30/01/2019 – Associazioni di volontario e affidamento del servizio 118: illegittimo il rimborso forfetario mensile

Associazioni di volontario e affidamento del servizio 118: illegittimo il rimborso forfetario mensile

di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista

Il TAR della Puglia, con la sentenza n. 48, dell’11 gennaio 2019, accoglie il ricorso di alcune associazioni di volontariato nei confronti di una azienda sanitaria; per i giudici amministrativi il rimborso forfetario mensile delle spese sostenute, contenute nel disciplinare di gara per l’affidamento del servizio 118, sono illegittime perché vietate del Codice del terzo settore, di cui al D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117.

Il contenzioso amministrativo

Con una propria delibera dell’ottobre 2018, una Azienda sanitaria locale indiceva procedura comparativa, ai sensi degli artt. 56 e 57D.Lgs. n. 117 del 2017, per l’affidamento annuale di 18 postazioni di ambulanza e una postazione di automedica del servizio di emergenza territoriale 118; la partecipazione era riservata alle sole associazioni di volontariato.

Con tale deliberazione venivano approvati gli atti di gara (bando, capitolato speciale, schema di convenzione, elenco del personale per la clausola sociale; DUVRI; DGUE; dichiarazioni integrative DGUE; schema offerta tecnica).

La procedura per cui è causa si componeva di 19 lotti (di cui 18 di ambulanza ed uno di automedica), il tutto per un importo complessivo di oltre 4 milioni e mezzo di euro .

Alcune associazioni di volontariato insorgevano avverso la procedura, sostenendo l’immediata lesività della lex specialis di gara contenente clausole escludenti.

Con riferimento alla parte che interessa il presente commento tra le modificazioni del ricorso vi era la prospettazione di parte ricorrente che il bando di gara sarebbe illegittimo nella parte in cui contempla per le associazioni di volontariato assegnatarie un rimborso spese forfettario mensile in violazione delle disposizioni del nuovo codice del Terzo Settore cui è assoggettata ratione temporis la procedura di gara per cui è causa; la previsione di rimborsi forfettari automatici e fissi in favore degli enti partecipanti comporterebbe l’impossibilità per le associazioni di volontariato di giustificare somme ricevute in misura maggiore al di fuori delle spese effettivamente sostenute e documentate; in tal modo l’associazione di volontariato sarebbe esposta all’inevitabile conseguenza di percepire tali somme non già come rimborso spese, bensì quale compenso, con consequenziale acquisizione di un’impropria finalità di lucro implicante la perdita della qualifica di associazione di volontariato; il meccanismo del rimborso forfettario automatico di cui all’art. 5 del bando comprometterebbe l’osservanza del principio della effettività dei rimborsi cui si dovrebbe ispirare l’attività delle associazioni di volontariato, essendo ammissibile unicamente la rifusione sulla base delle spese realmente sostenute.

L’analisi del TAR

I giudici amministrativi evidenziano che la difesa dell’ASL sostiene che la censura in esame si fonderebbe sull’erronea convinzione secondo cui le associazioni ricorrenti dovrebbero obbligatoriamente percepire il rimborso massimo previsto dalla lex specialis, pur contemplando il contestato art. 5 del bando espressamente un limite massimo di rimborso, e non già un rimborso obbligatorio e fisso in tale misura.

Il TAR evidenzia che in realtà il disciplinare di gara in più punti contempla, diversamente da quanto sostenuto da parte dell’ASL resistente, un rimborso forfetario definito espressamente come “fisso” e quindi automatico, in evidente violazione del quadro normativo emergente da una corretta disamina del D.Lgs. n. 117 del 2017, ratione temporis , applicabile alla procedura di gara per cui è causa.

I giudici amministrativi osservano che la difesa della ASL ritiene che le ricorrenti non avrebbero fornito alcuna dimostrazione dell’asserita lesività del disciplinare di gara , vale a dire non avrebbero provato che il rimborso ivi previsto potrebbe consentire la percezione di somme maggiori rispetto a quelle occorrenti a coprire i costi del servizio. Secondo la prospettazione di parte resistente le associazioni istanti temerebbero la lesione in termini del tutto ipotetici.

E’ stato, tuttavia, già evidenziato che la chiara previsione del disciplinare di gara di un rimborso in misura fissa in evidente violazione del D.Lgs. n. 117 del 2017 (artt. 1733 e 56) comporta il concreto rischio per le associazioni di perdere la loro qualifica, alla stregua della disciplina normativa vigente, con consequenziale effetto escludente dall’iter comparativo.

Secondo la difesa della ASL, la prima censura sarebbe inammissibile anche perché intrinsecamente contraddittoria, essendo il criterio di rimborso previsto dalla delibera di Giunta Regionale e dal bando per cui è causa il medesimo , sulla base del quale le quattro associazioni ricorrenti vengono da anni rimborsate per la gestione delle postazioni 118 di cui sono tuttora affidatarie.

