05/07/2022 – Il subappalto e la Legge europea.

Le modifiche alla disciplina del subappalto introdotte dalla Legge europea costituiscono l’epilogo di un articolato percorso di evoluzione normativa e giurisprudenziale dell’istituto del “subappalto”. A seguito della Procedura di infrazione della Commissione europea n. 2018/2273 e di importantissime pronunce della Corte di Giustizia, il Legislatore italiano è intervenuto non senza ripercussioni sull’applicazione concreta del diritto creando, così, notevoli contrasti giurisprudenziali in una materia già di per sé complessa. Occorre interrogarsi sul reale conseguimento del necessario bilanciamento tra la pluralità degli interessi in gioco.

 

 

  1. Le novità della Legge 23 dicembre 2021, n. 238;  L’articolo 105 del Codice dei

contratti pubblici; 3. La reazione della Commissione europea; 4. Le sentenze della Corte di Giustizia; 5. Le conseguenze nel diritto interno: il Decreto Sblocca-cantieri e il Decreto Milleproroghe; 6. La giurisprudenza nazionale; 7. Il Decreto Legge del 31 maggio 2021 n. 77; 8. L’introduzione dell’obbligo di indicare la terna dei subappaltatori; 9. Il campo di applicazione dell’articolo 1, comma 18, decreto Sblocca Cantieri; 10. Il divieto di subappalto in favore di un operatore che ha partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto; 11. La risposta del Legislatore alla Commissione europea;  12. Conclusioni.

  1. Le novità della Legge 23 dicembre 2021, n. 238.

 

Il Legislatore con la Legge  23 dicembre 2021, n. 238, recante le disposizioni emanate dallo Stato italiano per l’adempimento degli obblighi derivanti dalla sua appartenenza all’Unione europea, è intervenuto nuovamente nella travagliata disciplina del subappalto, oggetto di procedura di infrazione da parte della Commissione Europea e di pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ne hanno sancito l’incompatibilità con il diritto europeo.

La legge europea rappresenta, insieme alla legge di delegazione europea, uno dei due strumenti di adeguamento all’ordinamento dell’Unione Europea previsti dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, che ha introdotto una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea. Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 30, comma 3 della legge n. 234 del 2012, nel disegno di legge europea sono inserite le disposizioni finalizzate a porre rimedio al non corretto recepimento della normativa dell’Unione Europea nell’ordinamento nazionale, nei casi in cui il Governo abbia riconosciuto la fondatezza dei rilievi mossi dalla Commissione europea nell’ambito di procedure di infrazione o di procedure di pre-infrazione[1].

In altri termini, la legge europea contiene norme di diretta attuazione volte a garantire l’adeguamento dell’ordinamento nazionale all’ordinamento europeo.

L’articolo  10 della Legge  23 dicembre 2021, n. 238 rubricato “Disposizioni in materia di contratti pubblici. Procedura di infrazione n. 2018/2273” interviene su diversi articoli del Codice dei Contratti Pubblici e in particolare sugli ultimi limiti contenuti nella disciplina del subappalto. 

La norma, in primo luogo, al comma 1, lett. d) dispone l’abrogazione del comma 6 dell’art. 105 del Codice con l’eliminazione dell’obbligo di necessaria indicazione della terna dei subappaltatori in sede di offerta per tutti le tipologie di appalto[2].

In conseguenza del fatto che i subappaltatori non dovranno più essere indicati in sede di offerta è stato eliminato ogni riferimento alla verifica posta a carico del concorrente, anche in capo ai subappaltatori, circa l’insussistenza delle relative cause di esclusione. È stata infatti soppressa la lettera d) del comma 4 dell’art 105: dunque la verifica sulla sussistenza dei motivi di esclusione nei confronti dei subappaltatori è posta a carico della stazione appaltante e non più del contraente. Resta fermo l’obbligo per l’affidatario di provvedere a sostituire i subappaltatori, relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all’art. 80.

Le medesime innovazioni sono state previste anche per il subappalto nei contratti di concessione (art. 174 del codice).

La norma ha, altresì, eliminato il divieto per l’affidatario del contratto di subappaltare a soggetti che abbiano partecipato alla procedura di gara. Per effetto dell’abrogazione e modifica della lettera a) del comma 4, previa autorizzazione della stazione appaltante, è possibile affidare un subappalto ad un operatore economico che abbia partecipato alla medesima gara, purché questo sia in possesso dei requisiti art. 80 e sia qualificato nella relativa categoria che, chiaramente, all’atto dell’offerta sia stata indicata nelle intenzioni di subappalto del DGUE.

Il presente studio dopo aver ripercorso l’articolato processo di modifica subito dall’istituto del subappalto intende soffermarsi sulle novità introdotte dalla Legge europea nel tentativo di fornire uno spunto di riflessione sulle scelte da ultimo operate dal Legislatore.

 

  1. L’articolo 105 del Codice dei contratti pubblici.

 

La disciplina del subappalto «pubblico» è contenuta nell’articolo 105 del Decreto Legislativo 50/2016[3], congiuntamente all’articolo 80, in relazione al possesso dei requisiti generali.

Il carattere di eccezionalità [4]  del ricorso al subappalto nell’esecuzione di opere e lavori da parte degli appaltatori è sancito al comma 1 con la previsione «I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice di norma eseguono in proprio le opere o i lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto. Il contratto non può essere ceduto a pena di nullità. E’ ammesso il subappalto secondo le disposizioni del presente articolo»[5].

Nel testo originario della norma si trova una definizione legislativa dell’istituto «Il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. Costituisce comunque subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività del contratto di appalto ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera».(…).

Il Legislatore, da un lato, ha fatto propria la definizione civilistica di subappalto[6], dall’altro, con la successiva clausola generale, ha introdotto un’apertura di carattere pubblicistico.

Una volta definito il concetto di subappalto, il Legislatore introduce dei limiti al suo ricorso.

Un primo e generale limite viene individuato nel 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture, oltre il quale il ricorso al subappalto non è ammissibile. Il comma 2 prosegue «Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, l’eventuale subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture[7] (…)».

La soglia limite del 30% dell’importo complessivo è applicata per tutte le ipotesi di subappalto, indipendentemente dall’oggetto dello stesso[8], per rispondere a due esigenze: in primo luogo, tutelare l’interesse dell’Amministrazione all’immutabilità dell’affidatario e, dall’altro, quello di impedire le occasioni di infiltrazioni criminali o mafiose.

Nel comma 4 dell’art 105 vengono individuate le condizioni necessarie per l’affidamento in subappalto «I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché:

  1. a) l’affidatario del subappalto non abbia partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto;
  2. b) il subappaltatore sia qualificato nella relativa categoria;
  3. c) all’atto dell’offerta abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo;
  4. d) il concorrente dimostri l’assenza in capo ai subappaltatori dei motivi di esclusione di cui all’art.80 Decreto Legislativo 50/2016».

Inoltre a tali condizioni il comma 6 aggiunge «È obbligatoria l’indicazione della terna di subappaltatori, qualora gli appalti di lavori, servizi o forniture siano di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35 o indipendentemente dall’importo riguardano specifiche attività maggiormente esposte al rischio d’infiltrazione mafiosa …».

La necessaria indicazione delle lavorazioni e della terna già in sede di offerta, congiuntamente alla dimostrazione della sussistenza in capo al subappaltatore dei requisiti generali di cui all’art. 80, postula un’identificazione dei subappaltatori da parte dell’offerente molto più estesa di quanto non accadesse precedentemente[9].

Il Concorrente in concreto è onerato della previa verifica della sussistenza dei requisiti generali in capo a tutti i componenti della terna, ove non voglia correre il rischio di essere escluso a causa dell’esito negativo delle verifiche successive all’aggiudicazione.

Il sistema così delineato, infatti, ha quale obbiettivo la preventiva conoscenza, da parte della stazione appaltante, di tutti i soggetti che potrebbero svolgere delle prestazioni con riferimento al bando di gara dalla stessa pubblicato[10].

Occorre riflettere sulle ragioni che hanno indotto il Legislatore a “mantenere in vita” tale disposizione.

L’art 105 prevede inoltre il divieto di subappalto in favore di un operatore che ha partecipato alla procedura per l’affidamento  c.d. divieto di subappalto a cascata

 

  1. La reazione della Commissione europea.

 

L’Europa ha sempre guardato con favore al subappalto, considerandolo un efficace strumento di tutela della concorrenza, strutturato soprattutto per l’accesso delle PMI al mercato degli appalti pubblici.

La portata fortemente limitatrice delle disposizioni in esame ha suscitato la reazione dell’Unione Europea.

Con  una lettera di costituzione in mora inviata Ministro degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale, la Commissione UE ha avviato  il 24 gennaio 2019 la procedura di Infrazione n. 2018/2273, contestando all’Italia la mancata conformità del quadro giuridico italiano in materia di contratti pubblici alle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE.

Con specifico riferimento alla disciplina del subappalto la Commissione al punto 1.3. rubricato “Violazioni di norme di norme riguardanti il subappalto e l’affidamento sulle capacità di altri soggetti” ha ritenuto non conformi al diritto europeo:  il limite quantitativo di ricorso al subappalto, l’obbligo di indicare la terna di subappaltatori proposti, il divieto per un subappaltatore di fare a sua volta ricorso ad un altro subappaltatore(c.d. subappalto a cascata), il divieto per il soggetto sulle cui capacità l’operatore intende fare affidamento di affidarsi a sua volta alle capacità di un altro soggetto (avvalimento a cascata) e i divieti per gli offerenti di avvalersi delle capacità di uno stesso soggetto nell’ambito della medesima procedura di gara[11], il divieto per gli offerenti di avvalersi della capacità di altri soggetti per i progetti che prevedano opere complesse.

La Commissione con riguardo al divieto di subappaltare più del 30% di un contratto pubblico, previsto dall’art 105 comma 2 e comma 5 del decreto legislativo 50/2016[12], ha rilevato che nelle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE non vi sono disposizioni che consentano un siffatto limite obbligatorio all’importo dei contratti pubblici che può essere subappaltato.

Al contrario, le direttive si basano sul principio secondo cui occorre favorire una maggiore partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici, e il subappalto è uno dei modi in cui tale obiettivo può essere raggiunto.

In tale ottica, l’art. 63, par. 2 della Direttiva 2014/24/UE permette alle PP.AA aggiudicatrici di limitare il diritto di ricorrere al subappalto solo ed esclusivamente in casi in cui una restrizione di questo tipo sia giustificata dalla particolare natura delle prestazioni da svolgere.

Sul punto la Commissione richiama la pronuncia della Corte di Giustizia, C-406/14 in cui veniva statuito che «(…) una clausola che impone limitazioni al ricorso a subappaltatori per una parte dell’appalto fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso, e ciò a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione alcuna del carattere essenziale delle prestazioni di cui si tratta, è incompatibile con la direttiva 2004/18/CE».

Non convince la Commissione anche la disposizione contenente l’obbligo di indicare la terna di subappaltatori proposti, introdotto dall’articolo 105, comma 6, del decreto legislativo 50/2016, per gli appalti di valore superiore alle soglie comunitarie e per gli appalti riguardanti specifiche attività individuate come particolarmente esposte al rischio d’infiltrazione mafiosa.

La Commissione ritiene infatti che, sebbene l’articolo 71, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE preveda che le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere agli operatori di indicare nelle loro offerte “i subappaltatori proposti”, una disposizione quale l’articolo 105, comma 6, del decreto legislativo 50/2016, che obbliga gli offerenti ad indicare sempre tre subappaltatori, anche quando non intendano far ricorso a meno di tre subappaltatori, viola il principio UE di proporzionalità di cui all’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE.

Del pari, viola il principio di proporzionalità anche il divieto per un subappaltatore di fare a sua volta ricorso ad un altro subappaltatore.

L’articolo 105, comma 19, del decreto legislativo 50/2016 nel prevedere «L’esecuzione delle prestazioni affidate in subappalto non può formare oggetto di ulteriore subappalto» stabilisce – secondo la Commissione – un divieto generale e universale.

La Commissione conclude che gli Stati membri non possono imporre ai subappaltatori un divieto generale e universale di fare a loro volta ricorso ad altri subappaltatori in quanto contrario ai principi di proporzionalità e parità di trattamento di cui all’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE.

Sono inoltre incompatibili con il diritto europeo i limiti posti all’avvalimento dall’articolo 89, commi 6 e 7, del decreto legislativo 50/2016.

La Commissione osserva che l’articolo 38, paragrafo 2, della direttiva 2014/23/UE dispone che “l’operatore economico può […] affidarsi alle capacità di altri soggetti, indipendentemente dalla natura giuridica dei suoi rapporti con loro”. Pertanto  l’articolo 89, comma 6, del decreto legislativo 50/2016  che stabilisce il divieto per il soggetto sulle cui capacità l’operatore intende fare affidamento di affidarsi a sua volta alle capacità di un altro soggetto, viola l’articolo 38, paragrafo 2, della direttiva.

La Commissione,  inoltre, ritiene che i divieti previsti dall’art 105 comma 4 e dall’art 89, comma 7[13], del decreto legislativo 50/2016 siano incompatibili con il principio di proporzionalità di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2014/23/UE, all’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE e all’articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE.

Ad avviso della Corte la normativa italiana vieta incondizionatamente i) ai diversi offerenti in una determinata procedura di gara di affidarsi alle capacità dello stesso soggetto, ii) al soggetto delle cui capacità un offerente intende avvalersi di presentare un’offerta nella stessa procedura di gara e iii) all’offerente in una data procedura di gara di essere subappaltatore di un altro offerente nella stessa procedura di gara.

Tali divieti non lasciano agli operatori economici la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara.

Infine, la Commissione ritiene sproporzionata la disposizione dell’art 89, comma 11, del dlgs 50 del 2016, perché vieta l’avvalimento in relazione all’intero appalto anziché proibire l’avvalimento in relazione agli specifici lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, andando oltre quanto disposto dall’art 63, par 1 e 2, della direttiva 2014/24/UE e 79, par 2 e 3, della direttiva 2014/25/UE, i quali prevedono che le stazioni appaltanti possono esigere che taluni compiti essenziali siano svolti direttamente dall’offerente stesso.

 

4.Le sentenze della Corte di Giustizia.

 

La posizione della Commissione UE è stata successivamente confermata da alcune storiche pronunce dei giudici della CGUE la quale, ai sensi dell’art. 267 TFUE, si pronuncia in via pregiudiziale sull’interpretazione dei trattati (e delle altre fonti del diritto comunitario) al fine di assicurare, erga omnes, un’uniforme interpretazione ed applicazione del diritto europeo.

