28/09/2018 – Il Comune non risponde del pagamento delle spese del professionista se disposte in violazione delle regole contabili

Il Comune non risponde del pagamento delle spese del professionista se disposte in violazione delle regole contabili

di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 21551, depositata il 3 settembre 2018, nel rigettare il ricorso di un professionista nei confronti del Comune ha affermato che il pagamento della prestazione professionale svolta nei confronti dell’ente locale, in violazione delle regole contabili e in assenza di copertura, va chiesto nei confronti del funzionario responsabile che ha autorizzato l’incarico.

Il fatto

Un Comune ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti da un professionista, nel caso in esame si trattava di un ingegnere, per l’importo di oltre 253mila euro, a titolo di compenso per la progettazione di un’opera pubblica, contestando, per quanto ancora rileva nel presente giudizio, la propria legittimazione passiva.

Il Comune ha sostenuto che il contratto di conferimento di incarico era stato effettuato in base alla delibera di giunta e in assenza di copertura finanziaria, per difetto di previsione di bilancio e quindi in violazione dell’art. 23D.L. n. 66 del 1989.

Il Comune, inoltre, ha contestato l’esigibilità del credito, non essendo stato erogato da parte dell’Unione Europea il finanziamento dell’opera cui il pagamento del compenso era sospensivamente condizionato.

Il Tribunale ha dichiarato il difetto di legittimazione dell’opponente, revocando il decreto ingiuntivo, compensando le spese di lite.

La sentenza fu appellata dal professionista.

I giudici del merito di secondo grado respinsero l’impugnazione, osservando che la mancanza di copertura finanziaria e di indicazione del limite di spesa non dava luogo ad una pronuncia di carenza di legittimazione passiva ma di nullità della delibera, in tal senso correggendo la motivazione della sentenza del primo giudice; la Corte Territoriale, inoltre, ritenne giustificata l’integrale compensazione delle spese dal comportamento dell’amministrazione, che aveva indotto il professionista all’esecuzione del contratto pur consapevole di tale nullità.

Il professionista, avverso la sentenza sfavorevole della Corte Territoriale si è rivolto alla Cassazione basando il ricorso su due motivazioni.

L’analisi della Cassazione

Il professionista con il primo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata per avere la Corte Territoriale dichiarato la nullità della delibera del Comune in assenza di specifica domanda da parte dello stesso Comune, che aveva invece eccepito la sua carenza di legittimazione passiva.

Per la Corte di Cassazione il motivo non è fondato.

I giudici di legittimità osservano che sia in primo grado che in appello il Comune aveva dedotto il proprio difetto di legittimazione passiva perché, stante l’assenza di copertura finanziaria, il professionista avrebbe dovuto rivolgere le sue pretese nei confronti dei funzionari ed amministratori e non già nei confronti dell’ente pubblico ex art. 23 D.L. 66 del 89.

Il Comune aveva, altresì dedotto, il mancato finanziamento CEE e, quindi, il mancato verificarsi del presupposto del pagamento dei compensi.

La Corte Territoriale, nel respingere l’appello proposto dall’ingegnere, ha condiviso le complessive argomentazioni giuridiche svolte dal Comune fin dal primo grado, sia pur qualificando la questione del valido impegno di spesa non sotto il profilo della carenza di legittimazione passiva del Comune ma della nullità.

Con il secondo motivo di ricorso il professionista ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio consistente nella presenza nel contratto d’opera professionale di una clausola di c.d ” copertura finanziaria”. Secondo il ricorrente, la Corte Territoriale aveva omesso di esaminare il decreto con cui la Regione aveva ordinato l’attuazione dell’opera oggetto della prestazione professionale dell’ingegnere, delegando per l’esecuzione il Comune.

Anche in questo caso per i giudici della Corte di Cassazione il motivo non è fondato.

La Corte Territoriale ha ampiamente motivato su tale aspetto, ritenendo che l’inserimento nel contratto d’opera professionale di una clausola di c.d “copertura finanziaria” , in base alla quale l’ente pubblico territoriale subordinava il pagamento del compenso al professionista alla concessione di un finanziamento non consente di derogare alle procedure di spesa di cui all’art. 23 comma 3 e 4, D.L. n. 66 del 1989, le quali non possono essere differite al momento dell’erogazione del finanziamento. Ne consegue che è irrilevante il contenuto del decreto del Coordinatore Generale dell’Assessorato ai Lavori Pubblici della Regione richiamata nel ricorso.

Alcuni orientamenti precedenti

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 26657, del 2014, ha affermato che un Comune che incarica il professionista per la progettazione di un’opera pubblica ben può subordinare con una clausola specifica il pagamento del compenso alla concessione del finanziamento necessario a realizzare l’intervento. Sono, tuttavia, necessari, la delibera autorizzativa e la registrazione dell’impegno di spesa a bilancio, altrimenti il rapporto obbligatorio non è riferibile all’amministrazione ma intercorre invece fra il privato, da una parte, e, dall’altra, l’amministratore locale o il funzionario pubblico che ha autorizzato la fornitura.

Nel caso in esame era stato accolto il ricorso dell’ente locale; per la Corte di Cassazione vale sempre il principio di contabilità pubblica secondo cui per i Comuni vige il divieto di effettuare qualsiasi spesa in assenza di impegno contabile registrato dal ragioniere (o in mancanza dal segretario) sul competente capitolo di bilancio di previsione. L’incarico di progettare l’opera pubblica affidato al professionista non sfugge alla regola: l’ente locale non può effettuare alcuna spesa se non c’è una delibera ad hoc che l’autorizza e un relativo impegno contabile a bilancio da comunicare ai terzi interessati: diversamente, dunque, rispondono il sindaco o il dirigente che l’hanno consentito.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 6555 del 2014 ha affermato che soltanto con il negozio bilaterale in forma scritta, infatti, si può ritenere sussistente l’accordo fra le parti sul progetto da realizzare; anche perché, nel caso in esame, gli enti locali devono sempre indicare la copertura finanziaria per le spese che intendono effettuare e l’indicazione deve risultare comunque controllabile.

L’ingegnere, che pure aveva lavorato per conto dell’amministrazione locale, consegnando il progetto che gli era stato richiesto per la realizzazione di una scuola si era visto annullare l’ingiunzione di pagamento richiesta al Comune. Non è sufficiente la delibera della Giunta; tale provvedimento , infatti, resta solo un primo passo rispetto alla “successiva (e solo eventuale) attività negoziale esterna dell’ente pubblico. Soltanto il contratto in forma scritta costituisce il momento genetico delle obbligazioni a carico dell’amministrazione e del professionista: non solo consente di identificare lo specifico contenuto negoziale, che potrà essere controllato eventualmente dalla Corte dei Conti, ma garantisce anche che le obbligazioni assunte dall’ente traggano origine e nel contempo trovino copertura nell’indicazione dei mezzi finanziari necessari per pagare il professionista”.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 21763 del 2016 ha sentenziato che è nulla la delibera comunale di conferimento dell’incarico al professionista se adottata senza copertura di spesa. I giudici di legittimità hanno bocciato il ricorso di un agronomo che aveva ricevuto un incarico da parte di un Comune, poi, citato in giudizio per la condanna al pagamento del compenso. In secondo grado, la Corte di appello condannava l’ente locale al pagamento di una determinata somma, sottolineando la nullità della delibera di conferimento dell’incarico perché adottata senza copertura di spesa, e la validità, invece, di un’altra delibera che prevedeva il compenso da finanziare con la futura stipula di un mutuo.

In sede di legittimità, i giudici hanno deciso per il rigetto del ricorso principale del professionista.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale, osserva che, l’ex art. 23, commi 3 e 4, D.L. 66 del 89, rende estraneo l’ente pubblico all’attività posta in essere dal suo funzionario o amministratore senza le modalità procedimentali previste. In base a tale norma, il divieto per i Comuni di effettuare spese in assenza di impegno contabile registrato sul competente capitolo di bilancio di previsione trova applicazione anche qualora la spesa dell’ente territoriale sia interamente finanziata da altro ente, dovendo anche in tal caso avere luogo la verifica della copertura della spesa nel bilancio del comune che assume l’impegno di spesa.

Per i giudici di legittimità non si sottrae alla richiamata disciplina il contratto d’opera professionale con il quale un ente pubblico territoriale abbia affidato la progettazione di un’opera pubblica, subordinando con apposita clausola il pagamento del compenso al professionista alla concessione di un finanziamento, per la realizzazione dell’opera da progettarsi.

La Corte di Cassazione nel rigettare il ricorso evidenzia che la previsione della clausola c.d. di copertura finanziaria non consente di rinviare all’ottenimento del finanziamento l’osservanza delle modalità procedimentali, inderogabilmente dettate dalla norma citata, con la conseguenza che, in difetto, il rapporto obbligatorio non è riferibile all’ente, intercorrendo, ai fini della controprestazione, tra il privato e l’amministratore o funzionario che abbia assunto l’impegno.

Cass. Civ., Sez. II, 3 settembre 2018, n. 21551

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