05/08/2017 – l’Amministrazione non deve pronunciarsi su un’istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela

l’Amministrazione non deve pronunciarsi su un’istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela

 

Come segnalato anche da lagazzettadeglientilocali.it il  TAR Lecce, con sentenza 28 luglio 2017 n. 1329, ha confermato l’orientamento costante della giurisprudenza affermando che “non è ravvisabile alcun obbligo per l’Amministrazione di pronunciarsi su un’istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile ab extra l’attivazione del procedimento di riesame della legittimità di atti amministrativi mediante l’istituto del silenzio-rifiuto, costituendo l’esercizio del potere di autotutela facoltà ampiamente discrezionale dell’Amministrazione, che non ha alcun dovere giuridico di esercitarla, con la conseguenza che essa non ha alcun obbligo di provvedere su istanze che ne sollecitino l’esercizio; per cui sulle stesse non si forma il silenzio e la relativa azione, volta a dichiararne l’illegittimità, è da ritenersi inammissibile”.

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SEGUE LA SENTENZA 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce – Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 403 del 2017, proposto da: 

B. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Daniela Anna Ponzo, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via Michelangelo Schipa 35; 

contro

Comune di Nardò, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Gaballo, con domicilio eletto presso lo studio Paolo Avv. Gaballo in Lecce, via Rubichi 23 Presso Tar; 

per l’esatta esecuzione-ottemperanza

• della Sentenza del T.A.R. Puglia –Sede di Lecce, Sezione Prima, n. 724, pubblicata mediante deposito in Segreteria in data 04 maggio 2016, resa sul Ricorso R.G. n. 3192/2015, non appellata e, comunque, notificata al Comune di Nardò, munita di formula esecutiva (apposta in data 06.12.2016) , il successivo 15.12.2016;

nonché per la declaratoria della nullità della Nota racc.ta a.r. del Comune di Nardò, prot. n. 38442/14 -22336/16, in data 19.05.2016 (di seguito: nota Comune di Nardò in data 19.05.2016) e della Nota pec del Comune di Nardò, prot. n. 0008636, in data 28.02.2017 (di seguito: nota Comune di Nardò in data 28.02.2017).

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Nardò;

Viste le memorie difensive;

Visto l ‘art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2017 la dott.ssa Patrizia Moro e uditi per le parti i difensori come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La società ricorrente espone quanto segue:

• in data 17.10.2014 presentava domanda per il rilascio di una concessione demaniale finalizzata a realizzare uno stabilimento balneare nel Comune di Nardò;

• stante il silenzio opposto dall’A.C. sull’istanza adiva il Tar di Lecce al fine di sentir dichiarare l’illegittimità del silenzio e la condanna del Comune all’adozione di un provvedimento espresso;

• con sentenza n.724/2016 questo Tribunale dichiarava l’obbligo del Comune di provvedere sull’istanza;

• con nota del 19.5.2016 il Dirigente comunale, preso atto della citata sentenza, invitava la ricorrente a partecipare alla selezione per il rilascio della concessione demaniale marittima messa a bando sul lotto di mq2209 n.31 del PCC./2016

• Buonavida, nella convinzione che la sua istanza di concessione non potesse ritenersi esitata con un invito a partecipare a un bando pubblico, sollecitava nuovamente il Comune a concludere il procedimento anche in esecuzione della sentenza del TAR 724/2016;

• il dirigente dell’Area Funzionale 1^ del Comune di Nardò, comunicava che il Comune “non può e non intende annullare in autotutela il bando già pubblicato…ciò in quanto, con il provvedimento nota di protocollo del 19.5.2016 ha già riscontrato l’istanza di rilascio della richiesta di concessione demaniale pervenuta in data 17.0.2014…”.

A seguito di ciò la ricorrente, ritenendo non sussumibili nell’accezione di provvedimento amministrativo e, quindi, di esatta esecuzione ottemperanza della sentenza n.724/2016, né la nota del Comune di Nardò del 19.5.2016, né quella del 28.2.2017, con il ricorso all’esame ha richiesto l’esatta esecuzione della sentenza citata rilevando l’illegittimità delle note suindicate.

Questi i motivi a sostegno del ricorso:

Nullità delle note del Comune di Nardò, prot.38442/14-22336/2016 del 19.5.2016 e prot.0008636 del 28.2.2017, ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui all’art.21 septies della L.241/1990 e s.m.i. – violazione ed elusione del giudicato e, comunque, inesatta esecuzione della Sentenza del TAR Puglia-Lecce n.724/2016 – violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui al combinato disposto degli artt. 2 e 3 della L.241/1990 e s.m.i. sotto i profili di seguito specificati- violazione dei principi di cui all’art.97 Cost – eccesso di potere per sviamento della causa tipica attributiva del potere concessorio – eccesso di potere per evidente disparità di trattamento, difetto/omessa istruttoria, ingiustizia manifesta e malgoverno .

