02/04/2021 – Visura camerale – Oggetto sociale – Attività prevalente ed effettivamente svolta – Valutazione ai fini del requisito di partecipazione (Art. 83 D.Lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 25.03.2021 n. 2507

Deve premettersi che, secondo la più recente giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 508 del 18 gennaio 2021), “attraverso la certificazione camerale, deve accertarsi il concreto ed effettivo svolgimento, da parte della concorrente, di una determinata attività, adeguata e direttamente riferibile al servizio da svolgere; il che esclude la possibilità di prendere in considerazione, ai fini che rilevano nella fattispecie, il contenuto dell’oggetto sociale, il quale – ancorché segni il campo delle attività che un’impresa può astrattamente svolgere, sul piano della capacità di agire dei suoi legali rappresentanti – non equivale, però, ad attestare il concreto esercizio di una determinata attività”.

Ebbene, ritiene la Sezione che, sebbene l’attività prevalente svolta dall’impresa aggiudicataria, come si evince dal relativo certificato camerale, sia quella inerente, per quanto di interesse, a “lavatura, stiratura e noleggio di biancheria ospedaliera” nonché “decontaminazione e sterilizzazione effetti tessili di provenienza ospedaliera”, afferendo l’attività di trasporto alle (più variegate ed articolate) attività comprese nell’oggetto sociale della medesima concorrente, sarebbe contrario ad una lettura ragionevole del requisito in discorso, alla luce della finalità che lo ispira come innanzi enucleata, istituire una separazione netta tra “attività prevalente”, come risultante dal certificato camerale, ed “oggetto sociale”, sì da ritenere che solo la prima possa considerarsi “effettivamente svolta” dall’impresa.

Premesso infatti il carattere necessariamente riassuntivo ed esemplificativo dell’”attività prevalente”, e ritenuto che anche le attività cd. secondarie sono suscettibili di concorrere alla integrazione del requisito di partecipazione, laddove comprese tra quelle che l’impresa effettivamente svolge in termini di subordinazione, strumentale o quantitativa, rispetto all’attività principale, ne discende che anche le attività (solo) indicate nell’oggetto sociale, ma strettamente connesse a quella (prevalente) risultante dalla visura camerale, debbano essere attratte nel perimetro delle attività per le quali l’impresa è professionalmente qualificata, in quanto “effettivamente svolte”.

Ebbene, applicando tali principi alla fattispecie in esame, deve rilevarsi che il “trasporto esterno, da e per lo stabilimento lavanderia, eseguito con automezzi del Fornitore con propri dipendenti e con gestione a proprio rischio”, in quanto direttamente strumentale allo svolgimento dell’attività principale (sì da costituirne un implicito segmento esecutivo), debba ritenersi ragionevolmente compresa tra quelle che l’impresa “effettivamente svolge”, ergo non confinate tra quelle solo formalmente incluse nell’oggetto sociale, in quanto espressivo della “misura della capacità di agire della società interessata, indicando i settori – per vero, potenzialmente illimitati – nei quali la stessa potrebbe in astratto operare, e che, così facendo, indica degli ambiti operativi che devono reputarsi non rilevanti ove non effettivamente attivate” (cfr., sul punto, la sentenza citata).

Del resto, al contenuto del certificato camerale dell’impresa aggiudicataria, richiamato dalla parte appellante, non è possibile attribuire alcun significato atto ad escludere le attività da esso non espressamente nominate, ed incluse nell’oggetto sociale, da quelle “effettivamente svolte”: ciò sia con riferimento all’”attività prevalente” (che, in quanto prevalente, ammette lo svolgimento di attività secondarie), sia con riguardo alle “attività secondarie” (che sono solo quelle “esercitate nella sede legale”, quale non può ritenersi essere l’attività di trasporto) .

[rif.  art. 83 d.lgs. n. 50/2016]

Pubblicato il 25/03/2021

N. 02507/2021REG.PROV.COLL.

N. 08434/2020 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8434 del 2020, proposto da

Hospital Service s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fausto Troilo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Angela Marafioti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Donatella Plutino in Roma, viale delle Milizie n. 34;

Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, non costituita in giudizio;

nei confronti

Adapta, Processi Industriali per l’Igiene e la Sterilizzazione s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Andrea Falzone, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 326;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) n. 01628/2020, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Calabria e di Adapta, Processi Industriali per l’Igiene e la Sterilizzazione s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 marzo 2021 il Cons. Ezio Fedullo e uditi per le parti gli Avvocati Fausto Troilo, Angela Marafioti e Andrea Falzone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Con la sentenza appellata, il T.A.R. per la Calabria ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto dalla odierna appellante avverso il decreto dirigenziale n. 4852 del 29 aprile 2020, limitatamente alla parte in cui è stata disposta l’aggiudicazione del lotto 3 della procedura aperta indetta dalla Regione Calabria per l’affidamento del “Servizio di Lavanolo alle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere della Calabria” in favore della controinteressata Adapta s.p.a., nonché avverso il decreto 2804 del 4 aprile 2018, col quale sono state disposte le ammissioni ed esclusioni a seguito dello scrutinio, da parte del seggio di gara, della documentazione amministrativa, nella parte in cui è stato ammesso alle fasi successive l’operatore economico Adapta s.p.a..

Deve premettersi che l’esito della gara consacrava la collocazione in prima posizione di Adapta s.p.a., con complessivi punti 84,51/100 (di cui punti 54,51/70 per l’offerta tecnica), seguita in graduatoria dalla ricorrente Hospital Service s.r.l. con complessivi punti 83,25/100 (di cui punti 70/70 per l’offerta tecnica).

Il T.A.R. ha in particolare ravvisato la fondatezza dell’eccezione di irricevibilità del ricorso formulata dalla Regione intimata e dalla controinteressata Adapta s.p.a., sul rilievo che il decreto n. 2804 del 4 aprile 2018, recante la determinazione delle ammissioni ed esclusioni dei concorrenti, “è stato assunto e pubblicato nella vigenza del comma 2 bis dell’art. 120 cod. proc. amm. (cd. rito superaccelerato), che prescriveva l’onere di immediata impugnazione dei provvedimenti di determinazione delle esclusioni e delle ammissioni alla gara, pena la preclusione di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti della procedura, anche con ricorso incidentale. Tale norma è stata abrogata con d.l. 32/2019 (cd. sblocca cantieri), conv. in l. 55/2019, che, quanto alla sua efficacia, ha espressamente disposto che l’abrogazione del rito superaccelerato si applichi “ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, ossia dopo il 18.6.2019. Il Collegio, consapevole dell’esistenza di posizioni giurisprudenziali di segno contrario, aderisce all’orientamento secondo cui la disposizione transitoria poc’anzi menzionata non può essere intesa come introduttiva di una sanatoria processuale idonea a rimettere in termini i concorrenti nell’impugnazione di provvedimenti di ammissione già consolidatisi per inutile decorso del termine di impugnazione ex art. 120, comma 2 bis, cod. proc. amm., con la conseguenza che l’abrogazione della disposizione processuale del rito cd. superaccelerato ha effetto unicamente per le cause riguardanti provvedimenti di ammissione alla gara adottati successivamente all’entrata in vigore della norma abrogatrice, mentre per le cause nelle quali si controverta su un atto emesso dalla P.A. prima dell’entrata in vigore del d.l. 32/2019, l’impugnazione deve seguire le modalità per essa prescritte al tempo dell’adozione del provvedimento, ivi comprese quelle indicate dall’art. 120 comma 2 bis cod. proc. amm. (da ultimo, Cons. Stato, Sez. III, 29.7.2020, n. 4824; cfr. altresì T.A.R. Catanzaro, Sez. II, 6.5.2020, n. 817; T.A.R. Catanzaro, Sez. I, 9.1.2020, n. 10; T.A.R. Genova, Sez. I, 24.12.2019, n. 1012). Opinare diversamente significherebbe, da un lato, ammettere la retroattività delle norme introdotte dal decreto legge e, dall’altro, vanificare le decadenze sostanziali e processuali verificatesi sotto l’impero della disciplina previgente. Il consolidamento degli effetti del presupposto atto di ammissione alla gara in conseguenza della sua mancata tempestiva impugnazione è infatti parte sostanziale del precedente regime processuale, sicché, una volta decorso il termine d’impugnazione, non è possibile interpretare la fattispecie come ancora “aperta” e, quindi, attraibile al nuovo regime normativo. Il criterio del tempus regit actum, come noto riferibile agli atti successivi all’introduzione della nuova normativa processuale, esclude l’applicazione dello jus superveniens a fattispecie ormai definite, come quella in analisi. L’eliminazione retroattiva della preclusione processuale propria del precedente regime condurrebbe alla sanatoria delle decadenze sostanziali già maturate, determinando oltretutto una disparità di trattamento rispetto a chi – in osservanza dell’art. 120, comma 2 bis, cod. proc. amm. – abbia già impugnato l’atto di ammissione senza successo e si veda poi preclusa la possibilità di far valere gli stessi vizi sull’aggiudicazione”.

