04/08/2018 – Relazioni sindacali limitate per l’orario di lavoro e di servizio

Relazioni sindacali limitate per l’orario di lavoro e di servizio

 

Il Ccnl 21.5.2018 consente di semplificare la disciplina dell’orario di lavoro e di servizio, resa particolarmente complessa dalla precedente stratificazione di norme, causa di un caos notevole in particolare per le relazioni sindacali.

Nel comparto oggi definito Funzioni locali, il Ccnl 6.7.1995 all’articolo 17, comma 1, sul tema dell’orario di lavoro prevede(va) quanto segue: “L’orario ordinario di lavoro è di 36 ore settimanali ed è articolato, previo esame con le Organizzazioni Sindacali, ai sensi delle fonti normative vigenti”.

L’articolo 4, comma 2, lettere i) e m) del Ccnl 1.4.1999 attribuiva alla contrattazione decentrata la regolazione di queste materie:

i) le modalità e le verifiche per l’attuazione della riduzione d’orario di cui all’art.22;

m) criteri generali per le politiche dell’orario di lavoro.

L’articolo 19 del Ccnl 14.9.2000, al comma 5 stabiliva che “In sede di negoziazione decentrata a livello di singolo ente, tenendo conto delle proposte formulate dai comitati per le pari opportunità, sono concordate le misure volte a favorire effettive pari opportunità nelle condizioni di lavoro e di sviluppo professionale, considerando anche la posizione delle lavoratrici in seno alla famiglia, con particolare riferimento a:

a) accesso [omissis];

b) flessibilità degli orari di lavoro in rapporto a quelli dei servizi sociali”.

Infine, l’articolo 8, comma 1, lettera a), di nuovo del Ccnl 1.4.1999 assegna(va) alla relazione della concertazione la materia dell’articolazione dell’orario di servizio.

La breve rassegna di norme e regole svolta conferma l’affastellamento confusionario di regole e norme, con ben tre diverse relazioni sindacali per materie analoghe, tutte attinenti l’orario di lavoro: contrattazione (anche denominata negoziazione), concertazione e anche “esame”, relazione mai completamente definita, né comprensibile.

Una confusione accentuata dall’evoluzione delle norme che hanno progressivamente incrementato i poteri datoriali di carattere organizzativo, che dovrebbero considerarsi sottratte a relazioni sindacali tali da richiedere una prestazione di consenso tra le parti.

Prima di proseguire e verificare l’opportuna razionalizzazione al sistema apportata dal Ccnl 21.5.2018, è bene comunque cercare di fornire le definizioni di orario di lavoro, orario di servizio ed anche di orario di apertura al pubblico.

Nell’ambito della pubblica amministrazione, la fonte definitoria degli istituti in argomento è ormai molto antica: si tratta della circolare della Funzione Pubblica 9 marzo 1993, n. 8/93, avente ad oggetto Decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. Criteri organizzativi. Orario di servizio ed orario di lavoro”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 13 marzo 1993. Queste sono le definizioni indicate:

Per ‘orario di servizio‘ deve essere considerato il periodo di tempo giornaliero necessario per assicurare la funzionalità delle strutture degli uffici pubblici e l’erogazione dei servizi all’utenza.

Per ‘orario di apertura al pubblico‘ deve essere considerato il periodo di tempo giornaliero che, nell’ambito dell’orario di servizio, costituisce la fascia oraria, ovvero le fasce orarie, di accesso ai servizi da parte dell’utenza.

Per ‘orario di lavoro‘ deve essere considerato il periodo di tempo giornaliero durante il quale, in conformità all’orario d’obbligo contrattuale, ciascun dipendente assicura la prestazione lavorativa nell’ambito dell’orario di servizi”.

In particolare, poi, la circolare 16 febbraio 1994, n. 3 “Orario di servizio e orario di lavoro” (GU Serie Generale n.43 del 22-02-1994), chiarisce:

L’orario di servizio settimanale puo’ essere articolato:

su cinque giorni (dal lunedì al venerdì);

su sei giorni (dal lunedì al sabato).

