03/10/2019 – Il principio di irretroattività non si limita al diritto penale, ma vale anche in materia tributaria

Il principio di irretroattività non si limita al diritto penale, ma vale anche in materia tributaria
di Michele Nico – Dirigente amministrativo di Ente locale
Il principio di legalità, secondo cui il provvedimento amministrativo che incide negativamente nella sfera giuridica ed economica del soggetto destinatario non può avere effetto retroattivo, trova applicazione anche in ambito tributario, per cui nella determinazione delle tariffe Tarsu il Comune deve attenersi al rispetto del principio sopra richiamato, nonché operare entro i limiti dell’autonomia regolamentare prevista dalle vigenti disposizioni in legge in materia.
Sulla base di questa argomentazione la Corte di Cassazione Civile, Sez. VI, con la sentenza n. 23435/2019 ha capovolto l’esito del giudizio di appello e ha rinviato alla Commissione tributaria Regionale il prosieguo di una causa con conseguenze sfavorevoli per un Comune della Sicilia, il cui operato nei confronti dei contribuenti è stato oggetto di censura da parte dei giudici.
La decisione
La controversia prende le mosse dal ricorso di un cittadino avverso gli atti con cui l’Ente locale ha deliberato le tariffe per l’annualità 2009 della Tarsu, senza rispettare i termini previsti dalle norme tributarie.
Nello specifico, con riguardo alle tariffe in questione l’Ente aveva ratificato con provvedimento consiliare la delibera di Giunta n. 126 del 25 maggio 2010, adottata ben oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione fissato per quell’anno al 31 maggio 2009.
Il ritardo nel quale è incorso l’Ente non è sfuggito al sindacato della Suprema Corte, che qualifica tale condotta contra legem come fonte di illegittimità e causa invalidante del sistema tariffario da applicarsi ai contribuenti.
Il principio di irretroattività
Il nostro ordinamento, infatti, è ispirato al principio di irretroattività in materia tributaria, come si desume dai seguenti riferimenti normativi evocati nella pronuncia:
– secondo l’art. 52D.Lgs. n. 446/1997 “i regolamenti sono approvati con deliberazione del Comune e della Provincia non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione e non hanno effetto prima del 1° gennaio dell’anno successivo”; il successivo art. 54 stabilisce che “le tariffe e i prezzi pubblici possono comunque essere modificati, in presenza di rilevanti incrementi nei costi relativi ai servizi stessi, nel corso dell’esercizio finanziario”, ma in tale caso “l’incremento delle tariffe non ha effetto retroattivo”;
– parimenti la L. n. 212/2000 (Statuto del contribuente) all’art. 3, comma 1 dispone che “le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono”;
– in coerenza con le norme sopra richiamate, l’art. 1, comma 169L. n. 296/2006 dispone che “Gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione e che tali deliberazioni, anche se approvate successivamente all’inizio dell’esercizio ma entro il predetto termine, hanno effetto dal 1° gennaio dell’anno di riferimento”.
Alla luce di tali disposizioni, osservano i giudici, non v’è dubbio che la decisione assunta dall’organo esecutivo dell’Ente locale sia viziata di incompetenza funzionale alla determinazione della tariffa.
E’ certamente vero che il principio di irretroattività delle leggi ha ottenuto una garanzia specifica in sede costituzionale soltanto con riguardo alla materia penale (art. 25 della Costituzione), ma è altrettanto vero che l’orientamento de quo mantiene anche per le altre materie valore di principio generale (ex art. 11, comma 1, disp. prel. c.c.).
Nel caso di specie, il Comune in questione era un ente in stato di dissesto finanziario, e si trovava quindi nella particolare condizione per la quale l’art. 69, comma 3, D.Lgs. n. 507/1993 accorda “il potere di apportare aumenti e diminuzioni tariffarie oltre il termine” prestabilito.
A questo riguardo, il collegio osserva tuttavia che “la deroga concerne solamente il termine; in pratica, la deroga in questione consente l’approvazione di tariffe Tarsu oltre il termine del 31 ottobre (…) da applicare l’anno successivo o, eventualmente nell’anno in corso, ma non certo per gli anni precedenti”.
I giudici, inoltre, non mancano di osservare che proprio in relazione al Comune interessato le Sezioni Riunite, in sede consultiva, della Corte dei Conti su specifico quesito posto dal Comune stesso, hanno escluso la facoltà per l’Ente locale di rideterminare le aliquote inerenti alla tassa rifiuti successivamente al termine prestabilito.
Di qui la censura nei confronti dell’operato del Comune e l’effetto destabilizzante di una sentenza che, per quanto suscettibile di fare stato nei confronti delle sole parti in giudizio, potrebbe aprire la strada a ulteriori ricorsi nella direzione indicata dalla Suprema Corte.

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