04/03/2020 – “Quinto d’obbligo” fuori dal calcolo dell’importo stimato dell’appalto

“Quinto d’obbligo” fuori dal calcolo dell’importo stimato dell’appalto
di Domenico Irollo – Domenico Irollo commercialista/revisore contabile/pubblicista
 
Ai fini della individuazione della corretta procedura da seguire nell’aggiudicazione di un appalto pubblico, nel calcolo del valore complessivo dell’appalto medesimo, determinato ai sensi dell’art. 35 del Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. n. 50/2016), non va incluso il cd. “quinto d’obbligo” di cui all’art. 106, comma 12, stesso CCP. Lo ha chiarito il TAR di Milano con la sentenza n. 284/2020.
Nella fattispecie, il G.A. meneghino era stato chiamato a pronunciarsi, tra agli altri motivi di gravame, anche sulla supposta illegittimità della lex specialis di gara, al fine di vederla annullare e ottenere la rinnovazione dell’intera procedura, in dipendenza di un presunto errore nella determinazione del valore di gara. Assumeva il ricorrente difatti l’illegittimità dell’opzione della Stazione Appaltante di indire una procedura negoziata “sotto-soglia” ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. b), CCP per la fornitura di beni, giacché la base d’asta (rectius valore stimato dell’appalto) era stata individuata in 220.935 euro, inferiore alla soglia comunitaria [ratione temporis fissata 221mila euro: per le nuove soglie di rilevanza comunitaria, vigenti da quest’anno, si veda il seguente contributo dello scrivente Dall’1° gennaio 2020 scattano i nuovi limiti (più bassi) per gli appalti “sopra-soglia”], e tuttavia il capitolato speciale d’appalto prevedeva espressamente la possibilità di operare con il cennato “quinto d’obbligo”, in conformità al disposto dell’art. 106, comma 12, CCP, cit., secondo cui appunto “la Stazione Appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario una aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto, può imporre all’appaltatore l’esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l’appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto”; per cui, stando sempre alle prospettazioni del deducente, anche tale “quinto”, ovvero il 20% del valore posto a base d’asta, avrebbe dovuto essere a tali fine computato con conseguente superamento della soglia comunitaria e necessaria applicazione delle prescritte diverse regole di scelta del contraente.
Argomentazioni che non hanno però fatto breccia nel Collegio milanese. Quest’ultimo ha per converso evidenziato come la formulazione dell’art. 106 su richiamato è netta nel definire il “quinto d’obbligo” come una prestazione aggiuntiva rispetto al contratto originario che costituisce una sopravvenienza. Essa quindi si sottrae alla previsione dell’art. 35, comma 4, CCP – in forza del quale il calcolo del valore dell’appalto “tiene conto dell’importo massimo stimato, ivi compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara” – dal momento che tale ultima pericope fa riferimento a clausole già previste al momento della predisposizione degli atti di gara ed in questa sede inserite per effetto di scelta discrezionale della Stazione Appaltante – che evidentemente ne valuta ab initio l’utilità per l’interesse pubblico perseguito -, sia pur rimesse dette clausole, nella loro concreta applicazione, ad una successiva valutazione facoltativa dell’Amministrazione. Tale ricostruzione risulta confermata dal fatto che il “quinto d’obbligo” rientra tra le modifiche contrattuali, oggetto di variante, e quindi si differenzia nettamente dai patti aggiunti al contenuto del contratto che si inseriscono nella fase di formazione del medesimo ed ai quali la norma in esame si rivolge.
Inoltre la sua inclusione negli atti di gara, ma non nel contratto, finirebbe per creare una distonia rilevante tra valore della gara e valore del contratto. Infatti l’art. 106, comma 12, CCP prevede che tale diritto potestativo ha fonte legale e non negoziale, innestandosi ab externo sul contratto il cui valore può essere ridotto o incrementato per effetto di scelte operate solo ex post dalla S.A., mentre il valore della gara risulterebbe fin dall’inizio ancorato ad un importo solo ipotetico e sicuramente divergente dalle offerte dei concorrenti, dal cui confronto concorrenziale dovrebbe di norma scaturire la difformità tra valore della gara e valore del contratto.
In definitiva, ad avviso del TAR lombardo, nessuna norma del CCP, e tantomeno l’art. 106, comma 12, richiede che il ricorso al “quinto d’obbligo” assuma rilevanza ai fini della determinazione del valore dell’appalto oggetto di gara. E non se ne può dunque tenere conto neppure per le soglie di rilevanza comunitaria.
Né, infine, rileva che nella circostanza il capitolato speciale d’appalto prevedesse “un aumento o una diminuzione della fornitura (…) fino alla concorrenza del quinto dell’appalto alle medesime condizioni del contratto”, giacché il richiamo esplicitamente fattovi dalla lex specialis di gara nulla aggiunge all’ambito di efficacia dell’istituto del “quinto d’obbligo”, trattandosi di meccanismo che comunque opera ex lege, così da non rientrare tra le voci “opzioni o rinnovi” previste di volta in volta dall’ente appaltante all’atto dell’indizione della gara.
In merito al tema in esame, giova segnalare anche l’interessante parere n. 581, rilasciato lo scorso 18 novembre dal Servizio di supporto giuridico del MIT in cui viene puntualizzata la differenza tra “importo a base d’asta” e “valore stimato dell’appalto”. L’espressione “importo massimo stimato come valore contrattuale dell’appalto” di cui all’art. 35, comma 4, CCP, si riferisce al valore stimato di un appalto pubblico. Tale valore non è lo stesso dell’importo a base d’asta (che a sua volta si compone dell’importo a base d’asta soggetto a ribasso e dell’importo a base d’asta non soggetto a ribasso). Ai sensi dell’art. 35 del Codice, il valore stimato di un appalto da prendere in considerazione al fine di valutare l’eventuale superamento della soglia comunitaria è quello derivante dalla somma dell’importo a base di gara (al netto di Iva e/o di altre imposte e contributi di legge, nonché degli oneri per la sicurezza dovuti a rischi da interferenze non soggetti a ribasso) e di eventuali opzioni, rinnovi, premi e pagamenti. Pertanto, per determinare il valore stimato dell’appalto, all’importo a base d’asta devono esser aggiunti – eventualmente – opzioni, rinnovo, premi e pagamenti (ad esclusione del “quinto d’obbligo” come statuito dal TAR Lombardia). Il valore complessivo dell’appalto di cui all’art. 35, è fondamentale soprattutto per individuare la corretta procedura da seguire nell’aggiudicazione di un appalto con relativi obblighi di pubblicità (contratto di rilevanza europea oppure contratto “sotto soglia”), nonché per verificare gli obblighi previsti dall’art. 21 CCP di inserire, rispettivamente, i lavori nella programmazione triennale dei lavori e le forniture/servizi nel programma biennale di forniture e servizi (è, infatti, obbligatorio l’inserimento dei lavori il cui valore stimato dell’appalto è pari o superiore a 100mila euro o l’inserimento delle forniture/servizi d’importo unitario stimato pari o superiore a 40mila euro. Questo importo è anche quello che deve essere indicato in occasione di richiesta del CIG. Diversamente, l’importo a base d’asta è il valore di riferimento per la presentazione delle offerte economiche da parte dei concorrenti; ai fini della determinazione dello stesso non occorre tener conto di eventuali opzioni.

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