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Il Collegio ritiene che il Comune di Nardò, adottando il provvedimento del 19.5.2016 di invito della ricorrente a partecipare alla selezione per il rilascio della concessione demaniale marittima messa a bando sul lotto di mq2209 n.31 del PCC./2016, abbia pienamente ottemperato all’obbligo scaturente dalla sentenza n.724/206, la quale aveva sancito il mero obbligo della stessa di provvedere sull’istanza di rilascio di concessione demaniale marittima con un provvedimento espresso, sia esso di accoglimento, sia di rigetto.

Deve infatti chiarirsi che, a seguito della richiesta di un privato di rilascio di una concessione demaniale marittima, l’Amministrazione abbia due possibilità: ossia, respingere la richiesta con un provvedimento debitamente motivato( esplicitando ad es. le eventuali ragioni impeditive stabilite nel PCC o, in mancanza, nel PRC, o le ragioni di interesse pubblico); oppure, ove intenda e possa pervenire alla concessione, indire una procedura selettiva nel rispetto dei principi di parità di trattamento, concorrenza, buon andamento ed efficienza.

Invero, come ricordato di recente dalla Corte Costituzionale (nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 8 e 9, della legge della Regione Puglia 10 aprile 2015, n.17 (Disciplina della tutela e dell’uso della costa) con la sentenza del gennaio 2017, n. 40, ( dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’art. 14:a) comma 8, secondo periodo, e b) comma 9, della legge della Regione Puglia 10 aprile 2015, n. 17 ) “per il rilascio di nuove concessioni (in tal senso anche Consiglio di Stato, sezione sesta, 28 gennaio 2014, n. 432, con riferimento alla variazione del titolo concessorio), legittimamente la legge reg. Puglia n. 17 del 2015 prescrive, correttamente, il ricorso a procedure di evidenza pubblica” (non previste, invece, dal comma 9 dell’art. 14 della legge reg. Puglia n. 17 del 2015, che stabiliva che «il PCC , nelle disposizioni transitorie volte a disciplinare le modalità di adeguamento dello stato dei luoghi antecedenti alla pianificazione, salvaguarda le concessioni in essere fino alla scadenza del termine della proroga di cui all’articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n.194, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, salve le esigenze di sicurezza». ).

“Il mancato ricorso a procedure di selezione aperta, pubblica e trasparente tra gli operatori economici interessati determina, infatti, un ostacolo all’ingresso di nuovi soggetti nel mercato, non solo risultando invasa la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ma conseguendone altresì il contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., per lesione dei principi di derivazione europea nella medesima materia (sentenze n. 171 del 2013, n. 213 del 2011, n. 340, n. 233 e n. 180 del 2010)”.

Peraltro, la Corte di Giustizia ( sent. 14 luglio 2016) ha dichiarato l’illegittimità della proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per finalità turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura trasparente di selezione tra i potenziali candidati, qualora queste presentino un interesse transfrontaliero certo.

Del resto, le concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative hanno come oggetto un bene/servizio “limitato” nel numero e nell’estensione a causa della scarsità delle risorse naturali. La spiaggia è un bene pubblico demaniale (art. 822 cc) e perciò inalienabile e impossibilitato a formare oggetto di diritto a favore di terzi (art. 823 c.c.), sicchè proprio la limitatezza nel numero e nell’estensione, oltre che la natura prettamente economica della gestione (fonte di indiscussi guadagni), giustifica il ricorso a procedure comparative per l’assegnazione.

Osserva il Collegio che le concessioni demaniali marittime sono concessioni amministrative aventi ad oggetto l’occupazione e l’uso, anche esclusivo, di beni facenti parte del demanio necessario dello Stato ( art. 822, comma 1, c.c.) e il rilascio delle stesse è disciplinato dal Codice della Navigazione che, all’art. 37, prevede che nel caso di più domande di concessione sia preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che risponda ad un più rilevante interesse pubblico e, a tal fine, l’art. 18 del Regolamento di esecuzione al Codice della Navigazione prevede un iter procedimentale finalizzato alla pubblicazione delle istanze di rilascio di concessione.

Quanto previsto dal Codice della navigazione è confortato dai principi Europei la cui attuazione si ritiene non possa prescindere dall’assoggettamento delle pubbliche Amministrazioni all’obbligo di esperire procedure ad evidenza pubblica ai fini della individuazione del soggetto contraente anche in materia di concessioni di beni pubblici.

Applicando tali principi è quindi da escludere che l’A.C., dinanzi a una richiesta di concessione demaniale marittima, possa rilasciarla, anche ove possibile in base alle disposizioni del PRC o del PCC(ove approvato), senza indire una procedura selettiva.

Da tanto discende, che l’unico provvedimento favorevole che poteva adottare l’a.C., a seguito della citata sentenza n.724/2016 era quello dell’invito della ricorrente alla partecipazione a una procedura selettiva.

Non può neppure sostenersi che l’istanza della ricorrente, in quanto presentata prima dell’entrata in vigore della L.R.17/2015 (la quale all’art.8 prescrive che “La concessione è rilasciata all’esito di selezione del beneficiario effettuata attraverso procedura a evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, proporzionalità, efficienza e parità di trattamento, nonché della libera concorrenza) non richiedesse alcuna valutazione comparativa o procedura selettiva.

Invero, secondo i principi espressi dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (dalla sentenza n. 11 del 2016), pronunciatasi proprio sulla questione dell’applicabilità della normativa sopravvenuta alle ipotesi di riesercizio del potere amministrativo dopo la formazione di un giudicato favorevole al ricorrente, occorre innanzitutto interpretare il contenuto dispositivo della pronuncia passata in giudicato da ottemperare, al fine di verificare se in esso sia stata sancita espressamente la spettanza del bene della vita (ipotesi nella quale le nuove norme non possono incidere pregiudicando la pretesa sostanziale dell’interessato già riconosciuta come spettante dal Giudice Amministrativo), ovvero se a seguito del giudicato il potere dell’Amministrazione di esprimersi sulla fondatezza sostanziale della pretesa sia rimasto inalterato, essendosi il Giudice Amministrativo limitato ad affermare l’obbligo per l’Ente di esercitare nuovamente il potere, senza invece vagliare la fondatezza della domanda sostanziale (e quindi il diritto al bene della vita) articolata dal privato (caso quest’ultimo, invece, nel quale la normativa sopravvenuta va applicata, anche laddove da ciò derivi il necessario respingimento della domanda articolata dal ricorrente, sulla base della nuova legge applicabile).

Nel caso in esame la sentenza n. 724/2016 ha semplicemente dichiarato l’obbligo del Comune di provvedere sull’istanza con qualsiasi provvedimento, senza pronunciarsi sulla spettanza del bene della vita, sicchè bene ha fatto il Comune ad applicare la normativa portata dal citato art.8 della LR.17/2015, in vigore al momento dell’istruttoria e dell’adozione del provvedimento citato, rispettando quindi perfettamente il principio del tempus regit (regolatore dell’adozione dei provvedimenti amministrativi).

Non può neppure sostenersi la illegittimità della seconda nota del 28.2.2017 con la quale il Comune di Nardò ha rilevato di non poter annullare in autotutela in bando già pubblicato.

Come chiarito, giusta provvedimento 19.5.2016, lo stesso aveva già prestato ottemperanza alla sentenza n.724/201 e, comunque, per consolidata giurisprudenza, dalla quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, la pubblica amministrazione non ha l’obbligo giuridico di pronunciarsi su un’istanza diretta a sollecitare l’esercizio del potere di autotutela, che costituisce una manifestazione tipica della discrezionalità amministrativa, di cui essa è titolare per la tutela dell’interesse pubblico e che, in quanto tale, è incoercibile dall’esterno (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 4 maggio 2015, n. 2237; id., Sez. IV, 26 agosto 2013, n. 4309).

In particolare, la giurisprudenza è costante nell’affermare che “non è ravvisabile alcun obbligo per l’Amministrazione di pronunciarsi su un’istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile ab extra l’attivazione del procedimento di riesame della legittimità di atti amministrativi mediante l’istituto del silenzio-rifiuto, costituendo l’esercizio del potere di autotutela facoltà ampiamente discrezionale dell’Amministrazione, che non ha alcun dovere giuridico di esercitarla, con la conseguenza che essa non ha alcun obbligo di provvedere su istanze che ne sollecitino l’esercizio; per cui sulle stesse non si forma il silenzio e la relativa azione, volta a dichiararne l’illegittimità, è da ritenersi inammissibile” (T.A.R. Lazio, Sez. I ter, 18 luglio 2016, n. 9563).

Stante quanto sopra, i provvedimenti impugnati sfuggono alle censure rassegnate nel ricorso il quale deve quindi essere respinto.

Sussistono nondimeno giustificati motivi (in ragione della peculiarità e novità della questione) per disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima, respinge il ricorso.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:

Antonio Pasca, Presidente

Patrizia Moro, Consigliere, Estensore

Roberto Michele Palmieri, Primo Referendario

 

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