26/08/2020 – Mobilità ed indizione di un concorso pubblico: corretta applicazione della regola di propedeuticità tra l’indizione delle due procedure

Mobilità ed indizione di un concorso pubblico: corretta applicazione della regola di propedeuticità tra l’indizione delle due procedure
di Marcello Lupoli – Dirigente P.A.
 
Nell’ambito del piano triennale del fabbisogno di personale l’ottimale distribuzione delle risorse umane si realizza attraverso l’attuazione coordinata dei processi di mobilità e di reclutamento del personale attraverso il concorso pubblico. Pertanto, c’è una violazione della regola di propedeuticità qualora intercorra un lungo intervallo di tempo tra l’indizione delle due procedure, in quanto un anomalo iato temporale colloca tali procedure al di fuori della cornice di efficacia dell’iniziale piano triennale di fabbisogno del personale, non assicurando la necessaria attualità nella sequenza dei due procedimenti mobilità-concorso. Conseguentemente, a seguito dell’approvazione di una nuova programmazione triennale del fabbisogno di personale, in assenza del rinnovamento del processo di mobilità, il bando di concorso è illegittimo.
E’ questo, in estrema sintesi, il principio della sentenza 2 luglio 2020, n. 2818, resa dal TAR Campania, Napoli, Sez. V.
La doglianza sottoposta alla cognizione dei giudici amministrativi partenopei è volta ad ottenere l’annullamento di un avviso di concorso pubblico, per titoli ed esami, bandito da un ente locale e finalizzato all’assunzione a tempo indeterminato part-time di un funzionario direttivo economico-finanziario D3, nonché degli atti di indizione della selezione, della deliberazione di approvazione dell’assetto organizzativo e del programma triennale del fabbisogno del personale, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, con richiesta, altresì, della condanna dell’amministrazione resistente a risarcire il danno ingiusto asseritamente patito per effetto dell’illegittimo agere amministrativo posto in essere.
In particolare, il ricorrente – dipendente di ruolo D2 e responsabile del settore economico-finanziario di altro ente locale – aveva avanzato precedentemente un’istanza di trasferimento presso l’amministrazione banditrice della selezione censurata mediante mobilità volontaria nel profilo professionale di responsabile del servizio finanziario ai sensi degli artt. 30 e 34-bisD.Lgs. n. 165/2001 e s.m.i., istanza, tuttavia, archiviata dall’ente, non essendo al tempo indette procedure di mobilità per il suddetto profilo.
Ad onta di tanto, dopo appena più di un anno, lo stesso ente aveva avviato la selezione concorsuale censurata, senza aver proceduto a porre in essere un’idonea procedura di mobilità ai sensi delle disposizioni da ultimo citate, alla quale il ricorrente avrebbe avuto interesse a partecipare, avendo peraltro già acquisito il previsto nulla osta da parte dell’amministrazione di appartenenza.
Di tanto, quindi, la parte ricorrente si duole, chiedendo lo scrutinio ai giudici amministrativi campani, al fine di verificare se via sia stato o meno una corretta azione amministrativa.
Preliminarmente, il collegio giudicante è stato chiamato a decidere un’eccezione rituale avanzata dalla parte resistente circa l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione e di interesse ad agire. Tale eccezione non viene condivisa dai giudici partenopei non solo in base all’assunto che, in mancanza di una preclusione normativa di carattere generale ovvero di una specifica clausola escludente contenuta nel bando, non possa sostenersi a priori che il ricorrente non fosse astrattamente abilitato a partecipare ad un’eventuale procedura di mobilità, ma anche alla considerazione che l’interessato è titolare, in virtù dell’inquadramento posseduto, di una posizione giuridica sicuramente differenziata e qualificata suscettibile di essere lesa dall’attività amministrativa in discussione, a nulla rilevando la circostanza della mancata proposizione della domanda di partecipazione al concorso pubblico impugnato, in quanto l’istante non intende conseguire l’assunzione a seguito dell’esito vittorioso delle prove concorsuali, ma contestare ab imis la legittimità della scelta della modalità assunzionale, facendo valere un interesse di carattere strumentale alla riedizione della stessa, da attuarsi mediante il previo esperimento di una procedura di mobilità.
Esaminata nei termini sinteticamente rappresentati la questione procedurale sollevata, il collegio giudicante ritiene la domanda impugnatoria avanzata meritevole di accoglimento anche nel merito.
Ed invero – prendendo le mosse dal principio desumibile dal suddetto art. 30D.Lgs. n. 165/2001 e s.m.i., secondo cui le amministrazioni pubbliche, prima di procedere all’indizione di concorsi pubblici finalizzati alla copertura di posti vacanti, devono attivare le procedure di mobilità del personale di altre amministrazioni, rispondendo tale principio ad evidenti esigenze di efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa, con conseguente preferenza del legislatore per queste ultime rispetto alle selezioni concorsuali (cfr., ex pluribus, le pronunzie citate nella sentenza in disamina, T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 3 agosto 2018, n. 1196T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II bis, 29 marzo 2019, n. 4191Consiglio di Stato, Sez. V, 6 novembre 2015, n. 5078) – i giudici amministrativi campani ritengono dirimente nella fattispecie concreta sub iudice valutare se il lungo intervallo temporale intercorso tra l’indizione delle due procedure (oltre tre anni), pur nell’ordine di priorità dettato dal legislatore, soddisfacesse o meno il rispetto della regola.
Sul punto la parte motiva del dictum in disamina, condividendo l’assunto di parte ricorrente, si affida alla considerazione che, ponendosi la siffatta sequenza al di fuori della cornice temporale di efficacia dell’iniziale piano triennale di fabbisogno del personale, la stessa non riesca a garantire la necessaria contestualità delle due procedure, implicitamente presupposta dalla normativa di riferimento, ispirata dalla ratio di “favorire l’utilizzazione di personale con esperienza acquisita nell’esercizio dei compiti propri del posto da ricoprire, per aver già svolto la specifica funzione per un certo lasso di tempo, con conseguente risparmio anche di spesa conseguente alla migliore allocazione sul territorio dei pubblici dipendenti”.
Viene evidenziato come le scelte assunzionali dell’ente trovino il loro indispensabile presupposto nel piano triennale del fabbisogno di personale ex art. 6D.Lgs. n. 165/2001 e s.m.i. e devono essere attuate in coerenza con quanto nello stesso stabilito, anche ai fini della relativa copertura finanziaria. In particolare- si osserva nella sentenza in esame – ai sensi del citato art. 6, comma 2, nell’ambito del piano le amministrazioni pubbliche curano l’ottimale distribuzione delle risorse umane “attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale”.
Ergo, declinati i suddetti principi nella fattispecie concretane discende che, prima di bandire la selezione concorsuale in parola, a seguito dell’approvazione della nuova programmazione triennale per il periodo temporale di riferimento, “l’amministrazione avrebbe dovuto verificare nell’attualità l’eventuale interesse al trasferimento di soggetti dipendenti da altri Enti, rinnovando l’avviso di mobilità”.
Inoltre, lo iato temporale tra i due segmenti dell’attività amministrativa non risulta in alcun modo giustificata dall’amministrazione resistente, di guisa che l’agere appare comunque affetto anche dai concorrenti vizi denunciati di difetto di motivazione e di irrazionalità.
A tanto si aggiunga un ulteriore rilievo dei giudici, secondo cui non appare ragionevole desumere la persistente assenza di eventuali aspiranti dopo oltre tre anni, in quanto il decorso di un così ampio arco temporale avrebbe imposto, al contrario, anche sotto un profilo meramente logico, una verifica in concreto di eventuali esigenze sopravvenute, a maggior ragione nella fattispecie concreta, atteso che, nelle more, il ricorrente aveva avanzato istanza di trasferimento mediante mobilità volontaria nel profilo richiesto e che la stessa era stata riscontrata negativamente dall’ente.
Alla stregua delle considerazioni che precedono il collegio perviene all’accoglimento del ricorso avanzato, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati con i quali l’ente locale aveva indetto il concorso pubblico censurato, nonché degli altri atti gravati nelle parti lesive dell’interesse del ricorrente, mentre la domanda di condanna al risarcimento del danno non viene accolta, essendo la stessa generica e priva di documentazione probatoria a sostegno della sussistenza del danno e di tutti gli altri elementi costitutivi della responsabilità civile.

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