03/04/2019 – Caso Iene-Alpa: diritto di accesso civico generalizzato non può essere sempre riconosciuto

Caso Iene-Alpa: diritto di accesso civico generalizzato non può essere sempre riconosciuto

TAR, Lazio-Roma, sez. I quater 28/03/2019 n° 4122

Di Michele Iaselli – Pubblicato il 02/04/2019

 

Il diritto di accesso civico generalizzato come disciplinato dall’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013 non si può estendere a documenti o informazioni che non sono detenute dalla pubblica amministrazione oppure sono detenute da amministrazioni diverse da quella interrogata dall’interessato. Inoltre lo stesso diritto non è riconosciuto dall’ordinamento per controllare l’attività dei privati o i rapporti tra essi intercorrenti.

Con la sentenza n. 4122 del 28/3/2019 il TAR Lazio (Sezione Prima Quater) fornisce utili ragguagli in merito alla reale portata del diritto di accesso generalizzato come disciplinato dall’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013con riferimento, in particolare, alla richiesta di un giornalista professionista rivolta al Garante per la Protezione dei dati personali di prendere visione della documentazione relativa al contenzioso civile presso il Tribunale di Roma nell’ambito del quale l’Autorità Garante era stata coinvolta nell’anno 2001.

Nello specifico il giornalista chiedeva di accedere alla memoria di costituzione, alla sentenza definitiva del giudizio, all’ammontare delle spese e ai documenti contabili di liquidazione degli onorari agli avvocati incaricati.

Il TAR nell’esaminare il ricorso del giornalista a seguito del diniego opposto dall’Autorità ha precisato che l’articolo 5 del d.lgs. n. 33 del 2013, dopo aver riconosciuto, al primo comma, il diritto di chiunque di richiedere i documenti, le informazioni e i dati che le pubbliche amministrazioni sono obbligate a pubblicare, al secondo comma riconosce a chiunque il diritto di accedere ai dati e ai documenti, detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione, nei limiti e per le finalità indicate dallo stesso comma.

Il diritto di accesso civico generalizzato, denominato anche accesso universale, ai sensi del suddetto secondo comma dell’articolo 5, pur conoscendo i limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti, espressamente presi in considerazione dall’articolo 5 bis e pur essendo connotato da uno scopo ben preciso, il controllo diffuso sulle pubbliche amministrazioni, comprende qualsiasi documento o qualsiasi informazione detenuta dalla pubblica amministrazione. Tale diritto, d’altra parte, non si può estendere a documenti o informazioni che non sono detenute dalla pubblica amministrazione oppure sono detenute da amministrazioni diverse da quella interrogata dall’interessato.

Nel caso di specie, quindi, ciò consente di escludere il diritto di accesso preteso dal ricorrente per la sentenza definitiva del giudizio di interesse e per la memoria difensiva presentata per conto dell’amministrazione resistente. Si tratta, difatti, di documenti e di informazioni processuali detenute e disponibili, nei limiti consentiti dalla legge, presso l’ufficio giudiziario che ha definito la controversia, nel caso specifico il Tribunale civile di Roma.

La domanda di accesso, quindi, avrebbe dovuto essere presentata al Tribunale civile di Roma e non al Garante per la protezione dei dati personali.

In merito, invece, agli altri documenti e le altre informazioni richieste dall’interessato, si deve considerare che il giornalista ricorrente reclama il diritto di conoscere l’ammontare delle spese e di prendere visione dei documenti contabili di liquidazione degli onorari agli avvocati incaricati della difesa dell’amministrazione resistente.

Al riguardo il ricorrente richiama l’articolo 15 del D.Lgs. 33 del 2013 che, alla lettera d) del primo comma, prevede l’obbligo di pubblicazione dei compensi, comunque denominati, relativi a rapporti di consulenza o di collaborazione con la pubblica amministrazione; trattandosi di dati a pubblicazione obbligatoria, la pubblica amministrazione non potrebbe opporsi in nessun caso alla loro comunicazione al richiedente, anche perché l’articolo 4 dello stesso decreto legislativo obbliga ciascuna pubblica amministrazione a rendere noti, mediante una specifica sezione, compresa nel proprio sito istituzionale e denominata amministrazione trasparente, i dati sui propri pagamenti, permettendone la consultazione pubblica.

A giudizio del Collegio, però, il richiamo agli obblighi di pubblicazione non è pertinente. Tali obblighi sono stati introdotti dalla Legge 11 agosto 2014, numero 114, che ha modificato “in parte qua” l’articolo 15 del decreto legislativo numero 33 del 2013; a decorrere dall’entrata in vigore della norma, l’Autorità garante resistente è obbligata a pubblicare regolarmente sul proprio sito, nella sezione autorità trasparente, le informazioni relative agli incarichi professionali.

I documenti e le informazioni chieste dal ricorrente sono, invece, relativi ad un incarico professionale conferito prima dell’entrata in vigore della norma sugli obblighi di pubblicazione; l’incarico difensivo risulta, infatti, essere stato assunto nel 2002 e le competenze risultano essere state liquidate nel 2010, quando nessun obbligo di pubblicazione ancora sussisteva. Quindi, in applicazione del principio di non retroattività della legge, non può essere esercitato oggi un diritto che non era riconosciuto dalla legge in vigore al momento in cui si è verificata la relativa fattispecie costitutiva.

A nulla vale, peraltro, il richiamo da parte del ricorrente alla circolare ministeriale per la semplificazione e la pubblica amministrazione numero 2 del 2017 che estenderebbe l’accesso civico anche a informazioni o documenti esistenti in data anteriore all’entrata in vigore della legge in quanto non vincolante né per il giudice né per l’Autorità.

Ma nello specifico il TAR chiarisce un altro importante aspetto. Il secondo comma del più volte richiamato articolo 5 del decreto legislativo numero 33 del 2013 riconosce il diritto di accesso generalizzato allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, nonché di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.

Il diritto di accesso riconosciuto dalla norma, per la natura pubblicistica che è propria di esso, è un diritto funzionale a un interesse pubblico, ravvisabile, appunto, nel controllo generalizzato e diffuso sull’attività delle pubbliche amministrazioni. In ciò si distingue dal diritto di accesso documentale riconosciuto dalla legge sul procedimento amministrativo, posto a tutela di interessi privati e che presuppone una posizione soggettiva differenziata.

Trattandosi di un interesse diffuso, il diritto di accesso civico generalizzato è stato riconosciuto senza limiti di legittimazione attiva, per cui la posizione del giornalista non si distingue, in tale ambito, da quella del comune cittadino. Affinché il diritto sia esercitabile, in ogni caso, è necessario che sia funzionale allo scopo stabilito dalla legge, ravvisabile nel controllo generalizzato sul buon andamento della pubblica amministrazione e sul corretto utilizzo delle risorse pubbliche. Al contrario il diritto di accesso civico generalizzato non è invece riconosciuto dall’ordinamento per controllare l’attività dei privati o i rapporti tra essi intercorrenti come nel caso di specie.

In applicazione, quindi, di tale principio il diritto di accesso per cui agisce il ricorrente si deve ritenere privo di fondamento.

(Altalex, 2 aprile 2019. Nota di Michele Iaselli)

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