01/10/2021 – Tutti gli atti, compresi quelli a contenuto generico, devono essere motivati. Pronuncia del TAR Catanzaro.

Dalla giurisprudenza pressocché consolidata in materia (da ultimo, ex plurimis, T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 28.5.2014, n.225), si evince quanto segue.

In primo luogo, è fondata la censura in ordine alla violazione dell’obbligo motivazionale, in connessione con il principio di ragionevolezza. L’obbligo motivazionale contenuto nell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 sancisce un principio di portata generale, al quale sono poste limitatissime eccezioni espressamente rese esplicite dal legislatore ovvero individuate in sede giurisprudenziale.

Al di fuori di tali eccezioni, si applica il principio generale per cui il provvedimento lesivo deve rendere note le ragioni poste a sua base, nonché l’iter logico seguito dall’Amministrazione e ciò per evidenti ragioni di trasparenza dell’esercizio del pubblico potere.

Nel caso di specie, l’ordinanza ‘balneare’ impugnata è riconducibile nella categoria degli atti a contenuto generale (non avendo rilievo in questa sede se abbia o meno natura regolamentare), in quanto indirizzata ad una pluralità indeterminata di destinatari.

Tale natura giuridica non comporta tuttavia di per sé una eccezione all’obbligo di motivazione, perché – in ordine all’ambito di applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 – la giurisprudenza ha più volte chiarito che si applica in materia il principio di esigibilità, per cui comunque occorre una motivazione, quando ciò sia compatibile con le caratteristiche del provvedimento in questione: ad esempio, mentre per le varianti generali agli strumenti urbanistici non occorre una specifica motivazione sulle singole determinazioni incidenti sui vari interessati, non v’è dubbio che una motivazione occorra quando si tratti di varianti urbanistiche aventi un ambito limitato di applicazione, ovvero di atti generali emanati da Autorità indipendenti, incidenti su posizioni di una pluralità indeterminata di destinatari.

Lo stesso principio si applica quando autorità locali intendano limitare l’utilizzazione di auto o di altri veicoli a motore, limitare gli orari di apertura di esercizi pubblici o aperti al pubblico: anche l’ordinanza che regola le condotte consentite e quelle vietate – circa l’uso del demanio marittimo – deve essere motivata, evidenziando quali specifiche esigenze vadano soddisfatte, in correlazione alle limitazioni delle libertà, che ne conseguono.

In sostanza, negli atti che rientrano nella categoria in esame la disciplina dell’obbligo di motivazione attiene alla dimostrabilità della ragionevolezza delle scelte operate dalla PA, che, nella odierna fattispecie, per le ragioni di censura su cui la difesa delle ricorrenti ampiamente si sofferma, e che trovano la condivisione del Collegio, non è ravvisabile.

Il provvedimento impugnato è, altresì, illegittimo sotto il connesso profilo della violazione del principio di proporzionalità.

Il principio di proporzionalità di matrice comunitaria, immanente nel nostro ordinamento in virtù del richiamo operato dall’art. 1 della legge n. 241/1990, impone alla pubblica amministrazione di optare, tra più possibili scelte ugualmente idonee al raggiungimento del pubblico interesse, per quella meno gravosa per i destinatari incisi dal provvedimento, onde evitare agli stessi ‘inutili’ sacrifici.

Nel caso in esame, la mancata esternazione nel provvedimento gravato anche di quale sia l’interesse pubblico concretamente perseguito attraverso l’imposizione del divieto contestato non impedisce la formulazione di un giudizio di sproporzione tra l’atto adottato ed il fine con esso perseguito.

In altri termini (e richiamando, sul punto, anche il proprio precedente costituito dalla sentenza n. 885 del 26.4.2021, che presenta aspetti assimilabili al caso controverso) la scelta di vietare l’ingresso agli animali – e, conseguentemente, ai loro padroni o detentori – sulle spiagge destinate alla libera balneazione, risulta irragionevole ed illogica, oltre che irrazionale e sproporzionata, nel senso che l’amministrazione avrebbe dovuto valutare se sia possibile perseguire le finalità pubbliche del decoro, dell’igiene e della sicurezza, ovvero dell’incolumità pubblica mediante regole alternative al divieto assoluto di frequentazione delle spiagge (quali, solo a titolo esemplificativo, a tutela dell’igiene pubblica l’obbligo di portare con se, unitamente all’animale, anche paletta e sacchetto per raccolta deiezioni, l’immediata rimozione delle deiezioni, la pulizia delle aree interessate dalle deiezioni, ovvero, a tutela dell’incolumità pubblica, l’obbligo di indossare la museruola o guinzaglio e il divieto di lasciare liberi gli animali, viepiù per quelli di taglia non piccola, a tutela della pubblica incolumità), idonee allo scopo ma, nel contempo, non in assoluto preclusive delle prerogative dei cittadini.

TAR Catanzaro, sent. del 16 settembre 2021, n. 1627

 

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto