abolizione dei segretari – la lettera del segretario generale di bergamo

Egregio Presidente del Consiglio,

Egregio Ministro per la Funzione Pubblica

So benissimo che mai direttamente leggerete questa mail.

So benissimo che la Vostra richiesta di “collaborazione” on line, che dovrebbe surrogare il confronto, invece serio, con le parti sociali, è un puro espediente propagandistico.

So benissimo che si tratta di una cortina fumogena ad uso dei media per cercare di dare una qualche copertura “democratica” a scelte già prese e che ben difficilmente potranno essere condizionate da una “consultazione” on line.

Se intervengo, quindi, non è per prestarmi al gioco fingendo di crederVi ma per informare i parlamentari progressisti bergamaschi, che conosco e stimo e che hanno dato la fiducia al Vostro Governo.

Per quanto collocati in “copia conoscenza” essi sono, in realtà, i principali destinatari di questa mail.

Preciso che non sto chiedendo loro nulla se non un po’ di tempo e pazienza per la lettura di questa che è un’altra storia rispetto a quella raccontata dal Governo. Perchè sappiano ciò che sta accadendo e quando verranno chiamati in aula per dare il loro voto lo facciano con ancor più ampia cognizione di causa. Sarò lungo, e me ne scuso, ma l’argomento lo impone e la comunicazione seria sulle cose complesse non la si fa coi “tweet”.

Come segretario generale del Comune di Bergamo del quale, insieme a più di tremila altri dirigenti voi disponete l’abolizione, mi soffermo, ovviamente per primo, sul tredicesimo dei quarantaquattro punti che proponete, l’abolizione dei segretari comunali, appunto. E lo faccio perchè da sempre coltivo la serietà che impone di sviluppare i ragionamenti e i giudizi in materie in cui si è competenti. E’ una questione di onestà intellettuale oltre che, in questo caso, di legittima difesa di un ruolo a cui si sono dedicati anni di vita e di impegno professionale.

Ma veniamo al merito partendo dal modo in cui è stata formulata la vostra proposta di abolizione, collocandola nella sezione del documento denominata “il cambiamento comincia dalle persone”. Siamo in presenza di una messa in discussione delle persone, prima che del ruolo che esse esercitano, quasi rappresentassero una malattia da estirpare. Persone che si sono viste cestinare, in una sola asciutta riga, con una lettera resa nota il 1° maggio, festa del lavoro. Rottamare è più che mai la parola giusta in questo caso. La scelta della data poi, il 1° maggio, ha del sublime.

Dunque, il 1° maggio, i segretari comunali apprendono che nel processo di riordino della Pubblica Amministrazione “non si fanno le riforme della Pubblica Amministrazione insultando i lavoratori pubblici”, che il cambiamento comincia dalle persone” e che in quest’ottica occorre prevedere “l’abolizione della figura del segretario comunale“.

Lei Sig. Presidente del Consiglio in un’ intervista al Corriere della Sera dice di “scoprire che esiste un sindacato dei prefetti, e pure un’associazione dei segretari comunali: la sindacalizzazione ha portato anche a questo”. La sindacalizzazione? Da quale background culturale Le viene questo stile tatcheriano? Ma Lei non è anche il Segretario del più grande partito della sinistra italiana? Delle due l’una: o Lei pensa che i segretari comunali non siamo lavoratori, per cui mai sarebbe dovuto venire loro in mente di dare vita a sindacati e associazioni, o pensa che non tutti i lavoratori godano dei diritti sindacali (quindi magistrati e poliziotti sì, segretari comunali no). In passato, in qualità di datore di lavoro e controparte dei sindacati, spesso mi sono trovato a subire le rigidità sindacali e talvolta mi sono trovato in rotta di collisione con le organizzazioni sindacali ma c’è una siderale distanza da lì a disconoscerne il ruolo, come, con questa consultazione on-line si sta facendo. Siamo al ritorno all’ottocento più che all’innovazione rivoluzionaria. Pensi un attimo alla sproporzione delle forze in campo: il datore di lavoro maximo (il padrone della iconografia classica) comunica tramite un giornale nazionale ai propri dipendenti di voler chiudere baracca e burattini e, magnanimo, dice che questi possono scrivergli, escludendo però il ruolo di rappresentanza di quelle organizzazioni di categoria che, dal 1870 al 30 aprile di quest’anno, hanno costituito le principali forme di tutela dei lavoratori. Se questa è la cifra del suo riformismo puzza di antico, anzi di reazionario.

