05/06/2019 – Le indicazioni ai Prefetti per l’annotazione del cognome comune nella scheda anagrafica per le unioni civili

Le indicazioni ai Prefetti per l’annotazione del cognome comune nella scheda anagrafica per le unioni civili

di Amedeo Di Filippo – Dirigente comunale
Sono state sottoposte alla Corte costituzionale alcune norme del D.Lgs. n. 5 del 2017 con cui si sono adeguate le disposizioni dell’ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni in relazione alla introduzione nell’ordinamento italiano delle unioni civili ad opera della L. n. 76 del 2016.
Il riferimento è all’art. 3, comma 1, lett. c), n. 2), che inserisce nell’art. 20D.P.R. n. 223 del 1989, il regolamento anagrafico della popolazione residente, il comma 3-bis, il quale prevede che per le parti dell’unione civile le schede devono essere intestate al cognome posseduto prima dell’unione; e all’art. 8, che affida all’ufficiale dello stato civile l’onere di annullare l’annotazione relativa alla scelta del cognome effettuata di comune accordo.
Con la sentenza n. 212 del 22 novembre 2018 la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità. Quanto all’art. 3, è vero che il comma 10 della L. n. 76 del 2016 non contiene un’espressa qualificazione degli effetti di tale scelta, ma delimita la durata del cognome comune a quella dell’unione civile, talché dallo scioglimento dell’unione, anche in caso di morte di una delle parti, discende la perdita automatica del cognome comune.
Relativamente all’art. 8, che secondo la Corte detta una disciplina transitoria destinata ad applicarsi alle unioni civili costituite nell’intervallo temporale tra il D.P.C.M. n. 144 del 2016 e il D.Lgs. n. 5 del 2017, non è ravvisabile la violazione del diritto alla conservazione del cognome comune da parte di chi lo abbia acquisito nel vigore dell’art. 4, comma 2, del D.P.C.M. n. 144 citato, proprio in ragione della natura provvisoria di tale provvedimento.
La circolare n. 5
Con la circolare, emanata a così lungo scadere di tempo rispetto al deposito della sentenza n. 212 del 2018, il Direttore Centrale si limita a ricordare ai Prefetti che con questa pronuncia viene ribadito che il legislatore abbia inteso escludere la valenza anagrafica del cognome comune scelto dalle parti dell’unione civile, che pur possono scegliere e utilizzare tale cognome per tutta la durata dell’unione, escludendo la necessità di modificare la scheda anagrafica individuale, che resta intestata alla stessa parte col cognome posseduto prima della costituzione dell’unione.
Sottolinea inoltre l’importanza della scelta della posizione del cognome comune come esercizio di ulteriore facoltà riconosciuta dalla L. n. 76 del 2016 alle parti dell’unione civile, tanto che ne è prevista l’iscrizione, a cura dell’ufficiale dello stato civile, negli archivi informatici degli atti dello stato civile a norma dell’art. 63, comma 1, lett. g-sexies, D.P.R. n. 396 del 2000, che appunto fa riferimento alla dichiarazione con la quale le parti, dopo la costituzione dell’unione civile, dichiarano di voler assumere, per la durata dell’unione civile, un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi o di anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome, se diverso.

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