31/05/2016 – Dal Garante della Privacy premi automatici ai dipendenti – Basta la presenza per essere «produttivi»

Dal Garante della Privacy premi automatici ai dipendenti – Basta la presenza per essere «produttivi»

di Gianni Trovati

 

Alle 119 persone che lavorano dal Garante della privacy basta andare in ufficio per ottenere i “premi” di produttività, con la conseguenza abbastanza ovvia che la retribuzione di risultato finisce per essere «appiattita verso l’alto» e si trasforma in pratica in una voce «fissa e continuativa». 

A bacchettare la gestione del personale del Garante è la Corte dei conti, che nella sua relazione sui conti della privacy 2012-2015 (delibera 2/2016 della sezione centrale di controllo sulle amministrazioni dello Stato) mette in fila tutti gli eccessi di generosità nella gestione delle risorse umane dell’Autorità: generosità, va detto subito, che la Privacy condivide con altre Autorità indipendenti.

Fino a 196mila euro

Gli stipendi del garante sono parametrati a quelli dell’Antitrust e dell’Autorità sulle comunicazioni, rispetto ai quali valgono il 20% in meno. Tradotto in euro significa che, dopo il taglio imposto dal decreto Madia del 2014, la busta paga dei dirigenti può arrivare a 195.673,26 euro lordi all’anno, quella dei funzionari può spingersi a quota 125.021,27 euro mentre per il «personale operativo» si arriva fino a 53.425,38, a cui si aggiungono 4.063 euro di premio minimo.

Basta la presenza

Ma più degli importi, è il modo con cui vengono distribuiti a sollevare le obiezioni della Corte dei conti. Sulla carta, i meccanismi sono raffinatissimi, al punto che i dirigenti in servizio sono 15, ma i livelli stipendiali possibili sono addirittura 51. Quando si passa alla pratica, però, molte componenti della busta paga si rivelano variabili di nome ma non di fatto. La retribuzione «di posizione», che dovrebbe pagare «specifiche responsabilità» e la «complessità dell’incarico», è praticamente uguale per tutti, e quella di risultato si divide in due: il 75% viene dato in base ai risultati complessivi dell’ufficio, e l’altro 25% per l’«assiduità» (cioè il fatto di presentarsi in ufficio) e la «qualità» della prestazione individuale. Quest’ultima voce, che dovrebbe rappresentare il cuore dei premi, non ha in realtà una «quantificazione autonoma», con la conseguenza che i premi si trasformano in voce praticamente «fissa» e secondo la Corte violano la riforma Brunetta. 

Aumenti a rischio

Lo stesso accade per i funzionari, ma qualcosa non va anche per il «personale operativo». Nel 2015 l’Authority ha riconosciuto gli effetti economici delle “promozioni” maturate nel 2011-2014, concedendosi una deroga al blocco generale degli stipendi pubblici che secondo i magistrati è infondata. Di qui la richiesta di valutare la «sospensione» degli aumenti, almeno fino a quando il quadro delle regole non si chiarisce del tutto cancellando il rischio che le somme pagate oggi vadano restituite domani.

 
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