27/05/2020 – Il Comune che impone una volumetria edificabile inferiore a quella consentita deve indennizzare il soggetto che subisce la limitazione

Il Comune che impone una volumetria edificabile inferiore a quella consentita deve indennizzare il soggetto che subisce la limitazione
di Massimo Asaro – Specialista in Scienza delle autonomie costituzionali, funzionario universitario Responsabile affari legali e istituzionali
 
Il Consiglio di Stato si esprime su un caso, appartenente a una ampia operazione che ha variamente interessato i Giudici civili e amministrativi, di vincolo espropriativo atipico, una fattispecie ablatoria indiretta. La vicenda deve essere contestualizzata nella problematica della indennizzabilità di quei vincoli che, pur non sottraendo la proprietà del bene, ne riducono le facoltà di godimento (Cons. Stato, Sez. IV, 28 maggio 2009, sent. n. 3342). Il fatto, intorno al quale si sviluppano le considerazioni e le soluzioni di diritto, in sintesi consiste in un Piano di lottizzazione comunale che, operando una redistribuzione delle volumetrie edificabili, ne attribuisce una misura maggiore ad alcuni fondi per la realizzazione di un’opera di Edilizia residenziale pubblica compensando tacitamente con una minore attribuzione ad altri terreni rimasti privati ed estranei al Piano.
Partendo dai principi generali, le limitazioni allo jus aedificandi che discendono dalla classificazione delle aree territoriali sono riconducibili nell’ambito del potere di conformazione della proprietà di cui all’art. 42, secondo comma, della Costituzione e perciò non danno luogo a una c.d. “espropriazione sostanziale” e non sono soggette alla corresponsione di un indennizzo in favore del proprietario (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 6 settembre 2019 sent. n. 1787). Una limitazione anche severa del diritto di proprietà è un effetto del tutto legittimo del potere di conformazione che è proprio degli strumenti urbanistici con il solo limite della c.d. espropriazione sostanziale che non è vietata in sé ma reclama indennizzo (T.A.R. Toscana, Sez. I, 19 febbraio 2020 sent. n. 209). Diversamente, per i vincoli espropriativi imposti sulla proprietà sussiste il generale principio di indennizzabilità (Cons. Stato, Sez. II, 11 novembre 2019, sent. n. 7688Corte Costituzionale 23 marzo 2016 sent. n. 90Cass. civ., Sez. I, 6 settembre 2004, sent. n. 17958 e 1 luglio 2004, sent. n. 12033). La definizione del “vincolo conformativo della pianificazione” non è contenuta in alcuna disposizione di legge e costituisce ancora oggetto di un serrato dibattito, soprattutto relativamente ai suoi tratti distintivi rispetto all’altra nozione del “vincolo di natura espropriativa”. Il concetto di espropriazione, come vedremo di seguito, riguarda non solo il trasferimento coattivo di un bene da un soggetto a un altro, ma anche l’incidenza eccessiva sulle facoltà giuridiche del proprietario.
Passando all’analisi empirica, emerge che, nel caso trattato, fin dall’approvazione del Piano di lottizzazione -ancorché non formalizzato con la convenzione conclusiva- alcuni suoli avevano subito una riduzione della volumetria edificabile, per effetto della cessione di quota parte della stessa in favore dell’Edilizia residenziale pubblica (ERP). Quando, come in questo caso, un Piano di lottizzazione ha immediati effetti conformativi del territorio ed è immediatamente efficace nel limitare i diritti dominicali dei proprietari indennizzati, a esso deve inoltre riconoscersi certamente natura espropriativa, essendo finalizzato alla realizzazione di opere di interesse pubblico. La fattispecie espropriativa è perfezionata al momento del rilascio, per le opere di ERP, delle concessioni per una maggiore cubatura, a valere sui diritti edificatori di terzi.
La riduzione di cubatura edificabile non è riconducibile alla fattispecie della cd. occupazione appropriativa in quanto sia la titolarità sia il possesso dei beni rimangono inalterati, nel mentre l’attività posta in essere dal Comune di utilizzo della volumetria e limitazione della edificabilità è comunque consentita dall’ordinamento a tale ente, anche con gli strumenti pianificatori (in particolare con la pianificazione attuativa). Secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte (Cass. civ., SS.UU. 7 dicembre 2016 sent. n. 25039) l’apposizione, di fatto, di un vincolo espropriativo quantitativamente limitativo dello jus aedificandi consistente in una riduzione di cubatura edificabile in favore di un’opera di pubblica utilità costituisce un fatto lecito determinante l’obbligo di indennizzo in favore del terzo pregiudicato a carico dell’Ente locale e non un fatto illecito determinante un obbligo risarcitorio a carico del medesimo Ente. Analogamente a quanto accade in caso di reiterazione di vincoli preordinati all’esproprio o comunque di contenuto espropriativo, per cui, a partire dalla nota sentenza della Corte Costituzionale, 20 maggio 1999, n. 179, l’Amministrazione, in sede di reiterazione di vincoli urbanistici scaduti preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificabilità deve prevedere l’indennizzo, anche in questo caso, l’Amministrazione deve prevedere l’indennizzo. Comportamenti, come quelli descritti, “sostanzialmente espropriativi” sono riconducibili a un’attività legittima della P.A. la quale è tenuta a svolgere una specifica ed esaustiva indagine sulle aree incise, tenendo conto delle loro caratteristiche in concreto, al fine di determinare nell’atto medesimo, quantomeno in via presuntiva, e poi di liquidare, un indennizzo in misura non simbolica, che ripaghi il proprietario della diminuzione del valore di mercato o delle possibilità di utilizzazione dell’area rispetto agli usi o alle destinazioni ai quali essa era concretamente, o anche solo potenzialmente, votata. In tale quadro giuridico, il privato non ha l’onere di fornire la prova di aver subito un danno ingiusto, competendogli un indennizzo per il sacrificio sofferto in conseguenza di un atto lecito della P.A., e non il risarcimento del danno conseguente ad un atto illecito (cfr. Cass. civ., Sez. I 21 maggio 2018, ord. n. 12468) [in dottrina, Scotti E., Liceità legittimità e responsabilità dell’amministrazione, Jovene 2012]. Nel diritto civile si distingue tra risarcimento e indennizzo, il primo dovuto a seguito di fatti illeciti, il secondo dovuto a seguito di atti che, ancorché leciti, sono produttivi di danno. Tale distinzione è nota anche al diritto amministrativo, soprattutto in materia di uso del territorio e di opere pubbliche [De Nictolis R., Il risarcimento dei danni cagionati dalla Pubblica Amministrazione, 2006, EPC Libri].
Il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità (D.P.R. n. 327/2001) prevede delle fattispecie di attività lecita della P.A., per la reiterazione dei vincoli (art. 39) e anche quella regolata dall’art. 44 per cui “è dovuta una indennità al proprietario del fondo che, dalla esecuzione dell’opera pubblica o di pubblica utilità, sia gravato da una servitù o subisca una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà”. Il fondamento di tale indennità viene ravvisato dalla Cassazione «sul principio di giustizia distributiva, per cui non è consentito di soddisfare l’interesse generale attraverso il sacrificio del singolo senza che quest’ultimo ne sia indennizzato» (Cass. civ., SS.UU 21 aprile 2006, sent. n. 9342Cass. civ., 26 giugno 2003, sent. n. 10163).

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