05/09/2017 – Disciplina del requisito dell’attività prevalente

04-09-2017 DISCIPLINA DEL REQUISITO DELL’ATTIVITA’ PREVALENTE

 

 

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4030 del 18 agosto 2017 si è pronunciato in merito alla richiesta di riforma della sentenza del Tar, avente ad oggetto un affidamento in house di un servizio, affidato ad una società a partecipazione integralmente pubblica, di cui il Comune detiene detiene circa il 16% del capitale. Nel dettaglio, è controversa la questione concernente la mancanza del requisito dell’attività prevalente in capo alla società affidataria del servizio suddetto, non essendo pacifico che sia computabile a tali fini la rilevante quota di attività svolta dalla società in favore di enti pubblici non soci, sia pure sulla base di un atto avente valenza pubblicistica, quale l’AIA regionale n. 9/11.

La Corte di Giustizia UE, evidenzia che “nell’ambito dell’applicazione della giurisprudenza della Corte in materia di affidamenti diretti degli appalti pubblici detti «in house», al fine di stabilire se l’ente affidatario svolga l’attività prevalente per l’amministrazione aggiudicatrice, segnatamente per gli enti territoriali che siano suoi soci e che lo controllino, non si deve ricomprendere in tale attività quella imposta a detto ente da un’amministrazione pubblica, non sua socia, a favore di enti territoriali a loro volta non soci di detto ente e che non esercitino su di esso alcun controllo. Tale ultima attività deve essere considerata come un’attività svolta a favore di terzi”. Inoltre, afferma che “al fine di stabilire se l’ente affidatario svolga l’attività prevalente per gli enti territoriali che siano suoi soci e che esercitino su di esso, congiuntamente, un controllo analogo a quello esercitato sui loro stessi servizi, occorre tener conto di tutte le circostanze del caso di specie, tra le quali, all’occorrenza, l’attività che il medesimo ente affidatario abbia svolto per detti enti territoriali prima che divenisse effettivo tale controllo congiunto”.

In particolare, la Corte di Giustizia ha osservato che qualsiasi attività dell’ente affidatario che sia rivolta a persone diverse da quelle che lo controllano, va considerata come svolta in favore di terzi, non rilevando il fatto che tale attività sia in ipotesi svolta in favore di soggetti pubblici, la Corte dunque ha escluso che in capo alla società sia configurabile la sussistenza del requisito dell’attività prevalente.

Il collegio, evidenzia che il requisito dell’attività prevalente non è soddisfatto in caso di attività svolte in favore di enti non soci rappresentanti il 50% circa dell’attività sociale, intesa in termini di fatturato. Alla luce dell’interpretazione della Corte di Giustizia, è illegittimo per carenza di requisiti previsti dall’ordinamento UE, l’affidamento diretto disposto in favore di una società in house, le cui attività svolte in favore di enti non soci non presentano affatto un carattere di marginalità rappresentando il 50% circa dell’attività sociale intesa in termini di fatturato.

La Corte di Giustizia ha chiarito che la quota di attività svolta dalla società nei confronti di enti non soci non potesse essere in alcun modo computata ai fini del conseguimento del requisito dell’attività prevalente, a nulla rilevando il fatto che la prestazione di tali attività fosse stata imposta da un atto regionale a valenza pubblicistica e dal contenuto cogente per la società in oggetto.

Conseguentemente, si deve ritenere che la società in questione fosse in concreto priva di uno dei presupposti indefettibili perché potesse essere legittimamente disposto un affidamento in regime di delegazione interorganica (c.d. ‘in house’).

In conclusione affinchè possa dirsi concretato il requisiti dell’attività prevalente dell’ente è indispensabile che l’attività affidatario sia rivolta principalmente all’ente o agli enti che lo controllano mentre ogni altra attività può avere solo carattere marginale.

CDS, SENTENZA 4030, 28 AGOSTO 2017

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