Deve essere comunque assicurato, per i primi cinque giorni lavorativi della settimana, il funzionamento degli uffici sia nelle ore antimeridiane, sia in quelle pomeridiane. Ulteriori ampliamenti dell’orario di servizio possono essere stabiliti ai fini di assicurare la funzionalità dell’ufficio.

ORARIO DI APERTURA AL PUBBLICO.

Le amministrazioni dovranno individuare gli uffici che hanno rapporto continuativo con il pubblico, al fine di:

assicurarne l’apertura per dieci ore giornaliere, dal lunedì al venerdì;

prevedere apposite fasce orarie di accesso ai servizi, sia nelle ore antimeridiane, sia in quelle pomeridiane.

ORARIO DI LAVORO ORDINARIO.

L’orario di lavoro settimanale deve essere definito, nel rispetto dell’orario contrattuale, al fine di soddisfare le esigenze organizzative derivanti dall’articolazione dell’orario di servizio (omissis).

Per le indicate finalità, la durata giornaliera dell’orario ordinario di lavoro settimanale deve essere distribuita, di norma, sia nelle ore antimeridiane, sia in quelle pomeridiane, fino al completamento dell’orario contrattuale settimanale.

L’articolo 1, comma 2, lettera a), del d.lgs 66/2003 fornisce, poi, questa definizione dell’orario di lavoro: “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.

Alla luce delle definizioni normative viste fino a qui, appare piuttosto evidente che:

a)                          l’orario di servizio e l’orario di apertura al pubblico siano materia riservata all’esclusivo ed unilaterale potere organizzativo dell’ente, nell’esercizio dei propri poteri datoriali; per questa ragione, queste due tipologie di orario andrebbero sottratte a relazioni sindacali o, quanto meno, riservate a relazioni che non richiedono la prestazione di consenso tra le parti; in effetti, l’orario di apertura al pubblico non è mai stato oggetto diretto dei contratti collettivi;

b)                          l’orario di lavoro, in quanto incidente sulla prestazione lavorativa dei dipendenti, si presta a relazioni sindacali più intense, per quanto la disciplina dell’orario di lavoro sia fortemente influenzata ed etero determinata proprio dall’orario di servizio e dall’orario di apertura al pubblico.

Nel precedente sistema delle relazioni sindacali, dunque, si nota che:

1.      l’orario di lavoro era oggetto di una non meglio precisabile relazione sindacale consistente nel cosiddetto “esame”;

2.      la flessibilità oraria era specificamente oggetto di “negoziazione decentrata” come strumento di welfare;

3.      l’orario di servizio era oggetto (correttamente) di concertazione e non di contrattazione.

Tuttavia, a minare il campo già particolarmente complesso della disciplina dell’orario stava l’articolo 4, comma 2, lettera m), del Ccnl 1.4.1999, che attribuiva alla relazione della contrattazione decentrata la materia dei “criteri generali per le politiche dell’orario di lavoro”: una definizione molto vaga, che si prestava certamente alle interpretazioni più diverse.

Alla luce delle norme vigenti, per “politiche dell’orario di lavoro” non si poteva che dare una visione restrittiva: sostanzialmente, la materia si sarebbe dovuta intendere solo come contrattazione su misure di conciliazione delle esigenze lavorative con particolari esigenze specifiche dei lavoratori, familiari e di cura.

Molte volte, invece, i sindacati hanno proposto ed ottenuto una visione altamente ampliativa della definizione, considerandola come materia comprendente l’obbligo di contrattare sull’intera determinazione degli orari di lavoro, comprendendovi anche quelli di servizio, la flessibilità, i turni e qualsiasi altro aspetto.

Col Ccnl 21.5.2018 questi problemi sono definitivamente risolti. In materia di orario di lavoro le relazioni sindacali ammesse sono solo due e, cioè:

1.                          il “confronto” ai sensi dell’articolo 5, comma 3, lettera a), che comprende la materia dell’articolazione delle tipologie dell’orario di lavoro.

2.                          la contrattazione, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, lettere p) “i criteri per l’individuazione di fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita, al fine di conseguire una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare”; q) “l’elevazione del periodo di 13 settimane di maggiore e minore concentrazione dell’orario multiperiodale, ai sensi dell’art. 25, comma 2”; r) “l’individuazione delle ragioni che permettono di elevare, fino ad ulteriori sei mesi, l’arco temporale su cui è calcolato il limite delle 48 ore settimanali medie, ai sensi dell’art. 22, comma 2”; “s) l’elevazione del limite massimo individuale di lavoro straordinario ai sensi dell’art. art. 38 del CCNL del 14.9.2000”;

Sparisce la materia oggetto di contrasti interpretativi ed operativi delle “politiche dell’orario di lavoro”.

Dunque, indubbiamente il nuovo contratto non presta più il fianco a relazioni sindacali di tipo consociativo. Il datore di lavoro pubblico farà il suo mestiere, assumendo direttamente la responsabilità unilaterale di definire tutte e tre le tipologie dell’orario di lavoro: quello di servizio, quello di apertura al pubblico e perfino l’orario di lavoro, che d’altra parte dipende strettamente dai primi due, nessuno dei quali è soggetto ad alcuna relazione sindacale.

Il confronto è richiesto esclusivamente per approfondire con le organizzazioni sindacali le modalità di articolazione delle tipologie dell’orario di lavoro, che, ai sensi dell’articolo 22, comma 4, sono:

a) orario flessibile: si realizza con la previsione di fasce temporali entro le quali sono consentiti l’inizio ed il termine della prestazione lavorativa giornaliera, secondo quanto previsto all’art. 27;

b) turnazioni: che consistono nella rotazione ciclica dei dipendenti in articolazioni orarie prestabilite, secondo la disciplina dell’art. 23;

c) orario multiperiodale: consiste nel ricorso alla programmazione di calendari di lavoro plurisettimanali con orari superiori o inferiori alle trentasei ore settimanali nel rispetto del monte ore previsto, secondo le previsioni dell’art. 25.

Dunque, gli orari flessibile, in turno e multiperiodale, vengono determinati dal datore di lavoro unilateralmente, che, però, è tenuto ad attivare con le organizzazioni sindacali il confronto, allo scopo di acquisire indicazioni, osservazioni e proposte utili per la migliore determinazione possibile di queste articolazioni orarie, fermo restando che, poiché il confronto non si conclude con la sottoscrizione di accordi, la decisione finale resta comunque in capo al datore.

L’articolo 22, comma 3, del Ccnl ricorda che le articolazioni dell’orario di lavoro (oggetto di confronto) debbono rispettare i seguenti criteri:

– ottimizzazione dell’impiego delle risorse umane;

– miglioramento della qualità delle prestazioni;

– ampliamento della fruibilità dei servizi da parte dell’utenza;

– miglioramento dei rapporti funzionali con altri uffici ed altre amministrazioni.

La relazione della contrattazione si limita ad aspetti specifici della disciplina dell’orario di lavoro:

a)                          i criteri per determinare le fasce di flessibilità, allo scopo di accentuare la qualificazione della flessibilità come misura di “welfare” utile per il singolo dipendente; pertanto, posto che la flessibilità non può incidere negativamente sull’orario di apertura al pubblico e, quindi, deve obbedire al criterio della concentrazione in tempi che consentano la presenza di tutti i dipendenti al momento dell’attivazione della ricezione dei cittadini, magari permettendo specifici benefici orari per situazioni individuali particolari (esigenze di cura di familiari o di trasporti pubblici e simili);

b)                          l’elevazione dell’orario multiperiodale, che ovviamente incide molto sulla posizione soggettiva dei dipendenti inseriti in servizi coinvolti in questa tipologia oraria;

c)                          l’incremento dell’arco temporale nel quale valutare il limite delle 48 ore settimanali medie, incidente anch’esso in modo significativo sulla sfera soggettiva del lavoratore;

d)                         l’elevazione del limite di straordinario, da concordare in relazione alle esigenze lavorative del settore nel quale la prestazione straordinaria possa essere richiesta.

Il nuovo sistema delle relazioni sindacali, quindi, si presenta più chiaro e rigoroso, delimitando tassativamente due sole relazioni sindacali e delimitando in modo stringente le materie che ne sono oggetto, così eliminando in radice ogni possibilità di ingerenza sindacale su questioni che non possono non attenere, prevalentemente, alla discrezionalità datoriale.

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