La Corte di Giustizia UE, con sentenza del 26 settembre 2019, causa C-63/18 (Caso Vitali Spa )[14], ha stabilito che è contrario alla dir. 2014/24/UE il limite generale del 30% previsto dal comma 2 dell’art 105, ed ha affermato che il subappalto deve avere un’applicazione generalizzata, priva di limiti quantitativi, salvo ipotesi specifiche ed eccezionali in cui sia previamente e motivatamente necessaria una particolare limitazione in relazione alla particolare natura dell’appalto.

L’inidoneità dell’art. 105, comma 2, a superare il sindacato di compatibilità con la disciplina europea – secondo la Corte – è da rinvenirsi nel carattere generale ed astratto della disciplina italiana, che appare totalmente scollegata dal settore economico di volta in volta interessato dal subappalto, dalla natura dei lavori e dalla identità dei subappaltatori. Pur ritenendo un obiettivo legittimo il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici, la Corte di Giustizia rimprovera al legislatore italiano l’assenza di proporzionalità, che si sostanzia nella fissazione di un limite generalizzato, senza alcuna flessibilità in rapporto ai profili oggettivi e soggettivi delle singole vicende.

La Corte ha ribadito la non conformità alle direttive dei limiti al subappalto, posti dalla disciplina italiana, nella successiva sentenza del 27 novembre 2019, causa C-402/18, (caso Tedeschi S.r.l.)[15].

Dopo aver precisato come il proprio riferimento sia la Direttiva appalti del 2004, non già quella del 2014, ribadisce le medesime argomentazioni osservando in relazione al limite del 30% ed al legittimo obiettivo del contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici. In particolare, che«(…) anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella oggetto del procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo» sottolineando, così, l’eccessività del Codice dei contratti «(…) che limita al 30% la quota parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi».

La Corte ha, inoltre, affermato che osta all’applicazione del diritto comunitario la normativa nazionale che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate di oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione.

La Corte osserva che «(…) anche supponendo che il tetto del 20% intenda perseguire la tutela della redditività dell’offerta e della corretta esecuzione dell’appalto detto obiettivo, tale limite generale e astratto è, in ogni caso, sproporzionato rispetto all’obiettivo … dal momento che esistono altre misure meno restrittive che ne faciliterebbero il raggiungimento».

Laddove le stazioni appaltanti intendano regolare il proprio operato in conformità al diritto comunitario, come interpretato dalle decisioni “Vitali” e “Tedeschi”, dovrebbero, anzitutto, dare per superati tutti i vincoli quantitativi fissati dall’art. 105 del codice; ciò con riferimento sia all’entità massima delle prestazioni subappaltabili, tanto se riferite all’appalto in genere (comma 2) che alle cosidette SIOS (comma 5), sia alla percentuale di scostamento tra i prezzi di subappalto e quelli di aggiudicazione (comma 14).

 

  1. Le conseguenze nel diritto interno: il Decreto Sblocca-cantieri e il Decreto Milleproroghe.

 

Nell’ampio dibattito acceso dalla Commissione e dalle pronunce della Corte Europea, il Legislatore al fine di garantire la massima partecipazione degli operatori economici e in particolare nell’ottica di favorire le piccole e medie imprese è intervenuto  con l’obiettivo di armonizzare la disciplina nazionale con quella comunitaria.

Le prime novità introdotte dall’articolo 1, comma 18, D.L 32 del 18 aprile 2019, convertito nella legge n. 55/2019, c.d. decreto «sblocca-cantieri»  sono state l’innalzamento della soglia massima al 40% del valore complessivo dell’appalto iniziale, in via straordinaria e temporaneamente fino al 30 giugno 2020, e la sospensione dell’obbligo di “terna” fino al 31 dicembre 2020.

In verità, la soglia massima dal 50% prevista dal decreto è stata poi ridotta al 40% in sede di conversione nell’ottica di pervenire ad un  bilanciamento tra l’interesse nazionale di arginare il fenomeno delle infiltrazioni criminali e l’interesse comunitario al rispetto dei principi individuati nel TUE e TFUE.

L’adozione da parte del Legislatore di misure straordinarie e temporanee quali l’innalzamento della soglia limite al subappalto e la sospensione della terna dei subappaltatori non ha determinato un definitivo allineamento della normativa nazionale a quella europea.

L’Autorità Nazionale Anticorruzione con Atto di Segnalazione del 13 novembre 2019 n. 8 ha segnalato a Governo e Parlamento l’urgenza di intervenire sulla disciplina interna in materia di subappalto, al fine di allinearla alle indicazioni dei Giudici europei, formulando delle proposte modificative.[16]

Nell’approssimarsi del termine del 31 dicembre 2020, è pertanto riemersa con rinnovata attenzione la necessità di definire a livello legislativo una nuova disciplina capace di superare in via definitiva i suddetti rilievi di ambito europeo, garantendo ad ogni modo una maggiore apertura del mercato (soprattutto in favore delle piccole e medie imprese), pur senza trascurare e limitare l’effettività dei controlli.

Invero, in data 31 dicembre 2020 è entrato in vigore il Decreto cd. “Milleproroghe” che all’art. 13, comma 2, lett. c), ha disposto di prorogare al 30 giugno 2021 il limite quantitativo del 40% al subappalto dei contratti pubblici, e al 31 dicembre 2021 il periodo di sospensione dell’obbligo di indicare in gara la terna dei subappaltatori e della verifica, già in quella sede, dei relativi requisiti generali.

La rinnovata scelta del Legislatore è stata dunque quella di non dare integrale applicazione alle statuizioni contenute nelle sentenze europee o comunque una differente lettura per allineare in modo definito e coerente le norme di che trattasi ai rilievi europei.

 

  1. La giurisprudenza nazionale.

 

La risposta del Legislatore non fornendo chiare e adeguate indicazioni ha fatto sì che delle regole in materia di subappalto sia stata offerta una ricostruzione delle stesse fortemente disomogenea sul territorio nazionale, a discapito delle esigenze di certezza del diritto.

I primi giudici italiani ad affrontare la disciplina del subappalto dopo la pronuncia sul caso Vitali Spa, sono stati quelli del TAR Lecce[17].

Il Collegio ha fornito una autonoma interpretazione del caso Vitali, escludendo che possa ritenersi ancora applicabile a priori il limite del 30% ed ha chiarito che deve essere valutato in concreto se il ricorso al subappalto pregiudichi effettivamente i principi di trasparenza, concorrenza e proporzionalità. Quindi, secondo questa interpretazione, si riabilita proprio quella restrizione quantitativa al ricorso al subappalto fortemente condannata dalla Corte di Giustizia europea.

Con una successiva pronuncia il TAR Lazio, pur avendo censurato il limite al subappalto previsto dal diritto interno nella soglia del 30% dei lavori, non esclude la compatibilità con il diritto dell’Unione di limiti superiori.

Il Collegio ha rilevato che nella sentenza Vitali e nella successiva sentenza Tedeschi la Corte ha evidenziato, richiamando precedenti decisioni, che “il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo, che può giustificare una restrizione alle norme fondamentali e ai principi generali del Trattato FUE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici. Tuttavia, anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella oggetto del procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo. Di conseguenza la Corte ha considerato in contrasto con le direttive comunitarie in materia il limite fissato, non escludendo invece che il legislatore nazionale possa individuare comunque, al fine di evitare ostacoli al controllo dei soggetti aggiudicatari, un limite al subappalto proporzionato rispetto a tale obiettivo”.

