29/09/2018 – Quando il Vicesindaco può richiedere pareri in materia di contabilità pubblica alla Corte dei conti

Quando il Vicesindaco può richiedere pareri in materia di contabilità pubblica alla Corte dei conti

di Cristina Montanari – Responsabile dell’Area Finanziaria-Tributi del Comune di Albinea e Responsabile Servizio Gestione Crediti dell’Unione dei Comuni Colline Matildiche

A fronte di un’istanza di parere formulata ai sensi dell’art. 7, comma 8, L. 5 giugno 2003, n. 131, la Corte dei conti-Lombardia, con delibera n. 236 del 12 settembre 2018, evidenzia che l’organo istituzionalmente legittimato ad inoltrare tali richieste è il Sindaco, in quanto rappresentante dell’ente territoriale ai sensi dell’art. 50D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267; il Vicesindaco, di conseguenza, può richiedere detto parere solo nella misura in cui rivesta il ruolo di rappresentante dell’ente ai sensi del combinato disposto degli artt. 50 e 53 del TUEL.

Al riguardo, è necessario precisare che l’attività consultiva svolta dal magistrato contabile è destinata a dispiegare i suoi effetti sulla linea di condotta amministrativa dell’Ente richiedente; ne discende la necessità che la richiesta sia espressione di una chiara volontà dell’Amministrazione, con la conseguenza che non potranno essere prese in esame istanze provenienti da soggetti non rappresentativi dell’Ente, ancorché investiti di compiti amministrativi aventi rilevanza esterna, ovvero di organi interni di controllo; scelta, peraltro, di natura squisitamente istituzionale, che non preclude né sminuisce il ruolo e la funzione degli organi di vertice tecnico-amministrativi dell’Amministrazione, ed anche al fine di evitare il rischio di una disorganica pluralità di richieste provenienti dalla medesima p.a.

Atteso che referenti della Corte sono gli organi assembleari elettivi, o, quanto meno, gli organi titolari del potere d’indirizzo politico-amministrativo, ovvero i massimi responsabili dell’Amministrazione, limitazione posta in considerazione della natura delle attribuzioni di competenza di detti organi, è fuor di dubbio pertanto, e costituisce ormai jus receptum, che l’Autorità politica di vertice dell’Ente interessato, quindi il Sindaco (o il Vicesindaco), ovvero il Presidente della Provincia, piuttosto che il Presidente della Regione, quale capo dell’Amministrazione a cui, oltre alla rappresentanza unitaria dell’Ente, spetta il compito di sovrintendere al funzionamento degli uffici e dei servizi, possa considerarsi legittimato a richiedere, con propria autonoma decisione, la pronuncia consultiva della Corte, senza che occorra al riguardo una preventiva delibera d’autorizzazione della Giunta o del Consiglio.

La richiesta di parere, dunque, dev’essere sottoscritta dal Presidente della Regione, dal Sindaco o dal Presidente dell’Amministrazione provinciale e, nel caso di pareri richiesti dal Consiglio regionale o dai Consigli provinciali o comunali, dai rispettivi presidenti, poiché esclusivamente i rappresentanti degli enti possono ritenersi abilitati a promuovere l’attività consultiva della Corte, quali massimi responsabili dell’amministrazione della Regione, del Comune e della Provincia, o del funzionamento dei rispettivi consigli; è poi stato ulteriormente precisato che la richiesta, da parte di tali soggetti, è da accogliere ancorché la sottoscrizione non sia per esteso, ovvero sia illeggibile.

Quanto premesso, e sulla scorta dei pronunciamenti finora espressi sul tema, può ricavarsi che anche il Vicesindaco è soggetto legittimato a richiedere parere, in quanto rappresentante dell’Ente ex artt. 50 e 53 del TUEL, ma solo quando operi in qualità di vicario del Sindaco, dunque quale organo-persona fisica stabilmente destinato ad esercitare le funzioni del titolare in ogni caso di sua mancanza, assenza o impedimento; conseguentemente:

– laddove il Vicesindaco non sottoscriva la richiesta “per il Sindaco”, ovvero non abbia operato in qualità di vicario di quest’ultimo, ma in qualità di Vicesindaco/Assessore del Comune istante, la richiesta non può essere accolta;

– al contrario il Vicesindaco, sottoscrivendo la richiesta “per il Sindaco”, ovvero dichiarando l’indisponibilità del Sindaco, significa di operare in qualità di vicario di quest’ultimo e, in tal caso, nulla osta a riconoscerne la piena legittimazione a richiedere, nell’esercizio delle funzioni vicarie, i pareri cui trattasi alle competenti Sezioni Regionali della Corte dei Conti.

Laddove l’esercizio della facoltà di cui all’art. 7L. n. 131 del 2003, sia esercitato da soggetto che agisce “per il Sindaco”, è necessario che nella richiesta sia individuato il sottoscrittore, atteso che:

– il Sindaco, nelle sue funzioni ed ancor più in quella di rappresentanza dell’ente, può essere sostituito dal Vicesindaco, in caso di sua assenza o temporaneo impedimento;

– in caso di firma “per il Sindaco”, per la legittimità della provenienza dell’atto è necessario che sia dichiarata la qualità dell’autore della sottoscrizione, e cioè la qualifica di Vicesindaco, nonché la circostanza che autorizza la sostituzione del titolare della funzione.

Ad ogni buon conto, nei precedenti della Corte è stata rilevata la diversità delle situazioni contemplate dai commi 1 e 2 dell’art. 53 del TUEL:

– nel primo caso si è in presenza di un esercizio delle funzioni vicarie che si concretizza in una vera e propria reggenza a seguito di eventi di particolare rilievo (impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso);

– diversamente, nel secondo comma, sono disciplinate fattispecie in cui si verifica una sostituzione temporanea (o supplenza) dell’organo per eventi sostanzialmente fisiologici.

Solo in caso di comprovato esercizio di funzioni cosiddette “vicarie” è possibile considerare ammissibile soggettivamente l’istanza sottoscritta dal Vicesindaco, in quanto, in tal caso, organo munito di rappresentanza legale esterna; diversamente, la richiesta di parere dev’essere dichiarata inammissibile sotto il profilo soggettivo, in quanto presentata da un soggetto privo d’idonea legittimazione, restando assorbita ogni altra valutazione.

A tal fine, le circostanze che impediscono l’esercizio della funzione da parte del Sindaco devono essere indicate in modo espresso nella richiesta di parere sottoscritta dal Vicesindaco, per poterla effettivamente imputare all’organo vicario di quello legittimato, ex art. 53 del TUEL; quindi, se dalla richiesta di parere non si è in grado di stabilire il nominativo della persona che ha sottoscritto ed ancor più, qual è decisivo, la sua qualifica amministrativa, e la circostanza che la abilita alla sostituzione del Sindaco, non è dubbio che non risultano osservate le condizioni affinché la richiesta di parere avanzata possa ritenersi proveniente dal legittimo rappresentante dell’Ente, venendo così a mancare il requisito soggettivo per il suo ulteriore esame.

In conclusione, ove l’esercizio di funzioni “vicarie” da parte del Vicesindaco non risulti comprovato nell’istanza di parere (ad esempio, prospettando genericamente l'”assenza” dell’Organo titolare), la richiesta ex art. 7, comma 8, L. n. 131 del 2003, va dichiarata inammissibile.

Al riguardo, giova ricordare precedente parere (Corte dei conti-Lombardia, delibera 30 marzo 2015, n. 161), che ha dichiarato soggettivamente inammissibile la richiesta di parere sottoscritta dal Vicesindaco, il quale precisa che il Sindaco si trova all’estero per ragioni professionali inerenti alla sua attività lavorativa, trattandosi di fattispecie non riconducibile alle ipotesi di cui al comma 1, art. 53del TUEL.

Corte dei conti-Lombardia, Sez. contr., Delib., 12 settembre 2018, n. 236

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