17/07/2020 – Enti, assunzioni da ponderare – Le entrate devono sostenere gli oneri occupazionali

Il comune deve valutare la capacità di mantenere nel tempo un equilibrio strutturale
Enti, assunzioni da ponderare – Le entrate devono sostenere gli oneri occupazionali
di Giampiero Pizziconi
 
In questi giorni l’attenzione dei responsabili del personale dei comuni è rivolta all’individuazione delle corrette modalità di calcolo delle capacità assunzionali conseguenti all’applicazione dell’art. 33, del dl n. 34/2019.
La disposizione, al comma 2, introduce una nuova modalità di calcolo della spesa per il personale dei comuni in deroga alle vigenti disposizioni vincolistiche in materia di personale di cui all’art. 1, commi 557 quater e 562 della legge 296/2006 altresì prevedendo che le assunzioni di personale a tempo indeterminato siano subordinate:
  • all’adozione e alla coerenza con i Piani triennali dei fabbisogni di personale (Ptfp);
  • al rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione;
  • a una spesa complessiva per tutto il personale dipendente, al lordo degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione, non superiore al valore soglia definito come percentuale, differenziata per fascia demografica, della media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti dubbia esigibilità stanziato in bilancio di previsione.
    Va evidenziato che numerosi interventi in dottrina e alcune recenti posizioni interpretative della magistratura contabile hanno posto l’accento sull’esigenza, al fine di assicurare il corretto calcolo della capacità assunzionale, di verificare l’ammontare delle entrate correnti dell’ente sul cui volume, su base triennale e in rapporto alla dimensione demografica, viene ad essere individuata la collocazione tra gli enti più o meno virtuosi. Ciò al fine di verificare la possibilità di «sopportare e supportare» il livello di spesa di personale, attuale e futuro, dell’ente.
    Non si deve dimenticare, infatti, che detta spesa incide non indifferentemente sulla tenuta complessiva del bilancio atteso che, in particolare per il personale a tempo indeterminato, la stessa verrà meno solo con la cessazione del rapporto di lavoro da cui originano le relative obbligazioni di pagamento.
    Ciò, avviene normalmente con il raggiungimento da parte del lavoratore dell’età pensionabile oppure per altre cause interruttive (decesso, dimissioni, licenziamenti, mobilità ecc.). Ne consegue che l’amministrazione, nel Piano triennale di fabbisogno di personale, dovrà avere ben chiara la ricaduta pluriennale dell’utilizzo delle proprie capacità assunzionali in relazione alla possibilità del proprio bilancio di sostenere gli oneri derivanti dal mantenimento nel tempo dei livelli occupazionali (pregressi e conseguenti ai nuovi reclutamenti).
    Nell’ottica di un necessario approccio prudenziale alle politiche di reclutamento è necessario evidenziare che, anche laddove l’ente, rispetti i vincoli di finanza pubblica e abbia a disposizione capacità assunzionale, anche per lavoro flessibile, non necessariamente potrà utilizzarla.
    Ciò, in quanto l’andamento complessivo della gestione di bilancio potrebbe far emergere squilibri tutt’altro che temporanei e derivanti da criticità, prevedibili o intervenute, che possono avere diverse origini quali: incapacità di riscossioni delle entrate; incrementi delle spese pluriennali dovute a situazioni contingenti (passività potenziali, soccombenze da contenzioso, insolvenza delle partecipate per debiti garantiti con fideiussioni ecc.) o addirittura strutturate (rapporto tra entrate e spese costantemente in disequilibrio per desertificazione delle residenze o delle localizzazioni imprenditoriali ecc.); o, ancora, dovute a situazioni straordinarie (eventi sismici o idrogeologici, pandemie ecc.).
    In tali circostanze, infatti, la scelta di assumere nuovo personale in assenza di una effettiva capacità di mantenere un equilibrio strutturale finirebbe per tradursi in un ulteriore appesantimento della spesa corrente dell’ente con effetti duraturi anche sui saldi.
    E, appare difficile sostenere che tale circostanza non sia necessariamente da dover verificare prima di poter attivare le procedure tese a soddisfare il fabbisogno del personale emergente da carenze, anche non ricostituite nel corso degli anni, originate da cessazioni in quanto l’esercizio delle relative facoltà assunzionali è subordinato al «rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione».
    In conseguenza, ove le amministrazioni locali vogliano subito dopo l’approvazione del rendiconto 2019 procedere alla rimodulazione del Piano triennale di fabbisogno di personale dovranno valutare attentamente la capacità dell’ente di poter mantenere nel tempo un volume di entrate correnti tale da poter sostenere non solo gli oneri dei livelli occupazionali attuali ma anche quelli ulteriori derivanti dal possibile esercizio delle facoltà assunzionali a disposizione in relazione alla fascia di appartenenza di cui al dm 17 marzo 2020, attuativo dell’art. 33.
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