05/08/2019 – Le principali pronunce e indirizzi della Corte dei Conti-15/31 luglio 2019

Le principali pronunce e indirizzi della Corte dei Conti-15/31 luglio 2019

di Cristina Montanari – Responsabile dell’Area Finanziaria e Vicesegretario del Comune di Serramazzoni
La Giurisprudenza Consultiva
CONTABILITA’ E CONTROLLI
– In tema di trasporto funebre, essendo la materia “polizia mortuaria” multidisciplinare e di competenza di diversi livelli di governo, vi è la necessità di esaminare anche la normativa regionale che, per gli aspetti afferenti all’igiene e sanità, rientranti nella materia della tutela della salute, concorre, ex comma 3, art. 117 Cost. con quella statale. Per il particolare segmento di trasporto funebre dal luogo pubblico del decesso al luogo d’osservazione/obitorio, pertanto, la norma regionale (art. 8 comma 11 ss., D.P.G.R. Piemonte n. 7 del 2012), che pone a carico dell’ente i relativi costi, è coerente con la natura di servizio necroscopico indispensabile di tale tipologia di trasporto. Essa risponde alla necessità di liberare celermente la pubblica via/altri luoghi pubblici dalla salma e di garantire la salute della collettività, l’igiene e la sanità pubblica. Tali esigenze vengono meno nel caso del successivo servizio di trasporto dal luogo di osservazione al luogo di sepoltura/cremazione i cui costi, pertanto, devono essere a carico dei familiari.
– Un Sindaco ha formulato una richiesta di parere, articolata in due quesiti, sulla partecipazione del Comune a un consorzio di scopo e alla possibilità di ripiano di eventuali perdite di gestione dello stesso. La Sezione ha dichiarato l’inammissibilità oggettiva del secondo quesito, in quanto riferito a una concreta e specifica vicenda, legata a una richiesta di reintegro del fondo consortile indirizzata al Comune; quanto al primo quesito, la Sezione ha aderito all’orientamento della giurisprudenza contabile che ritiene il c.d. divieto di soccorso finanziario ex art. 14, comma 5, D.Lgs. n. 175 del 2016, estensibile anche ai Consorzi di servizi partecipati da enti locali.
– Un Sindaco ha chiesto un parere in merito all’esistenza di un limite minimo obbligatorio per i compensi dei revisori dei conti degli enti locali: la Sezione evidenzia come la normativa (art. 241D.Lgs. n. 267 del 2000) ha predeterminato il tetto massimo del compenso sulla base di criteri oggettivi, prefissati dalla legge (parametri aggiornati con D.M. 21 dicembre 2018), ma nulla ha disposto in ordine ai limiti minimi. L’interesse del revisore ad un adeguato corrispettivo “si realizza mediante lo strumento contrattuale – ove sia possibile la determinazione concordata del compenso – o in sede giudiziaria, qualora la remunerazione fissata dall’ente appaia incongrua” (delibera n. 16/2017/QMIG).
– La richiesta di parere formulata ex art. 7, comma 8, L. n. 131 del 2003, da una società a totale capitale pubblico locale, va dichiarata inammissibile per carenza del presupposto soggettivo.
ORGANI DI GOVERNO
– Il principio di diritto enunciato con la deliberazione n. 38/SEZAUT/2016 della Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti, avente ad oggetto la corretta interpretazione dell’art. 84, comma 3, TUEL in merito al rimborso delle spese di viaggio sostenute da amministratori locali che risiedono fuori dal comune in cui ha sede il rispettivo ente, non è applicabile anche al caso in cui detti amministratori, avendo la residenza nel comune sede dell’ente, hanno il domicilio in diverso comune per ragioni professionali e sostengono delle spese per recarsi presso l’Ente di residenza per l’esercizio delle proprie funzioni.
– Interpellata in merito alla possibilità di riconoscere un compenso e/o un rimborso spese ai membri della Commissione locale per il paesaggio prevista dall’art. 148D.Lgs. n. 42 del 2004, la Sezione evidenzia che l’art. 183, comma 3, dello stesso decreto vieta tale opzione; tuttavia, ritiene sia possibile riconoscere ai relativi membri un rimborso delle spese documentate, a condizione che l’amministrazione interessata verifichi a monte, sin dalla fase di programmazione, la possibilità di coprire, in concreto, tali spese con nuove entrate (ovvero risparmi di spesa) derivanti dall’esercizio della funzione delegata, di cui è parte integrante e sostanziale la commissione locale per il paesaggio. In caso contrario, tali oneri non potranno essere sostenuti, pena la violazione del vincolo d’invarianza finanziaria previsto dal comma 3, del citato art. 183 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
– Un Comune chiede un parere sulle indennità di funzione spettanti al Sindaco; la Sezione ribadisce il coerente orientamento della Corte sui parametri di riferimento (art. 1D.M. 4 aprile 2000, n. 119art. 1, comma 54L. n. 266 del 2005), che non possono essere modificati da temporanee e soggettive situazioni preesistenti.
PERSONALE E PREVIDENZA
– La questione sottoposta alla Corte riguarda la possibilità di fronteggiare con risorse dell’Ente gli oneri conseguenti al rinnovo della Carta di Qualificazione del Conducente per un operaio addetto ai servizi cimiteriali-muratore-giardiniere incaricato anche della conduzione dello scuolabus comunale; il quesito, quindi, riguarda l’ammissibilità dell’imputazione alle risorse finanziarie dell’Ente dei costi relativi a un onere formativo, obbligatorio per l’espletamento di un’attività aggiuntiva richiesta a un dipendente addetto in via principale a molteplici altre mansioni. La valutazione in termini di efficienza ed economicità per l’Ente della possibilità di far fronte agli oneri conseguenti al mantenimento della particolare autorizzazione alla guida con le proprie risorse finanziarie va ricondotta al ponderato bilanciamento tra la convenienza e necessità di utilizzare una risorsa professionale adibita alla mansione specifica per la quale, in un’ottica di osservanza dell’obbligo di legge e di tutela della sicurezza, può essere ritenuta non irragionevole la copertura del costo con le risorse dell’Ente e la necessità di non accordare benefici ingiustificati, assicurando a dipendenti non coinvolti in modo essenziale nell’espletamento dello specifico servizio il beneficio del finanziamento degli oneri per il conseguimento/mantenimento di un titolo professionale da utilizzare nel proprio curriculum professionale. In tale ottica, nella quale dev’essere valorizzato il bisogno funzionale dell’ente e rispetto al quale la CQC risulta essere un requisito imprescindibile e necessario, il demandare al dipendente l’onere finanziario di una formazione obbligatoria per legge, in particolare per categorie che ordinariamente godono di trattamenti retributivi non elevati, potrebbe realizzare conseguenze irragionevolmente penalizzanti in ipotesi di autisti capaci e scrupolosi nello svolgimento delle proprie mansioni impossibilitati a continuare il servizio per mancanza di risorse finanziarie necessarie al pagamento del corso per il mantenimento della CQC. Giova altresì ricordare, nel senso di rendere configurabile da parte di un ente pubblico il finanziamento di attività formative dei dipendenti a tutto vantaggio della professionalità del servizio, che nell’ambito del contratto collettivo del comparto unico regionale CCRL sottoscritto il 7 dicembre 2006, l’art. 79 rubricato “sviluppo delle attività formative” prevede che l’accrescimento e l’aggiornamento professionale vadano assunti come metodo permanente per assicurare il costante adeguamento delle competenze. In conclusione, una volta osservati gli obblighi derivanti dal coordinamento della finanza pubblica in termini di equilibri di bilancio o di limiti alla spesa del personale, rientra nell’ambito delle scelte discrezionali e organizzative autonome dell’ente, rese esplicite dai requisiti dei bandi di concorso e dalla successiva disciplina dei rapporti di lavoro individuali, valutare se la formazione sia strettamente collegata allo svolgimento ottimale dell’attività che il soggetto deve svolgere a favore dell’ente che, come tale, può essere finanziata con le relative risorse necessarie o se la particolare autorizzazione (o mantenimento della stessa) di cui alla CQC, rivesta semplicemente la natura di un titolo aggiuntivo da inserire nel curriculum personale e in quanto tale non rientri nell’ambito degli obiettivi formativi di miglioramento della qualità del servizio finanziabili con risorse pubbliche.
– Il giudice dei conti esprime un motivato avviso sulla possibilità di escludere dal limite complessivo di spesa di personale, la spesa relativa al personale assunto a tempo determinato per l’erogazione dei servizi sociali dei Comuni dal Comune Ente gestore del Servizio Sociale di un ambito territoriale, con fondi erogati dalla Regione a valere sul “Fondo Sociale Regionale”.
