Adozione ordine demolizione e conseguente azione di risarcimento danni nei confronti del responsabile dell’ufficio tecnico

Autore: Mario Petrulli – 

Sussiste un’ipotesi di conflitto di interessi nel caso del Responsabile del Servizio Urbanistica e Territorio del Comune che ha adottato atti in materia di vigilanza edilizia ed urbanistica (nella specie, un ordine di demolizione) e che è stato personalmente citato in giudizio con una domanda di risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. dal destinatario della stessa demolizione, in relazione all’adozione di atti successivi inerenti la stessa pratica edilizia nei confronti del medesimo soggetto che abbia agito per danni? È il quesito affrontato e risolto dall’ANAC con atto del Presidente del 6 marzo 2024, fasc. n. 801/2024.

La nozione di conflitto di interesse
L’art. 6-bis, rubricato “Conflitto di interessi”, della Legge n. 241/1990 (Legge sul procedimento amministrativo) stabilisce che “Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”.
La norma va letta in maniera coordinata con la disposizione inserita nel D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62 (Codice di comportamento dei dipendenti pubblici), il cui art. 7 prevede che “Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti o organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza”.

Si tratta, dunque, di situazioni in grado di compromettere, anche solo potenzialmente, l’imparzialità richiesta al dipendente pubblico nell’esercizio del potere decisionale.
L’Autorità ha già avuto modo di chiarire (cfr. PNA 2019 § 1.4) che in tali circostanze la violazione sostanziale della norma, che si realizza con il compimento di un atto illegittimo, dà luogo a responsabilità disciplinare del dipendente, suscettibile di essere sanzionata, oltre a poter costituire fonte di illegittimità del procedimento e del provvedimento conclusivo dello stesso, quale sintomo di eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento della funzione tipica dell’azione amministrativa.
Le disposizioni normative sopra richiamate e le indicazioni fornite da ANAC in materia mirano, dunque, a prevenire situazioni di conflitto di interessi che possano minare il corretto agire amministrativo.

La ratio dell’obbligo di astensione, in simili circostanze, va quindi ricondotta nel principio di imparzialità dell’azione amministrativa. Peraltro, il riferimento alla potenzialità del conflitto di interessi mostra la volontà del legislatore di impedire ab origine il verificarsi di situazioni di interferenza, rendendo assoluto il vincolo dell’astensione, a fronte di qualsiasi posizione che possa, anche in astratto, pregiudicare il principio di imparzialità. 
In tal senso e con riferimento ad una causa pendente si è espresso anche il giudice amministrativo precisando che “Il dovere di astensione vale, dunque, a preservare anzitutto la credibilità e la fiducia dell’Amministrazione, scattando, perciò, a fronte di situazioni di mero pericolo e verificandosi in tutti i casi in cui sussistano condizioni che, avuto riguardo al particolare oggetto della decisione da assumere, appaiano anche potenzialmente idonee a porre in pericolo l’assoluta imparzialità e la serenità di giudizio dei titolari dell’ente stesso”(1) .

Il caso della causa pendente con una delle parti
Secondo l’Autorità, nel caso specifico trovano applicazione i principi generali in materia di astensione e ricusazione del giudice, previsti dagli artt. 51 (2) e 52 (3) del c.p.c. in quanto strettamente connessi al trasparente e corretto esercizio delle funzioni pubbliche. Si rammenta che proprio l’art. 51 c.p.c. citato individua alcune fattispecie tassative di obbligo di astensione e, tra di esse, è previsto il caso in cui il giudice (e quindi anche il funzionario) abbia “causa pendente … con una delle parti …”.
Dunque, la circostanza che il destinatario dell’ordine di demolizione abbia agito personalmente nei confronti del funzionario sembra integrare un caso di conflitto di interessi e, dunque, anche una causa di astensione obbligatoria.
È vero che spesso iniziative di questo tipo possono avere un valore solo strumentale e che sono talora intraprese al solo scopo di porre in difficoltà le amministrazioni grazie alla disciplina sull’astensione. Ed è parimenti vero che la giurisprudenza ha anche interpretato gli obblighi di astensione in modo riduttivo: negandolo ad esempio quando vi sia una denuncia penale che non abbia ancora dato luogo ad una vera e propria “causa pendente”(4) ovvero quando si tratta della pendenza di una causa civile che ha un oggetto del tutto differente da quello su cui il funzionario deve provvedere (5) ovvero, ancora, quando si tratti di un atto strettamente vincolato (6).