Secondo il TAR Lazio[18] ciò che è stato censurato è, in modo specifico, il limite del 30% che, tuttavia, non esclude la possibilità di prevedere limiti superiori. Di conseguenza, il deve escludersi che il Legislatore nazionale possa individuare comunque, al fine di evitare ostacoli al controllo dei soggetti aggiudicatari di appalti e subappalti, una soglia- limite proporzionata rispetto a tale obiettivo (TAR Roma, n. 4183/2020).

La sentenza è stata riformata dal Consiglio di Stato[19] che ha affermato esclusivamente con riguardo all’art. 105, comma 2, del Codice dei contratti pubblici (e non la norma di cui all’art. 1, comma 18, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito dalla legge 14 giugno 2019, n. 55),  va data continuità all’indirizzo giurisprudenziale della Corte di Giustizia secondo cui la norma del Codice dei contratti pubblici che pone limiti al subappalto deve essere disapplicata in quanto incompatibile con l’ordinamento euro-unitario.

I Giudici di Palazzo Spada hanno successivamente confermato tale orientamento[20], con una lettura restrittiva del divieto di limite al subappalto valido solo per i contratti sopra soglia, precisando che “l’importo del contratto oggetto della procedura di gara si colloca al di sopra della soglia di rilevanza comunitaria”[21].

 

  1. Il Decreto Legge del 31 maggio 2021 n. 77.

 

Al fine di dare maggiore impulso alle istanze di riforma volute dalla Commissione, anche in un’ottica preparatoria rispetto all’avvio degli interventi del PNRR, è stato adottato il Decreto Legge del 31 maggio 2021 n. 77 (c.d. “Decreto Semplificazioni bis”), che ha cercato di colmare la distanza esistente tra la disciplina interna in materia e quella europea introducendo delle modifiche sostanziali.

Il Legislatore ha innalzato la soglia al 50% fino al 31 ottobre 2021[22], per poi eliminare “a regime” il limite generalizzato, a partire dal 1° novembre 2021.

Il Legislatore ha altresì modificato la previsione del comma 14 dell’art 105 in forza della quale il subappaltatore era obbligato ad applicare gli stessi prezzi risultanti dall’aggiudicazione con un ribasso non superiore al 20%[23].

Dunque dal 1° novembre è entrata in vigore la disciplina “a regime” sul subappalto introdotta dall’articolo 49 del Decreto Legge del 31 maggio 2021 n. 77 convertito dalla Legge 29 luglio 2021, n. 108, in virtù del quale è stata definitivamente  abolita la quota subappaltabile, anche per le categorie SIOS, con l’indicazione da parte delle stazioni appaltanti delle prestazioni da eseguire obbligatoriamente a carico dell’aggiudicatario e delle relative motivazioni

In sostanza a far data dal 1 novembre 2021, il Legislatore, nell’intento di uniformarsi alle pronunce della Corte di Giustizia Europea, ha eliminato ogni limite generale per il ricorso al subappalto, prevedendo un obbligo di esplicitare in seno agli atti di gara l’eventuale limitazione al sua applicazione; resta fermo il divieto di affidare l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti dei contratti ad alta intensità di manodopera.

Nessuna modifica è stata disposta dal decreto con riferimento all’obbligo per il concorrente di indicare la terna dei subappaltatori in sede di offerta e al divieto di affidare il subappalto ad operatori economici che abbiano partecipato alla procedura di gara.

La definitiva soppressione dell’obbligo per il concorrente di indicare la terna dei subappaltatori in sede di offerta, sospesa fino al 30 giugno 2023, e del divieto di affidare il subappalto ad operatori economici che abbiano partecipato alla procedura di gara è stata invece oggetto delle proposte di modifica della Legge Europea 2019- 2020.

 

  1. L’introduzione dell’obbligo di indicare la terna dei subappaltatori.

 

L’indicazione, già in sede di offerta, della terna dei subappaltatori prende le mosse dal recepimento da parte del legislatore codicistico dei principi contenuti tanto nella Direttiva 2014/24/UE, quanto nella legge delega, di cui alla L.11/2016.

In particolare, l’art. 71, comma 2, della Direttiva, stabilisce che “Nei documenti di gara, l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata da uno Stato membro a chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le eventuali parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti”.

Dalla lettura della norma agli Stati membri è stata lasciata la facoltà di scegliere tra l’obbligatorietà della previa indicazione dei possibili subappaltatori, e la possibilità di rimettere tale scelta alla discrezionalità della stazione appaltante.

Il legislatore delegante, con l’art. 1, comma 1, lett. rrr), ha lasciato al legislatore delegato la possibilità di limitare il contenuto dell’obbligo di indicazione dei nominativi dei possibili subappaltatori, espressamente invitando quest’ultimo a prevedere: l’obbligo per il concorrente di “indicare in sede di offerta le parti del contratto che intende subappaltare; l’espressa indicazione dei casi specifici in cui vige l’obbligo di indicare, in sede di offerta, una terna di subappaltatori per ogni tipologia di attività prevista in progetto; l’obbligo di dimostrare l’assenza in capo ai subappaltatori indicati dei motivi di esclusione e di sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza di motivi di esclusione”.

Il legislatore delegato, quindi, nel recepire il contenuto della delega succitata, attraverso l’art. 105, comma 6, da un lato, ha confermato l’obbligatorietà della previa indicazione della terna di subappaltatori, dall’altro, ha limitato tale obbligo, rendendolo applicabile ai soli appalti di lavori, servizi o forniture di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35 e per i quali non sia necessaria una particolare specializzazione. Negli appalti con valore inferiore alle soglie di cui all’art. 35, invece, è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante la possibilità di prevedere ulteriori casi in cui è obbligatoria l’indicazione della terna.

La disposizione in esame in realtà non costituisce un’assoluta novità, atteso che l’obbligo di indicare in sede di offerta i nominativi dei subappaltatori era già contenuto nell’art. 18 della legge n. 55 del 1990, poi soppresso con l’art. 34 della legge 11 febbraio 1994 n. 109 (“la legge Merloni”) così come modificato dall’art. 9, commi 65 e 66 della legge 18 novembre 1998 n. 415 (“la legge Merloni ter”).

Inoltre la necessità della previa indicazione del subappaltatore in sede di offerta era stata fortemente sentita in giurisprudenza anche con riferimento alla previgente disciplina contenuta nell’art 118 del dlgs 163/2006[24], dando luogo al formarsi due differenti tesi nella giurisprudenza amministrativa sull’interpretazione della norma.

Secondo una prima teorica, la necessità della dimostrazione, ai fini della partecipazione alla procedura, della qualificazione per tutte le lavorazioni per le quali la normativa di riferimento la esige avrebbe implicato, quale indefettibile corollario, la necessità dell’indicazione del nominativo del subappaltatore già nella fase dell’offerta, di guisa da permettere alla stazione appaltante il controllo circa il possesso, da parte della concorrente, di tutti i requisiti di capacità richiesti per l’esecuzione dell’appalto[25]. Diversamente una seconda teorica partendo da un’esegesi delle regole che presidiano i requisiti di qualificazione, e che escludono che, ai fini della partecipazione alla gara, sia necessario il possesso della qualificazione anche per le opere relative alle categorie scorporabili (esigendo il ricorso al subappalto solo per quelle a qualificazione necessaria e nella sola fase dell’esecuzione dell’appalto), imponeva la diversa soluzione dell’affermazione del solo obbligo di indicazione delle lavorazioni che il concorrente intende affidare in subappalto, ma non anche del nome dell’impresa subappaltatrice [26].