– In tema di stabilizzazione di personale utilizzato in lavori socialmente utili, la Sezione ritiene che, in base al combinato disposto dell’art. 6 e dell’art. 35, comma 4, D.Lgs. n. 165 del 2001, lo strumento programmatorio debba necessariamente precedere la fase dell’assunzione di personale, che trova nel piano triennale del fabbisogno di personale il suo indispensabile presupposto. Infatti, sono le effettive esigenze di fabbisogno di personale che costituiscono il punto di riferimento per le scelte assunzionali dell’ente, fermo restando il rispetto dei vincoli, giuridici e finanziari, previsti dalla normativa vigente. Detto piano deve tener conto delle indicazioni operative di carattere generale fornite dalle “Linee di indirizzo per la predisposizione dei piani dei fabbisogni di personale da parte delle pubbliche amministrazioni” di cui al D.M. 8 maggio 2018. L’art. 6, comma 6, D.Lgs. n. 165 del 2001, prevede che le p.a. che non provvedono agli adempimenti indicati nel medesimo articolo non possono assumere nuovo personale. Le stesse procedure di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili non possono che essere realizzate in coerenza con quanto stabilito nel piano triennale del fabbisogno di personale, indicando la relativa copertura finanziaria. L’art. 1, comma 446L. n. 145 del 2018, nel consentire e disciplinare le assunzioni dei lavoratori socialmente utili a tempo indeterminato, anche con contratti di lavoro a tempo parziale, ha stabilito che le p.a. “…possono procedere all’assunzione nei limiti della dotazione organica e del piano di fabbisogno del personale, nel rispetto delle seguenti condizioni: (omissis) g) calcolo della spesa di personale da parte degli enti territoriali e degli enti pubblici interessati, ai fini delle disposizioni di cui all’art. 1, commi 557557-quater e 562L. 27 dicembre 2006, n. 296, al netto dell’eventuale cofinanziamento erogato dallo Stato e dalle regioni…“. Ciò significa che non è possibile andare in deroga alle norme relative ai vincoli in materia di spesa del personale neanche per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili. Per ricorrere allo strumento delle stabilizzazioni è necessario, ai sensi del comma 4, art. 20D.Lgs. n. 75 del 2017, che l’amministrazione abbia rispettato per tutto il quinquennio 2012-2016 i vincoli di finanza pubblica, ossia il rispetto del patto di stabilità, il pareggio di bilancio e il rispetto del tetto di spesa del personale. La Sezione, in linea con quanto già stabilito, ritiene che il personale utilizzato dall’Ente nell’ambito della macrocategoria dei lavori socialmente utili può beneficiare delle procedure di stabilizzazione nei termini e nei limiti codificati dalla normativa vigente. Il tutto fermo restando il rispetto dei presupposti e dei vincoli di legge e finanziari vigenti in materia di assunzione a tempo indeterminato alle dipendenze della P.A., fatta eccezione per le deroghe espressamente codificate dalla normativa nazionale, tempo per tempo, vigente e nei limiti in cui le stesse risultino conformi ai principi costituzionali in materia.
– I valori economici delle capacità assunzionali 2019-2021 per il personale dirigenziale e non dirigenziale riferiti alle cessazioni dell’anno precedente, ai sensi dell’art. 3, comma 5, D.L. n. 90 del 2014, possono essere cumulati fra loro al fine di determinare un unico budget complessivo utilizzabile indistintamente per assunzioni riferite ad entrambe le tipologie di personale, dirigenziale e non, in linea con la programmazione dei fabbisogni di personale, ai sensi dell’art. 6D.Lgs. n. 165 del 2001, e nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla legislazione vigente. Tale principio vale anche ai fini dell’utilizzo dei cd. resti assunzionali, per i quali si fa presente che, alla luce delle recenti novità legislative di cui all’art. 14-bis, comma 1, lett. a), D.L. n. 4 del 2019, il riferimento “al quinquennio precedente” è da intendersi in senso dinamico, con scorrimento e calcolo dei resti, a ritroso, rispetto all’anno in cui s’intende effettuare le assunzioni.
