30/05/2018 – Il contratto di tesoreria rientra tra le concessioni di pubblici servizi ma spetta al G.O. la corretta interpretazione delle clausole convenzionali

Il contratto di tesoreria rientra tra le concessioni di pubblici servizi ma spetta al G.O. la corretta interpretazione delle clausole convenzionali

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone

 

Un comune aveva proceduto all’affidamento del servizio di tesoreria ponendo a base d’asta un compenso annuo pari allo 0,80% rapportato al volume di tutte le entrate di cui al I, II, III Titolo e tutte le spese di cui al I Titolo dell’ultimo rendiconto approvato, escluse le partite di giro. Il contratto di tesoreria comunale veniva affidato ad una società che si aggiudicava il servizio offrendo un ribasso d’asta del 2% rispetto al compenso posto a base di gara. Per tutto il rapporto di tesoreria, tuttavia, il concessionario nulla richiedeva del suo compenso annuo al Comune ma, alla scadenza del contratto, emetteva fattura per i compensi dovuti nei circa dieci anni del servizio gestito. In considerazione del mancato pagamento del corrispettivo, il concessionario emetteva decreto ingiuntivo in forza della convenzione stipulata. Avverso il citato decreto ricorre il Comune in opposizione contestando la debenza della somma richiesta ed eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in favore del giudice amministrativo, per le seguenti motivazioni: a) la convenzione di tesoreria rientra nell’ambito delle concessioni di pubblico servizio; b) appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi; c) nel caso di specie si è in presenza del mancato rispetto degli obblighi del tesoriere con riferimento ai propri doveri specifici di concessionario, giacché il concessionario avrebbe dovuto rappresentare sin dall’inizio la situazione contabile nei rapporti dare-avere che andava determinando. Si difende la società concessionaria precisando che, al contrario, si è in presenza di un contratto di servizio e non di concessione e che la posizione giuridica soggettiva, azionata dal tesoriere dinanzi al giudice ordinario, è di diritto soggettivo e riguarda la fase esecutiva del contratto.

Le indicazioni della Suprema Corte

Premettono, i giudici di Piazza Cavour aditi, in merito al regolamento preventivo di giurisdizione, come vada chiarito che il contratto di tesoreria deve essere qualificato in termini di rapporto concessorio, avendo ad oggetto la gestione del servizio di tesoreria comunale implicante il conferimento di funzioni pubblicistiche, quali il maneggio di danaro pubblico e il controllo di regolarità sui mandati e prospetti di pagamento nonché sul rispetto dei limiti degli stanziamenti in bilancio: le relative controversie appartengono pertanto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, quali controversie relative a concessioni di pubblici servizi, allorquando implichino indagini e statuizioni sulla validità o sulla operatività di provvedimenti e di clausole del rapporto concessorio. Sono, invece, attribuite al giudice ordinario le controversie indennità, canoni ed altri corrispettivi.

Nel caso di specie, l’oggetto del contendere riguarda corrispettivo spettante ad un’impresa affidataria del servizio di tesoreria comunale il quale, rappresentando un corrispettivo per la gestione del rapporto concessorio, esula dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e ricade in quella del giudice ordinario. D’altra parte, il Comune, nella presente controversia non contesta la concessione, né la validità delle sue clausole in rapporto al modo in cui l’ente pubblico è tenuto ad operare e ad esercitare i propri poteri concessori, bensì esclusivamente la misura del corrispettivo contrattualmente spettante al tesoriere comunale. Al fine di poter correttamente definire la controversia, il plesso munito di giurisdizione dovrà procedere all’interpretazione della clausola contenuta nella convenzione, definirne la portata applicativa, stabilendo se il compenso sia stato previsto in misura variabile, calcolata sull’ultimo rendiconto approvato, ovvero in una somma fissa, ancorata all’ultimo rendiconto approvato prima dell’affidamento della concessione del servizio, valutando se si debba fare riferimento alle sole entrate e alle spese di competenza o a tutte le entrate e alle spese, sia di competenza che di cassa. Tali attività, non implicano alcun accertamento (in via principale e non meramente incidentale) del contenuto e della disciplina del rapporto di concessione, né tanto meno si risolve in una valutazione sul modo in cui la pubblica amministrazione si è avvalsa della facoltà di adottare strumenti negoziali in sostituzione dell’esercizio diretto del proprio potere autoritativo. Nel caso di specie, quindi, la domanda fatta valere in via monitoria dal tesoriere riguarda il pagamento di corrispettivi asseritamente dovuti, vale a dire proprio uno di quegli aspetti patrimoniali dalle vigenti norme di riparto giurisdizionale espressamente sottratti, in materia di concessioni, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Conclusioni

In conclusione, secondo la Suprema Corte, il caso oggetto di controversia ricade pienamente in quell’ambito che il legislatore ha riservato alla giurisdizione ordinaria con riguardo alle controversie non involgenti l’esercizio da parte del concedente di poteri autoritativi ed aventi ad oggetto la debenza e la misura del corrispettivo dovuto al concessionario del pubblico servizio

Cass. civ., Sez. Unite, Ord., 27 aprile 2018, n. 10270

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