Mediante i proposti motivi di appello, la parte appellante evidenzia la non univocità, alla luce della più recente giurisprudenza, dell’esito interpretativo sul quale si regge la contestata statuizione di inammissibilità, illustrando le ragioni per le quali la sentenza appellata merita, sul punto in questione, di essere riformata.

Resistono all’appello la Regione Calabria e la società aggiudicataria Adapta, Processi Industriali per l’Igiene e la Sterilizzazione s.p.a..

L’appello, sotto il profilo esaminato, è fondato.

E’ sufficiente all’uopo richiamare i più recenti approdi giurisprudenziali, cui ha contribuito anche questa Sezione, nel senso che “è il precedente di questa Sezione costituito dalla sentenza 5 agosto 2020, n. 4927, che ha in particolare messo in risalto la portata sostanziale dell’abrogazione quale risultante dal combinato disposto delle due norme sopra richiamate, attraverso il richiamato riferimento «ai processi iniziati». Esso è consistito nel rimuovere la qualificazione di atto immediatamente lesivo a quelli adottati dall’amministrazione nella fase di ammissione degli operatori economici alla gara, con conseguente ripristino per le procedure di gara concluse dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 32 del 2019 (ma per la verità sin da quest’ultimo) della regola generale secondo cui l’interesse ad ottenere un appalto pubblico all’esito della relativa procedura di gara è leso solo con l’altrui aggiudicazione, quale atto conclusivo dell’unitario procedimento amministrativo contraddistinto da atti nel loro complessi preordinati al risultato finale di selezionare il contraente privato della pubblica amministrazione. Eliminato dunque l’onere anticipato di impugnazione ha ripreso vigore la regola generale – su cui si fonda l’intero sistema di giustizia amministrativa quale giurisdizione di diritto soggettivo che «assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo» (art. 1 Cod. proc. amm.) – per cui è con la definitiva manifestazione di volontà dell’amministrazione nelle forme tipiche degli atti autoritativi previsti dalla legge che è data, in concreto, azione in giudizio a tutela degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi dell’interessato e in vista di un risultato utile correlato ad un bene della vita. Nel vigore del più volte citato art. 120, comma 2-bis, Cod. proc. amm. questa regola è stata derogata, con il rilievo autonomo attribuito all’«interesse strumentale o procedimentale del concorrente alla corretta formazione della platea dei soggetti partecipanti alla gara» (Corte costituzionale, sentenza 13 dicembre 2019, n. 271), che rispetto all’interesse finale all’aggiudicazione si pone come chance, condizionata dalla consistenza di quella platea (in questo senso: Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4). Attraverso il riferimento operato dall’art. 1, comma 23, della legge n. 55 del 2019 «ai processi» iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione – e non già agli «atti delle procedure di affidamento», secondo quanto invece previsto dalle regole generali contenute nell’art. 120 Cod. proc. amm. (comma 1), e dallo stesso comma 2-bis abrogato («provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni…») – si è invece resa immediatamente operante l’abrogazione «anche per le procedure di gara già avviate ed ancora in corso», ed escludere che per queste ultime potessero produrre effetti sostanziali gli atti interni alla procedura di gara (così la citata sentenza di questa Sezione del 5 agosto 2020, n. 4927). I rilievi ora svolti consentono di superare le diverse considerazioni di cui a Cons Stato, III, 29 luglio 2020, n. 4824, in precedenza richiamata, secondo cui si dovrebbe allora ipotizzare una rimessione in termini rispetto a provvedimenti di ammissione alla gara già consolidatisi nel vigore del regime previgente al decreto-legge n. 32 del 2019, mentre un simile effetto retroattivo non potrebbe estendersi a situazioni e rapporti giuridici ormai chiusi, come sono quelli relativi alla fase di ammissione per i quali il termine per impugnare è orami scaduto. Vale in contrario considerare che questi rilievi non considerano la portata dell’effetto abrogativo del rito sulle ammissioni, che era correlato non all’atto dell’amministrazione impugnato ma a quello dell’interessato di esercizio del diritto di azione in giudizio, cui va riferito il momento in cui vanno valutati i presupposti sostanziali di ammissibilità dell’impugnazione. A tale momento non può quindi essere addotta l’esistenza ostativa di situazioni e rapporti giuridici esauriti all’interno all’unitaria procedura di gara, nello specifico per effetto dell’adozione di provvedimenti di ammissione di altri concorrenti, quando per la legge esistente al momento in cui l’azione va proposta essi hanno – proprio per questa legge sopravvenuta – cessato di costituire atti autonomamente lesivi. Ad opinare in questo senso la portata della disciplina abrogativa dell’art. 120, comma 2-bis, Cod. proc. amm. contenuta nel decreto-legge n. 32 del 2019 sarebbe vanificata, come rilevato dalla citata sentenza Cons. Stato, III, 5 giugno 2020, n. 3585, e si determinerebbe un’ultrattività della medesima disposizione rispetto a procedure di gara concluse dopo la sua abrogazione” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 7669 del 3 dicembre 2020, nonché Consiglio di Stato, Sez. III, n. 8211 del 22 dicembre 2020).

Resta quindi superata anche la domanda subordinata di rimessione all’Adunanza Plenaria della relativa questione interpretativa, tenuto conto che l’esegesi giurisprudenziale, alla luce dei precedenti richiamati, si è consolidata nel senso auspicato dalla parte appellante.

La appellante ripropone quindi i motivi del ricorso introduttivo non esaminati dal T.A.R., essenzialmente tesi a dimostrare la carenza dei requisiti di partecipazione in capo alla aggiudicataria, in vista della sua doverosa esclusione dalla gara.

Con il primo dei motivi riproposti, la parte appellante deduce che l’aggiudicataria Adapta era carente del requisito di idoneità professionale relativamente al servizio di trasporto, ai sensi del punto III.2 del bando e degli artt. 1.2 e 2.3 del disciplinare, in combinato disposto con gli artt. 3“Servizi oggetto di gara” e 3.2 “Trasporto” del CSA.

Assume in particolare la parte appellante che il requisito di idoneità professionale della “iscrizione presso la CCIAA per attività inerenti l’oggetto dell’appalto” era richiesto a pena di esclusione anche con riferimento all’attività di trasporto, in quanto attività inerente l’oggetto dell’appalto, prevedendo l’art. 3 del Capitolato tecnico, tra i “Servizi oggetto di gara”: “trasporto esterno, da e per lo stabilimento lavanderia, eseguito con automezzi del Fornitore con propri dipendenti e con gestione a proprio rischio”.

Deduce sul punto la parte appellante che, dalla lettura della visura camerale della aggiudicataria Adapta, si evince invece che l’attività prevalente svolta dalla medesima consiste in “lavatura e stiratura biancheria alberghiera; lavatura stiratura e noleggio biancheria ospedaliera; decontaminazione e sterilizzazione effetti tessili di provenienza ospedaliera; noleggio lavaggio e controllo DPI alta visibilità”.

Il motivo non può essere accolto.

Deve premettersi che, secondo la più recente giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 508 del 18 gennaio 2021), “attraverso la certificazione camerale, deve accertarsi il concreto ed effettivo svolgimento, da parte della concorrente, di una determinata attività, adeguata e direttamente riferibile al servizio da svolgere; il che esclude la possibilità di prendere in considerazione, ai fini che rilevano nella fattispecie, il contenuto dell’oggetto sociale, il quale – ancorché segni il campo delle attività che un’impresa può astrattamente svolgere, sul piano della capacità di agire dei suoi legali rappresentanti – non equivale, però, ad attestare il concreto esercizio di una determinata attività”.

Ebbene, ritiene la Sezione che, sebbene l’attività prevalente svolta dall’impresa aggiudicataria, come si evince dal relativo certificato camerale, sia quella inerente, per quanto di interesse, a “lavatura, stiratura e noleggio di biancheria ospedaliera” nonché “decontaminazione e sterilizzazione effetti tessili di provenienza ospedaliera”, afferendo l’attività di trasporto alle (più variegate ed articolate) attività comprese nell’oggetto sociale della medesima concorrente, sarebbe contrario ad una lettura ragionevole del requisito in discorso, alla luce della finalità che lo ispira come innanzi enucleata, istituire una separazione netta tra “attività prevalente”, come risultante dal certificato camerale, ed “oggetto sociale”, sì da ritenere che solo la prima possa considerarsi “effettivamente svolta” dall’impresa.