– In applicazione del principio di diritto enunciato dalla Sezione delle autonomie con la deliberazione n. 15/2019/QMIG, la Sezione regionale di controllo per la Lombardia aderisce all’interpretazione in forza della quale, alla luce dell’attuale formulazione dell’art. 113D.Lgs. n. 50 del 2016, gli incentivi per funzioni tecniche ivi disciplinati sono destinabili al personale dipendente dell’ente esclusivamente nei casi di contratti di appalto e non anche nei casi di contratti di concessione.
– Non è possibile procedere alla remunerazione degli incentivi per funzioni tecniche in assenza della necessaria fase della programmazione di acquisti e lavori pubblici e di una procedura comparativa; i compensi incentivanti in parola sono erogabili, in caso di appalti di servizi o forniture, solo laddove sia stato nominato il direttore dell’esecuzione, nomina richiesta secondo le Linee guida ANAC n. 3 – par. 10.2, soltanto negli appalti di forniture e servizi d’importo superiore a 500.000 euro ovvero di particolare complessità; compete all’ente interessato la valutazione circa la sussistenza, in concreto, di attività effettivamente incentivabili nel quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento.
– La richiesta di parere formulata dal comune su come calcolare l’incentivo per funzioni tecniche di cui all’art. 113D.Lgs. n. 50 del 2016, per il leasing in costruendo, presuppone a monte una valutazione sull’applicabilità della disciplina di cui all’art. 113 citato ad istituti giuridici diversi dai contratti di appalto, quali la concessione o il leasing in costruendo. Sul punto la sezione Autonomie si è espressa negando un’interpretazione estensiva ed analogica dell’art. 113 che “è calibrato sui contratti di appalto (ai quali espressamente si riferisce)”.
– L’art. 33D.L. n. 34 del 2019, convertito con modificazioni dalla L. n. 58 del 2019, detta disposizioni innovative in tema di “assunzione di personale nelle regioni a statuto ordinario e nei comuni in base alla sostenibilità finanziaria”. Il Collegio non può esimersi dal sottolineare che l’art. 35-bisD.L. 113 del 2018 (c.d. “Decreto sicurezza”) introduce norme speciali e derogatorie rispetto al regime ordinario per le assunzioni, a tempo indeterminato, di personale di polizia municipale, cui l’Ente deve fare riferimento per verificare la possibilità di procedere all’assunzione del suddetto personale.
– Il tetto di spesa previsto dall’art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 75 del 2017, non può che essere riferito alla spesa complessiva, e non a quella delle singole categorie.
– A fronte della richiesta di parere avente ad oggetto la possibilità di monetizzare le ferie maturate e non godute da parte di dipendenti che abbiano optato per il collocamento in pensione anticipata ex Capo II D.L. n. 4 del 2019, convertito con L. n. 26 del 2019, la Sezione ritiene che resta ferma la possibilità per il datore di lavoro di permettere il godimento delle ferie maturate dal lavoratore anche nel corso del periodo di preavviso, al fine di scongiurare il rischio della loro non consentita monetizzazione.
– Il giudice dei conti si esprime sull’applicazione del principio contabile 4.2 allegato al D.Lgs. n. 118 del 2011, in relazione alla sottoscrizione di contratti collettivi decentrati integrativi ed alla successiva corresponsione del trattamento economico incentivante nei confronti dei dipendenti dell’ente.
– Il giudice dei conti affronta il tema dei limiti di spesa al lavoro flessibile, ex D.L. 78 del 2010.
