Ancora divergenze interpretative sull’esclusione del welfare integrativo dal tetto del salario accessorio

Un articolo di Luca Di Donna – 

Si moltiplicano negli ultimi tempi i pareri della Corte dei conti in merito all’esclusione dal limite di spesa del salario accessorio degli eventuali incrementi discrezionali del Fondo decisi dagli enti per finanziare piani di welfare integrativo del proprio personale.

Secondo l’orientamento largamente prevalente, qualora il Fondo risorse decentrate venga destinato al welfare integrativo, come innovativamente previsto dall’art. 82 del nuovo CCNL 2019/2021, detto Fondo, in parte qua, non è assoggettato al limite fissato dall’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017 (si veda da ultimo Sezione regionale di controllo per la Lombardia – deliberazione n. 91/2024/PAR). Ma sul punto si registrano pure decisioni di segno contrario, come la più recente deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Liguria n. 27/2024/PAR, secondo la quale la scelta di destinare parte del Fondo al finanziamento di misure di welfare integrativo richiede, comunque, l’osservanza del limite di finanza pubblica posto dall’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017.

Invero, precisa la Corte, l’art. 82, comma 2, primo periodo, seconda parte, del CCNL citato, ha innovato sull’utilizzo delle risorse del Fondo (rectius “delle risorse a destinazione retributiva”), stabilendo che gli oneri per la concessione dei benefici del welfare integrativo possano essere sostenuti, tra gli altri, “mediante utilizzo di quota parte del Fondo di cui all’art. 79, nel limite definito in sede di contrattazione integrativa”. Tuttavia, la predetta innovazione ha attribuito all’autonomia collettiva di secondo livello la sola facoltà di dare in concreto ad una quota delle risorse del Fondo un utilizzo per finalità di welfare, anziché retributive, ma non ha previsto alcuna deroga all’osservanza del limite di finanza pubblica posto dall’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017.

In altre parole, secondo i Giudici contabili liguri, la clausola contrattuale in esame pone un’innovazione normativa limitatamente alla facoltà di utilizzo delle risorse del Fondo, estensibile anche a finalità di welfare aziendale, senza derogare, tuttavia, al limite di finanza pubblica.

Ciò che secondo il Collegio non è consentito, in assenza di una base normativa espressa, è l’utilizzo di risorse per finalità di welfare integrativo in violazione dei limiti posti dall’art. 82, comma 2, del CCNL, nei limiti di una generica capacità di bilancio, che produrrebbe un imprevedibile incremento della dinamica della spesa di personale, con nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica. In tal senso vanno considerate le conclusioni del MEF-RGS, espresse con il parere n. 228052 del 18 settembre 2023, che rappresentano uno sviluppo del parere espresso da questa Sezione con la deliberazione n. 61/2023/PAR, in cui si è data evidenza che, sulla base del discrimen legislativo, le risorse destinate a welfare integrativo “non sono assoggettate al limite di cui all’art. 23, comma 2, D.lgs. 75/2017, bensì alla disciplina e ai limiti specifici, anche finanziari, previsti dal medesimo art. 82 CCNL”.

Permane dunque l’incertezza sull’assoggettabilità o meno delle somme destinate al welfare integrativo al limite del salario accessorio: urge più che mai un intervento chiarificatore definitivo.

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