Premesso infatti il carattere necessariamente riassuntivo ed esemplificativo dell’”attività prevalente”, e ritenuto che anche le attività cd. secondarie sono suscettibili di concorrere alla integrazione del requisito di partecipazione, laddove comprese tra quelle che l’impresa effettivamente svolge in termini di subordinazione, strumentale o quantitativa, rispetto all’attività principale, ne discende che anche le attività (solo) indicate nell’oggetto sociale, ma strettamente connesse a quella (prevalente) risultante dalla visura camerale, debbano essere attratte nel perimetro delle attività per le quali l’impresa è professionalmente qualificata, in quanto “effettivamente svolte”.

Ebbene, applicando tali principi alla fattispecie in esame, deve rilevarsi che il “trasporto esterno, da e per lo stabilimento lavanderia, eseguito con automezzi del Fornitore con propri dipendenti e con gestione a proprio rischio”, in quanto direttamente strumentale allo svolgimento dell’attività principale (sì da costituirne un implicito segmento esecutivo), debba ritenersi ragionevolmente compresa tra quelle che l’impresa “effettivamente svolge”, ergo non confinate tra quelle solo formalmente incluse nell’oggetto sociale, in quanto espressivo della “misura della capacità di agire della società interessata, indicando i settori – per vero, potenzialmente illimitati – nei quali la stessa potrebbe in astratto operare, e che, così facendo, indica degli ambiti operativi che devono reputarsi non rilevanti ove non effettivamente attivate” (cfr., sul punto, la sentenza citata).

Del resto, al contenuto del certificato camerale dell’impresa aggiudicataria, richiamato dalla parte appellante, non è possibile attribuire alcun significato atto ad escludere le attività da esso non espressamente nominate, ed incluse nell’oggetto sociale, da quelle “effettivamente svolte”: ciò sia con riferimento all’”attività prevalente” (che, in quanto prevalente, ammette lo svolgimento di attività secondarie), sia con riguardo alle “attività secondarie” (che sono solo quelle “esercitate nella sede legale”, quale non può ritenersi essere l’attività di trasporto) .

Con ulteriore motivo, la parte appellante deduce che l’aggiudicataria Adapta era altresì carente del requisito economico finanziario attestato da idonee referenze bancarie di cui al punto III.2.2 del bando ed all’ art. 2.4 del disciplinare “Requisiti di carattere economico finanziario (art. 83, comma 1, lett. b d.lgs 50/2016)”.

Premesso infatti che il disciplinare di gara, all’art. 2.4 [rubricato “Requisiti di carattere economico finanziario (art. 83, comma 1, lett. b)”], prevedeva che “L’operatore economico partecipante dovrà dichiarare, riportandolo nel mod. 2 – DGUE – alla parte IV punto B.) di possedere i requisiti di carattere economico finanziario (art. 83, comma 1, lett. b) allegando altresì, al DGUE, idonee dichiarazioni di almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati ai sensi del D. Lgs. 385/1993”, deduce la parte appellante che la seconda referenza bancaria prodotta da Adapta, ossia quella rilasciata dalla Banca Popolare del Lazio, sarebbe del tutto generica e, dunque, inidonea ad attestare la capacità dell’operatore economico di far fronte agli impegni economici e finanziari derivanti dall’eventuale aggiudicazione dell’appalto.

Nemmeno tale motivo è meritevole di accoglimento.

Deve premettersi che la dichiarazione bancaria contestata è così formulata, per quanto di interesse: “si dichiara che il soggetto risulta essere da tempo ns. cliente (…) i rapporti intrattenuto con la nostra Banca sono improntati a serietà e correttezza e che Adapta Processi Industriali per l’Igiene e la Sterilizzazione s.p.a. ha finora fatto fronte ai propri impegni economici e finanziari con regolarità e puntualità”.

Ebbene, premesso che la parte appellante desume la genericità della referenza “dal tenore della prima referenza bancaria prodotta dalla controinteressata (e rilasciata da IntesaSanPaolo) dove, in quel caso, l’impegno di che trattasi è stato correttamente rilasciato”, è sufficiente constatare, per escludere la fondatezza della censura, che la “prima referenza bancaria” è formulata in termini praticamente equivalenti a quella contestata, contenendo al pari della stessa il riferimento alla gara di cui si tratta ed evincendosi da essa che “l’impresa è nostra buona cliente e la stessa intrattiene corretti e regolari rapporti con la nostra banca. L’impresa ha sempre fatto fronte ai propri impegni con regolarità e puntualità e, in base ai dati ad oggi in nostro possesso, è giudicata idonea a far fronte agli impegni economici e finanziari derivanti dall’eventuale aggiudicazione dell’appalto”.