La sezione V del Consiglio di Stato[27] ha rimesso all’esame e alla decisione dell’Adunanza Plenaria l’interpretazione dell’art. 118 del vecchio codice appalti[28].

L’Adunanza Plenaria con la sentenza n.9/2015 ha statuito per la non obbligatorietà dell’indicazione del nome del subappaltatore all’atto dell’offerta, chiarendo che l’art.118, secondo comma, ha catalogato (articolandoli in quattro lettere) i requisiti di validità del subappalto, ed ha evidentemente inteso circoscrivere, in maniera tassativa ed esaustiva, a quei presupposti (e solo a quelli) le condizioni di efficacia del subappalto, sicchè ogni opzione ermeneutica che si risolvesse nell’aggiunta di un diverso ed ulteriore adempimento (rispetto a quelli ivi classificati) dev’essere rifiutata in quanto finirebbe per far dire alla legge una cosa che la legge non dice (e che, si presume, secondo il canone interpretativo ubi voluit dixit, ubi noluit tacuit).

Tali conclusioni, poi, ad avviso dell’Adunanza trovano riscontro anche nel disegno di legge di delega al Governo per il recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE “là dove si ripristina, ivi, l’obbligo dell’indicazione di una terna di subappaltatori, ad ulteriore conferma che il silenzio serbato sul punto dal codice dei contratti pubblici in vigore non può essere trattato alla stregua di una lacuna colmabile in esito ad una complessa ed incerta operazione ermeneutica, ma costituisce una scelta chiara e cosciente”.

L’Adunanza Plenaria, dunque, prendendo atto dell’intenzione del Legislatore delegante di reintrodurre nell’ordinamento l’obbligo dell’indicazione della terna dei subappaltatori, ha affermato che solo quest’ultimo avrebbe potuto operare una simile scelta.

Il superiore exursus è utile a comprendere come il Legislatore delegato sancisca l’obbligatorietà dell’indicazione della terna dei subappaltatori in sede di offerta per dare riscontro ad esigenze più garantistiche, conservatrici e probabilmente meno concorrenziali, da sempre avvertite anche quando la norma non lo consentiva espressamente.

Gli operatori economici che vogliono concorrere per ottenere commesse pubbliche devono essere messi nella condizione di farlo ma devono anche sapere che la pubblica amministrazione è in grado di assicurare la verifica del possesso dei requisiti ovvero l’effettività dei controlli.

La stessa Adunanza Plenaria, nella superiore pronuncia, pur statuendo per la non obbligatorietà dell’indicazione del nominativo del subappaltatore, ha anche avuto modo di affermare che la tesi opposta sarebbe stata comunque plausibile e ragionevole, oltre che fondata sull’esigenza di tutelare l’interesse pubblico all’amministrazione imparziale e corretta delle procedure di affidamento dei contratti pubblici.

In tale quadro ricognitivo va intesa la scelta del Legislatore di adottare delle misure temporanee e straordinarie per dare riscontro alla eccepita contrarietà della norma alle direttive comunitarie.

L’operatività dell’articolo 105 comma 6 è stata sospesa dall’art. 1, comma 18, D.L. n. 32 del 2019 c.d Decreto Sbocca Cantieri (convertito con la legge 55/2019) sino al 31 dicembre 2020 e dall’art. 13, comma 2, lett. c), del Decreto cd. “Milleproroghe” che ha disposto di prorogare al 31 dicembre 2021 il periodo di sospensione dell’obbligo di indicare in gara la terna dei subappaltatori e della verifica dei relativi requisiti generali.

La sospensione è stata poi prorogata dal Decreto Semplificazioni bis sino al 2023.

 

  1. Il campo di applicazione dell’articolo 1, comma 18, decreto Sblocca Cantieri.

 

L’adozione da parte del Legislatore di una deroga temporanea ha determinato la necessità di definire il campo di applicazione dell’articolo 1, comma 18, decreto Sblocca Cantieri imponendo alla giurisprudenza di dare soluzione al caso concreto rispondendo all’interrogativo se la norma trovi applicazione solo alle  gare bandite dopo la sua entrata in vigore.

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che la sospensione delle disposizioni in materia di subappalto e delle verifiche in sede di gara, disposta dall’art. 1, co. 18, l. n. 55/2019, trova applicazione anche per le gare indette precedentemente, ma ancora in corso alla data di entrata in vigore della novella. Infatti, la disposizione de qua dispone la sospensione, non solo degli obblighi dichiarativi di cui al comma 6 relativi all’indicazione della terna dei subappaltatori, ma aggiunge espressamente che sono sospese le verifiche in sede di gara.

L’ulteriore specifica sospensione delle verifiche corrisponde alla volontà del Legislatore di garantire la sterilizzazione degli effetti della violazione degli obblighi dichiarativi relativi ai subappaltatori anche per le gare che erano in corso al momento in cui il decreto legge è stato adottato.

A tale conclusione il TAR Campania perviene affermando che tale interpretazione non sembra confliggere con il principio del tempus regit actum che preclude l’applicazione dello jus superveniens alle procedure di gare adottate dopo la pubblicazione del bando, atteso che l’intervento innovativo non riguarda la procedura di gara ma il subprocedimento di verifica in ordine alla veridicità delle dichiarazioni che, invece, doveva ancora essere svolto quando la disposizione in questione è entrata in vigore[29].

Più recentemente il TAR Lazio conferma tale interpretazione ribadendo che la norma contenuta nell’art. 1, comma 18, del decreto Sblocca Cantieri trova applicazione anche nelle gare bandite prima della sua entrata in vigore[30]. Nell’accogliere il ricorso, il Collegio, preferisce ad una interpretazione dell’articolo 1, comma 18, d.l. 32/2019 basata sul principio  tempus regit actum una soluzione ermeneutica conforme al diritto comunitario come sancito dall’Adunanza Plenaria, secondo la quale “il giudice (…) se ha un dubbio sull’interpretazione del diritto nazionale è tenuto ad interpretare la disciplina interna in senso conforme alla lettera e allo scopo di quella europea al fine di conseguire il risultato da essa perseguito”.[31]

La ratio della disposizione del decreto Sblocca Cantieri, ad avviso del TAR, è porre rimedio alla procedura di infrazione subita dalla nostra disciplina in materia di contratti pubblici avente ad oggetto il subappalto.

Il Legislatore risponde, seppur provvisoriamente, con la norma del decreto Sblocca Cantieri. Pertanto, la stessa dovrebbe avere immediata applicazione anche con riferimento alle gare che sono in corso al momento della sua entrata in vigore.

Le diverse argomentazioni nel motivare la soluzione del caso concreto denotano un atteggiamento ondivago della giurisprudenza rispetto alla necessità di dare riscontro alla procedura d’infrazione. L’esigenza da una parte appare soddisfatta dai rimedi posti dal Legislatore che appaiono sufficienti a perseguire il risultato voluto dalla Commissione, dall’altra è addirittura non avvertita.

 

  1. Il divieto di subappalto in favore di un operatore che ha partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto.

 

Il comma 4 dell’art. 105 alla lettera a) prevede espressamente che “I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché l’affidatario del subappalto non abbia partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto”.

La norma è stata introdotta nel 2017 dal Decreto Legislativo 56/2017, con la finalità di accrescere la legalità, la trasparenza, l’imparzialità, l’efficacia e l’efficienza nonché di contrastare la corruzione nell’azione amministrativa.

Il divieto aveva infatti un chiaro obiettivo proconcorrenziale, scoraggiando le partecipazioni in cordata volte ad alterare la soglia di anomalia o il confronto competitivo.

L’introduzione della norma era stata preceduta da un dibattito giurisprudenziale sulla legittimità dell’esclusione dalla gara del soggetto che presenti un’offerta per partecipare alla gara e nel contempo venga indicato da altro concorrente come subappaltatore.

Invero, a fronte dell’obbligo imposto dal comma 6 dell’art. 105 del dlgs 50/2016 di  dichiarare in sede di offerta la terna dei subappaltatori, una parte della giurisprudenza ha ritenuto eccessivo l’ulteriore divieto che lo stesso operatore economico potesse presentare autonomamente la propria offerta ed allo stesso tempo essere indicato da un altro operatore all’interno della propria terna dei subappaltatori, configurando tale previsione una più o meno indiretta lesione al principio di libera concorrenza.

In particolare il TAR Piemonte, prendendo posizione in merito al tema concludeva per l’illegittimità delle eventuali esclusioni di quei concorrenti coinvolti nella doppia partecipazione diretta alla gara.

Il Collegio muoveva dal presupposto che il divieto alla “doppia partecipazione” non è previsto da alcuna norme di legge, in analogia invece a quanto avviene per gli ausiliari in caso di avvalimento o per i componenti di un raggruppamento temporaneo di imprese. Non può considerarsi pertanto conforme al principio di proporzionalità l’automatica esclusione di un concorrente che risulti indicato da altri come subappaltatore, “tanto più che l’indicazione del subappaltatore (a differenza di quanto avviene per l’ausiliario e per il raggruppamento temporaneo di imprese) non implica necessariamente una previa formalizzazione dei rapporti tra subappaltatore stesso e concorrente che lo indica”.

Inoltre, ad avviso del Collegio, il doppio ruolo di concorrente e potenziale subappaltatore di una stessa impresa all’interno della medesima procedura di gara potrebbe costituire mero sintomo di collegamento tra le offerte e di dubbia trasparenza delle stesse. Ed è proprio alla luce della sua natura meramente indiziaria, che il potenziale collegamento “non può che essere verificato, insieme ad altri eventuali indizi ed alla luce delle offerte formulate, nel contraddittorio delle parti[32].

Di diverso avviso il Consiglio di Stato[33] che ha valutato positivamente l’introduzione della norma, proposta dal Governo nella bozza del decreto correttivo che testualmente disponeva che “L’autorizzazione al subappalto può essere negata nell’ipotesi in cui il subappaltatore abbia presentato offerta nell’ambito del medesimo procedimento di gara, a condizione che tale facoltà sia stata precisata negli atti di gara”.

Il Collegio aveva precisato che il divieto della doppia partecipazione doveva essere “ a monte” una scelta operata dalla stazione appaltante e prescritta esplicitamente negli atti della procedura, lasciando così agli operatori economici libera scelta sulle modalità di presentazione dell’offerta, i quali si assumerebbero il rischio di non vedersi confermato e autorizzato l’eventuale subappalto in fase di avvio del contratto.

 

  1. La risposta del Legislatore alla Commissione europea.

 

La Commissione Europea ha criticato l’articolo 105, comma 4, lettera a) unitamente all’articolo 89, comma 7, in quanto introduttivi di una presunzione assoluta di conflitto di interessi, incompatibile con i principi di matrice comunitaria in violazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2014/23/UE, dell’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE e dell’articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE, a norma dei quali cui le amministrazioni aggiudicatrici devono agire in modo proporzionato.

Il Legislatore nazionale diversamente da quanto operato con riferimento agli altri limiti al subappalto posti dall’articolo 105 del dlgs 50/2016 non ha dato riscontro alla eccepita mancata conformità alle direttive del divieto di subappalto in favore di un operatore che ha partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto. Ed infatti sebbene il decreto Sblocca cantieri aveva previsto l’abrogazione temporanea del divieto di tali affidamenti, in fase di conversione, tale abrogazione non è stata confermata.

Piuttosto, l’esigenza di prevenire i possibili conflitti di interesse e turbative della gara mediante accordi potenzialmente fraudolenti tra diverse imprese interessate al medesimo appalto e la necessità di stigmatizzare i conseguenti effetti distorsivi, ha determinato il Legislatore ad operare un intervento normativo in senso più restrittivo.

L’articolo 3, comma 7 del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con legge 11 settembre 2020, n. 120, ha  introdotto l’art. 83-bis, del d.lgs. n. 159/2011, che, al comma 3, stabilisce: «Le stazioni appaltanti prevedono negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto dei protocolli di legalità costituisce causa di esclusione dalla gara o di risoluzione del contratto»[34].

Tale previsione, da un lato, si pone in continuità con la disciplina previgente contenuta nell’art. 1, comma 17, l. n. 190 del 2012, dall’altro, si differenzia (in maniera, in realtà, sostanziale) per il grado di vincolatività e obbligatorietà degli impegni assunti con gli accordi in esame e degli effetti derivanti dalla loro relativa violazione in corso di gara o nella fase di esecuzione del contratto.

Infatti, mentre la vecchia norma sui protocolli di legalità sanciva la regola secondo la quale le «stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara», con ciò lasciando un margine di discrezionalità alle stazioni appaltanti nel richiamare o meno nel bando o nel disciplinare il sistema di condizioni e requisiti delineato pattiziamente, l’art. 83-bis utilizza invece l’espressione «prevedono», con cui, da un lato, si impone un vero e proprio obbligo di inclusione nella lex specialis di gara delle clausole contenute nei protocolli. Inoltre, la mancata accettazione di queste ultime in sede di offerta o la loro violazione produce un automatico effetto espulsivo dalla procedura di gara ovvero l’automatica risoluzione del vincolo negoziale.

Il Legislatore dunque ha accordato priorità alle esigenze di prevenzione dei fenomeni distorsivi della concorrenza fortemente radicati sul territorio nazionale con l’obiettivo di intensificare l’effettività della tutela della legalità nel settore degli appalti pubblici, mettendolo al riparo dal pericolo di penetrazioni mafiose.

La Commissione Europea in occasione della  «Comunicazione sugli strumenti per combattere la collusione negli appalti pubblici e sugli orientamenti riguardanti le modalità di applicazione del relativo motivo di esclusione[35]» si è nuovamente espressa sul divieto di subappalto in favore di un operatore che ha partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto.[36]

In tale sede la Commissione ha precisato che «I casi di subappalto reciproco tra due offerenti possono essere considerati dall’amministrazione aggiudicatrice come un’indicazione potenziale di collusione da esaminare a norma dell’articolo 57 della direttiva, dato che tali accordi di subappalto di norma consentono alle parti di venire a conoscenza delle rispettive offerte finanziarie, sollevando così dubbi riguardo all’indipendenza delle parti nel formulare le proprie offerte. Sebbene gli accordi di subappalto quali quelli sopra illustrati possano essere considerati indicatori del rischio di potenziale collusione, è opportuno che le amministrazioni aggiudicatrici evitino di basarsi sulla presunzione generale secondo cui il subappalto da parte dell’aggiudicatario a un altro offerente nella stessa procedura costituisce un comportamento collusivo tra gli operatori economici in questione senza lasciare loro la possibilità di dimostrare il contrario».