Gli atti di indirizzo-programmazione e verifica delle Sezioni Regionali
CONTABILITA’ E CONTROLLI
– Attuazione e prospettive del federalismo fiscale e sulle procedure in atto per la definizione delle intese ai sensi dell’art. 116, comma 3, della Costituzione
Per l’individuazione delle idonee modalità di finanziamento del regionalismo differenziato, appare indispensabile un raccordo con quanto previsto dalla L. n. 42 del 2009, istitutiva del federalismo fiscale e il D.Lgs. n. 68 del 2011, che definisce il funzionamento in tema di federalismo regionale, ancorché le relative disposizioni non siano richiamate tra le premesse delle intese formalizzate nel mese di febbraio 2019. Lo stesso art. 116, comma 3, nel prevedere che le forme di autonomia rafforzata debbano essere coerenti con i principi dell’art. 119 della Costituzione, non sembra consentire una diversa modalità di finanziamento delle materie aggiuntive né la loro sottrazione al meccanismo di perequazione interregionale previsto dalla legge nazionale“. E’ quanto emerge dalla relazione della Corte dei conti nel corso dell’audizione svolta davanti alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale. La Corte ha riferito sulle varie sfaccettature di una tematica di grande complessità, al momento solo abbozzata nei documenti ufficiali disponibili, che richiede un approfondimento sia sui contenuti delle funzioni trasferite, poiché si vanno a toccare delicati profili di rilievo costituzionale, sia sul rispetto di alcuni inderogabili principi (uguaglianza, unità e indivisibilità della Repubblica, mantenimento degli equilibri e della sostenibilità della finanza pubblica), sia sulla ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni. “Al di là della formula di stile dell’invarianza della spesa, è di tutta evidenza che si tratta di una ristrutturazione organizzativa ad ampio raggio che, per avere il successo sperato, comporterà una re-ingegnerizzazione amministrativa di non poco momento – ha osservato la Corte – Questo richiede un notevole impegno anche sul versante della spesa, pur se non di immediata percezione sotto il profilo finanziario, che dovrebbe essere oggetto di una preventiva analisi costi-benefici. In ogni caso è necessario che sia previsto un adeguato sistema di monitoraggio/rendicontazione che garantisca in modo oggettivo la trasparenza delle attività svolte e dei risultati conseguiti“. La Corte, quale organo di rilevanza costituzionale garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario dell’intero settore pubblico, presente su tutto il territorio con le Sezioni regionali di controllo, si è dichiarata pronta ad offrire un essenziale contributo per monitorare l’effettiva realizzabilità e sostenibilità del nuovo disegno ordinamentale ancora in fieri, riservandosi di riferire al Parlamento sugli sviluppi del processo di riforma.
– Approvate le linee guida per i revisori sul bilancio consolidato degli enti territoriali, a integrazione di quelle già emanate, a norma dell’art. 1, comma 3, D.L. n. 174 del 2012 e dell’art. 1, commi 166ss., L. n. 266 del 2005, per le relazioni degli organi di revisione sui bilanci di previsione e sui rendiconti degli enti territoriali. Nell’imminente scadenza del termine (30 settembre 2019) per l’adozione del bilancio consolidato, la Sezione delle Autonomie focalizza l’attenzione sul documento contabile in questione, di assoluta centralità nell’ambito del disegno tratteggiato dal D.Lgs. n. 118 del 2011, come integrato e corretto dal D.Lgs. n. 126 del 2014, in quanto preordinato a dare piena evidenza alla situazione finanziaria, economica e patrimoniale dell’ente e della complessiva attività svolta dallo stesso attraverso le proprie articolazioni organizzative. Le indicazioni operative mirano ad assicurare l’uniformità dei comportamenti dei revisori contabili, chiamati a rendere specifico parere ed a fornire agli enti interessati (regioni ed enti locali con popolazione superiore a 5.000 abitanti), uno strumento di ausilio nella gestione delle operazioni propedeutiche al corretto consolidamento delle risultanze contabili dei soggetti inclusi nel Gruppo amministrazione pubblica (cosiddetto GAP). Le stesse linee guida sono corredate di un questionario (articolato in sei sezioni che riproducono i passaggi di rilievo per l’elaborazione del bilancio consolidato) e, data l’assoluta novità della materia, di note metodologiche esplicative.
