01/02/2019 – Conferenza di servizi: i rapporti tra determinazione finale e deliberazione dell’organo politico

Conferenza di servizi: i rapporti tra determinazione finale e deliberazione dell’organo politico

di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale

Le norme impugnate

Le norme regionali impugnate in via principale dal Governo (artt. 2, comma 1, lett. b e 10, comma 1, lett. d, n. 9, L.R. 12 dicembre 2017, n. 36, Lombardia), modificano alcune precedenti disposizioni relative alla disciplina del procedimento amministrativo e alle procedure in materia di Valutazione di impatto ambientale. Le modifiche introdotte stabiliscono, con riguardo al procedimento amministrativo in generale, che nel caso in cui la determinazione da assumere in Conferenza di servizi presupponga o implichi anche l’adozione di un provvedimento di competenza di un organo di indirizzo politico, tale provvedimento è acquisito prima della convocazione della conferenza di servizi o successivamente alla determinazione motivata di conclusione della stessa conferenza. In caso di acquisizione successiva del provvedimento di cui al precedente periodo, l’efficacia della determinazione di conclusione della conferenza di servizi è sospesa nelle more della formalizzazione dello stesso provvedimento. Per quanto riguarda la procedura di VIA, le nuove norme prevedono che, qualora per l’approvazione degli interventi in progetto o per l’espressione di atti di assenso, comunque denominati, la determinazione da assumere in conferenza di servizi presupponga o implichi anche l’adozione di un provvedimento di competenza di un organo di indirizzo politico, si applica quanto previsto in generale in tema di procedimento amministrativo, secondo la nuova disciplina appena richiamata più sopra e anch’essa oggetto di impugnazione.

La definizione del conflitto

Il contrasto è ipotizzato nei confronti dell’art. 117, comma 2, lettere m) e s) Cost., che come sappiamo, si riferiscono rispettivamente alle materie determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, e tutela dell’ambiente. Norme interposte sono invece gli artt. 14-ter e 14-quaterL. 7 agosto 1990, n. 241, dedicati alla conferenza di servizi simultanea, e gli artt. 7-bis e 27-bisD.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, relativi alla procedura di VIA.

Nel dettaglio, la normativa sulla decisione della Conferenza stabilisce che all’esito dell’ultima riunione, […] l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza, con gli effetti di cui all’art. 14-quater, sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti. E’ da ritenersi acquisito l’assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso ai sensi del comma 3 la propria posizione, ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza. La determinazione motivata di conclusione della conferenza, adottata dall’amministrazione procedente all’esito della stessa, sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati. In caso di approvazione unanime, la determinazione conclusiva è immediatamente efficace, mentre in caso di approvazione sulla base delle posizioni prevalenti, l’efficacia della determinazione è sospesa ove siano stati espressi dissensi qualificati e per il periodo utile all’esperimento dei rimedi.

La Corte si è posta innanzitutto il problema di stabilire se la disciplina regionale abbia toccato ambiti di competenza statale, e in questo caso, se le procedure previste integrino o meno ulteriori livelli di tutela rispetto a quanto stabilito dalla normativa statale. E’ sempre l’art. 29L. n. 241 del 1990 che entra in gioco in questi casi. Dopo aver genericamente ricondotto ai “livelli essenziali delle prestazioni” le disposizioni della stessa legge concernenti, tra l’altro, la conferenza di servizi (comma 2-ter), questa disposizione prevede che le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle disposizioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela.

La Corte costituzionale sulla Conferenza di servizi

La Corte costituzionale ha già avuto modo di pronunciarsi in più occasioni sulla Conferenza di Servizi. Nella sentenza n. 179 del 2012, l’ha definita un modulo procedimentale-organizzativo suscettibile di produrre un’accelerazione dei tempi procedurali e un esame congiunto degli interessi pubblici coinvolti. Esiste, secondo la Corte, un’esigenza unitaria che legittima l’intervento del legislatore statale anche in ordine alla disciplina di procedimenti complessi estranei alle sfere di competenza esclusiva statale affidati alla conferenza di servizi, in vista dell’obiettivo della accelerazione e semplificazione dell’azione amministrativa. Tuttavia, sempre secondo la Corte, va comunque escluso che l’intera disciplina della conferenza di servizi, e dunque anche la disciplina del superamento del dissenso all’interno di essa, sia riconducibile ad una materia di competenza statale esclusiva. Questo per la varietà dei settori coinvolti, molti dei quali sono innegabilmente relativi anche a competenze regionali (es.: governo del territorio, tutela della salute, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali).