L’abrogazione della lettera a) del comma 4 dell’art. 105 ad opera dell’articolo 10 della legge 238 del 2021 che ha fatto cadere il divieto di subappalto in favore di un operatore che ha partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto ha suscitato perplessità e  reazioni immediate da parte delle stazioni appaltanti con la richiesta di reintroduzione della norma.

Il contestuale riconoscimento della facoltà di subappaltare ad un operatore economico che è anche concorrente nella stessa gara, in combinato con l’eliminazione dell’obbligo di indicare il subappaltatore in gara favorisce inevitabilmente una concertazione tra concorrenti, foriera di possibili modifiche alla formulazione delle offerte dirette a moltiplicare chances di aggiudicazione in danno agli altri concorrenti.

 

  1. Conclusioni

Le novità introdotte dalla Legge europea appaiono dovute in quanto finalizzate al conseguimento degli obiettivi stabiliti dall’Unione Europea.

Se l’obiettivo finale del Legislatore nazionale va individuato nel superamento di una visione caratterizzata dalla presenza di divieti e di soglie per affermare un sistema caratterizzato da semplificazione, concorrenza e trasparenza senza trascurare e limitare l’effettività dei controlli, le recenti modifiche ingenerano forti dubbi sul reale conseguimento del necessario bilanciamento tra la pluralità degli interessi in gioco.

Il sistema dei contratti pubblici per dare concreta attuazione ai principi di libera concorrenza, parità di accesso e trasparenza deve essere in grado di “espellere” coloro i quali tentano di “alterare” la procedura di gara.

Il Legislatore nazionale, così come la giurisprudenza amministrativa, non hanno mancato di evidenziare tale priorità, rallentando il riscontro alla Commissione europea.

La generalizzazione o meglio “europeizzazione” dell’istituto del subappalto da ultimo realizzata con la legge 238 del 2021 non potrà che essere accompagnata da un rafforzamento dei meccanismi di controllo delle stazioni appaltanti per non eludere la procedura ad evidenza pubblica che deve condurre alla selezione del miglior offerente.

 

 

[1] La legge europea può prevedere: i. modifiche a norme statali oggetto di procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia (o di sentenze della Corte di giustizia europea); ii. disposizioni per assicurare l’applicazione di atti dell’UE; iii. l’attuazione di trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell’Unione; iv. l’abrogazione e la modifica di norme in contrasto con gli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione. Contiene, infine, i presupposti per l’esercizio del potere sostitutivo dello Stato nei confronti delle Regioni che non adempiono all’attuazione degli atti normativi comunitari nelle materie di loro competenza, e non provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione Europea.

[2] Conseguentemente è disposta l’abrogazione della disciplina transitoria relativa al subappalto, di cui all’art. 1, comma 18, del D.L. 32/2019, prorogata fino al 2023 anche dal recente decreto Semplificazioni bis (d.l. 77/2021).

[3] È stato così attuato il principio contenuto nella Legge delega (L.11/2016, art.1, comma 1, lett. rrr), che ha richiesto l’introduzione, nei contratti di lavori, servizi e forniture, “di una disciplina specifica per il subappalto”.

[4]L’art. 49 co. 1 del D.L. n.77 del 2021, convertito in legge dalla l.n.108/2021 c.d. decreto Semplificazioni-bis ha integrato il comma 1 dell’art. 105 con la seguente previsione: “A pena di nullità … il contratto non può essere ceduto, non può essere affidata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera”.

[5]T.A.R. sez. IV – Milano, 28/05/2018, n. 1366 “In materia di appalti pubblici, la regola generale è quella dell’esecuzione diretta dell’appalto, mentre il ricorso a terzi rimane comunque eccezionale e consentito nelle forme del subappalto ammesso dalla legge o in altre forme previste anch’esse dalla legge (si pensi all’avvalimento, ad esempio).

[6]Il subappalto è, per definizione, un contratto «derivato»: l’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio senza l’autorizzazione del committente (art. 1656 c.c.). Pertanto come afferma la dottrina maggioritaria traendo origine dal contratto principale, esiste validamente solo in presenza del consenso espresso dal committente alla delega per l’esecuzione parziale o totale dei lavori al subappaltatore che, dunque, rimane estraneo al rapporto originario tra appaltante e appaltatore.

[7] La quota massima subappaltabile è prevista dall’art 105 nell’ambito del comma 2, terza frase, in forza del quale l’eventuale subappalto non può superare la quota del 30% dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture; nell’ambito del comma 5, in forza del quale, per le opere di cui all’articolo 89, comma 11, l’eventuale subappalto non può superare il 30% dell’importo delle opere.

[8] Nella previgente disciplina, 118, d.lg 12 aprile 2006 n. 163, il limite del 30% era riferito unicamente alla categoria prevalente. Le altre categorie di lavori, invece, erano totalmente subappaltabili.

 

 

[9] L’obbligatorietà dell’indicazione della terna dei subappaltatori in sede di offerta costituisce un’inversione di tendenza rispetto alla disciplina del vecchio codice (art 118, del d.lg 12 aprile 2006 n. 163) che aveva quale proposito lo snellimento delle procedure di gara, la maggiore possibile partecipazione al fine di ampliare il confronto concorrenziale e l’eliminazione di possibili intralci e sbarramenti a discapito di certe tipologie di imprese, come le aziende di dimensioni medio-piccole (T.A.R. Sicilia Catania, Sez. I, 16 febbraio 2005, n. 241).

[10] Il contenzioso e la giurisprudenza in materia di appalti pubblici” di C. Contessa, Edizioni La Tribuna, 2020 da pag. 491 a pag. 554 nella sezione “Il subappalto” curata da A.Cancrini.

[11]L’art 89 comma 7 e l’art 105 comma 4 del dlgs 50/2016 configurano il divieto i) per diversi offerenti in una determinata gara di fare affidamento sulle capacità dello stesso soggetto, ii) per il soggetto sulle cui capacità un offerente intende fare affidamento di presentare un’offerta nella stessa gara e iii) per l’offerente in una determinata gara di essere subappaltatore di un altro offerente nella stessa gara

[12]La Commissione Speciale del Consiglio di Stato, chiamata nel 2016 a rendere il parere sullo schema di tale Decreto, aveva ritenuto legittima la scelta del legislatore di porre un limite percentuale generalizzato al subappalto, scelta dettata dalla necessità di salvaguardare interessi di rango primario quali la prevenzione della corruzione, la lotta alle mafie, la trasparenza, i valori ambientali e sociali. L’addentellato normativo per giustificare il limite quantitativo del 30% nel subappalto era stato rinvenuto – in ambito eurounitario – nella norma di cui all’art. 36 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, là dove si consentono deroghe al principio di libera circolazione delle merci dettate da “motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale”.

.

[13] L’articolo 89, comma 7, del decreto legislativo 50/2016 dispone, a pena di esclusione, che in una determinata procedura di gara due o più offerenti non possono avvalersi delle capacità dello stesso soggetto ed altresì, a pena di esclusione, che in una determinata procedura di gara l’offerente e il soggetto delle cui capacità l’offerente intende avvalersi non possono entrambi presentare un’offerta in quella stessa procedura di gara.

[14] La sentenza origina dal rinvio pregiudiziale del TAR Lombardia, Milano, ordinanza 148/2018 che ha sottoposto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea il seguente quesito interpretativo: “Se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), l’articolo 71 della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, il quale non contempla limitazioni quantitative al subappalto, e il principio eurounitario di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’articolo 105, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”.

[15] La pronuncia origina dall’ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato, VI Sezione, 11 giugno 2018, n.3553, in sede di appello sulla sentenza del Tar Lazio – Roma, Sezione III, n.12511/2017, che ha sottoposto alla Corte di Giustizia il seguente quesito: “se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), gli artt. 25 della Direttiva 2004/18 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 e 71 della Direttiva 2014//24 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, che non contemplano limitazioni per quanto concerne la quota subappaltatrice ed il ribasso da applicare ai subappaltatori, nonché il principio eurounitario di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’art. 118 commi 2 e 4 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del trenta per cento dell’importo complessivo del contratto e l’affidatario deve praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con un ribasso non superiore al venti per cento”.

[16]I. Picardi, Limite quantitativo al subappalto: dall’ANAC proposte modificative per allineare la disciplina nazionale al diritto dell’Unione. “Le proposte di modifica formulate al riguardo dell’ANAC hanno fortemente risentito dell’obiettivo di individuare una soluzione legislativa di compromesso, che consentisse di realizzare una “(…) opportuna “compensazione” tra i diritti di libertà riconosciuti a livello europeo e le esigenze nazionali di sostenibilità sociale, ordine e sicurezza pubblica, che sono sempre stati alla base della limitazione all’utilizzo dell’istituto”

[17] TAR Puglia Lecce n. 1938/2019

[18] TAR Lazio Roma, n. 4183/2020

[19] Consiglio di Stato  n. 4150/2021

[20] Consiglio di Stato, Sez. V, 17/12/2020, n. 8101

[21]È opportuno segnalare, in proposito, un orientamento difforme espresso dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, secondo cui “il divieto generalizzato di subappalto è contrario ai principi europei che regolano gli appalti pubblici (CGUE, Sez. V, 26 settembre 2019, in causa C-63/18; Id., 27 novembre 2019, in causa C-402/18; in termini Cons. Stato, Sez. V, 16 gennaio 2020, n. 389), anche quando si tratti di appalti sotto soglia” (T.A.R. Calabria, Sez. II, 22/11/2021, n. 2068).

[22]L’art 49 alla lettera a) ha previsto che fino al 31 ottobre 2021, in deroga all’articolo 105, commi 2 e 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, il  subappalto  non puo’ superare la quota del 50 per cento dell’importo complessivo  del contratto di lavori, servizi o forniture. E’ ((soppresso)) l’articolo 1, comma 18, primo periodo, del decreto-legge 18 aprile 2019, n.  32, convertito con la L. 55/2019

[23] Il nuovo comma prevede che il subappaltatore, per le prestazioni affidate in subappalto, deve garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale, inclusa l’applicazione dei medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto ovvero riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale. L’affidatario corrisponde i costi della sicurezza e della manodopera, relativi alle prestazioni affidate in subappalto, alle imprese subappaltatrici senza alcun ribasso; la stazione appaltante, sentito il direttore dei lavori, il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, ovvero il direttore dell’esecuzione, provvede alla verifica dell’effettiva applicazione della presente disposizione. L’affidatario è solidalmente responsabile con il subappaltatore degli adempimenti, da parte di questo ultimo, degli obblighi di sicurezza previsti dalla normativa vigente.

[24]La necessaria indicazione del nominativo del subappaltatore e delle sue qualifiche si trova in numerose pronunce in caso di “subappalto necessario” o “qualificante” ( ex multiis, T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, 15 febbraio 2015 n. 216, in Foro amm.-C.d.S., 2015; Cons. Stato, Sez. IV, 13 marzo 2014 n. 1224, in Foro amm., 2014, 3; Id., Sez. V, 21 novembre 2012 n. 5900, in Foro amm.-C.d.S., 2012, 11; Id., Sez. VI, 2 maggio 2012 n. 2508, in Foro amm.-C.d.S., 2012, 5; Id., Sez. V, 20 giugno 2011 n. 3698.

[25] Consiglio di Stato, sez. V, 25 febbraio 2015, n. 944; sez. V, 10 febbraio 2015, n. 676; sez. V, 28 agosto 2014, n. 4405; sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4299; sez. IV, 26 maggio 2014, n. 2675; sez. IV, 13 marzo 2014, n. 1224; sez. III 5 dicembre 2013, n. 5781

[26] Consiglio di Stato, sez. V, 25 febbraio 2015, n. 944; sez. V, 10 febbraio 2015, n. 676; sez. V, 28 agosto 2014, n. 4405; sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4299; sez. IV, 26 maggio 2014, n. 2675; sez. IV, 13 marzo 2014, n. 1224; sez. III 5 dicembre 2013, n. 5781)

[27] Consiglio di Stato ordinanza di rimessione n. 3069 del 17 giugno 2015

[28] Linguiti A., commento all’art. 118 del codice appalti, in Perfetti L.R. (a cura di), Codice dei contratti pubblici commentato, Milano, 2013. Guarnieri A.-Tessera D., commento all’art. 118 del codice appalti, in

Ferrari G.F.-Morbidelli G. (a cura di), Commentario al codice dei contratti pubblici, Milano, 2013.

[29] T.A.R. Napoli, (Campania) sez. I, 22/10/2020, n.4676

[30] TAR Lazio Roma, Sez. II, 18.5.2021, n. 5837. Il TAR Lazio annulla il provvedimento di esclusione accogliendo i motivi del ricorrente. Quest’ultimo, nel censurare l’operato dell’amministrazione, sostiene che il legislatore, con la disposizione del decreto Sblocca Cantieri, non solo aveva previsto che gli operatori economici non fossero tenuti ad indicare la terna dei subappaltatori fino al 31.12.2021, ma anche che le stazioni appaltanti fossero esonerate dall’obbligo di effettuare le verifiche in merito alla possibile sussistenza di cause di esclusione in capo ai subappaltatori per quel che riguarda la fase di gara (obbligo che, invece, permaneva per quel che riguarda la successiva fase esecutiva).

[31]Cons. St., Ad. Plen., 4.11.2016, n. 23

[32] TAR Piemonte, sez. II, 08.03.2017, n. 328.

[33] Parere reso il 30 marzo 2017

[34] Con la sentenza del 13 gennaio 2021, n. 425, la Quinta sezione del Consiglio di Stato ha chiarito che l’esclusione dalla gara per violazione degli obblighi assunti con la sottoscrizione del patto di legalità o integrità è compatibile con il principio di tassatività delle clausole di esclusione disciplinato dall’art. 83, comma 8, del d.lgs. 50/2016

[35]G.U.U.E. 18 marzo 2021, 2021/C 91/01

[36] Sul punto la Commissione aveva già rilevato che la Corte Europea nella causa C-425/14 aveva dichiarato che, sebbene il diritto UE non osti ad una disposizione di diritto nazionale in forza della quale un’amministrazione aggiudicatrice possa prevedere che un offerente sia escluso automaticamente da una procedura di gara per non aver depositato, unitamente alla sua offerta, un’accettazione scritta degli impegni contenuti in un protocollo di legalità, tuttavia, in quanto tale protocollo preveda dichiarazioni secondo le quali l’offerente non si trova in situazioni di controllo o di collegamento con altri offerenti, non si è accordato e non si accorderà con altri partecipanti alla gara e non subappalterà lavorazioni di alcun tipo ad altre imprese partecipanti alla medesima procedura, l’assenza di siffatte dichiarazioni non può comportare l’esclusione automatica dell’offerente da detta procedura.

 

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