05/04/2017 – Accesso civico: tra novità e disorientamento

Accesso civico: tra novità e disorientamento
 

La pubblica amministrazione, a differenza di quanto si creda, ha dimostrato una straordinaria capacità innovativa. Negli ultimi 30 anni, infatti, ha rivisto sostanzialmente il proprio modo di lavorare, ha introdotto sistemi di pianificazione e soprattutto ha definito in modo chiaro il proprio rapporto con gli utenti. Basti pensare che nel 1990, la “trasparenza” rientrava tra i criteri a cui doveva ispirarsi l’azione amministrativa, senza alcuna precisazione sulle modalità di esercizio, ad eccezione dell’accesso documentale, peraltro riservato ai portatori dell’interesse specifico. 

Da quella data ad oggi si è assistito ad una notevole rivoluzione innovativa, attribuendo alla trasparenza sia il valore di pubblicità legale (L. 69/2009) sia quello di pubblicità notizia per effetto di diversi provvedimenti normativi tutti “riordinati” nel D. Lgs. 33/2013. Quest’ultimo decreto in particolare ha determinato una svolta importante nei rapporti tra il cittadino e istituzioni perché ha introdotto il “diritto di chiunque” alla “accessibilità”. Peraltro nella prima versione dell’art. 2 di questa norma si prevedeva che ciò avvenisse “senza autenticazione ed identificazione”. Resta inteso che questa facoltà di accesso senza identificazione faceva riferimento ai siti, non agli atti. Possiamo affermare comunque che l’esercizio della trasparenza amministrativa, nella forma della accessibilità totale ai siti istituzionali ha avuto, con il citato decreto 33, la sua più alta espressione, sia grazie all’introduzione al cosiddetto “accesso civico”, sia grazie alla previsione esplicita e tassativa degli obblighi di pubblicazione.

L’impianto normativo di quella norma, nella versione 2013 infatti, combinava una esatta corrispondenza tra obblighi di pubblicazione e diritti di accessibilità, nel senso che ad ogni cittadino veniva riconosciuto il diritto di avere notizia di atti e documenti dell’amministrazione a condizione che una norma di legge ne prevedesse esplicitamente la pubblicazione. Era questo impianto normativo appariva già moderno e rivoluzionario (tanto da apparire strano parlarne al passato) ma è stato superato a seguito dell’emanazione del D. Lgs. 97/2016. In verità, sappiamo bene che tutte le forme di accesso e di accessibilità oggi convivono. Si tratta semmai di capirne la vera portata e i confini del loro effettivo esercizio. Ne parliamo perché, mentre tutte le amministrazioni provavano a uniformarsi agli obblighi di pubblicazione, improvvisamente si è assistito ad una accelerazione normativa in direzione di ciò che viene definito un “accesso civico generalizzato”. 

La nuova disciplina è stata emanata nel mese di maggio, prevedendo una fase di organizzazione entro il mese di dicembre 2016 e poco prima della scadenza è stata oggetto di specifiche linee guida dell’ANAC. A dire il vero, in linea con le preoccupazioni manifestate dal garante della protezione dei dati personali, la norma appare frettolosa e di difficile gestione e soprattutto arriva in un momento in cui nel paese non si era ancora consolidato l’istituto del precedente accesso civico: da un lato le amministrazioni stavano ancora riorganizzando i propri fini istituzionali (anche a causa di un “albero della trasparenza” definito in modo poco razionale), dall’altro lato i cittadini non erano ancora pronti a considerare la trasparenza come sistema di controllo (da un’indagine risulta che la sezione “amministrazione trasparente” viene consultata, mediamente, da bassissime percentuali di visitatori del sito). 

È in questo contesto che interviene un nuovo sistema di relazione tra il cittadino e le istituzioni che risulta inevitabilmente invasivo perché non riguarda l’accessibilità sui siti a informazioni obbligatorie, ma invece l’accesso di chiunque a documenti “detenuti”, senza alcuna motivazione né giustificazione della richiesta. Peraltro, il nuovo articolo 5 prevede che la richiesta sia gratuita, trasferendo sull’amministrazione gli oneri, sia della ricerca, sia della riproduzione su supporti “non materiali”, sia dei costi di spedizione per assolvere gli obblighi di contatto con i controinteressati. A riguardo è opportuno precisare che l’esercizio di tale diritto per il legislatore dovrebbe garantire al contempo ciò che risulta manifestamente impossibile: la gratuità del diritto e l’invarianza della spesa. Ma oltre a questi aspetti, ciò che rende difficile (se non impossibile) la gestione dell’accesso civico generalizzato è la eccessiva generalizzazione normativa associata alla indeterminatezza delle linee guida di ANAC e dei pareri del garante. Infatti, nonostante che, per effetto dell’art. 11 del D. Lgs. 50/2009 la trasparenza rientri tra le materie di esclusiva competenza dello Stato, si affaccia la tendenza a fornire indicazioni superficiali rimandando ogni valutazione a ciascun ente. 

In poche parole, in un contesto in cui risulta acceso il confronto tra esigenze di trasparenza (anche per finalità politiche o rivendicative) ed esigenze di riservatezza (finalizzate alla tutela dei dati personali), piuttosto che fornire indicazioni certe e tassative si lascia agli operatori delle pubbliche amministrazioni il compito di valutare “caso per caso“ se assecondare o meno le richieste di accesso. Salta subito agli occhi che una situazione del genere, senza alcuna forma di protezione da parte degli organi centrali, (così solerti nel pretendere rigidità nell’applicazione di norme elastiche) espone gli operatori delle pubbliche amministrazioni ad un doppio rischio: nei confronti di chi pretenda di accedere a tutto senza doverlo motivare e nei confronti di chi, in qualità di controinteressato, vi si oppone. Per il momento non si hanno indicazioni chiare e univoche che possano servire come orientamento.

La stessa ANAC nelle linee guida usa la strana locuzione “sembra opportuno suggerire”, confermando di non essere in grado o di non volere fornire indicazioni certe. Nello stesso tono sono da leggere i primi pareri del garante della privacy che, chiamato ad esprimersi in ordine ad una richiesta di riesame relativo alla pretesa di ottenere l’elenco nominativo degli esercizi commerciali destinatari di sanzione da parte di una APS, rimanda all’amministrazione ogni decisione al riguardo concludendo che in ogni caso si può riconoscere al richiedente, qualora ne abbia il diritto, l’accesso civico documentale.  È evidente che assistiamo ad una fase di evoluzione dell’Istituto. Ma è altrettanto evidente che prima della introduzione dell’ordinamento italiano di istituti di così tale importanza, sarebbe opportuno verificarne le modalità di attuazione sia dal punto di vista normativo, sia dal punto di vista organizzativo altrimenti si rischia di sbandierare nelle sedi internazionali l’introduzione di moderni istituti la cui applicazione viene demandata all’eroismo dei singoli operatori senza alcuna assistenza da parte degli stessi organi che ne hanno previsto l’istituzione.

Santo Fabiano

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