04/10/2018 – Opere di urbanizzazione primaria realizzate a scomputo: l’uso pubblico non è limitabile

Opere di urbanizzazione primaria realizzate a scomputo: l’uso pubblico non è limitabile

di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale

Il Consiglio di Stato si è trovato a dirimere una controversia nata tra una società commerciale e la competente Amministrazione comunale in merito alla qualificazione giuridica, e al conseguente regime di utilizzo, da attribuire agli spazi a parcheggio realizzati dal soggetto attuatore di un piano urbanistico nel quadro di una convenzione stipulata con il Comune.

Ma veniamo alla ricostruzione del fatto. Una società è proprietaria di un compendio immobiliare destinato ad attività produttive all’interno di un Piano particolareggiato di iniziativa pubblica, finalizzato alla realizzazione di tre distinti edifici da destinare ad attività di commercio all’ingrosso e assimilabili. Per assicurare la corretta previsione delle urbanizzazioni e il rispetto degli standard di legge, lo strumento urbanistico ha previsto la stipula di una convenzione tra il soggetto attuatore e il Comune. Dalla disciplina pattizia poi intervenuta, è emerso che per garantire gli standard dovuti, la società attuatrice avrebbe realizzato a propria cura e spese le opere di urbanizzazione, ottenendo lo scomputo degli oneri. In particolare, tra le opere a scomputo, figuravano parcheggi pubblici funzionali da ricavare in parte al piano terra dell’edificio ed in parte sul lastrico solare.

Conclusa la fase realizzativa, l’Amministrazione ha preteso che gli spazi a parcheggio fossero asserviti all’uso pubblico senza limitazioni temporali, in modo che la cittadinanza potesse accedervi in via continuativa. Questa modalità avrebbe richiesto la rimozione degli impedimenti ostativi al libero uso collettivo nel frattempo installati dalla proprietà: recinzioni, cancelli ai varchi, posizionamento di cartelli di proprietà privata. A seguito di molteplici scambi tra le parti, il Comune ha accettato che per ragioni di ordine pubblico, al fine di tutelare la sicurezza del sito nelle ore notturne, l’accesso libero al parcheggio fosse impedito da una sbarra telecomandata, precisando che comunque, in caso di eventi e manifestazioni, i parcheggi dovevano essere accessibili a tutti anche nelle ore notturne a semplice richiesta dell’Amministrazione.

Il ricorso davanti al T.A.R.: quale regime di utilizzo per i parcheggi in convenzione?

La società, di diverso avviso, impugnava la determinazione comunale davanti al T.A.R., ritenendo che in base ai patti della convenzione, per la natura privata del sito, l’accesso del pubblico all’area di parcheggio poteva avvenire solo durante gli orari di apertura dell’attività commerciale e a vantaggio dei soli clienti delle attività lì insediate. Ma il Tribunale è stato di diverso avviso, e ha rigettato il ricorso. A sostegno, il Collegio di primo grado ha affermato innanzitutto che la qualificazione formale (pubblica o privata) dei parcheggi realizzati nell’ambito della strumentazione urbanistica debba discendere e desumersi dal titolo giuridico, che nel caso concreto è una convenzione urbanistica. L’inserimento dell’opera all’interno delle urbanizzazioni primarie, ne legittima l’inquadramento nei beni pubblici a fruizione collettiva. Di conseguenza, il giudice ha ritenuto irrilevante il mero regime formale di appartenenza, pubblico o privato, in quanto siamo in presenza di un diritto di uso o di servitù di fonte pubblicistica a favore della collettività, non suscettibile ex se di frazionamento o di delimitazione al di fuori dei casi espressamente previsti dal titolo pubblico costitutivo. A ulteriore sostegno di queste conclusioni, militano anche la funzione integrativa assolta dai parcheggi rispetto agli standard urbanistici obbligatori, così come il rilievo per cui lo scomputo parziale dagli oneri ha inciso sulle risorse pubbliche, comportando un costo per la collettività a compensazione del quale corrisponde il diritto pubblico o civico all’utilizzazione. Ciò implica altresì che la destinazione in termini funzionali non sia da intendere in senso esclusivo a favore delle attività commerciali insediate, ma solo quale correlazione astratta a determinati interventi sull’assetto urbano, come supermercati, attività produttive, impianti sportivi, ecc.

L’appello al Consiglio di Stato: definita la natura giuridica degli spazi a parcheggio

Incassato il rigetto del ricorso davanti al primo giudice, la società commerciale ha presentato appello al Consiglio di Stato, che con la sentenza n. 5372 del 13 settembre 2018 ha però ritenuto non fondato l’appello. Il Collegio romano ha argomentato ricostruendo la natura giuridica degli spazi a parcheggio in questione, che per disciplina regionale sono definiti “funzionali”. Realizzati a parziale scomputo degli oneri di urbanizzazione e a titolo di urbanizzazione primaria, secondo la ricorrente i parcheggi sono sottoposti ad un mero vincolo di uso pubblico funzionale, per l’appunto, ma resterebbero di proprietà privata. Il loro utilizzo dovrebbe limitarsi a vantaggio dei fruitori delle attività commerciali e, in ogni caso, mai al di fuori della fascia di apertura degli esercizi al pubblico. Di opinione contraria l’Amministrazione, che ha insistito sul carattere funzionalizzato del bene, che resterebbe solo formalmente privato.

Il Consiglio di Stato, con la citata sentenza, ha ritenuto di condividere la ricostruzione offerta dal Tribunale, respingendo l’appello.

