di periculum in mora.

Questo il sintetico passaggio del provvedimento: “Ritenuta la sussistenza del periculum in mora, atteso che i cani randagi rischierebbero di morire di inedia per la mancata somministrazione di cibo in luoghi pubblici e che la prescrizione relativa all’uso di museruola per i cani di grossa tagli o pericolosi, come documentato dall’associazione ricorrente con perizia di parte, potrebbe provocare “stress all’animale, col rischio di causare, o esacerbare, essi stessi le tendenze aggressive””.

A quanto pare il Collegio, accanto alle considerazioni in ordine al rischio di maggiore aggressività degli stessi (ragionamento che involge profili di sicurezza sociale e dunque direttamente gli interessi “umani”) ha valorizzato la sofferenza stessa degli animali (che rischiano di morire di inedia se non nutriti), così implicitamente inserendosi in quel filone volto a dar sempre più voce ad una pretesa di giustizia rivolta verso il beneficio di animali (non umani) in sé considerati. Tema, quest’ultimo, oramai sempre più dibattuto sia in sede legislativa che giudiziaria.

(Altalex, 4 ottobre 2018. Nota di Riccardo Bianchini)

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