02/04/2020 – Società in house: contributi pubblici esclusi da IVA

Società in house: contributi pubblici esclusi da IVA
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
 
L’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 92, del 24 marzo 2020, a seguito di una istanza di una società in house che si occupa della gestione congiunta del servizio di sosta a pagamento e del contratto di trasporto pubblico locale, ha affermato che i contributi pubblici sono fuori dal campo di applicazione dell’Iva in quanto non sono inquadrabili in un rapporto giuridico contrattuale a prestazioni corrispettive. Con la stessa risposta i tecnici delle Entrate hanno anche chiarito che l’attività della società in house ha natura commerciale e può detrarre l’Iva assolta sugli acquisti effettuati per realizzare le attività ad essa demandate.
L’istanza alle Entrate
Una società in house a totale partecipazione pubblica (Provincia, Comune e altri Comuni della Provincia), che opera quale Agenzia locale della mobilità nel porre una istanza di interpello alle Entrate fa presente che alla stessa sono demandate, ai sensi della relativa legge regionale, le attività riguardanti la gestione, da un lato, della sosta e dei parcheggi (che svolge direttamente) e, dall’altro, del servizio di TPL -Trasporto Pubblico Locale (che invece affida a terzi). In particolare, in base all’art. 3 dello Statuto, la società istante si occupa di:
– gestione della sosta a tariffa;
– progettazione e gestione di aree e strutture per la sosta e il parcheggio;
– controllo sulla sosta degli autoveicoli e rimozione degli stessi;
– gestione e manutenzione della segnaletica e della semaforica;
– elaborazione dati utili al monitoraggio del traffico, alla rilevazione della domanda di parcheggio e alla determinazione delle tariffe di sosta;
– gestione e sviluppo delle reti e delle dotazioni patrimoniali finalizzati al TPL e alla mobilità;
– supporto agli enti locali nelle attività di programmazione;
– affidamento del servizio di TPL per l’ambito territoriale di competenza;
– gestione del contratto di servizio di TPL;
– implementazione di soluzioni innovative per la gestione e analisi del traffico e della mobilità.
Per lo svolgimento della propria attività, la società percepisce contributi pubblici dalla propria Regione e dai Comuni che la partecipano, come previsto dalla relativa legge regionale. In particolare:
– sono a carico del bilancio della Regione i servizi minimi di trasporto regionale e locale;
– la Regione eroga “contributi per investimenti” destinati all’acquisto e all’ammodernamento di autobus, tram, treni e altri mezzi di trasporto di persone, di infrastrutture, impianti fissi, sistemi tecnologici, sedi e officine-deposito con le relative attrezzature, nonché al miglioramento del servizio di trasporto per le persone a mobilità ridotta;
– la Regione, inoltre, “stipula con gli enti locali interessati accordi di programma”, in rapporto alla quantità dei servizi aggiuntivi richiesti, “la cui erogazione fornitura da parte del soggetto gestore è subordinata all’effettiva corresponsione delle risorse previste” dai Comuni.
La società fa presente, inoltre, che, al fine di svolgere le attività alla stessa demandate, acquista una pluralità di beni e servizi, soggetti a IVA, quali:
– le attrezzature necessarie alla realizzazione delle aree di sosta;
– il servizio di installazione e manutenzione dei parcometri;
– prestazioni di professionisti incaricati della progettazione delle aree di sosta e delle tecnologie inerenti il pagamento della sosta stessa;
– il servizio di controllo della sosta effettuata dagli utenti del servizio;
– il servizio di gestione del TPL dall’affidatario del medesimo servizio;
Ciò posto, la Società chiede:
1. conferma della natura commerciale dell’attività svolta in qualità di Agenzia;
2. di conoscere il trattamento fiscale, ai fini IVA, dei contributi che percepisce dalla Regione e dai Comuni soci per lo svolgimento delle proprie funzioni;
3. di sapere se sia detraibile l’IVA assolta sugli acquisti effettuati per la realizzazione delle attività ad essa demandate.
Le società in house
Si evidenzia preliminarmente che la società in house è una società dotata di autonoma personalità giuridica che presenta connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione ad un “ufficio interno” dell’ente pubblico che l’ha costituita, una sorta di longa manus; non sussiste tra l’ente e la società un rapporto di alterità sostanziale ma solo formale.
Per l’individuazione dell’in house sono richiesti adesso tre requisiti: 1) controllo analogo; 2) oltre l’80 per cento delle attività della persona giuridica controllata deve essere effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’ente controllante; 3) partecipazione totalitaria.
Il controllo cd. analogo è un elemento centrale della fattispecie in house, in quanto si caratterizza per la particolare incisività, effettività e concretezza del suo esercizio. Infatti, esso si manifesta con una intensità tale da risultare incompatibile con la presenza di “ampi poteri di gestione” da parte dell’organo amministrativo, in tal modo delineando un rapporto di subordinazione gerarchica tra esso e l’ente pubblico socio (Corte di Giustizia CE, 13 ottobre 2005, C- 458/03, punto 67-68).