Infine, la parte appellante deduce che l’aggiudicataria Adapta avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara anche per mancanza del requisito tecnico professionale dell’espletamento nell’ultimo triennio del servizio di lavanolo con gli importi richiesti di cui al punto III.2.3 del bando ed all’art. 2.5 del disciplinare “Requisiti di carattere tecnico professionale (art. 83, comma 1, lett. c d.lgs 50/2016)”].

Premesso che il bando di gara, al par. III.2.3) [Capacità tecnica], prevedeva che l’operatore partecipante alla gara avrebbe dovuto “aver eseguito a favore di Amministrazioni o Enti pubblici o soggetti privati nell’ultimo triennio antecedente la data di pubblicazione del bando n. 2 (due) servizi di lavanolo di importo complessivo pari o superiore al valore annuale IVA esclusa del lotto al quale partecipa”, e che allo stesso modo il disciplinare, all’art. 2.5 “Requisiti di carattere tecnico professionale (art. 83, comma 1, lett. c)” prevedeva che “L’operatore economico partecipante dovrà dimostrare riportandolo nel mod. 2 – DGUE- alla parte IV punto C), relativamente a ciascun lotto, di aver eseguito a favore di Amministrazioni o Enti pubblici o soggetti privati nell’ultimo triennio antecedente la data di pubblicazione del bando n. 2 (due) servizi di lavanolo di importo complessivo pari o superiore al valore annuale IVA esclusa del lotto al quale partecipa”, richiamato altresì il medesimo articolo laddove precisa che “per ultimo triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, si intende il periodo temporale costituito dai tre anni consecutivi immediatamente antecedenti la data di pubblicazione del bando di gara sulla GUEE”, deduce la parte appellante che, essendo stato il bando di gara pubblicato sulla Gazzetta Europea in data 3 gennaio 2018, il triennio di riferimento è quello relativo agli anni 2015-2016-2017., laddove, dall’esame del DGUE di Adapta, risulta che il citato operatore ha riportato servizi di lavanolo riferiti al triennio 2014-2016 e, dunque, lo stesso ha omesso di comprovare la sussistenza del requisito per l’annualità 2017.

Anche tale motivo deve essere respinto.

Deve premettersi che la lex specialis indica, quale periodo temporale cui rapportare la verifica del requisito de quo, l’intero triennio antecedente la data di pubblicazione del bando, senza formulare alcuna prescrizione con riferimento alla singola annualità: da tale rilievo deve quindi trarsi la conclusione secondo cui i “n. 2 (due) servizi di lavanolo di importo complessivo pari o superiore al valore annuale IVA esclusa” dovevano essere stati svolti dal concorrente nel triennio complessivamente considerato, non rilevando la parte di essi svolti in ciascuno anno del medesimo triennio (tale conclusione, deve aggiungersi, è confermata dalla clausola della lex specialis secondo cui “per gli appalti pluriennali verrà computata la sola quota parte svolta in detto triennio”).

Ciò premesso, è sufficiente evidenziare che, come dedotto dalle controparti, la società aggiudicataria ha dichiarato di aver svolto quattro appalti pluriennali per servizi di lavanolo a favore di altrettanti soggetti pubblici, tra l’altro, nel 2015 e nel 2016 per importo complessivo, riferito soltanto a tali due annualità, superiore ad € 15.000.000,00: invero, considerato che il valore annuo del servizio oggetto del lotto in questione è di 1.657.416,95 IVA esclusa, la aggiudicataria risulta avere svolto servizi di lavanolo, già negli anni 2015 e 2016, per importi complessivi nettamente superiore al quello suindicato, ciò che rende irrilevante la mancata indicazione di servizi per l’anno 2017 (basti all’uopo considerare il servizio di lavanolo svolto negli anni predetti a favore della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli).

L’appello in conclusione, per le ragioni illustrate, deve essere respinto, pur dovendo sostituirsi alla formula decisoria della inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, recata dalla sentenza appellata, quella della reiezione nel merito dello stesso: circostanza di per sé sufficiente a giustificare la compensazione delle spese del giudizio di appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio, svolta in modalità telematica, del giorno 18 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:

Franco Frattini, Presidente

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere

Giovanni Pescatore, Consigliere

Ezio Fedullo, Consigliere, Estensore

IL SEGRETARIO

 

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto