01/09/2023 – Ancora sulle imbarcate per sola anzianità delle progressioni verticali: solo responsabilità delle singole amministrazioni?

L’ultima tornata dei Ccnl ha affrontato o meno, e dunque lecitamente o meno, la materia delle progressioni verticali, regolate “in deroga”?

L’inchiesta de Il Messaggero che ha rilevato le storture inevitabili della contrattazione collettiva è occasione per tornare sull’argomento e cercare di comprendere quale sia la scintilla che abbia fatto scoccare l’ondata di progressioni verticali a profusione evidenziata (e sicuramente non inaspettata).

In premessa, occorre sempre rifarsi alle norme. E’, infatti, la legge a stabilire quali siano le materie delle quali può interessarsi la contrattazione nazionale collettiva. Segnatamente, l’articolo 40, comma 1, del d.lgs 165/2001 dispone che “Sono escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all’organizzazione degli uffici, quelle oggetto di partecipazione sindacale ai sensi dell’articolo 9, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali ai sensi degli articoli 5, comma 2, 16 e 17, la materia del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali, nonché quelle di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421“.

Quali sono le materie trattate dall’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 421/1992? Eccole:

1) le responsabilità giuridiche attinenti ai singoli operatori nell’espletamento di procedure amministrative;

2) gli organi, gli uffici, i modi di conferimento della titolarità dei medesimi;

3) i princìpi fondamentali di organizzazione degli uffici;

4) i procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro;

5) i ruoli e le dotazioni organiche nonché la loro consistenza complessiva. Le dotazioni complessive di ciascuna qualifica sono definite previa informazione alle organizzazioni sindacali interessate maggiormente rappresentative sul piano nazionale;

6) la garanzia della libertà di insegnamento e l’autonomia professionale nello svolgimento dell’attività didattica, scientifica e di ricerca;

7) la disciplina della responsabilità e delle incompatibilità tra l’impiego pubblico ed altre attività e i casi di divieto di cumulo di impieghi e incarichi pubblici;

Le progressioni verticali sono procedimenti per l’accesso al lavoro o l’avviamento al lavoro? Sì, come attestato dalle Sezioni Unite della Cassazione 26 maggio 2004, n. 10183.

Allora, un assunto è incontestabile: le progressioni verticali rientrano pienamente tra i procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e, come tali, non possono rientrare tra le materie dei Ccnl.

Posto l’assunto inconfutabile visto sopra, occorre, allora, verificare se i Ccnl, come il Ccnl 16.11.2022 all’articolo 13, comma 6, non si siano ingeriti in una materia loro inibita, ma occupati di altro.

C’è chi propone di esaminare la normativa vigente e in particolare l’articolo 52, comma 1, pernultimo periodo, del d.lgs 165/2001 che prevede “In sede di revisione degli ordinamenti professionali, i contratti collettivi nazionali di lavoro di comparto per il periodo 2019-2021 possono definire tabelle di corrispondenza tra vecchi e nuovi inquadramenti, ad esclusione dell’area di cui al secondo periodo, sulla base di requisiti di esperienza e professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dalle amministazioni dall’amministrazione di appartenenza per almeno cinque annianche in deroga al possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso all’area dall’esterno“.

Dunque, tale norma consente ai Ccnl di definire tabelle di corrispondenza tra vecchi e nuovi inquadramenti professionali, a condizione che determinati requisiti di esperienza e competenza siano stati effettivamente applicati dalle amministrazioni per almeno cinque anni, anche in deroga ai titoli di studio necessari per l’accesso dall’esterno.

Secondo la tesi per la quale i Ccnl non sarebbero andati in contrasto col divieto di occuparsi delle progressioni verticali, i Ccnl si sarebbero limitati ad andare oltre la previsione normativa vista, assumendosi semplicemente il compito di specificare che le progressioni di carriera saranno effettuate seguendo una serie di criteri, dettagliati nelle Tabelle allegate ai Ccnl, che includono sia l’esperienza lavorativa che il titolo di studio.

Dunque, gli elementi di tale tesi sono:

  1. l’articolo 52, comma 1-bis, penultimo periodo, disciplina le progressioni verticali in deroga, consentendo ai Ccnl di poter anche “andare oltre”, indicando i criteri.

Tali due assunti, però, non reggono.

E’ facile verificare, leggendo il testo dell’articolo 52, comma 1-bis, penultimo periodo, del d.lgs 165/2001, che esso non fa riferimento in alcun modo alle progressioni verticali. Infatti, la norma abilita i Ccnl solo ed esclusivamente a definire tabelle di corrispondenza tra vecchi e nuovi inquadramenti, consentendo di reinquadrare con elevazione verso l’alto i dipendenti sulla base della sola tabella, a condizione che i dipendenti reinquadrati dispongano dei requisiti di esperienza e professionalità maturati ed effettivamente utilizzati per almeno 5 anni.

I Ccnl, qundi, sono davvero “andati oltre”, perchè hanno attuato la norma non regolando la verticalizzazione riconnessa automaticamente alle tabelle, ma prevedendo che tale riqualificazione avvenisse non attraverso le tabelle, bensì mediante progressioni verticali.

Quindi, i Ccnl hanno effettivamente disciplinato ed introdotto vere e proprie progressioni verticali. Non solo: ma le hanno regolamentate con modalità palesemente diverse da quelle disposte dall’articolo 52, comma 1-bis, quarto periodo: tanto è vero che si parla di “progressioni verticali in deroga”. In deroga a cosa? Ovviamente, alle ordinarie procedure di progressione verticale.