Ma non è tutto, c’è anche da parte Sua una palese falsificazione: Lei ha infatti rappresentato ad uso dei media un finto stupore nell’apprendere (criticandola) dell’esistenza di una associazione sindacale dei segretari comunali quando invece, prima in qualità di Presidente della Agenzia dei segretari comunali della Toscana e poi come componente del Consiglio di amministrazione della Agenzia nazionale per la gestione del loro albo, è stato seduto fianco a fianco con i rappresentanti della associazione sindacale dei segretari comunali amministrando la categoria insieme a loro.

Forse ha dimenticato tutto e quindi Le rinfresco un po’ la memoria su ruolo e funzioni del segretario comunale che Lei e la Ministra per la Funzione Pubblica volete eliminare.

Nei comuni medi e piccoli svolge le funzioni di avvocatura comunale a cui chiedere pareri e valutazioni giuridiche, di direzione con funzioni di coordinamento di tutto il personale, spesso ha responsabilità gestionali dirette oltre che svolgere i compiti tipici dei segretari dei grandi comuni: presiedere al sistema dei controlli preventivi e successivi interni assumere la responsabilità anticorruzione e di esecuzione di tutti gli obblighi di trasparenza oltre che avere vari ulteriori incarichi specifici conferitigli dai Sindaci.

Invece di far leva su improbabili consultazioni on-line perché non fa la cosa più semplice e intellettualmente onesta? Un interpello serio e diretto agli oltre 8000 sindaci del Paese, così, giusto per sentire cosa ne pensa chi con i segretari lavora ogni giorno. Anche se in realtà il parere dei Sindaci c’è già, lo trova nella seguente presa di posizione ufficiale dell’ANCI del 6 maggio 2014 La riforma della dirigenza di vertice e il rafforzamento delle figure apicali degli enti sono obiettivi che i Comuni auspicano. In particolare la revisione dello status dei Segretari comunali e’ un’urgenza rispetto alla quale l’Associazione ha presentato una proposta organica ai precedenti Governi, con l’obiettivo di dotare le Amministrazioni di una dirigenza forte. Se e’ irrinunciabile la figura del Segretario, e’ altrettanto vero che questa deve adeguarsi alle esigenze di una moderna amministrazione degli enti locali. Il Segretario quale figura dirigenziale apicale e di coordinamento della dirigenza, scelto sempre attraverso lo spoil system, e’ un primo passo in tal senso.

Vogliamo affidarci alla Sua consultazione open on-line o a quanto dice l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani? (non si preoccupi, non è un sindacato, e quindi è forse il caso che consideri con una certa attenzione ciò che dice).

“Vogliamo fare sul serio” affermate nel Vostro documento, Lei Sig. Presidente del Consiglio e la Sig.ra Ministra per la Funzione Pubblica. Per fare sul serio occorrono però comportamenti seri. Molti indizi invece inducono a ritenere che dietro questa svolta storica apparentemente sostenuta da un grande afflato riformista, anzi, rivoluzionario (almeno a giudicare dai propositi che fanno da cappello al documento), vi siano anche, o soprattutto, per quanto riguarda il caso specifico dei segretari comunali, motivi assai poco nobili, di cui vergognarsi per la loro prosaica e miserabile immanenza.

Per spiegarmi meglio metto in fila un po’ di singolari coincidenze.

