29/03/2018 – Infortunio dovuto alla cattiva manutenzione della strada: il Comune tenuto a risarcire il danno

Infortunio dovuto alla cattiva manutenzione della strada: il Comune tenuto a risarcire il danno

di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista

 

La scarsa manutenzione di una strada comunale comporta la responsabilità del Comune; la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6034 del 13 marzo 2018, ha condannato l’ente locale al risarcimento del danno nei confronti di un cittadino che si era fatto male cadendo in bicicletta a causa di una buca presente nella strada. Tuttavia, i giudici di legittimità hanno riconosciuto una colpa “parziale” del Comune in quanto il ciclista avrebbe dovuto tenere una condotta più prudente.

Il caso

Un cittadino aveva chiamato in causa il Tribunale un Comune per condannarlo al risarcimento dei danni conseguenti alle lesioni riportate a causa di una caduta dalla bicicletta per omessa manutenzione stradale, verificatasi allorquando, percorrendo unitamente ad altri ciclisti una strada comunale aveva perso l’equilibrio a causa della presenza di buche e pietrisco, cadendo in terra e riportando lesioni personali.

Il Tribunale nel contraddittorio tra le parti, aveva rigettato integralmente la domanda compensando tra le parti le spese processuali.

Il ricorso proposto dal contribuente veniva parzialmente accolto dalla Corte d’Appello che, con sentenza del febbraio 2014, accertava un concorso di responsabilità del ciclista nella causazione del sinistro, pari al 50%, e condannava il Comune convenuto, responsabile del restante 50%, al risarcimento del danno patito dal ciclista ricorrente, liquidato (detto 50%) in complessivi euro 28mila, oltre accessori e al pagamento della metà delle spese processuali del doppio grado.

Nel caso in esame i giudici della Corte territoriale riteneva applicabile alla fattispecie l’art. 2051 c.c., reputando che vi era responsabilità del Comune derivante dal potere di controllo di un bene (la strada comunale) di sua “proprietà”, in quanto la stessa era “non distante dal perimetro urbano e notoriamente frequentata da ciclisti anche per il suo carattere turistico”.

La Corte territoriale accertava, poi, l’esistenza del nesso causale tra la “condizione anomale del manto stradale e la caduta” del cittadino dalla bicicletta (avvenuta in ora mattutina), a causa di buche presenti sul manto (localizzate nella fascia centrale della corsia di marcia, senza segnalazione di pericolo e che gli stessi ciclisti che precedevano il cittadino ricorrente -impedendogli in parte la visuale- erano riusciti ad evitare solo “all’ultimo momento” e “per miracolo”), mentre il Comune non aveva fornito la prova del caso fortuito, consistente “nella eccezionalità ed imprevedibilità del comportamento dell’utente della strada”, tale da risultare “causa sopravvenuta idonea da sola a provocare l’evento”.

I giudici del merito di secondo grado riteneva, inoltre, sussistente un concorso di colpa del ciclista ricorrente danneggiato, nella misura del 50%, il quale “avrebbe dovuto e potuto porre maggiore attenzione nell’incedere” e procedere con “particolare prudenza ed avvedutezza”, riducendo anche la velocità, “non potendo il medesimo fare affidamento su un perfetto stato di manutenzione del manto stradale”.

Con riferimento alla liquidazione del danno biologico, il giudice di appello, sulla scorta dell’espletata perizia del c.t.u.-medico-legale e dei chiarimenti resi dal consulente d’ufficio, riteneva sussistente una invalidità permanente complessiva del 16%, di cui 12% per il trauma cranio-encefalico, 3% per le cicatrici cutanee ed 1% per la perdita parziale di due elementi dentari.

Avverso la sentenza sfavorevole il ricorrente è ricorso in Cassazione.

Un precedente a sfavore del Comune

Va brevemente evidenziato che la sentenza della Corte di Cassazione n. 36242, dell’8 settembre 2015, aveva affermato, a seguito di una brutta caduta da parte di un cittadino che era “affondato” nel tombino di una strada comunale riportando alcune lesione fisiche, che per il danno subito ne risponde penalmente il dirigente comunale preposto, per le gravi negligenze in merito al controllo delle condizioni di sicurezza della strada.

Nel caso in esame, secondo la Cassazione, l’analisi del Tribunale era stata correttamente compiuta; i giudici di primo grado, infatti, avevano evidenziato che non risultavano elementi che mettevano in discussione l’attendibilità del cittadino e che dai verbale della Polizia Municipale si evinceva la presenza sul marciapiede del tombino con una parte di piastrelle mancante lì dove lo aveva segnalato il cittadino stesso. Il dirigente, inoltre, nel ricorso aveva evidenziato che ai fini dell’addebito per colpa vi deve essere la necessità dell’esistenza di un’insidia; in particolare richiamava, attraverso la giurisprudenza della Cassazione il fatto che, in tema di omicidio colposo a seguito di incidente stradale, affinchè le condizioni della strada assumano un’esclusiva efficienza causale dell’evento, è necessario che le sue anomalie assumano i caratteri dell’insidia e del trabocchetto, di conseguenza che per la loro oggettiva invisibilità e la conseguente imprevedibilità, integrino una situazione di pericolo occulto inevitabile con l’uso della normale diligenza.

Di parere opposto la Cassazione che aveva ritenuto responsabile penalmente il dirigente comunale chiamando in causa anche il Comune per le responsabilità risarcitorie; per i giudici di legittimità al dirigente comunale era almeno chiesto, anche a fronte di una impossibilità di interventi manutentivi per carenza di risorse economiche del Comune, di prendere quel minimo di misure di sicurezza per gli utenti, con l’apposizione di segnali di pericolo che avessero, nel caso in esame, fatto emergere fonti di pericolo.

L’analisi della Cassazione

Con riferimento alla sentenza oggetto del presente commento sono diverse le motivazioni del ricorso dell’ente locale in Cassazione; di particolare interesse è la censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli articoli 2051 e 2697 c.c..

Per il Comune ricorrente i giudici del merito avrebbero erroneamente ritenuto sussistente il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno patito dall’attore, in quanto, non essendo questo determinato dal dinamismo interno della cosa, avrebbe dovuto tenere conto della pericolosità dello stato dei luoghi ove l’incidente era avvenuto, ossia che la situazione della strada fosse tale da configurare oggettivamente un pericolo intrinseco per i passanti a fronte anche di un normale livello di attenzione esigibile dagli stessi.

A tal riguardo, una buca delle dimensioni proprie di quella che aveva cagionato il sinistro non poteva considerarsi non visibile ad una distanza compatibile con la possibilità di attuare quello spostamento della direzione di marcia che avrebbe consentito al ciclista danneggiato di aggirare facilmente il pericolo; pertanto, le dinamiche nel sinistro dimostravano chiaramente che il ciclista non aveva prestato il livello di attenzione, di diligenza e di prudenza richiesto dalla situazione in cui si trovava al fine di superare gli ostacoli presenti sulla strada.

I giudici di legittimità analizzando alcuni orientamenti della giurisprudenza della Cassazione osservano che “l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima”; inoltre la “deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso.

Per i giudici di legittimità va rilevato che nella categoria delle cause di esclusione della responsabilità oggettiva per danno da cose, la condotta del danneggiato che entri in interazione con queste si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227 c.c., primo comma: quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione, oggetto di dovere generale riconducibile all art. 2 Cost., e comunque rispondente ad un’esigenza di ragionevole regolazione della propria condotta, delle cautele da parte dello stesso danneggiato normalmente attese in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso”.

La Cassazione osserva che le motivazioni della sentenza dei giudici del merito si fondano sul presupposto che :

1) si dà conto della sussistenza del rapporto di custodia del Comune convenuto sulla strada teatro dell’evento lesivo (con ciò risultando superflue, a tal riguardo, le considerazioni sul comportamento, anche colposo, del custode nella manutenzione della strada);

2) si evidenzia il rapporto oggettivo di causa-effetto tra percorrenza della strada comunale da parte del ciclista in sella alla propria bicicletta e la sua caduta per la presenza di una buca sul manto stradale (con ciò risultando superflue, a tal riguardo, le considerazioni sulla intrinseca pericolosità della strada);

3) si dà peso alla condotta del danneggiato, ai sensi dell’art. 1227 c.c., tenuto conto sia delle circostanze di fatto contingenti (relative allo stato dei luoghi, all’ora e alle modalità dell’accadimento), sia del grado di attenzione richiesto al danneggiato stesso in rapporto a dette circostanze, così da giungere a ritenere la sussistenza di un concorso, paritario, di responsabilità e, dunque, l’efficacia non elidente del nesso di causa anzidetto ad opera della condotta del danneggiato.

Le conclusioni

La Cassazione ritiene in parte corretta la sentenza dei giudici del merito che partendo dalla “sussistenza del rapporto di custodia del Comune sulla strada” ed evidenziando “il rapporto oggettivo di causa-effetto tra percorrenza della strada comunale in sella alla propria bicicletta e la caduta per la presenza di una buca”, tenuto conto anche della condotta del ciclista danneggiato, avevano previsto un concorso paritario di responsabilità tra il Comune il ciclista danneggiato.

E’ da rivedere secondo la Cassazione, invece, l’entità del danno estetico subito dal ciclista ricorrente e per tale motivo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto dai giudici del merito e rinvia la causa alla Corte di appello, in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.

Cass. civ., Sez. III, Ord., 13 marzo 2018, n. 6034

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