03/05/2018 – Le false attestazioni dei requisiti, da parte del vincitore del concorso, conducono alla decadenza automatica del posto ricoperto

Le false attestazioni dei requisiti, da parte del vincitore del concorso, conducono alla decadenza automatica del posto ricoperto

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone

 

Un candidato aveva autocertificato, in sede di assunzione e con firma del contratto di lavoro, il possesso di un titolo di studio conseguito all’estero equivalente a quello italiano, tanto da essere stato prima ammesso alla procedura e successivamente, risultato idoneo, a seguito dello scorrimento della graduatoria, assunto dalla PA. E’ emerso, anche se con circa otto anni di distanza, come il titolo autocertificato non fosse da considerare equipollente e come tale il candidato è stato successivamente dichiarato decaduto ai sensi dell’art. 127, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 3 del 1957 secondo cui “… l’impiegato incorre nella decadenza dall’impiego: … d) quando sia accertato che l’impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidità non sanabile.” Avverso la citata decadenza ricorre innanzi al TAR il dirigente estromesso, il quale, tuttavia, declina la giurisdizione in favore del giudice del lavoro, in quanto nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, “Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2″, mentre rimangono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo “le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”. Nel caso di specie il dirigente estromesso, infatti, non contesta la legittimità della procedura concorsuale ma agisce per il mantenimento del proprio posto di lavoro e dunque della efficacia del contratto di lavoro dalla stessa già da tempo stipulato con l’amministrazione.

Avverso la decisione del Tribunale amministrativo di prima istanza ricorre il dirigente in Consiglio di Stato al fine di disporre l’annullamento del decreto di decadenza e sul risarcimento del danno patito in tale lungo periodo in cui il dirigente è stato dichiarato decaduto, ritenendo la competenza del giudice amministrativo.

I fatti di causa

Secondo il Collegio amministrativo di appello il ricorso è fondato dovendosi dichiarare la competenza del giudice amministrativo per le seguenti rilevanti ragioni:

– L’ipotesi di decadenza, di cui all’art. 2, comma 1, lett. c), n. 4), L. n. 421 del 1992, attiene ai «procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro» e, in quanto tali, espressamente escluse dal processo di privatizzazione del pubblico impiego avviato da tale legge, avendo il citato articolo escluso dalla giurisdizione del giudice ordinario «le materie di cui ai numeri da 1) a 7) della presente lettera»;

– Tali procedimenti sono espressamente richiamati dal successivo art. 69, comma 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001 tra le materie di cui all’art. 2, comma 1, lett. c), L. n. 421 del 1992, e cioè tra quelle che non costituiscono oggetto della contrattazione collettiva perché afferenti, appunto, alle procedure concorsuali per l’assunzione e alla verifica dei requisiti per l’accesso ai pubblici impieghi, la cui cognizione spetta al giudice amministrativo ai sensi dell’art. 63, comma 4, del D.Lgs. n. 165 del 2001 (vedi sentenza n. 327 del 27 luglio 2009 della Corte Costituzionale);

– Il potere di decadenza in esame è sul piano generale giustificato, per un verso, dal divieto di instaurare o proseguire rapporti di pubblico impiego con soggetti che abbiano agito in violazione del principio di lealtà, che costituisce uno dei cardini dello stesso rapporto (art. 98 Cost.), e per altro dall’esigenza di tutelare l’eguaglianza dei concorrenti, pregiudicati dalla sleale competizione con chi abbia partecipato alla selezione con documenti falsi e/o viziati (art. 97 Cost.);

– Inoltre, l’eventuale tempo trascorso tra assunzione e risoluzione per decadenza dall’impiego, è da considerarsi irrilevante, perché a differenza dell’annullamento in autotutela che, ordinariamente, soggiace a inevitabili limiti temporali (art. 21-nonies, comma 1, L. n. 241 del 1990, siccome modificato dalla L. n. 124 del 2015), la decadenza ex nunc non implica quella rivalutazione dell’interesse pubblico, tipica dell’autotutela, sulla quale di necessità influisce il decorso di un tempo non irragionevole;

– La decadenza dall’impiego pubblico, pertanto, costituisce una sanzione discendente dall’accertamento, anche a distanza di tanti anni, di condotte gravemente scorrette o addirittura fraudolente, che hanno consentito o favorito l’attestazione documentale di requisiti inesistenti e, con ciò, l’instaurazione, ab origine insanabilmente viziata, del rapporto di pubblico impiego.

Sulla base delle sopra esposte motivazioni va confermata la competenza del giudice amministrativo e come tale la causa deve essere rimessa al primo giudice amministrativo.

La posizione dei giudici di legittimità

La posizione dei giudici di legittimità sul punto appare consolidata, in quanto una volta approvata la graduatoria si esaurisce l’ambito riservato al procedimento amministrativo e all’attività autoritativa dell’amministrazione. In altri termini, secondo la Cassazione, il superamento di un concorso pubblico, indipendentemente dalla nomina, consolida nel patrimonio dell’interessato una situazione giuridica individuale di diritto soggettivo (tra le tante, Cassazione sentenze n. 21671/2013 e n. 14690/2015) rientrando quindi nella giurisdizione del giudice ordinario tutti gli atti della serie negoziale successivi alla stipulazione del contratto, compresi quelli volti a disporne l’annullamento unilaterale o la caducazione automatica.

Conclusioni

Resta ora da verificare una eventuale impugnazione da parte della PA in tema di competenza innanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione al fine di verificare se, nel caso di specie, sia correttamente stato individuato il plesso munito di giurisdizione.

Cons. di Stato, Sez. III, 20 aprile 2018, n. 2399

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