Graziano Delrio, “renziano” di ferro è il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel Governo Renzi. Graziano Delrio è stato Sindaco di Reggio Emilia per molti anni e lì ha assunto (incarico fiduciario intuitu personae) un Direttore generale che lo ha affiancato per anni del suo mandato. Il Direttore generale si chiama Mauro Bonaretti che dapprima diviene Capo di gabinetto del Ministro per gli affari regionali, sempre Delrio, e quando quest’ultimo assume la carica di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, diventa altissimo dirigente dello Stato: segretario generale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Sotto di lui il triplo dei dipendenti del Cabinet office di David Cameron, tanto per citare un esempio in Europa e, sempre per intenderci sulle proporzioni: una volta e mezza tutti i segretari comunali di tutti i comuni italiani. Fin qui tutto bene, si fa per dire. Nonostante gli impegni di governo della poderosa macchina di cui è stato messo a capo (4.500 dipendenti contro i 965 del Comune di Reggio Emilia) il dott. Bonaretti resta autorevolissimo membro di ANDIGEL, associazione dei direttori generali degli enti locali di cui è stato Presidente, una categoria di dirigenti a contratto fiduciario a diretta dipendenza dei Sindaci, ridotta al lumicino dall’art. 2 comma 186 lett. d) della l. 23 dicembre 2009 n. 191 (finanziaria 2010) che ha disposto la soppressione della figura del direttore generale, tranne che nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti. Dopo questa norma la figura dei direttori generali, nata alla fine degli anni novanta per sdoppiare i vertici amministrativo-gestionali degli enti locali e ridimensionare quella “poco manageriale” del segretario comunale, sembrava giunta al capolinea con la definitiva prevalenza di quest’ultimo nella quasi totalità dei comuni italiani.

Ma ecco, appunto, arrivare al posto giusto chi può efficacemente lavorare per ribaltare la situazione, facendo leva magari su una certa insofferenza già diffusa in certi ambienti verso i segretari comunali. Alludo, altra singolare coincidenza, al “caso” città di LODI da molti mesi priva di segretario generale e il cui sindaco, in aperta e clamorosa violazione dell’art. 97 del Testo unico sull’ordinamento degli enti locali, rifiuta di nominarlo. Per la stessa cosa, pochi anni fa in una cittadina emiliana, il sindaco venne giustamente rimosso, con decreto del Ministero dell’Interno, per grave e persistente violazione di legge (art. 142 del Testo unico sull’ordinamento degli enti locali).

Forse perché non era il sindaco di LODI che può invece violare apertamente la legge senza conseguenze. Perché le cose a LODI vadano così potrebbe magari spiegarglielo l’Onorevole Guerini membro della segreteria nazionale del Partito Democratico, con il ruolo di portavoce che nel febbraio del 2014 ha affiancato il presidente del Consiglio incaricato Matteo Renzi e il ministro uscente Graziano Delrio nello svolgimento delle consultazioni per la formazione del nuovo governo. Il dott. Guerini è stato sindaco di LODI dal 2005 al 2012 quando si è dimesso per candidarsi al parlamento.

Ecco dunque, da questo poco edificante scenario, emergere un pezzo importante di verità, corroborata da una bella furbata. Infatti, è bene ricordare, che i segretari, scelti dai sindaci, incardinati nel mondo degli enti locali e da questi ultimi retribuiti sono però iscritti ad un albo professionale gestito oggi dal Ministero dell’Interno, dallo Stato quindi. Eliminare i segretari comunali significa scaricare allo Stato alcune migliaia di dirigenti che lo Stato non saprebbe dove collocare tenuto conto che gli organici dirigenziali statali sono per legge in contrazione non certo in espansione. Sig. Presidente e Sig.ra Ministra sicuramente non ignorate che l’art. 2 comma 1 lettera a) del D.L. 95/2012 convertito nella L. 135/2012 ha previsto una riduzione del 20% degli organici dirigenziali della P.A. statale e che sullo sfondo di questa norma vi è il piano predisposto dal Commissario Straordinario per la revisione della spesa pubblica che dichiara decine di migliaia di esuberi fra i pubblici dipendenti, almeno 85.000 unità al 2016. Riesce dunque assai difficile pensare che ammortizzatori come mobilità, riassorbimenti, prepensionamenti e via elencando possano risolvere il problema di esuberi generato dalla eliminazione dei segretari comunali. Non a caso al punto undici del vostro programma è richiamato il proposito di dar concreta attuazione al licenziamento dei dirigenti pubblici dopo due anni dalla perdita dell’incarico. L’istituto non è nuovo, esiste già. Per uno, due, dieci, cinquanta casi è descrivibile come sommatoria di eventi individuali, per mille o duemila è qualcosa di diverso. Per voi probabilmente si tratta di una sana sferza liberale verso chi, anziché coltivare l’illusione del posto sicuro, deve imparare a misurarsi con le eccitanti sfide competitive del libero mercato che tanto bene hanno fatto al nostro Paese nell’ultimo decennio.

