05/07/2018 – Pausa pranzo più lunga

Pausa pranzo più lunga

 

[p.37] Pausa pranzo più lunga per i dipendenti di regioni ed enti locali, ma non tutti festeggiano. Fra gli scontenti, vi sono sia coloro che accorciavano i tempi per uscire prima la sera, sia gli amministratori preoccupati per i maggiori oneri da sostenere per i buoni pasto. L’art. 26 del Ccnl firmato lo scorso 21 maggio dispone, al comma 1, che «Qualora la prestazione di lavoro giornaliera ecceda le sei ore, il personale, purché non in turno, ha diritto a beneficiare di una pausa di almeno 30 minuti al fine del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto». In precedenza, molti enti consentivano un break più breve, di 10 minuti, in applicazione dell’art. 8, comma 2 del dlgs 66/2003. La materia è molto delicata, perché coinvolge diritti dei lavoratori, che però spesso sono i primi a chiedere un intervallo più breve, che consenta loro di anticipare l’uscita serale. Da qui, i primi tentativi di aggirare la nuova clausola. Come riporta il sito della Delfino&Partners, vi è chi sostiene che l’obbligo di fruire della pausa sarebbe strettamente connesso alla durata dell’ordinario orario di lavoro che il dipendente è tenuto a osservare in ciascuna giornata, escludendo perciò dal computo eventuali prestazioni di lavoro straordinario. Ma ciò pare in contrasto con il tenore della previsione contrattuale, che impone la mezz’ora ogniqualvolta «la prestazione di lavoro giornaliera ecceda le sei ore», senza distinzione alcuna, quindi, tra lavoro ordinario e lavoro straordinario. Altri, invece, pensano che il diritto a fruire della pausa sia un diritto disponibile, un diritto, cioè, di cui il dipendente può liberamente disporre (accorciandone la durata o rinunciandovi addirittura). Ma ciò non è corretto: come chiarito diverse volte dall’Aran, l’interruzione dell’attività lavorativa costituisce un diritto indisponibile per il lavoratore, così come per esempio il diritto alle ferie o al riposo settimanale, poiché essa assolve alla necessità di sicurezza e igiene della collettività e non solo del lavoratore stesso Per tale motivo non è consentita la rinuncia né in forma espressa né in forma tacita attraverso il non esercizio del diritto che non è disponibile da parte del lavoratore, perciò irrinunciabile. Per quanto concerne, invece, la questione del buono pasto, bisogna evidenziare che spetta al singolo ente, in relazione al proprio assetto organizzativo e alle risorse disponibili, oltre che la decisione se attivare o meno il servizio mensa o il buono pasto sostitutivo, definire autonomamente la disciplina di dettaglio sulle modalità di erogazione del ticket, tenendo conto ovviamente delle implicazioni finanziarie delle diverse scelte. Sussiste, pertanto, un autonomo spazio decisionale che ogni amministrazione può utilizzare in relazione alla particolare natura di talune prestazioni di lavoro, stabilendo regole e condizioni per la fruizione del buono pasto, ivi compresa l’entità delle prestazioni minime antimeridiane e pomeridiane a tal fine richieste al personale.

04/07/2018 

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