09/07/2019 – I componenti delle commissioni di concorso rispondono di danno erariale per gli errori di valutazione commessi

I componenti delle commissioni di concorso rispondono di danno erariale per gli errori di valutazione commessi

di Massimo Asaro – Specialista in Scienza delle autonomie costituzionali, funzionario universitario Responsabile affari legali e istituzionali
La sentenza in commento tratta un argomento molto interessante, quello del danno erariale indiretto sofferto da una P.A. che venga condannata dal giudice amministrativo o dal giudice civile al pagamento delle spese processuali di controparte e/o al pagamento di oneri per indennizzi o risarcimenti. In tali casi, sussiste un profilo (esterno) di responsabilità dell’ente verso il terzo creditore e un profilo di responsabilità (interno) del soggetto legato da rapporto di servizio, in senso lato, verso l’ente pubblico che, pertanto, diventa creditore in rivalsa. Questo secondo profilo è soggetto alle regole sostanziali proprie della responsabilità amministrativo-contabile disciplinate dalla L. n. 20 del 1994 e del Codice della giustizia contabile (D.Lgs. n. 174 del 2016). L’aspetto di interesse specifico della vicenda di cui alla sentenza della Corte dei Conti (di primo grado non passata in giudicato) è essenzialmente quello relativo al fatto che ha generato il contenzioso: l’erronea valutazione dei titoli dei candidati in una selezione pubblica comparativa per l’affidamento di un incarico di “addetto stampa”. Nella valutazione del titoli dei candidati e nell’attribuzione dei punteggi la commissione era incorsa in un errore che aveva visto il miglior posizionamento di uno dei candidati. Altro candidato proponeva ricorso al TAR che ravvisava la illegittimità dell’operato della commissione, in particolare laddove aveva attribuito indebitamente un punteggio per un titolo culturale in realtà non valutabile. Partendo dalla mutevole giurisprudenza in materia di motivazione sintetica con voto numerico, è riconosciuta insufficiente la motivazione della commissione di concorso quando gli elementi di valutazione esplicitati dalla stessa «siano limitati al voto numerico e alla predisposizione di una mappa concettuale, della quale non sia dato conoscere il modo in cui sia stata applicata al caso concreto ed il cui confronto con le prove scrutinate, in sede di sindacato giurisdizionale sulla logicità e ragionevolezza dell’esercizio della discrezionalità tecnica, non consenta di cogliere l’iter valutativo attraverso il quale, se correttamente svolto, l’amministrazione sarebbe dovuta pervenire a risultati univoci ed inequivocabilmente intelligibili, quali esiti coerenti, logici e sillogisticamente discendenti dai parametri predeterminati» (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, sent. n. 1492 del 2009). Il TAR, nell’accertare la legittimità degli atti della commissione, ha sottolineato che nella voce “Titoli culturali e professionali” non possono annoverarsi attestati scolastici di livello inferiore a quello richiesto come “Titolo di studio”, ossia titolo di accesso e partecipazione alla procedura; a ben vedere, «Il “titolo culturale” è un qualcosa di più e di diverso dal “titolo di studio” e afferisce a percorsi di formazione e maturazione del bagaglio teorico conoscitivo aggiuntivi rispetto a quelli compiuti per acquisire il titolo di studio. Analogamente e a maggior ragione per i “titoli professionali”, i quali debbono denotare l’acquisizione di concrete esperienze di messa in opera dei titoli del sapere teorico.» (TAR Toscana, Sez. I, sent. n. 427 del 2016). L’errore della commissione, consistente nella erronea attribuzione di un punteggio e pertanto nella redazione di una graduatoria di merito viziata, ha portato alla sentenza sfavorevole per l’ente con la condanna di questo al rimborso delle spese legali del candidato pretermesso e ricorrente vittorioso. Il TAR ha trasmesso la sentenza alla Procura regionale della Corte dei conti che ha avviato il procedimento per il riconoscimento della responsabilità amministrativo contabile dei componenti della commissione e per la condanna di questi alla rifusione del danno sopportato dall’ente per le citate spese legali. Ricordiamo che ai sensi dell’art. 1 comma 1 della citata L. n. 20 del 1994 “La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali”. La condotta e l’evento dannoso sono stati di immediata riconoscibilità, riguardo all’elemento psicologico richiesto per l’addebito erariale è stata ravvisata una imperizia che denota la sussistenza della colpa grave. «Come noto, è caratterizzato da colpa grave quel comportamento il cui grado di diligenza, perizia, prudenza, correttezza e razionalità sono da ritenersi inferiori allo standard minimo professionale esigibile e tale da rendere prevedibile o probabile il concreto verificarsi dell’evento dannoso (v. in tal senso Corte dei conti, Sez. II Appello, sent. n. 611 del 2011Corte dei conti, Sez. I Appello, sent. n. 357 del 2018)». La chiarezza del tenore letterale del bando e la professionalità posseduta dai componenti della commissione portano a riconoscere nella condotta dagli stessi tenuta una ipotesi di colpa grave stante la macroscopicità e la grossolanità dell’errore commesso. Tanto denota che la diligenza e la perizia dei componenti della commissione si stata al di sotto della ordinaria esigibilità.
Qui siamo nello schema tipico dell’azione di rivalsa per danno indiretto per cui il soggetto autore del comportamento che ha generato il fatto dannoso è obbligato -personalmente- a risarcire l’ente pubblico del danno patrimoniale da questo subito per effetto del pagamento in favore del terzo (delle spese legali), in esecuzione della sentenza del giudice amministrativo. In questo caso l’autore della condotta causativa del danno erariale è stata la commissione cioè un organo collegiale tecnico straordinario composto di esperti che, in generale, possono anche esterni alla P.A. ma che, in ragione dell’incarico, seppur temporaneamente e ancorché non legati da un rapporto di impiego con la P.A., sono assoggettati al medesimo regime di responsabilità e alla giurisdizione esclusiva della Corte dei conti. La commissione di concorso così come la commissione di gara è un “collegio perfetto” che delibera con la presenza necessaria di tutti i propri componenti, effettivi o supplenti ove nominati prima dell’inizio delle operazioni, soprattutto quanto formula i giudizi conclusivi (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III ter, sent. n. 2697 del 2011Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 1446 del 2016TAR Lazio, Roma, Sez. III-bis, sent. n. 10964 del 2018). La Corte ha attribuito il danno interamente a carico dei tre componenti della commissione, in misura uguale tra di loro, senza perciò dare peso specifico alla posizione del presidente che, per buona parte della giurisprudenza, ha spesso un addebito maggiore: «in carenza di un qualche documentato resoconto sul concreto andamento dei lavori di un organo collegiale, il criterio di imputazione della responsabilità resta quello formale del voto favorevole espresso, mitigato dalla maggior responsabilità del proponente e del presidente, per il maggior coinvolgimento materiale e psicologico» (Corte dei conti, Sez. giurisd. Umbria, sent. n. 51 del 2016; per altro genere di commissione, v. Corte conti, Sez. giurisd. Piemonte, sent. n. 93 del 2016). Trattandosi di collegio perfetto con espressione unanime del giudizio finale non trova applicazione, di fatto, l’art. 1 comma 1-ter della già citata L. n. 20 del 1994secondo cui “Nel caso di deliberazioni di organi collegiali la responsabilità si imputa esclusivamente a coloro che hanno espresso voto favorevole”.

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto