02/09/2019 – Un intervento edilizio non può essere ascritto alla categoria della “ristrutturazione” in assenza del requisito di contiguità temporale tra demolizione e ricostruzione

Un intervento edilizio non può essere ascritto alla categoria della “ristrutturazione” in assenza del requisito di contiguità temporale tra demolizione e ricostruzione

La nozione di “ristrutturazione edilizia” ha subito nel tempo modifiche e aggiustamenti, sempre funzionali alla finalità ad essa naturaliter sottesa di incoraggiare gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, così da ricomprendervi espressamente anche la ricostruzione conseguente a previa demolizione, in passato affidata all’elaborazione pretoria.
Benché, in particolare, l’ipotesi di ricostruzione di un manufatto demolito o crollato sia stata espressamente inserita dal d. P.R. 6 giugno 2001, n. 380, solo a seguito della novella allo stesso apportata ad opera della l. 9 agosto 2013, n. 98, di conversione del d.l. n. 69/2013, essa risultava già ammessa in ambito pretorio, ancorché con precise delimitazioni oggettive.
Scopo del legislatore, infatti, è sempre stato quello di agevolare il recupero estetico e funzionale di manufatti già inseriti nel tessuto edilizio, senza determinare un incremento del carico urbanistico dell’area considerata. In tale contesto, pur in assenza di esplicita previsione.
in tal senso, già in passato si ammetteva la qualificazione come “ristrutturazione edilizia” anche della ricostruzione conseguente a previa demolizione, purché nel rispetto della sagoma e del volume preesistenti e, soprattutto, nella rilevata unitarietà temporale dell’intervento (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 15 febbraio 2000, n. 1906; id. 27 settembre 1999, n. 1183; 24 febbraio 1999, n. 197; Sez. IV, 28 luglio 2005, n. 4011).
A rafforzare la richiesta sovrapponibilità tra i due manufatti, la giurisprudenza ha dunque da sempre richiesto anche la richiamata “contiguità” temporale tra i due interventi: solo la vicinanza tra demolizione e ricostruzione, infatti, dimostra l’unicità del disegno di recupero del patrimonio edilizio preesistente e nel contempo consente di provarne l’effettiva omogeneità contenutistica.
La ratio della ragionevole prossimità del tempo della ricostruzione a quello della demolizione, criterio privo di riscontro positivo, va individuata infatti proprio nell’esigenza di assicurare un rapporto di necessaria strumentalità dell’abbattimento alla successiva ricostruzione (Cons. Stato, Sez. IV, 7 settembre 2004, n. 5791).
«Nelle ipotesi di demolizione e ricostruzione, l’intervento non può essere ascritto alla categoria della ristrutturazione edilizia qualora l’opera difetti del requisito della contestualità tra demolizione e successiva ricostruzione, ancor più nel caso in cui l’edificio realizzato sia di dimensioni differenti dal preesistente» (v. Cons. Stato, Sez. IV, 18 novembre 2014, n. 5662).
Su tali presupposti la II sezione del Consiglio di Stato ha optato per la legittimità del diniego opposto da un ente comunale ad una richiesta di concessione edilizia per un intervento su una palazzina ottocentesca per asserito contrasto con le norme tecniche di attuazione della zona di riferimento (“B1”), applicabili in ragione dell’avvenuta qualificazione dello stesso come nuova costruzione e non ristrutturazione.
Osserva la Sezione nella sentenza in commento che a nulla rileva l’identità tra i due manufatti atteso che la decorrenza del tempo… vanifica sostanzialmente la possibilità di procedere «con un sufficiente grado di certezza, alla ricognizione degli elementi strutturali dell’edificio, in modo tale che, seppur non necessariamente “abitato” o “abitabile”, esso possa essere comunque individuato nei suoi connotati essenziali, come identità strutturale, in relazione anche alla sua destinazione» (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10 febbraio 2004, n. 475; in casi analoghi la Sezione ha preteso che l’immobile esista quanto meno in quelle strutture essenziali che, assicurandogli un minimo di consistenza, possano farlo giudicare presente nella realtà materiale: Cons. Stato, Sez. V, 15 marzo 1990, n. 293, e 20 dicembre 1985, n. 485).
Ne consegue che l’individuazione delle pregresse consistenze, pure affermate identiche da parte appellante, manca delle richiamate certezze, a maggior ragione necessarie visto il lasso di tempo trascorso.

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