Durc irregolare e self cleaning rispetto ad illeciti contributivi e fiscali (art. 96 d.lgs. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. V, 09.04.2024 n. 3234

3.1.2.1. L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, seppur nella vigenza del precedente decreto legislativo n. 163 del 2006, ha chiarito che la (grave) violazione contributiva può ben ritenersi “definitivamente accertata” in funzione delle risultanze del Durc, stante il regime speciale cui lo stesso è soggetto.
A tal fine, si è posto in risalto che “Dopo il d.m. del 2007 [i.e., d.m. 24 ottobre 2007, in materia di Documento unico di regolarità contributiva], si può affermare che il d.u.r.c. attesta solo le irregolarità contributive <>, e solo quelle che superano una <>, fissata autonomamente dal citato d.m.” (Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8); ciò in quanto, fra l’altro, “b) la pendenza di qualsivoglia contenzioso amministrativo impedisce di ritenere il soggetto in posizione irregolare; fino alla decisione che respinge il ricorso, può essere dichiarata la regolarità contributiva (art. 8, comma 2, lett. a), d.m. citato)” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 8 del 2012, cit.; cfr. peraltro, al riguardo, anche l’art. 8, comma 2, lett. b), d.m. cit.).
In tali termini è stata dunque delineata la “nozione di ‘definitivo accertamento’”, assurta a “diritto vivente di cui è certamente espressione la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 8 del 2012” (Cons. Stato, Ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5 e 6).
Va osservato al riguardo come previsioni di analogo significato siano contenute nell’attuale decreto ministeriale in materia di Durc (i.e., d.m. 30 gennaio 2015), il cui art. 3, comma 2, stabilisce che “La regolarità sussiste comunque in caso di: […] d) crediti in fase amministrativa in pendenza di contenzioso amministrativo sino alla decisione che respinge il ricorso; e) crediti in fase amministrativa in pendenza di contenzioso giudiziario sino al passaggio in giudicato della sentenza, salva l’ipotesi cui all’art. 24, comma 3, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46”.
In tale prospettiva, la pendenza di un contenzioso amministrativo (sino alla decisione di rigetto), così come di un contenzioso giudiziario (fino al passaggio in giudicato della sentenza) impedisce il rilascio di Durc negativo.
Alla luce di ciò, il Durc negativo – nel suddetto contesto normativo – ha insito un apprezzamento di definitività dell’accertamento, giacché come posto in risalto, la pendenza di vicende amministrative o giudiziarie idonee ad escluderla vale di per sé quale ragione impeditiva al rilascio di Durc sfavorevole (cfr., peraltro, anche la successiva lett. f), relativa alla fase di riscossione, in base alla quale per i “crediti affidati per il recupero agli Agenti della riscossione” il Durc è positivo nel caso “sia stata disposta la sospensione della cartella di pagamento o dell’avviso di addebito a seguito di ricorso giudiziario”); né rileva, in senso contrario, il richiamo all’art. 8 d.m. 30 gennaio 2015, che riguarda specificamente “le violazioni di natura previdenziale ed in materia di tutela delle condizioni di lavoro individuate nell’allegato A” (relativo appunto alle “disposizioni in materia di tutela delle condizioni di lavoro di cui all’articolo 8 la cui violazione è causa ostativa alla regolarità”) agli specifici fini del “godimento di benefici normativi e contributivi”, in relazione all’art. 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, individuando così un regime di ulteriori “cause ostative alla regolarità”, ferma restando la disciplina generale sui contributi in sé, in termini di “Requisiti di regolarità” (art. 3) e loro “Assenza” (art. 4).
In tale prospettiva, è stato posto in risalto che “la mera presenza di un DURC negativo, al momento della partecipazione alla gara, obbliga l’amministrazione appaltante a escludere dalla procedura l’impresa interessata, senza che essa possa sindacarne il contenuto ed effettuare apprezzamenti in ordine [non solo alla gravità degli inadempimenti, ma anche] alla definitività dell’accertamento previdenziale (Cons. Stato, V, 5 febbraio 2018 n. 716; 17 maggio 2013, n. 2682; V, 26 giugno 2012, n. 3738, VI, 15 settembre 2017 n. 4349)” (Cons. Stato, V, 9 febbraio 2019, n. 1141; 5 febbraio 2018, n. 716).
Non è ostativo a tale conclusione, nel contesto normativo su richiamato, il tenore dell’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016, terzo periodo («Costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione»), che – declinato nello specifico contesto dei contributi previdenziali, distinto da quello propriamente tributario – si pone in termini non distonici rispetto all’attitudine probatoria del Durc al riguardo, considerato appunto che la regolarità è sempre riconosciuta laddove vi siano, in relazione al credito, procedimenti contenziosi in sede amministrativa o giudiziale (di cui qui, del resto, l’appellante non fornisce evidenza) che ne impediscano appunto la definitività (cfr. peraltro, al riguardo, il caso di cui a Cons. Stato, V, 2 febbraio 2023, n. 1165, in cui si richiama tra l’altro espressamente “la regola della necessaria continuità della condizione di regolarità contributiva degli operatori economici partecipanti alle gare. L’impresa che partecipa alla procedura deve possedere, per tutta la sua durata senza una soluzione di continuità, il requisito della regolarità contributiva (Consiglio di Stato, sez. V, 16 novembre 2018, n. 6463). Si tratta di una regola che non è mutata con il mutare della formulazione dell’art. 80 comma 4 del d.lgs. 50 del 2016”).
Né vale il richiamare, in tale contesto, l’ultimo periodo della disposizione, che prevede una causa d’inoperatività della ragione espulsiva in caso di pagamento o relativo impegno anteriore al termine di scadenza delle domande: da un lato, infatti (per ciò che riguarda la dilazione di pagamento), la fattispecie qui all’esame si pone in una fase successiva, e cioè posteriore al piano di rateizzazione, il cui inadempimento è stato appunto contestato all’interessata; dall’altro, v’è una parte del debito che prescinde da tale dilazione e che ha causale (contributiva) autonoma.
Allo stesso modo, non può rilevare, in tale contesto, il pagamento frattanto intervenuto da parte della -OMISSIS-: anche qui, infatti, da un lato, a differenza di quanto sostenuto dall’appellante, il termine ultimo per la sanatoria della posizione dell’impresa (coincidente con quello per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara) non ammette deroghe o equipollenti in altre fasi, nelle quali – a differenza di quanto avviene in caso di adempimento del debito o relativo impegno prima della scadenza del suddetto termine – non sarebbe assicurata la continuità nel possesso dei requisiti, verificandosene una lacuna (ciò tanto più in un settore in cui alcun self cleaning è ammesso rispetto a illeciti contributivi e fiscali: cfr. l’art. 80, comma 7 e 8, d.lgs. n. 50 del 2016; cfr. anche, in generale, l’art. 57, par. 6, dir. n. 2014/24/UE, e oggi l’art. 96, comma 2, d.lgs. n. 36 del 2023); dall’altro non è ammissibile la regolarizzazione postuma della posizione previdenziale, peraltro qui – come già evidenziato – esorbitante, per una quota, dal piano di rateizzazione (Cons. Stato, V, 30 giugno 2023, n. 6409; già Cons. Stato, Ad. plen., n. 5, 6 e 10 del 2006, cit.; in tema, cfr. anche Cgue, 10 novembre 2016, in causa C-199/15).

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