30/11/2017 – Se 291 son veramente pochi

Se 291 son veramente pochi 

 

Si dice che UNSCP abbia accolto con grida di giubilo la notizia secondo cui il Consiglio Direttivo dell’Albo ha approvato un nuovo COA (il VI della serie), per assumere 291 nuovi Segretari!

Confesso che ignoro i criteri che hanno determinato tale numero.

Presumo che per loro (l’ex Agenzia) non valgano le regole che ammorbano noi, con ridicoli calcoli di resti e medie, che fanno della ricognizione del fabbisogno un rompicapo da settimana enigmistica più che un serio atto di programmazione.

Mi suona strano quel numero dispari; quell’uno che poco senso ha. Anche in questo ci distinguiamo.

Ma non è questo il punto, ovviamente.

L’ultimo COA fu bandito (non solo annunciato) nell’ormai lontano 2009 (ved. G.U., IV serie speciale del 6.11.2009).  Il bando prevedeva la selezione di 260 borsisti, per la successiva iscrizione all’albo di 200 segretari.

La storia è nota. L’iscrizione all’Albo è avvenuta, dopo tante traversie e sollecitazioni, nel luglio 2016, ossia ben sette anni dopo l’avvio della procedura. E’ vero che si è trattato di un caso “patologico” ma è un precedente che deve far riflettere.

Se proiettiamo quella fattispecie al presente, significa che, se venisse pubblicato il bando domani, l’iscrizione all’albo (ammesso che ci sarà ancora) dei nuovi assunti dovrebbe avvenire tra il luglio e l’agosto del 2024.

Anche a voler ipotizzare addirittura un ottimistico dimezzamento dei tempi (dagli 80 mesi del COA V ad un più ragionevole termine di 40 mesi per il COA prossimo venturo) l’iscrizione – sempre supponendo che il bando venga pubblicato domani – non avverrà prima della primavera del 2021.

Ricordiamo sempre che un SEFA o uno SPES, che pure sono solo corsi di specializzazione, riguardanti alcune decine di persone già in ruolo, e non diverse migliaia come nel caso del corso-concorso, durano mediamente 15/18 mesi!

C’è da esultare per simili prospettive?

Facciamo parlare i numeri, per capire come siamo conciati.

Nel 1997, quando – dopo la riforma Bassanini – venne istituito l’albo (cfr. G.U. Supplemento Ordinario alla serie generale n. 208 del 6.09.1997), risultammo iscritti in circa 5.500. Non essendoci la zavorra degli iscritti pro forma, che si è creata con proprio con l’istituzione dell’Albo ma, derivando quegli iscritti da gente che era già tutta sul campo, quei 5.500 erano, salvo eccezioni molto sporadiche, segretari effettivi.

Oggi nell’albo risultano iscritti poco più di 3.000 segretari, ma con una “zavorra” significativa di meri iscritti o di iscritti pro forma (es., nel caso del cognome Rossi, sono dieci presenti nell’albo ma due- ossia il 20% – risultano semplicemente “iscritti”).

 In venti anni la categoria si è ridotta del 44% (-2,2% annuo) ossia si è praticamente dimezzata. Per capirci meglio, sarebbe come se dagli attuali 3.150.000 dipendenti pubblici si arrivasse, tra venti anni, a 1.720.000! Per capirci ancora meglio, negli anni della grande crisi (2009/2015), quando il turn over è stato largamente bloccato, nella PA si sono persi “appena” 236.000 unità (- 1,05% annuo, meno della metà del tasso di mancata sostituzione dei segretari).

Assodato che il numero delle sedi non è sostanzialmente mutato (non rilevano le poche decine di fusioni tra comuni intervenute dal 1997 ad oggi), la categoria ha registrato una emorragia incredibile.

Tanto più significativa se si considera di quanto sia diventato più gravoso il lavoro. Rispetto al 1997, a sostanziale parità di sedi, sono cresciute a dismisura le incombenze, gli adempimenti e le responsabilità. Semmai, oggi, ci sarebbe bisogno di più e non di meno segretari.

Di qui al 2021/2022, quando forse andrà in porto il COA 6, la categoria, per una dinamica inarrestabile, si sarà ancora ulteriormente e sensibilmente assottigliata, scendendo ampiamente sotto le 3.000 unità e forse anche sotto le 2.500.

Abbiamo ascoltato dalla viva voce di Di Primio che il fabbisogno attuale sarebbe già di almeno 800 unità… Di qui all’immissione dei nuovi coa, stando ad un ragionevole tasso di cessazioni annuale di 200 unità, nel 2022 il fabbisogno sarà raddoppiato.

Quindi questo corso – concorso (ancora da indire) si risolverebbe in un palliativo in articulo mortis; sarebbe come fare una tardiva trasfusione ad un malato in stadio ormai irreversibile.

Qualcuno spera che possa venire in soccorso la ridefinizione istituzionale derivante dalle gestioni associate ex art. 14, commi 27 e ss., del DL 78/2010.

Ma questa sembra una aspettativa da waiting for Godot. Intanto sono ormai 8 anni che si attende una maturazione che, alle condizioni date, non sembra poter arrivare, tanto che sta per essere varata l’ennesima proroga. Ma poi quella ipotesi istituzionale non sopprime necessariamente le sedi.

La crisi della categoria passa anche (forse soprattutto) da questi numeri, che descrivono una situazione ormai insostenibile, mascherata appena da chi accetta convenzioni monstre, supplenze e reggenze a gogo, che sviliscono ulteriormente e sempre più la dignità e la credibilità del mestiere.

L’alternativa resta sempre la stessa: o una radicale rifondazione o una ragionevole “messa in liquidazione”.

In ogni caso, il quadro che abbiamo difronte – e si tratta di numeri, non di opinioni – dovrebbe sollevare più preoccupazioni che soddisfazioni.

Ma si sa, dalle parti di UNSCP si consolano con poco; con sempre meno.

 

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