Ai fini dell’in house, l’espressione “controllo” non starebbe ad indicare l’influenza dominante che il titolare della partecipazione maggioritaria (o totalitaria) è in grado di esercitare sull’assemblea della società, ma individuerebbe “un potere di comando direttamente esercitato sulla gestione dell’ente con modalità e con un’intensità non riconducibili ai diritti e alle facoltà che normalmente spettano al socio (fosse pure socio unico) in base alle regole dettate dal codice civile, e sino a punto che agli organi della società non resta affidata nessuna autonoma rilevante autonomia gestionale” .
Il D.Lgs. n. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), stabilisce, in linea con quanto prescritto dalle direttive comunitarie , che gli statuti delle società in house debbano prevedere che “oltre l’ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall’ente pubblico o dagli enti pubblici soci”, ma, innovando rispetto ad esse, consente che “la produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato sia consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economia di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale della società”.
La risposta delle Entrate
L’Amministrazione finanziaria, in diversi documenti di prassi ha chiarito che, in linea generale, un contributo assume rilevanza ai fini IVA se erogato a fronte di un obbligo di dare, fare, non fare o permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive (cfr. Circ. n. 34/E del 21 novembre 2013 e Ris. n. 21/E del 16 febbraio 2005 e n. 16/E del 27 gennaio 2006).
La Circ. n. 34/E del 2013, nell’individuare i criteri generali per la definizione giuridica e tributaria dei contributi pubblici, ha ulteriormente chiarito che: “La qualificazione di una erogazione quale corrispettivo ovvero quale contributo deve essere individuata innanzi tutto in base a norme di legge, siano esse specifiche o generali, nonché a norme di rango comunitario. A volte l’individuazione dei criteri di definizione del rapporto è resa agevole dal contenuto precettivo delle norme; altre volte, invece, ci si trova innanzi a rapporti che devono essere qualificati caso per caso. Solo qualora non sia possibile riscontrare una norma di legge che qualifichi le caratteristiche dell’erogazione specifica, si potrà fare ricorso ai criteri suppletivi richiamati nel successivo paragrafo, secondo l’ordine gerarchico indicato” (cfr. Circ. n. 20/E dell’11 maggio 2015).
Il par. 2, della predetta Circ. n. 34/E del 2013, ha individuato alcuni criteri sussidiari per qualificare la natura delle erogazioni: 1) acquisizione da parte dell’ente erogante dei risultati dell’attività finanziata; 2) previsione di una clausola risolutiva espressa o di risarcimento del danno da inadempimento; 3) presenza di una responsabilità contrattuale.
Tanto premesso, la questione della rilevanza o meno ai fini IVA dei contributi oggetto del quesito va inquadrata e valutata nell’ambito del rapporto intercorrente tra la Società beneficiaria e gli enti territoriali eroganti, come regolato dalle disposizioni contenute nella legge regionale.
Le Entrate osservano che, con le informazioni trasmesse in sede di documentazione integrativa, la società istante ha riferito che nel caso di specie le somme saranno erogate a fondo perduto a suo favore sulla base della legge regionale, che provvede a contabilizzare le stesse quali contributi in conto esercizio, mentre non esibisce atti di natura contrattuale o convenzioni aggiuntivi – rispetto alla legge regionale – idonei a regolamentare i rapporti con la stessa società in house.
Le Entrate, tenuto conto del predetto quadro normativo di riferimento, nonché in linea con quanto affermato nella Risp. n. 490 del 2019, ritiene che i rapporti tra la società istante e detti enti non possono essere inquadrati nell’ambito di un rapporto giuridico di natura contrattuale a prestazioni corrispettive.
Conseguentemente, le risorse finanziarie in commento devono essere considerate fuori dal campo di applicazione dell’IVA, ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. a), D.P.R. n. 633 del 1972, secondo cui “non sono considerate cessioni di beni (…) le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro”.
L’Agenzia delle Entrate evidenzia, inoltre, che l’art. 19D.P.R. n. 633 del 1972, ammette la detrazione dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa “(…) in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione (…)”.
Inoltre, come chiarito nella prassi dell’Amministrazione finanziaria, la detraibilità dell’IVA assolta sugli acquisti di beni e servizi da parte di un soggetto che agisce nell’esercizio di impresa, arte o professione, non è influenzata dalla percezione di erogazioni di carattere contributivo. L’IVA, infatti, è detraibile nella misura in cui il soggetto passivo utilizza detti beni e servizi per l’effettuazione di operazioni soggette all’imposta.
Ne deriva conclude l’Agenzia delle Entrate che, in conformità ai principi generali dell’IVA, la Società in house, come prospettato, può detrarre l’IVA relativa agli acquisti di beni o servizi se, e nella misura in cui, i predetti acquisti riguardino l’effettuazione di operazioni imponibili o assimilate a queste ultime ai fini della detrazione.

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