30/12/2020 – Split payment, per lo scomputo Iva è necessaria una nota di accredito

Con la risoluzione n. 79/E del 21 dicembre 2020, l’Agenzia delle entrate chiarisce che nel caso in cui una Pubblica amministrazione, nel caso specifico una Provincia, abbia effettuato nell’ambito di contratti pubblici maggiori versamenti Iva in base allo split payment (articolo 17-ter del Dpr. 633/1972), in assenza di emissione di una nota di variazione in diminuzione da parte del fornitore (articolo 26 del Dpr n. 633/1972) non potrà computare i maggiori esborsi a scomputo dei successivi versamenti Iva da effettuare nell’ambito del meccanismo della scissione dei pagamenti.

La Provincia, in tal caso, potrà recuperare i maggiori versamenti Iva presentando all’Amministrazione finanziaria un’istanza di rimborso (articolo 21, comma 2, del Dlgs n. 546/1992), provando che:

  • l’Iva versata a fronte della fattura ricevuta e richiesta a rimborso non sia effettivamente più dovuta e che sussiste una fattispecie di pagamento indebito oggettivo o di arricchimento senza causa da parte dell’amministrazione finanziaria in relazione a tale versamento
  • il cedente/fornitore non può più emettere nota di variazione, ai sensi dell’articolo 26 del decreto Iva.

L’istante chiedeva se, nell’ambito di contratti stipulati con le imprese fornitrici che non provvedono a emettere nota di accredito in restituzione dell’anticipazione a mezzo escussione della fideiussione, sia possibile recuperare l’Iva versata in regime di split payment in sede di pagamento della fattura di anticipazione mediante scomputo dei successivi versamenti Iva.

L’Agenzia, nel formulare la risposta, ricorda in primo luogo l’articolo 17-ter del Dpr n. 633/1972, introdotto dalla legge di stabilità 2015, secondo cui “Per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di amministrazioni pubbliche, come definite dall’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni e integrazioni, per le quali i cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia d’imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze”.

Con le circolari n. 1/2015, n. 15/2015 e n. 27/2017, inoltre, è stato chiarito che nell’ipotesi in cui il fornitore, emetta una nota di variazione in diminuzione, se si riferisce a una fattura originaria emessa in regime di split payment, la stessa dovrà essere numerata, indicare il totale della variazione e della relativa imposta e fare esplicito riferimento alla fattura originaria.

Di conseguenza, la Pubblica amministrazione committente o cessionaria:

  • nell’acquisto in ambito commerciale, dovrà provvedere alla registrazione di tale nota nel registro “Iva vendite”, oltre alla contestuale registrazione nel registro “Iva acquisti”, al fine di stornare la parte di imposta precedentemente computata nel debito e rettificare l’imposta detraibile
  • nell’acquisto in ambito istituzionale, in relazione alla parte d’imposta versata in eccesso, rispetto all’Iva indicata nell’originaria fattura, potrà computare tale maggior versamento a scomputo dei successivi versamenti Iva da effettuare nell’ambito dello split payment.

Se il fornitore non emette la nota di variazione in diminuzione, come nel caso in esame, l’istante Provincia non potrà computare maggiori versamenti dell’imposta a scomputo dei successivi versamenti Iva da effettuare nell’ambito del meccanismo della scissione dei pagamenti e per recuperare l’Iva dovrà presentare l’istanza di rimborso. La soluzione proposta dall’Agenzia scaturisce dal particolare meccanismo dello split payment, in base al quale le pubbliche amministrazioni committenti-cessionarie, anche se non sono debitori di imposta, sono i soggetti tenuti a versare all’erario l’Iva addebitata dai loro fornitori.

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