– Approvata la relazione sullo stato d’avanzamento e i risultati sin qui conseguiti riguardanti “Il programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia e il piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate”. Per il programma, introdotto dalla legge di stabilità per il 2016 e rivolto ad aree urbane in stato di marginalità economica e sociale, degrado edilizio e carenza dei servizi, affidato al Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, risultano presentati da comuni e città metropolitane, e poi approvati, un totale di 120 progetti, pari ad un valore di 3881 ml., di cui 2061 ml. da imputare al bilancio statale. I primi 24 progetti sono stati avviati, mentre per i rimanenti 96 si è determinato un rallentamento dovuto principalmente al sopravvenire di modifiche legislative, alla complessità dei procedimenti di finanziamento e alla discontinuità dell’azione d’impulso amministrativo. Il piano, introdotto dalla legge di stabilità per il 2015, ha attribuito ai comuni la facoltà di elaborare progetti di riqualificazione, costituiti da un insieme coordinato di interventi diretti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale per il miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale. Con il D.P.C.M. 6 giugno 2017 è stato adottato e affidato al Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri il relativo “Piano nazionale”, dotato di un budget pari a poco più di 268 milioni di euro. In questo provvedimento sono state anche indicate, in relazione a tali disponibilità, le prime 46 amministrazioni comunali beneficiarie dei finanziamenti. L’avviso pubblico per accedere ai benefici è stato pubblicato nell’ottobre 2015 e la fase di valutazione dei 451 progetti ammessi è terminata nell’aprile 2017. Lo stato di avanzamento del piano risulta ancora in fase iniziale tanto che per i 46 comuni risulta erogata la somma di 4.776.872,89 € su un totale impegnato di 16.572.909,66 € mentre, per i restanti, le procedure di perfezionamento delle convenzioni sono ancora in corso. La Corte ha, pertanto, sottolineato l’opportunità d’intraprendere iniziative che permettano di recuperare i ritardi segnalati, semplificando il quadro di riferimento, sia normativo che procedurale. Sono state inoltre segnalate le necessità, condivise dall’Amministrazione, dello sviluppo di un sistema di controlli e verifiche in loco, nonché della predisposizione di indicatori e parametri idonei a valutare l’impatto degli interventi realizzati.
– Linee guida per la relazione dei revisori dei conti dei comuni, delle città metropolitane e delle province sui bilanci di previsione 2019-2021 per l’attuazione dell’art. 1, comma 166 ss., L. 23 dicembre 2005 n. 266
– Approvate le linee d’indirizzo per la relazione dei revisori dei conti dei Comuni, delle città metropolitane e delle Province sui bilanci di previsione 2019-2021. La Sezione, mantenendo il metodo semplificato di rilevazione delle informazioni contabili di maggiore significato attraverso un questionario corredato da pochi quadri contabili, come di consueto, ha accompagnato questo strumento informativo con apposite linee d’indirizzo sugli aspetti più significativi per tutte le amministrazioni locali. Il filo conduttore sono state le rilevanti novità normative introdotte in materia di finanza e contabilità locale dalla L. di bilancio n. 145 del 2018, tra queste figurano, in particolare, quelle attuative dei recenti interventi della Corte costituzionale che hanno segnato radicali mutamenti nella disciplina della materia. In quest’ottica, le linee d’indirizzo focalizzano l’attenzione sull’utilizzo degli avanzi di amministrazione, ora sottratti ai vincoli di finanza pubblica, ma non al rispetto dei principi contabili che presiedono alla sana gestione finanziaria. Uno specifico approfondimento è riservato alle nuove regole sull’equilibrio di bilancio che, per una corretta applicazione, deve andare oltre il solo risultato della competenza e tener anche conto degli effetti degli accantonamenti di maggiore rilievo. Nella stessa ottica si è dato particolare rilievo all’impatto sulla struttura degli equilibri di bilancio degli effetti delle disposizioni in materia di definizione agevolata delle cartelle di pagamento in riscossione, tenuto conto della proroga della “rottamazione ter”, dell’estensione di tali rimedi anche alle ingiunzioni fiscali riscosse dall’ente o tramite società abilitate e, infine, allo stralcio automatico delle “minicartelle”. Sul piano della gestione del bilancio, viene richiamata l’attenzione al rispetto delle regole che governano la fase dei pagamenti, la cui fluidità favorisce l’ordinata gestione dei rapporti contrattuali ed evita le conseguenze dei ritardi nei pagamenti (incremento del livello di rigidità dei bilanci a causa del peso degli interessi, anche di quelli connessi al ricorso alle anticipazioni di liquidità; nuovi obblighi di accantonamento al fondo per la garanzia dei debiti commerciali). Relativamente alle spese per investimenti, è stato raccomandato soprattutto un miglioramento degli aspetti organizzativi interni funzionali all’attività d’impulso e monitoraggio del corretto e celere corso dei procedimenti d’affidamento ed esecuzione dei lavori e degli altri appalti: in tal modo, si potrà rendere proficua la semplificazione delle regole sulla conservazione delle risorse nel Fondo pluriennale vincolato e soprattutto dare un effettivo impulso all’economia locale col pieno impiego dei consistenti contributi e delle risorse dei molteplici fondi costituiti con specifiche finalizzazioni a particolari settori quali l’edilizia scolastica, il territorio, l’ambiente, le periferie.