Io la chiamo invece macelleria sociale.

Sarà forse un problema di divergenze lessicali.

Naturalmente ci sono anche modi più fantasiosi ed edulcorati di rappresentare e rappresentarsi la situazione, come quando la Ministra Madia, in un recente intervento sul massimo quotidiano economico nazionale, auspica fungibilità e osmosi della dirigenza fra pubblico e privato. Mi piacerebbe, gentile Ministra che qualche tecnico del Suo staff le spiegasse quali conseguenze avrebbe la cosa rispetto a questioni essenziali in tema di incompatibilità e anticorruzione. Mai sentito parlare di revolving doors? Provi a consultare il piano nazionale anticorruzione. E, sempre per rimanere sul massimo quotidiano economico nazionale che pubblica, venerdì 9 maggio, una Sua lettera in tema di dirigenti comunali, constato che lì si cerca di correggere un po’ il tiro ma ancora una volta la toppa è peggiore del buco. Lei fa infatti riferimento, per i segretari comunali, ad un orizzonte che guardi ad un forte potenziamento delle esperienze delle unioni comunali. Forse non l’hanno adeguatamente informata, ma la legge 56 del 2014, forse meglio nota come Legge Delrio, prevede la gratuità della funzione di segretario delle unioni di comuni. Se vuole posso darLe una mano di persona per una Sua miglior comprensione degli scenari, giusto per evitarLe, nel futuro, affermazioni imprudenti, tanto fra poco avrò molto tempo libero. La rassicuro subito sulle mie doti didattiche: sono state apprezzate per molti anni dagli studenti di Diritto pubblico della miglior Università di economia italiana (ho anche scritto qualcosina che potrei intanto mandarLe giusto così per una prima presa di cognizione della materia in tema di incompatibilità e conflitti di interesse. Mi faccia sapere)

L’altra faccia della furbata è evidente anche agli sprovveduti: con la eliminazione dei segretari comunali, scaricati allo stato ed in buona parte destinati al licenziamento, si aprirà negli enti locali un bel mercato di consulenze, giuridiche, gestionali e direzionali da affidare in modo rigorosamente fiduciario ad una “nuova” categoria di esperti, manager e direttori generali (per quanto riguarda i controlli interni, di legalità/legittimità, anticorruzione e di trasparenza, con le connesse esigenze di terzietà dei loro autori, si vedrà).

E’ il ricambio: il vecchio rottamato che lascia il posto al “nuovo”. Ma dove si è formato questo “nuovo”? Quali competenze può mettere in campo, e soprattutto di quali valori è portatore?

Si può sospettarlo ma non è dato saperlo finora.

Tocca a voi spiegarlo signor Presidente e signora Ministra.

Per me non è invece difficile spiegare quale patrimonio di cultura e competenze e quindi anche quale valore verrà dilapidato con questa improvvida operazione.

E sì perché qualcuno, ovviamente interessato, accredita la storiella del segretario comunale anacronistico burocrate inamovibile e dedito principalmente a ostacolare, coltivando cavilli, l’attività politico-amministrativa degli enti locali che altrimenti, se affidati a veri manager, diventerebbero destrieri al galoppo nutriti a biada di efficienza, efficacia ed economicità.

Se lo faccia spiegare invece, sig. Presidente del Consiglio, dagli ottomila sindaci italiani come stanno realmente le cose, ma non interpelli solo alcune prime donne, arrivi anche a quelli che per auto blu hanno l’apecar del cantoniere.

Io intanto posso fornirLe qualche anticipazione, ad esempio che l’età media degli iscritti all’albo è più bassa che negli altri settori del pubblico impiego, che da molti anni gli accessi all’albo sono in larga misura femminili (a proposito di parità di genere e di pari opportunità). Che per accedere all’albo occorre sostenere una difficile preselezione e un successivo esame di ammissione ad un master universitario (dapprima biennale e poi annuale per il taglio di fondi alla formazione) di alta specializzazione con ulteriore esame finale. Che economia e management sono le discipline prevalenti. Che per il passaggio in fascia alta dell’albo, e quindi per l’assunzione di incarichi in comuni di medie e grandi dimensioni, occorre il superamento di un ulteriore corso di alta specializzazione ancor più orientato sulle tecniche di gestione delle risorse umane, finanziarie e di management dei servizi locali. Che da numerosi anni a questa parte, quella che ha avuto accesso all’Albo dei segretari, ed è ormai prevalente, è la cosiddetta generazione Erasmus, per usare una espressione che Le è cara, Signor Presidente, formata da giovani che sanno più lingue, e fortemente motivati. Poi ci sono quelli come chi scrive, che hanno contribuito a formarli quei giovani, nella aule universitarie nelle altre numerose sedi di formazione specialistica, facendo ricerca e producendo papers tecnici e scientifici. E alla fine c’è anche chi non è all’altezza delle sfide attuali, come nelle altre professioni, nell’imprenditoria e in politica. Ma se non è all’altezza o non è gradito è costretto a cambiare mestiere, unico caso fra i dirigenti della pubblica amministrazione. Infatti i segretari comunali sono nominati dal Sindaco, scelti all’interno dell’Albo che ne garantisce competenze e preparazione, ma se non vengono scelti, dopo un biennio di permanenza nell’Albo, devono lasciarlo.

Mobilità e spoil system sono quindi già ben presenti, da diciassette anni nella vita professionale dei segretari comunali!

E questo conferma, se finora non fosse stato ancora chiaro, il vero senso e i fini della eliminazione: liberare in nome della “rivoluzione liberista” un consistente mercato di nuovi incarichi dirigenziali (ma senza più le garanzie di qualità e selezione fornite dall’Albo tranne quella della fedeltà personale), incarichi per i quali, come abbiamo visto, è forte portatrice di interesse una ristretta lobby dei suoi più vicini collaboratori. Ecco dunque profilarsi una “soluzione finale” con qualche prepensionamento (forse) qualche ricollocazione (tutta da verificare) e tanti scivoli verso il licenziamento, pardon: le sfide e le stimolanti opportunità del libero mercato.

Ora dovrei soffermarmi anche su altri punti fra le proposte Sue Sig. Primo Ministro e della Ministra Madia ma ben comprendo di essere già andato molto per le lunghe.

Mi limito dunque a considerare, peraltro in modo sommario e non esaustivo, alcune evidenti criticità.

La “licenziabilità” dei dirigenti pubblici in genere, peraltro già presente nell’ordinamento. Questa scelta individua un modello di Pubblica Amministrazione che sacrifica i benefici dell’autonomia e dell’indipendenza dei funzionari pubblici (al servizio della Nazione e reclutabili solo per concorso, recitano gli obsoleti artt. 97 e 98 della Costituzione) sull’altare dell’omologazione e della celerità d’azione. Che poi l’assenza di contrappesi interni e la presenza di yes men crei grossi problemi sul fronte della legittimità dell’azione e, di conseguenza contenziosi giudiziari, non è tenuto in conto.

La gestione associata dei servizi di supporto per le amministrazioni centrali e locali (ufficio per il personale, per la contabilità, per gli acquisti, ecc.)

L’idea è attraente. Il rischio enorme (si potrebbe dire “la certezza”) è che i tempi per l’acquisto dei beni e per l’erogazione dei servizi in genere diventino biblici.

La riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio (es. ragionerie provinciali e sedi regionali Istat) e riduzione delle Prefetture a non più di 40 (nei capoluoghi di regione e nelle zone più strategiche per la criminalità organizzata).