A tal riguardo, rileva il TAR che gli affidamenti richiamati da parte resistente risalgono ad un periodo (2013-2014) antecedente rispetto all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 117 del 2017 (ratione temporis applicabile alla procedura per cui è causa) e quindi non possono essere sintomatici di un atteggiamento contraddittorio delle associazioni ricorrenti.

Come correttamente evidenziato da parte ricorrente con il primo motivo di gravame, la lex specialis di gara in più punti contempla un rimborso forfettario mensile fisso in misura massima, in evidente violazione delle innovative disposizioni del D.Lgs. n. 117 del 2017, ratione temporis applicabili alla procedura in questione , che viceversa impongono in via esclusiva il rimborso sulla base delle spese effettivamente sostenute dagli enti no profit.

La normativa nel settore del non profit

In relazione all’argomento del presente commento l’art. 17, comma 3, D.Lgs. n. 117 del 2017 (cd. Codice di riforma del terzo settore) prevede: “L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere rimborsate dall’ente del Terzo settore tramite il quale svolge l’attività soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata, entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente medesimo. Sono in ogni caso vietati rimborsi spese di tipo forfetario”.

L’art. 33, comma 2, D.Lgs. n. 117 del 2017 , così dispone:

“Per l’attività di interesse generale prestata le organizzazioni di volontariato possono ricevere, soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, salvo che tale attività sia svolta quale attività secondaria e strumentale nei limiti di cui all’art. 6“.

L’art. 56, comma 2, D.Lgs. n. 117 del 2017, infine, statuisce che “Le convenzioni di cui al comma 1 possono prevedere esclusivamente il rimborso alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale delle spese effettivamente sostenute e documentate”.

Le conclusioni del TAR

I giudici amministrativi ritengono, alla luce delle riforma del terzo settore, che le argomentazioni delle associazioni ricorrenti sono corrette.

Con riferimento , inoltre, al fatto che le associazioni interessate lamentano che la clausola sociale prevista nel bando di gara sarebbe in contrasto con l’art. 33, comma 1, D.Lgs. n. 117 del 2017, secondo cui “il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari” , rileva quanto segue.

Sostiene parte ricorrente che, dovendo ogni postazione essere dotata di 12 unità e considerato che su talune delle postazioni oggetto di affidamento sono attualmente in servizio più di sei lavoratori dipendenti, l’applicazione della clausola sociale comporterebbe la violazione della norma su richiamata.

La censura è infondata, essendo evidente che la disposizione invocata, nella parte in cui reca il limite del cinquanta per cento, fa riferimento ai “lavoratori impiegati nell’attività”, vale a dire nell’attività complessivamente svolta dall’associazione, e non nel singolo servizio.

Pertanto, il limite che le ricorrenti riferiscono atomisticamente alla singola convenzione concerne invece la complessiva attività svolta dall’associazione, sicché la doglianza non è meritevole di positivo apprezzamento.

In ogni caso, quand’anche si accedesse alla non condivisibile interpretazione della previsione normativa in esame sostenuta dalle istanti, ben potrebbero più associazioni partecipare alla procedura costituendo un raggruppamento temporaneo, in modo da ripartire gli obblighi assunzionali contemplati dalla clausola sociale.

La censura è comunque inammissibile atteso che, come si evince dal verbale di gara del dicembre 2018, le quattro associazioni ricorrenti concorrono per l’affidamento di postazioni – delle quali sono peraltro già titolari -, cui è preposto personale dipendente in misura sempre inferiore a 6 unità.

Tale censura, pertanto – oltre che infondata – è inammissibile per difetto di interesse, atteso che presso tutte le postazioni per le quali le ricorrenti hanno presentato domanda di partecipazione sono sempre preposti meno di sei lavoratori dipendenti, con la conseguenza che in concreto non vi sarà mai violazione della soglia di cui all’art. 33, comma 1, D.Lgs. n. 117 del 2017.

E’, altresì, infondato il secondo profilo di censura, con il quale si sostiene che l’Azienda avrebbe inteso imporre alle affidatarie del servizio l’assunzione a tempo indeterminato del personale destinatario della clausola sociale, ai sensi dell’art. 25L.R. n. 25 del 2007, “ignorando patentemente [la] declaratoria di illegittimità costituzionale” (Corte cost. n. 68 del 2011).

In conclusione il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, definitivamente pronunciando sul ricorso, accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

T.A.R. Puglia, Bari, 11 gennaio 2019, n. 48

Artt. 17, comma 333, comma 256, comma 2D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117 (G.U. 2 agosto 2017, n. 179, S.O.)

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