– Metodologie per l’attuazione dell’art. 6, comma 3, D.L. 10 ottobre 2012, n. 174 convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, L. 7 dicembre 2012, n. 213
Approvate le linee guida e le metodologie per l’attuazione della disciplina sulla spending review, prevista dall’art. 6, comma 3, D.L. n. 174 del 2012, convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, L. n. 213 del 2012. Le linee guida e le metodologie, pur finalizzate in via primaria a uniformare le attività di verifica svolte dalle singole Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, che sono dirette alla razionalizzazione della spesa pubblica, hanno anche lo scopo di sostenere il continuo processo di cambiamento del management degli enti territoriali. Razionalizzazione, riqualificazione e revisione della spesa pubblica rappresentano, ormai da alcuni anni, obiettivo prioritario dell’azione del governo centrale e principio informatore delle discipline vincolistiche, destinate agli enti territoriali, intervenute nel tempo. Le metodologie, elaborate a partire dagli indicatori della banca dati OpenCivitas per i comuni delle regioni a statuto ordinario, sono, infatti, un’assoluta novità e “costituiscono uno strumento di ausilio nella gestione delle risorse pubbliche locali”, in vista di una nuova cultura in cui la revisione della spesa non rappresenti “mera adesione a uno schema standardizzato di formalismo comportamentale burocratico imposto dall’esterno” ma l’effetto di “relazioni dialogiche all’interno dell’ente e di un fattivo confronto tra l’organo politico e la struttura amministrativa sulle scelte operate”. A completare le linee guida e le metodologie, è stato predisposto un questionario articolato in tre sezioni, sui risultati conseguiti dall’ente – anche mediante il ricorso a modalità di gestione centralizzate – sul versante del contenimento della spesa (sezione prima), sul rispetto delle discipline vincolistiche (seconda) e sulle misure organizzative discrezionalmente adottate dall’Ente per la razionalizzazione della spesa.
– Fondi UE 2014-2020 per contrastare la dispersione scolastica
“In Italia il tasso di dispersione scolastica è pari al 14,5%. In termini numerici, nella scuola secondaria di II grado, gli abbandoni complessivi nell’anno 2016 e nel passaggio fra l’anno 2016/2017 sono stati 112.240. Le risorse finanziarie stanziate ed erogate dallo Stato, negli anni 2012-2017, sono state di 218 milioni di euro. Rilevante ausilio è giunto dai fondi comunitari. Nel periodo di programmazione PON 2007-2013, il totale complessivo delle risorse finanziarie utilizzate per la lotta alla dispersione è stato pari a 309.690.333,10 euro. L’importo programmato per il periodo 2014/2020 è di euro 345.945.951,00”. E’ quanto emerge dalla relazione su “La lotta alla dispersione scolastica: risorse e azioni intraprese per contrastare il fenomeno“, che esamina i profili finanziari e gestionali sulle misure di contrasto adottate. Il fenomeno, di natura multifattoriale, viene ricollegato alle sue cause strutturali, endogene ed esogene. Le prime sono legate alla scarsa attrattività delle scuole, spesso prive di adeguate dotazioni didattiche e ludiche e con una didattica rigida, che poco tocca le corde motivazionali dell’alunno; le seconde sono collegate alla povertà di molte zone d’Italia, in particolare i quartieri delle città metropolitane e i luoghi a forte rischio migratorio. Alla ricostruzione delle molteplici modalità d’intervento finanziario si accompagnano le raccomandazioni volte a rendere le scuole non solo luoghi di apprendimento, ma anche occasioni di esperienza di comunità e solidarietà. La Corte prospetta l’utilità di un piano nazionale programmatico e di un monitoraggio legato a un costante aggiornamento dell’anagrafe degli studenti insieme a una funzionante “rete” tra tutte le istituzioni pubbliche (in particolare quelle delle scuole) con la possibile costituzione di un comitato di esperti con competenze elevate nelle politiche e nei dispositivi di contrasto alla dispersione.
Le principali sentenze in materia di danno erariale
Il segretario comunale, anche successivamente alla soppressione del parere di legittimità su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta o al Consiglio, mantiene in capo a sé le funzioni di garante della legalità e della correttezza amministrativa che, lungi dal determinare un’area di deresponsabilizzazione del medesimo, lo impegnano, invece, ad un corretto svolgimento di tali funzioni, pena la sua soggezione all’azione di responsabilità amministrativa.