E, attenzione: a scrivere e, quindi, ammettere che i Ccnl hanno disciplinato consapevolmente le progressioni verticali in deroga è proprio la parte pubblica trattante, cioè l’Aran come si evince dalla chiarissima lettura del CFL 209:

Con riferimento alla FAQ che affronta il tema delle progressioni tra le aree nel comparto delle Funzioni locali, si chiede di chiarire quale rapporto sussista tra numero di assunzioni dall’esterno e numero di progressioni verticali sia durante il cosiddetto periodo transitorio di prima applicazione del nuovo ordinamento che nella fase di applicazione a regimeIl CCNL del 16 novembre 2022 ha tracciato una distinzione molto netta tra le due diverse tipologie di procedure di progressione verticale:

  • procedure “ordinarie”, la cui disciplina, ancorché richiamata nei contratti (si veda art. 15, comma 1 del richiamato CCNL), trae origine unicamente dalla legge (considerata anche la riserva di legge in materia);
  • procedure “speciali”, temporalmente limitate alla finestra temporale compresa tra il 1° aprile 2023 ed il 31 dicembre 2025, la cui disciplina è invece prevista nel CCNL (si veda art. 13 commi 6, 7, 8), con criteri valutativi e selettivi analoghi a quelli previsti dalla legge, con una parziale deroga al possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno e con rinvio a regolazioni di maggior dettaglio che dovranno essere adottate dagli enti, previo confronto sindacale“.

E’, quindi, l’Aran stessa a testimoniare quel che risulta evidentissimo: i Ccnl, sicuramente il Ccnl 16.11.2022, non è solo “andato oltre” l’indicazione della norma specificando criteri di una progressione verticale; invece, ha proprio introdotto una vera e propria fattispecie autonoma, molto nettamente distinta da quella ordinaria, di progressione verticale, regolata in via esclusiva dalla sola disciplina contrattuale collettiva.

Dunque, è vero: i Ccnl sono andati realmente oltre, ma talmente tanto da introdurre vere e proprie nuove ipotesi di progressioni verticali.

Sono, quindi, i fatti, che basta verificare con pacatezza, a dimostrare che i Ccnl, introducendo e disciplinando le progressioni verticali “in deroga” si sono ingeriti in una materia loro inibita dalla legge.

E l’ingerenza è stata talmente ampia, che i Ccnl hanno anche agganciato alle progressioni verticali da essi regolate (in contrasto col divieto normativo) un finanziamento riservato e sulla base di questa riserva si è costruita una teoria, in contrasto evidentissimo con la giurisprudenza della Corte costituzionale oltre che col vincolo imposto dall’articolo 51, comma 2-bis, quarto periodo, del d.lgs 165/2001, secondo la quale sarebbero possibili tutte le progressioni verticali in deroga finanziabili con le risorse previste dai Ccnl, anche oltre il tetto del 50% dei fabbisogni previsti.

Non è da sottacere che questo finanziamento dedicato non è passibile di essere considerato come una regola disposta per “andare oltre” il dettato normativo, visto che la norma non ha nemmeno lontanamente previsto simile finanziamento specifico (comunque, i Ccnl possono comunque fissare in autonomia, purchè nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, le risorse da destinare ai vari istituti).

La realtà è una sola: i Ccnl si sono ingeriti di una materia loro non consentita. E purtroppo, anche disegnando i “criteri” lasciando indeterminate proprio le questioni che si trascinano da sempre: le risposte alle domande su cosa si intende per esperienza professionale e per professionalità. Inoltre, sarebbe stato anche il caso di definire il concetto di “effettivo utilizzo” di tali esperienze e professionalità. Lo si segnala solo per completezza: l’articolo 13, comma 6, del Ccnl 16.11.2022 parla di questo effettivo utilizzo, ma rinvia alla Tabella C, nella quale ogni riferimento all’effettivo utilizzo delle esperienze professionali e della professionalità è totalmente assente.

I Ccnl, quindi, sono la fonte di applicazioni a loro volta distorte delle progressioni verticali. Sono i Ccnl che, interpretati fonti legittimati a disciplinare progressioni verticali speciali, hanno convinto le amministrazioni di poter verticalizzare numeri elevatissimi di dipendenti senza titolo; sono i Ccnl che non avendo definito i concetti di esperienza, professionalità ed effettivo utilizzo, hanno lasciato aperte le porte a specificazioni di contratti decentrati risoltesi nell’equivalenza mera di questi concetti con la sola anzianità di servizio, appiattendo fino all’inverosimile la valutazione per i titoli di studio.

Indubbiamente, poi, le singole amministrazioni dovrebbero dimostrarsi capaci di utilizzare con efficacia le leve normative e contrattuali. Ma, se le maglie normative e contrattuali sono fin troppo larghe, se addirittura i Ccnl non rispettano i vincoli di materia, se non si tiene nel dovuto conto che controlli preventivi sui contratti decentrati delle singole amministrazioni sono totalmente inesistenti o affidati a soggetti non dotati delle specifiche competenze (gli organi di revisione sono composti da professionisti che comprensibilmente conoscono pochissimo le speciali regole del lavoro pubblico), non ci si può meravigliare se poi tutto viene ridotto a vere e proprie imbarcate di progressioni verticali per sola anzianità, nè lamentarsi contro il destino cinico e baro, che fa scaturire inchieste giornalistiche e analisi delle norme attente alla realtà dei fatti.

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto