05/02/2019 – Esecuzione forzata promossa nei confronti degli enti locali

Esecuzione forzata promossa nei confronti degli enti locali

di Cristina Montanari – Responsabile dell’Area Finanziaria-Tributi del Comune di Serramazzoni e Vicesegretario Comunale

Nella delibera 19 dicembre 2018, n. 157, la Corte dei conti-Campania esamina la disciplina dell’esecuzione forzata presso gli enti locali, materia affrontata dapprima dall’abrogato art. 113D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, come modificato dall’art. 39D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, poi recepito nell’art. 159D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

Il diritto positivo in materia è attestato su posizioni in base alle quali l’ente pubblico si trova nelle stesse condizioni di ogni altro debitore privato, il che garantisce al creditore procedente l’assoggettabilità ad espropriazione forzata fin anche delle somme già iscritte in bilancio, salvo il caso in cui esse siano da ricomprendere nel patrimonio indisponibile dell’ente, a seguito di provvedimento amministrativo o norma di legge che le abbia vincolate ad una concreta funzione pubblica.

La disciplina in argomento trova una ragionevole giustificazione nella specificità della posizione della p.a., e nell’opportunità d’assicurare una gestione delle risorse funzionale al perseguimento delle finalità d’interesse pubblico proprie dell’ente esecutato; la ratio della norma, quindi, è evidente: non pregiudicare lo svolgimento dell’attività istituzionali dell’ente, salvaguardando dai creditori determinate somme aventi specifica destinazione.

Quanto premesso, alla luce della vigente normativa ed in riferimento agli enti locali:

– non è ammessa la procedura d’esecuzione forzata presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri;

– non tutte le somme depositate presso la tesoreria possono essere aggredite: valgono, a questo proposito, le disposizioni inerenti l’impignorabilità delle somme e le condizioni per la loro attuazione, ex art. 159 del TUEL;

– occorre tener conto della disposizione di cui all’art. 14D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, come modificato dall’art. 147L. 23 dicembre 2000, n. 388 e dal comma 3 art. 44D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione, secondo la quale, in particolare:

– l’obbligo di pagamento a fronte della notificazione dell’atto di pignoramento, nelle forme della citazione, scade nel termine di 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo medesimo;

– prima di tale termine, il creditore non può procedere ad esecuzione forzata, né possono essere posti in essere atti esecutivi.

Alla luce di quanto sopra:

– gli atti di sequestro/pignoramento eventualmente notificati al tesoriere in difformità alle prescrizioni normative sono nulli (ovvero inefficaci), e tale nullità è rilevabile anche d’ufficio, dal giudice;

– tale nullità impedisce di dare ingresso al giudizio di cognizione, richiesto dal creditore che procede all’esecuzione forzata per accertare di quali somme del debitore il terzo, quale tesoriere, sia in possesso.

Per l’ente locale, dunque, la responsabilità patrimoniale, fissata a tutela del singolo creditore, subisce delle limitazioni; si assiste, così, ad un sacrificio della tutela creditoria del singolo a beneficio di una tutela più ampia, della collettività e dei suoi interessi, dallo stesso ente rappresentati, vale a dire la possibilità, anche a fronte di procedure esecutorie, di mantenere la disponibilità di buona parte delle risorse finanziarie pubbliche:

– per l’espletamento dei servizi indispensabili (i “servizi indispensabili” cui fa riferimento la lett. c), comma 2, art. 159D.Lgs. n. 267 del 2000, sono quelli di cui al D.M. 28 maggio 1993; l’art. 1 individua i servizi indispensabili dei comuni, l’art. 2 quelli delle province, e l’art. 3 quelli delle comunità montane);

– per il pagamento degli stipendi del personale (per i tre mesi successivi);

– per la restituzione dei mutui/prestiti obbligazionari contratti per la realizzazione di opere pubbliche (scadenti nel semestre in corso).

I limiti posti dalla legge alla pignorabilità del denaro pubblico e, quindi, alla responsabilità patrimoniale dell’ente, impediscono che il creditore insoddisfatto possa aggredire indistintamente tutte le somme depositate presso la tesoreria, o disponibili sulle contabilità speciali di girofondi.

Per l’operatività dei limiti all’esecuzione forzata di cui sopra, tuttavia, occorre che l’organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette finalità; inoltre, per effetto della sentenza della Corte Cost. n. 69 del 20 marzo 1998, la predetta impignorabilità non opera qualora, dopo l’adozione da parte dell’organo esecutivo della delibera semestrale di quantificazione preventiva degli importi delle somme stesse, siano emessi mandati di pagamento diversi da quelli vincolati, senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni d’impegno da parte dell’Ente: in altri termini, è necessario osservare l’ordine cronologico nell’emissione dei mandati, così da garantire la par condicio creditorum.

Sotto quest’ultimo aspetto, in particolare, la Corte osserva che il Comune conserva il beneficio dell’impignorabilità delle somme giacenti presso il proprio tesoriere, ex art. 159 del TUEL, se sussistono tre condizioni (due positive ed una negativa):

– che sia stata emessa la delibera semestrale di vincolo, che quantifichi gli importi non soggetti ad esecuzione forzata e che il credito vantato dal terzo sia estraneo alle finalità per le quali il vincolo è posto; al riguardo, è necessario inoltre che la delibera sia approvata all’inizio del semestre di riferimento al fine d’impedire che un eventuale pignoramento sia notificato prima che la deliberazione produca i suoi effetti: in relazione a questa problematica la giurisprudenza ha chiarito che in caso di pignoramento a carico di ente eseguito sulle somme giacenti in tesoreria, il vincolo d’impignorabilità derivante dalla delibera richiede che l’esecutività della stessa sia anteriore alla notifica del pignoramento (cfr. Cass. civ. n. 1949 del 2009);

– che tale provvedimento sia stato notificato al tesoriere, che rappresenta il soggetto destinatario delle eventuali azioni esecutive e, quindi, per rendere l’atto opponibile ai terzi;

– che l’ente non abbia eseguito pagamenti non “preferenziali”, cioè estranei alle finalità per le quali il vincolo è posto oppure, se li ha eseguiti, abbia seguito l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento.

Pertanto, in relazione al quesito circa “la non decadenza dell’Ente dal beneficio dell’impignorabilità delle somme ex art. 159 del TUEL nel caso in cui siano emessi dei mandati “a titolo vincolato” senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento“, la Sezione ritiene che il Comune decade dal beneficio dell’impignorabilità delle somme ex art. 159 del TUEL nel caso in cui siano emessi dei mandati diversi da quelli “a titolo vincolato” e non abbia rispettato la regola prior in tempore, cioè l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute, in quanto mancherebbe il terzo requisito necessario ai fini della sussistenza dell’impignorabilità. In altri termini, se il Comune esegue pagamenti “preferenziali” (cioè senza seguire l’ordine cronologico delle fatture) per mandati non vincolati, secondo l’orientamento del Giudice costituzionale, perde, quasi in un’ottica sanzionatoria, il previsto beneficio. In base a questa regola, assentita dalla Corte Costituzionale, solo per i mandati diversi da quelli vincolati rileva il rispetto della priorità delle fatture. Viceversa, i mandati per somme vincolate possono essere emessi anche senza seguire l’ordine cronologico delle fatture; in tal caso non si determina la decadenza dal beneficio, in quanto, non v’è la necessità di garantire la concorrenza fra i creditori, dovendo (in teoria) essere già accantonate in bilancio le somme vincolate al pagamento.

Circa la qualificazione dei mandati di pagamento “a titolo vincolato“, occorre partire dalla lettura dell’art. 180, comma 3, lett. d), TUEL, secondo cui l’ordinativo d’incasso deve contenere, tra le altre, l’indicazione di “eventuali vincoli di destinazione delle entrate derivanti da legge, da trasferimenti o da prestiti“: il vincolo di destinazione può essere previsto da legge (come per le sanzioni stradali o per i proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle relative sanzioni), da trasferimenti o da prestiti; come noto, infatti, le entrate a destinazione vincolata rappresentano risorse (derivanti da indebitamento o da trasferimenti finalizzati dello Stato o della Regione, principalmente di parte capitale e, talora, di parte corrente) alle quali, per evitare lo sviamento dalle loro finalità, la legge imprime, oltre ad un generico vincolo a livello di bilancio, anche uno specifico vincolo di cassa.

Alla luce di quanto sopra, la Corte non ritiene possibile per l’ente locale istituire ulteriori ipotesi di entrate vincolate, al fine di non ledere la par condicio creditorum; infatti, diversamente ragionando, si creerebbe un facile sistema per il Comune per sottrarre ingenti somme dalla responsabilità a favore dei creditori dell’ente, senza alcun substrato legislativo di riferimento. Al riguardo, è utile ricordare la sentenza 13 novembre 2013, n. 5077, con cui il T.A.R. Campania-Napoli, sez. I, ha dichiarato illegittimo il provvedimento del Comune col quale si delibera d’includere tra i servizi locali indispensabili, e quindi sottratti anche alle procedure civilistiche dell’espropriazione forzata, un elenco di crediti da liquidare con modalità straordinarie e con un percorso preferenziale rispetto ad altri crediti vantati nei confronti dell’Ente.

In altri termini, sebbene la p.a. deve sempre perseguire l’interesse pubblico, di cui l’Ente locale è portatore, ciò non comporta che sia sufficiente la decisione del debitore, anche se pubblico, di vincolare una somma al perseguimento di quell’interesse per sfuggire alle regole della responsabilità civile ed al regime della pignorabilità dei beni (ivi comprendendo il danaro), cioè a dire che il Comune ben può decidere mediante un atto amministrativo generale di alta amministrazione (e non con un provvedimento meramente esecutivo) di finalizzare determinate somme al perseguimento dell’interesse pubblico, senza poter con ciò imporre il particolare regime delle somme vincolate, che, si ripete, deve sempre trovare specifico fondamento legislativo.

Da ultimo, sulla questione posta dal Sindaco e riguardante l’onere probatorio spettante al Comune dinnanzi al giudice ordinario al fine di fornire dimostrazione dell’emissione del mandato avente natura vincolata onde evitare d’incorrere nella decadenza del vincolo d’impignorabilità delle somme previsto dall’art. 159 del TUEL, il Collegio non ha espresso il proprio parere, dichiarando il quesito inammissibile, pena l’interferenza del proprio decisum con altre magistrature.

Corte dei conti-Campania, Sez. contr., Delib., 19 dicembre 2018, n. 157

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