Le conclusioni
Nel caso in esame, deve evidenziarsi che l’azione per danni è rivolta espressamente contro il Responsabile del Servizio Urbanistica e Territorio del Comune e per il medesimo oggetto che verrà in gioco nelle attività amministrative future. In conclusione, dunque, l’ANAC ha ritenuto sussistente a carico del suddetto funzionario un conflitto di interessi, con la conseguenza che, al di fuori del caso di atti che siano effettivamente e sicuramente vincolati e pressoché automatici, si versa in un’ipotesi di obbligo di astensione. Diversamente opinando, verrebbe pregiudicata la terzietà di giudizio e il principio di imparzialità e buon andamento della P.A., senza contare che il Comune si esporrebbe a ulteriori impugnative da parte del privato interessato. 

Esempi di provvedimenti adottabili/inadottabili
Secondo l’ANAC, per atto “vincolato” deve intendersi un atto “automatico” e cioè fondato sulla oggettiva verifica di requisiti, presupposti o condizioni predeterminati da rigide previsioni normative e pertanto privo di quel contenuto discrezionale, che implica apprezzamenti di stampo soggettivo che ben possono, anche solo in astratto, essere condizionati dal fatto che chi concorre all’adozione dell’atto versa nella vicenda un interesse personale (7). 
Quindi, volendo esemplificare, il funzionario può, comunque, accertare l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione (atto fondato su un mero riscontro fattuale, senza discrezionalità) ma non può essere lui a determinare ed irrogare la sanzione amministrativa pecuniaria compresa fra € 2.000 ed € 20.000, essendo attività connotata da un tasso di discrezionalità; può, invece, irrogare detta sanzione nell’importo massimo nel caso di abuso commesso su aree vincolate, visto che in questo caso la norma espressamente dispone che l’importo sia, comunque, sempre e solo il massimo previsto (senza, quindi, l’esercizio di alcun margine di discrezionalità).

Al di fuori del caso specifico inerente all’avvenuta adozione dell’ordine di demolizione e gli atti conseguenti, sicuramente il funzionario con causa pendente contro il terzo non potrà, ad esempio, pronunciarsi, su un’istanza di proroga (8) del permesso di costruire o di scomputo (9) di una parte degli oneri concessori da quest’ultimo presentata, trattandosi di attività che richiedono un margine valutativo discrezionale; potrà, però, adottare il provvedimento di decadenza del permesso di costruire (10) a suo tempo rilasciato a detto terzo, disporre la voltura del titolo edilizio (11), quantificare il rimborso dovuto per errore di calcolo in sede di liquidazione degli oneri (12), in quanto attività prive di discrezionalità.

Conseguenze della mancata astensione
Se, nonostante l’obbligo di astensione per presenza del conflitto di interessi, il dirigente adotta comunque un provvedimento che ha, come destinatario, il soggetto con cui esiste il procedimento in corso, la conseguenza è che detto provvedimento deve ritenersi illegittimo e, come tale, annullabile dal giudice amministrativo (13). 
Per quanto ovvio, in ossequio ai principi generali che regolano le patologie degli atti amministrativi, il provvedimento comunque è produttivo di effetti, ancorché illegittimo, fino a quanto il giudice non lo avrà annullato (ovvero, in alternativa, fino a quando l’Amministrazione non avrà provveduto al suo ritiro in autotutela).