– Il diritto di riscuotere le somme derivanti dall’accertamento di violazioni al Codice della strada è soggetto ad un doppio termine estintivo; il primo decadenziale ex art. 201 C.S. si compie con l’omessa notifica del verbale nel termine previsto (150 giorni); il secondo, prescrizionale, ex art. 28, L. n. 681 del 1981, è quinquennale e decorre dall’accertamento della violazione. La notifica interrompe il termine mentre l’omessa notifica estingue l’obbligo di pagamento oltre al presupposto diritto di credito. Il danno erariale viene in evidenza quando per condotte dolose o gravemente colpose dei pubblici agenti il verbale non è notificato tempestivamente. Comportamenti omissivi comportano un danno all’Amministrazione comunale. Il termine di prescrizione dell’azione risarcitoria erariale decorre dalla decadenza ex art. 201 C.S.
– La definizione del giudizio di responsabilità mediante rito abbreviato non consente, per la natura stessa del procedimento, la compensazione delle spese legali.
– La richiesta di rito abbreviato comporta la previa valutazione, di concerto con il pubblico ministero, sulla congruità della somma proposta per accedere al beneficio, che va correlata all’ammontare della pretesa risarcitoria azionata in citazione e che prescinde da valutazioni inerenti al merito, quali ad esempio l’eccezione di prescrizione.
– Non si realizza la translatio iudicii qualora l’adattamento della domanda proposta dinanzi al giudice ad quem travalichi i limiti della emendatio libelli e, dunque, la domanda modificata non si ponga, rispetto a quella originaria, in un rapporto di connessione per alternatività, bensì si cumuli alla stessa. Il giudizio ad istanza di parte, tendente al mero accertamento negativo di responsabilità, per la natura cognitoria che lo caratterizza, è attivabile se supportato da un interesse all’anticipazione del giudizio di responsabilità, non potendo trovare applicazione allorché l’istanza sia avanzata per far valere contestazioni riconducibili alla fase esecutiva di un giudizio di responsabilità già definito. In caso di decesso del convenuto il cui debito risarcitorio sia stato già accertato dal giudice contabile con sentenza passata in giudicato, la trasmissione del debito agli eredi non è automatica, ma presuppone il preventivo accertamento che il de cuius si sia illecitamente arricchito e che anche gli eredi se ne siano giovati e tale accertamento va effettuato pendente il giudizio dinanzi al giudice contabile. Le contestazioni concernenti il problema se esista o meno un titolo esecutivo possono riguardare soltanto la legittimità dell’esecuzione, ma non la giurisdizione, la quale resta attribuita al giudice ordinario dell’esecuzione, quale unico giudice competente sulla materia.
– Al convenuto che ha ottenuto l’accesso al rito abbreviato ed il parere favorevole del pubblico ministero sulla congruità della somma di denaro offerta in pagamento, non è consentito rideterminare nella camera di consiglio la somma già proposta e sulla quale si è formato il consenso dell’attore pubblico.
– E’ illegittima l’attività del Nucleo di valutazione che ha incentrato la valutazione dei dirigenti esclusivamente sulle competenze gestionali e sulle capacità organizzative e manageriali dimostrate dai dirigenti con i loro comportamenti, trascurando completamente la valutazione delle competenze gestionali inerenti ai risultati raggiunti su obiettivi specifici quali-quantitativi definiti e concordati tra dirigente ed Ente ad inizio anno; inoltre, nella valutazione operata non vi è alcun riferimento agli obiettivi di risultato, concreti, raggiungibili, individuali e misurabili, che avrebbero dovuto essere oggetto di specifica negoziazione, così come espressamente previsto dal sistema di misurazione e valutazione della dirigenza. La mancanza di prove documentali da cui avrebbe potuto evincersi i risultati attesi dall’attività dei singoli dirigenti, ulteriori rispetto al diligente svolgimento dei propri compiti inerenti all’incarico di funzione, e la mancata assegnazione del budget correlato, sono state giudicate foriere di danno erariale, al cui risarcimento sono stati condannati i dirigenti che hanno contribuito alla distribuzione di quelle risorse.

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