La ricorrente ha precisato che secondo la disciplina regionale dei parcheggi, quelli realizzati a servizio delle strutture di proprietà, per quanto funzionalizzati all’uso collettivo, sarebbero ascrivibili ad una tipologia diversa dai parcheggi ad accesso libero. Il Collegio non si è convinto, e ha dato prevalenza ad altre norme che fanno rientrare tale tipologia di parcheggi nell’ambito delle opere di urbanizzazione primaria, come tali preordinate a garantire l’accessibilità e la fruibilità delle aree oggetto di intervento edilizio. Si è così inteso valorizzare la “destinazione funzionale” dei parcheggi, che si connota della stessa stabilità e continuità che caratterizza, ontologicamente, le opere di urbanizzazione primaria. Resta allora esclusa la rivendicata limitazione temporale ad alcune ore della giornata, coincidenti con l’orario di apertura degli esercizi commerciali. In linea generale, il Collegio ricorda che con il termine “opere di urbanizzazione” si indica, in termini generali, l’insieme delle attrezzature necessarie a rendere una porzione di territorio idonea all’uso insediativo previsto dagli strumenti urbanistici vigenti.

Storia e definizione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria

La sentenza in commento offre un approfondito excursus sulle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, e sulla funzione che hanno svolto nelle varie fasi storiche che hanno accompagnato la storia recente dello sviluppo urbanistico.

Le opere di urbanizzazione primaria (o opere a standard tecnico), comprendono tutte le attrezzature a rete, o infrastrutture, necessarie per assicurare ad un’area edificabile l’idoneità insediativa in senso tecnico, cioè tutte quelle attrezzature che rendono possibile l’uso degli edifici. Esse includono, perciò, le strade residenziali, comprese le aree di sosta e di parcheggio, le fognature, la rete idrica, la rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, la pubblica illuminazione, i piccoli spazi di verde attrezzato al servizio delle abitazioni.

Le opere di urbanizzazione secondaria (o opere a standard sociale) includono tutte quelle attrezzature di carattere locale che rendono l’insediamento funzionale per gli abitanti, garantendo la vita di relazione. La categoria include, perciò, gli asili nido e le scuole materne, le scuole dell’obbligo, i mercati di quartiere, le chiese e gli altri edifici per i servizi religiosi, gli impianti sportivi, le attrezzature per attività ricreative, culturali, sociali, sanitarie ed amministrative, oltre alle aree verdi di quartiere.

Nel corso del tempo, abbiamo assistito ad un ampliamento delle opere rientranti nelle urbanizzazioni. Nel 1971, la L. n. 865 ha incluso nelle opere secondarie anche le aree verdi di quartiere, prima escluse. Risale invece al 1988 l’inclusione nella categoria delle attrezzature scolastiche delle strutture e dei complessi per l’istruzione superiore all’obbligo.

Più di recente, il Testo Unico edilizia ha inserito tra gli interventi di urbanizzazione primaria anche i cavedi multiservizi ed i cavidotti per il passaggio delle reti di telecomunicazione, mentre ha ricompreso tra gli interventi di urbanizzazione secondaria, le opere e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani (speciali, pericolosi, solidi e liquidi) ed alla bonifica di aree inquinate.

In conclusione, alla luce delle progressive integrazioni di legge, le opere di urbanizzazione primaria comprendono: strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato servizio delle abitazioni, cavedi multiservizi e cavidotti per il passaggio delle reti di telecomunicazione. Quelle di urbanizzazione secondaria comprendono invece: asili nido e scuole materne, scuole dell’obbligo nonché strutture e complessi per l’istruzione superiore all’obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese ed altri edifici per i servizi religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali, attrezzature culturali e sanitarie, comprese le opere e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani ed alla bonifica di aree inquinate.

Ma esiste una terza categoria di opere di urbanizzazione, quelle di tipo generale. Per quanto non previste dalla legge nazionale, tali opere rivestono un’importanza fondamentale nello sviluppo di una città su scala più ampia di quella locale. Le opere generali comprendono tutte le attrezzature di livello superiore, a scala urbana e territoriale, non incluse nel precedente elenco, necessarie a soddisfare bacini di utenza più ampi di quelli locali e diversificate in ragione delle dimensioni del Comune. Sono ospedali, parchi urbani e territoriali, università, musei, teatri, strade di livello superiore a quello locale, ma anche cimiteri, aeroporti, interporti e grandi attrezzature sportive come gli stadi.

Quanto alla competenza ai fini della realizzazione di tali opere, la stessa spetta al Comune, mentre ai privati che edificano tocca la corresponsione di un contributo economico commisurato, oltre che al costo di costruzione, anche all’incidenza dell’iniziativa costruttiva rispetto alle attrezzature da realizzare. E’ tuttavia possibile concordare che l’esecuzione diretta delle opere da parte del privato, a fronte dello scomputo totale o parziale della quota di oneri dovuta. Ciò comporta che le opere in questione siano preordinate alla fruizione collettiva indifferenziata ed alla soddisfazione di bisogni generali.

Il profilo formale della titolarità del bene merita di essere complessivamente svalutato rispetto a quello della destinazione funzionale delle opere. Secondo un principio fatto proprio anche dalle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. civ. 14 febbraio 2011, n. 3665), il regime di spettanza del bene che, per sua natura o destinazione, fosse destinato alla soddisfazione di bisogni durevoli e primari della collettività, non può incidere in senso limitativo o preclusivo sulla fruizione dello stesso.

In siffatta prospettiva, gli spazi a parcheggio concretanti opere di urbanizzazione vanno ritenuti per definizione “pubblici” o, appunto, “comuni”, palesandosi abusiva ed illecita la pretesa di una fruizione riservata e limitata.

Cons. di Stato, 13 settembre 2018, n. 5372

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