Non è chiaro se si pensi che le Prefetture abbiano un ruolo oppure no. Una diluizione così spinta ne vanificherebbe l’incisività e cesserebbero di costituire un riferimento per il territorio. Se si pensa, come l’attuale ordinamento prevede, di eliminare anche le corrispondenti Questure, in Piemonte, in Lombardia e in Veneto vi sarebbero Prefetto e Questore solo a Torino, Milano e Venezia. Un po’ poco no? Se invece si pensa di sganciare la presenza delle Questure dalle Prefetture il risultato sarebbe che la rappresentanza statale sul territorio sarebbe demandata alle sole Forze di Polizia. E’ il nuovo che avanza?

La modifica del codice degli appalti pubblici.

La vera “rivoluzione” consisterebbe nel tenere stabile ed assestata la disciplina, così da dare un minimo di certezze alle aziende ed alle amministrazioni appaltanti. Il Codice dei Contratti, ( D.Lgs. 12.4.2006, n. 163), ha subito 45 modifiche in 7 anni, con una media superiore a 6 modifiche all’anno (una ogni due mesi, laddove si dettano le regole per gli appalti, materia sensibile al contenzioso. L’incertezza dà spazio alle liti e le poche attività intraprese rallentano e si bloccano).

Giusto per apprezzare il valore rivoluzionario della stabilità, qualche dato:

– la disciplina del procedimento amministrativo ( L. 7.8.90, n.241) ha subito 29 modifiche in 23 anni, con una media di poco superiore a 1 modifica all’anno;

– il Testo Unico sull’edilizia, ( DPR 6.6.2001, n. 380), ha subito 21 modifiche in 12 anni, con una media di poco inferiore a 2 modifiche all’anno;

– il Testo Unico degli Enti Locali, approvato con D.Lgs. 18.8.2000, n. 267, ha subito 64 modifiche in 13 anni, con una media di circa 5 modifiche all’anno (una ogni due mesi e mezzo, per non parlare delle modifiche dell’Ordinamento che agiscono senza innovare il TUEL ma sovrapponendosi ad esso).

E questo spiega:

– perché per i dirigenti pubblici locali ed in particolare per segretari comunali le riforme e le rivoluzioni sono solo una routine mensile;

– perché non vi è certezza del diritto, che si traduce in copiosi incarichi agli avvocati e gran lavorio dei tribunali amministrativi e non;

– perché poi tutto va avanti a rilento, spingendosi faticosamente tra procedure continuamente riviste e frammentate, che spesso perdono ogni rigore logico.

Su altre questioni, pur meritevoli, non intervengo, perché per ragioni etiche non ritengo di dovermi esprimere su argomenti se non li padroneggio perfettamente. Non vorrei apparire un presuntuoso dedito a proporre ricette miracolose, superficiali o demagogiche.

Consentitemi ora, Sig. Presidente del Consiglio e Signora Ministra, di trarre qualche conclusione più politica.

E’ fuori discussione il valore positivo di una azione di governo, volta al taglio dei rami secchi, dei doppioni, degli sprechi e dei privilegi presenti nella pubblica amministrazione italiana. Essa però diventa una azione regressiva e reazionaria se anziché far leva su spinte etiche cerca il consenso nel rancore sociale che lievita in tempo di grave crisi economica nutrendosi anche del generalizzato e perciò qualunquistico disprezzo verso i pubblici dipendenti.

Da molte parti oggi, grazie a questo consenso malato, viene attaccato tutto l’apparato pubblico e quindi soprattutto i servizi che esso rende. L’obiettivo, per usare il lessico friedmaniano (ovviamente nel senso di Milton) è “affamare la bestia” dove la bestia sono lo Stato e la pubblica amministrazione, per generare di conseguenza la privatizzazione e la svendita di beni e servizi pubblici nonché la flessibilizzazione e precarizzazione del lavoro in ossequio al pensiero neoliberista che imperversa dall’ultimo ventennio del secolo scorso e le cui conseguenze economiche e sociali sono sotto gli occhi di tutti.

 

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