 


(1) Cfr. TAR Trento Trentino Alto Adige, sez. I, sent. 7 novembre 2012, n. 326.
(2) Art. 51 
Il giudice ha l’obbligo di astenersi:
1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;
2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado [o legato da vincoli di affiliazione], o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori;
3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;
4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico;
5) se è tutore, curatore, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un’associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa.
In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad astenersi; quando l’astensione riguarda il capo dell’ufficio, l’autorizzazione è chiesta al capo dell’ufficio superiore.

(3) Art. 52
Nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi, ciascuna delle parti può proporne la ricusazione mediante ricorso contenente i motivi specifici e i mezzi di prova.
Il ricorso, sottoscritto dalla parte o dal difensore, deve essere depositato in cancelleria due giorni prima dell’udienza, se al ricusante è noto il nome dei giudici che sono chiamati a trattare o decidere la causa, e prima dell’inizio della trattazione o discussione di questa nel caso contrario.

La ricusazione sospende il processo.
(4) TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 9 giugno 2021, n. 1152.
(5) TAR Campania, Napoli, sez. VII, sent. 6 aprile 2012, n. 1674.
(6) TAR Veneto, sez. II, sent. 21 gennaio 2019, n. 63.
(7) TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 17 marzo 2014, n. 580 e Consiglio di Stato, sez. II, sent. 9 marzo 2020, n. 1654.
(8) TAR Toscana, sez. III, sent. 13 luglio 2021, n. 1042: “l’atto di proroga, previsto dall’art. 15, secondo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001, è atto di esercizio di discrezionalità tecnico amministrativa, che presuppone l’accertamento delle circostanze dedotte dal privato e il loro apprezzamento in termini di evento oggettivamente impeditivo dell’avvio della edificazione, oltre che la valutazione discrezionale dell’ampiezza della proroga concessa”.
(9) Consiglio di Stato, sez. VII, sent. 9 gennaio 2023, n. 302: “l’ammissione allo scomputo costituisce oggetto di una valutazione discrezionale da parte dell’amministrazione”; TAR Veneto, sez. II, sent. 8 aprile 2021 n. 458: “costituisce ius receptum in giurisprudenza il principio che l’ammissione allo scomputo costituisce oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell’Amministrazione”.
(10) Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 21 agosto 2013, n. 4206: “la pronunzia di decadenza del permesso di costruire, che riceve ora una puntuale disciplina all’art. 15, comma 2, del dpr n. 380 del 2001, è connotata da un carattere strettamente vincolato, dovuto all’accertamento del mancato inizio e completamento dei lavori entro i termini stabiliti dal cit. art. 15, comma 2 (rispettivamente un anno e tre anni dal rilascio del titolo abilitativo, salvo proroga) e ha natura ricognitiva del venir meno degli effetti del permesso a costruire per l’inerzia del titolare a darvi attuazione”
(11) TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, sent. 7 marzo 2019, n. 69: “La “voltura” della concessione edilizia in senso tecnico si ha tutte le volte in cui l’amministrazione si sia limitata alla sola verifica della riferibilità ai soggetti del nuovo provvedimento, solo in tal caso la voltura della concessione edilizia a favore del successore, a titolo universale o particolare, dell’originario concessionario, si caratterizza come atto dovuto, privo di contenuto discrezionale, in quanto rivolto esclusivamente a verificare che sussistano le condizioni richieste per il subentro nella posizione dell’originario titolare del titolo edilizio. In sede di emanazione dell’atto di voltura non è richiesto alcun riesame dei presupposti oggettivi della licenza stessa, di cui resta immutato il contenuto precettivo (oggettivo), il quale non può essere inciso da nuove previsioni”.
(12) Considerato che tali calcoli presuppongono l’utilizzo di tabelle predeterminate dalla Regione e/o dal Comune.
(13) TAR Veneto, sez. II, sent. 21 gennaio 2019, n. 63.
 

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto