28/03/2016 – Qualcuno vuole distruggere la nostra cultura? Sì, noi

Qualcuno vuole distruggere la nostra cultura? Sì, noi

Siamo il paese europeo che spende meno in istruzione e cultura. Una scelta scellerata che fa più male di mille statue coperte. Dove sono finiti i paladini dell’identità culturale?

di Francesco Cancellato
 

Ricordate le statue coperte dei musei capitolini durante la visita del presidente iraniano Rohani? Ricordate gli strali verso quegli zelanti diplomatici che avevano calato le braghe di fronte al feroce – e bacchettone – saladino, coprendo le pubenda della Venere Esquilina, del Dioniso degli Horti Lamiani e di loro, non meglio precisati, marmorei colleghi? Ricordate quelli che dicevano che in questo modo stavamo occultando noi stessi e mortificando la nostra cultura?

Bene, sarebbe interessante sapere dove sono finiti, ora. Perché avremmo un paio di cose da fargli vedere, che a nostro avviso, offendono la nostra cultura molto più di tre scatole di cartone. Sono i dati Eurostat sulla spesa in istruzione e cultura in Italia e sono stati resi pubblici lo scorso 26 marzo, alla vigilia di Pasqua.

È difficile non essere sottomessi dalle culture altrui, se non si investe in tutela, produzione e promozione culturale. È impossibile che la nostra cultura si tramandi nel tempo se non si investe in istruzione.

La facciamo molto breve: l’Italia è all’ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata all’istruzione e al penultimo, davanti alla sola Grecia, per quella destinata alla cultura. A quello che, in teoria, dovrebbe essere il nostro petrolio – la cultura – destiniamo lo 0,7% del Pil, laddove la media europea è l’1%. All’istruzione, invece, destiniamo il 4,1%, contro il 4,9% europeo. Il tutto, nonostante la nostra spesa pubblica complessiva sia tra le otto (su ventotto) che superano complessivamente il 50% del prodotto interno lordo.

Ok, fa molto meno scena di una statua coperta. E tira molti meno applausi della giaculatoria contro il presidente bacchettone in visita diplomatica. Però questi numero dovrebbero farci altrettanto orrore. Perché è difficile non essere sottomessi dalle culture altrui, se non si investe in tutela, produzione e promozione culturale. Perché è impossibile che la nostra cultura si tramandi nel tempo se non si investe in istruzione.

Non c’è bisogno di califfi, di sultani o di ayatollah, quindi. A distruggere la nostra cultura siamo bravissimi da soli.

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