01/03/2018 – La deviazione alle regole legislative conduce a responsabilità erariale anche gli organi politici non rilevando l’esimente politica.

La deviazione alle regole legislative conduce a responsabilità erariale anche gli organi politici non rilevando l’esimente politica.

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone
 

Il fatto

La Regione aveva proceduto, a valere sui finanziamenti all’uopo stanziati, ad effettuare una procedura ad evidenza pubblica, per l’offerta formativa dell’anno di riferimento con le relative somme spettanti agli enti di formazione. Rispetto alle domande presentate dagli enti di formazione, durante la procedura, vennero richieste numerose integrazioni, prima dell’inizio della stessa attività di formazione, in corso della stessa ed, infine, alcune già nella fase avanzata di rendicontazione. Proprio in merito, ai progetti già realizzati, tali integrazioni venivano sottoposte ad approvazione degli organi gestionali competenti e, successivamente sottoposte al visto dell’assessore regionale alla formazione tanto che, a seguito del decreto assessorile, il dirigente ne diede successiva esecuzione. La Corte dei conti ha proceduto alla condanna per danno erariale, tra gli altri, anche dell’Assessore regionale, per aver assentito la rendicontazione delle spese di formazione al di fuori dei vincoli legislativi di finanziamento, ossia su progetti ormai già nella fase di rendicontazione.

Avverso tale sentenza propone ricorso, innanzi alle Sezioni Unite, l’assessore regionale, in considerazione della rilevanza del ruolo politico rispetto a quello gestionale, non adeguatamente valorizzato nella sentenza dei giudici contabili. In particolare, nel caso di specie si sarebbe in presenza da esenzione oggettiva da responsabilità erariale dell’assessore, in considerazione del suo ruolo eminentemente politico da lui svolto nella vicenda ai sensi dell’art. 1, comma I-ter, secondo periodo, L. 14 gennaio 1994, n. 20, secondo cui “Nel di caso di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi la responsabilità non si estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito l’esecuzione”.

Le motivazioni della Suprema Corte

Precisano le Sezioni Unite della Suprema Corte come per aversi un carattere politico dell’atto, al fine di affermarne l’insindacabilità, occorre che sia impossibile individuare un parametro giuridico (sia norme di legge, sia principi dell’ordinamento), sulla base del quale svolgere il sindacato giurisdizionale, di modo che il carattere politico dell’atto si presenti come una conseguenza (tra varie, Cass. Civ., Sez. Unite, 14 maggio 2014, n. 10416 e 19 maggio 2016, n. 10319). In ambito più esteso, proseguono i giudici di Piazza Cavour, l’esercizio in concreto del potere discrezionale degli amministratori e funzionari è senz’altro espressione di una sfera di autonomia che il legislatore ha inteso salvaguardare dal sindacato del giudice contabile; ma l’esercizio dell’attività amministrativa si deve comunque ispirare ai menzionati criteri di economicità ed efficacia (art. 1L. 7 agosto 1990, n. 241), i quali, costituendo specificazione del più generale principio sancito dall’art. 97 Cost., assumono diretta rilevanza sul piano della legittimità dell’azione amministrativa (in termini, tra varie, Cass. Civ., Sez. Unite, 15 marzo 2017, n. 6820 e 25 maggio 2016, n. 10814).

Effettuata la citata premessa, nel caso oggetto di causa, gli atti assunti come «politici» inerivano, in realtà, a un procedimento, regolato con legge regionale, posto in essere nell’esercizio di funzioni amministrative connesse alla programmazione ed all’erogazione di finanziamenti funzionali allo svolgimento di attività di formazione, secondo gli ordinari canoni di efficienza ed economicità, ossia di atti del tutto estranei all’area entro la quale non è possibile individuare un parametro giuridico sulla base del quale svolgere il sindacato giurisdizionale. La Corte dei conti, nell’individuazione del danno erariale, ha indicato in modo preciso la violazione della legge regionale avuto riguardo alle integrazioni disposte ex post ed avallate dall’assessore competente, pur in presenza di una violazione del parametro legale cui lo stesso avrebbe dovuto attenersi. La stesso giudice delle Leggi ha avuto modo di precisare che “gli spazi della discrezionalità politica trovano i loro confini nei principi di natura giuridica posti dall’ordinamento, tanto a livello costituzionale quanto a livello legislativo; e quando il legislatore predetermina canoni di legalità, ad essi la politica deve attenersi, in ossequio ai fondamentali principi dello Stato di diritto” (Corte cost., sentenza 5 aprile 2012, n. 81).

Conclusioni

La violazione di legge conduce alla correlata responsabilità amministrativa anche dell’organo politico, il quale non può trincerarsi sulla sola competenza degli organi gestionali, essendo egli stesso garante del rispetto delle disposizioni legislative che non può non conoscere.

Cass. Civ., S.U., 8 febbraio 2018, n. 3146

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