Nella sentenza n. 9 del 25 gennaio 2019, la Corte si è soffermata ad esaminare le disposizioni statali della L. n. 241 del 1990 che stabiliscono le modalità di formazione della determinazione di conclusione della conferenza, disciplinando, tra l’altro, i casi in cui deve considerarsi acquisito l’assenso senza condizioni dei partecipanti, la portata della determinazione stessa, che sostituisce tutti gli atti di assenso comunque denominati, indicando quando gli effetti sono immediati e quando invece opera la sospensione dell’efficacia.

Il testo oggi vigente della legge generale sul procedimento amministrativo, risultato di una lunga e articolata evoluzione normativa, è chiaro nell’opzione a favore di un modello a struttura unitaria, il quale rappresenta un bilanciamento tra l’esigenza di semplificazione, che trova concretizzazione nell’assenso implicito e nell’efficacia immediata della determinazione conclusiva, e quella di salvaguardare le competenze delle altre amministrazioni interessate. Per la Corte, che utilizza un’espressione già presente nella sentenza n. 179 del 2012, la disciplina statale che emerge dall’insieme delle disposizioni indicate costituisce uno standard strutturale e qualitativo di prestazioni determinate, nella parte in cui prevede che la determinazione conclusiva della conferenza sostituisca a ogni effetto tutti gli atti di assenso e che sia immediatamente efficace, salvi i casi di dissensi qualificati. Tale standard appare in linea con il secondo comma, lettera m), dell’art. 117 Cost., quindi ci troviamo di fronte a livelli essenziali delle prestazioni. Le norme statali sopra richiamate – prosegue la Corte – definiscono la “struttura” essenziale della determinazione conclusiva della conferenza di servizi e per altro verso, imponendo l’esame contestuale dei diversi punti di vista, investono la “qualità” delle valutazioni effettuate in conferenza che si caratterizzano così, in quel contesto, come equiordinate. Va però ricordato che l’asserita riconducibilità delle norme statali interposte ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, comma 2, lett. m), Cost., non comporta di per sé l’automatica illegittimità costituzionale delle norme regionali che differiscano da esse, tenuto conto della possibilità per le Regioni di discostarsi dallo standard statale per prevedere “livelli ulteriori di tutela”.

I profili di incostituzionalità della legge lombarda

Secondo la normativa regionale impugnata, la determinazione conclusiva della Conferenza presuppone o implica un atto di decisione politica che mantiene la sua autonomia e può arrivare a stravolgere, dall’esterno, l’esito della conferenza, giacché le valutazioni espresse da detto organo – sia che intervengano prima o dopo lo svolgimento della Conferenza – prevalgono su quelle degli altri partecipanti. Le esigenze di speditezza e semplificazione procedimentale che stanno alla base dell’istituto nazionale, vengono dunque frustrate ad opera di un atto di matrice politica che si inserisce dall’esterno con un valore diverso e maggiore di quello delle altre valutazioni tecniche espresse dagli enti coinvolti.

Pertanto, anziché introdurre ulteriori livelli di tutela, la procedura regionale in questione definisce un modello di conferenza di servizi del tutto squilibrato e contraddittorio: squilibrato, perché assegna una netta prevalenza alla valutazione degli organi di indirizzo politico; contraddittorio, perché, sebbene la decisione da assumere in conferenza presupponga o implichi un provvedimento di questi organi, la loro valutazione è separata da quella degli altri soggetti interessati.

Interessante è l’esame dell’argomento difensivo che ha evocato la procedura di cui all’art. 8D.P.R. n. 160 del 2010 sul SUAP, relativo al procedimento di variante urbanistica, che a conclusione della Conferenza di servizi prevede una deliberazione di consiglio comunale. La difesa ha identificato un parallelismo rispetto all’iter dettato dalla norma regionale impugnata. In realtà, ha chiarito la Corte richiamando la giurisprudenza amministrativa sul punto, l’atto conclusivo del procedimento che si articola nella Conferenza non ha carattere decisorio, ma costituisce una proposta di variante dello strumento urbanistico, su cui si innesta un distinto procedimento preordinato alla deliberazione consigliare.

Corte Cost. 25 gennaio 2019, n. 9

Art. 2, comma 1, lett. b)L.R. 12 dicembre 2017, n. 36, Lombardia

Art. 10, comma 1, lett. d), n. 9)L.R. 12 dicembre 2017, n. 36, Lombardia

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