26/08/2020 – Il T.a.r. Roma conferma la chiusura delle discoteche ordinata dal Ministero della salute

Emergenza Covid
Il T.a.r. Roma conferma la chiusura delle discoteche ordinata dal Ministero della salute
di Paola Cosmai – Dirigente Avvocato S.S.N.
 
Come noto alle cronache la recrudescenza dei focolai di virus Covid-19 determinato dal ritorno alla normalità, sia pure con l’adozione delle misure di sicurezza quali l’uso delle mascherine in caso luoghi chiusi ovvero aperti ma con rischio di assembramenti (presidi spesso non osservati da una quantità non trascurabile di persone), ha indotto lo scorso 16 agosto 2020 il Ministero della salute ad emanare una nuova ordinanza con la quale non solo ha imposto l’uso delle protezioni respiratorie di cui innanzi dalle ore 18.00 alle ore 6.00 sull’intero territorio nazionale negli spazi aperti al pubblico con caratteristiche tali da favorire gli assembramenti anche involontari, ma ha anche chiuso le discoteche ed i locali analoghi, anche se all’aperto.
In linea con quanto annunciato tramite gli organi di stampa, il provvedimento è stato immediatamente gravato innanzi al T.A.R. Roma dall’Associazione di categoria che ne ha chiesto l’immediata sospensione inaudita altera parte onde non compromettere l’economia del settore già provato in questa stagione estiva e dal precedente periodo di lockdown e delle fasi restrittive che ne sono seguite.
In particolare, nel mentre il Governo si è affrettato a precisare che alcuna riapertura di simili ritrovi era mai stata autorizzata, i ricorrenti si sono appellati all’avvenuto rispetto delle Linee guida per la riapertura delle Attività economiche, produttive e ricreative, varate dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome il 6 agosto 2020 anche per le discoteche, in ragione della loro riapertura ed alle ingenti perdite economiche derivanti da una loro chiusura d’imperio.
Le linee guida, per la parte qui di interesse, per l’esercizio delle attività di che trattasi hanno onerato i gestori alla predisposizione di una adeguata informazione sulle misure di prevenzione, comprensibile anche per i clienti di altra nazionalità, sia mediante l’ausilio di apposita segnaletica e cartellonistica e/o sistemi audio-video, sia ricorrendo a eventuale personale addetto, incaricato di monitorare e promuovere il rispetto delle misure di prevenzione facendo anche riferimento al senso di responsabilità del visitatore stesso. Hanno imposto, altresì, la riorganizzazione degli spazi per garantire la distanza di almeno 1 metro tra gli utenti e di 2 per coloro che accedano alla pista da ballo solo se esterna, nonché per assicurare un accesso ordinato ai locali dotandosi, a tal fine, di personale di sorveglianza che controlli l’uso di mascherine protettive al chiuso e quante volte non sia possibile rispettare la distanza di sicurezza, di sistemi di prenotazione per contingentare il numero di clienti, di misurazione della temperatura all’ingresso – con l’ovvio divieto in caso di superamento dei 37 gradi e mezzo – e di “contapersone”, oltre che di sistemi di imbustamento di effetti personali ed indumenti lasciati in guardaroba dai clienti, nonché di sostanze igienizzanti degli utensili impiegati per somministrare bevande e cibi da disinfettare ogni volta dopo l’uso (come, ad esempio, apribottiglie), con divieto di utilizzo di oggetti i cui materiali non siano disinfettabili (come, ad esempio, le carte da gioco) e di un registro per annotarne le generalità per un periodo di 14 giorni e nel rispetto delle norme sulla privacy. Quanto alla cura dei locali, oltre alla frequente disinfezione di rito di quelli igienici e non solo, è fatto obbligo di garantire il ricambio dell’aria e di verificare l’efficacia degli impianti di condizionamento, assicurando in ogni caso il riciclo dell’aria.
Malgrado l’asserito rispetto delle misure poc’anzi sinteticamente tratteggiate, nonché la prospettazione “dei considerevoli danni economici, d’immagine che deriverebbero a tutti gli esercizi commerciali che hanno subito la illegittima chiusura, peraltro nel momento in cui gli stessi attendevano risultati economici importanti, in seguito ad una stagione già iniziata in ritardo, con numero di posti spesso limitati e ingenti investimenti realizzati per adeguarsi ai protocolli sottoscritti” soprattutto considerando l’immediata efficacia dell’ordinanza gravata, con decreto 19 agosto 2020, n. 5408, il Presidente della Sezione adita ha rigettato l’istanza monitoria ritenendo, per un verso, che nel bilanciamento degli interessi, proprio della fase interinale, la posizione azionata risulta recessiva rispetto all’interesse pubblico alla tutela della salute nel contesto della grave epidemia in atto; mentre, per altro verso, ha affermato che quest’ultimo bene costituisce l’oggetto primario delle valutazioni dell’Amministrazione sanitaria a ciò preposta, caratterizzate dall’esercizio di un potere connotato da un elevato livello di discrezionalità tecnica e amministrativa in relazione alla pluralità di interessi pubblici e privati coinvolti e all’esigenza di una modulazione anche temporale delle misure di sanità pubblica nella prospettiva del massimo contenimento del rischio. Misure la cui ragionevolezza e proporzionalità possono essere valutate, comunque, solo in sede di contraddittorio fissato per l’udienza del prossimo 9 settembre c.a.
La motivazione recata dal decreto di rigetto applica principi giurisprudenziali consolidati in tema di ordinanze contingibili e urgenti, affermando nell’ultimo inciso come intatto il potere di sindacato estrinseco del Giudice amministrativo sulla legittimità di siffatti provvedimenti, sebbene trattasi di uno scrutinio debole, limitato al rispetto dei principi fondanti della Costituzione nonché a quelli di ragionevolezza e proporzionalità sotto il profilo temporale, tenuto conto dell’ampia discrezionalità che connota gli atti emergenziali.
Invero, sebbene la dichiarazione dello stato di emergenza per coronavirus del 31 gennaio 2020 assunta ai sensi dell’art. 24D.Lgs. 2 gennaio 2018, n. 1 (già art. 5L. 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del Servizio Nazionale di Protezione Civile), abiliti l’Organo individuato alla gestione dello stato di calamità all’emanazione di ordinanze contingibili e urgenti che, ai sensi dell’art. 7 del citato decreto, sono idonee a derogare alle leggi vigenti, nondimeno esse soggiacciono al limite del rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento e, indi, dei diritti costituzionalmente garantiti, oltre che a quelli di matrice giurisprudenziale varati al fine di evitare un’abusiva ed indiscriminata sottrazione alle norme ordinarie ed al conseguente controllo giudiziario.
Esse, infatti, malgrado la temporanea efficacia derogatoria delle disposizioni normative, essendo prive di attitudine ad innovare in maniera stabile l’ordinamento, non ne costituiscono delle fonti, essendo piuttosto assimilabili ai provvedimenti amministrativi di più dilatata discrezionalità e, come tali, soggette al vaglio del potere giudiziario. Tali ordinanze extra ordinem si atteggiano, in buona sostanza, come “valvole di sicurezza del sistema” da adottarsi esclusivamente allo scopo di fronteggiare concreti accadimenti materiali che mettono in pericolo la collettività, quante volte l’ordinamento non appresti nel caso specifico più puntuali rimedi, talché esse, come più volte ribadito dalla Consulta (Corte Costituzionale, 4 gennaio 1977, n. 4Corte Costituzionale 28 maggio 1987, n. 201Corte Costituzionale 30 dicembre 1987, n. 617Corte Costituzionale 14 aprile 1995, n. 127) sin dai suoi primi interventi, lungi dall’avere forza normativa o attitudine ad introdurre nuove fonti di legge, stante la loro tipicità, costituiscono, piuttosto, provvedimenti amministrativi, atipici, adottati sul presupposto della contingibilità ed impellenza, su materie e per fini che, stante il principio di legalità, devono essere necessariamente indicati dalla legge. Legge che, tuttavia, non ne prestabilisce pure il contenuto, rimesso invece all’ampia discrezionalità dell’organo emanante (Consiglio di Stato, Sez. V, 29 aprile 1991, n. 700. Conf. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 ottobre 2008, n. 4812 e, in materia di rifiuti T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 5 dicembre 2007, n. 12470), al fine di rendere lo strumento opportunamente duttile, ma che nondimeno dovrà rispettare i principi fondamentali, espressi o taciti, della Carta Fondamentale, in quanto inderogabili.
A tal proposito, in particolare, la Consulta ha chiarito che «nel nostro ordinamento costituzionale non sono individuabili clausole che autorizzino in via generale modifiche, o anche soltanto deroghe, alla normativa primaria, con disposizioni relative tanto a casi singoli quanto ad una generalità di soggetti, … per l’esercizio da parte di autorità amministrative di siffatti poteri, con effetto di deroga – ma non anche di abrogazione e modifica – della normativa primaria, occorre una specifica autorizzazione legislativa» e che «il contenuto delle disposizioni derogatorie è soggetto a rispettare le garanzie costituzionali e a non invadere la riserva assoluta di legge” ed ancora “i poteri con esse esercitati devono adeguarsi alle dimensioni, territoriali e temporalidella concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare» (cfr. Corte Costituzionale n. 201 e n. 127 cit.).
Dalla giurisprudenza del Giudice delle Leggi, dunque, si ricava che il citato presupposto generale dell’esistenza di una situazione necessitata ed imprevedibile, ravvisabile nel grave pericolo per l’incolumità dei cittadini, tale da non tollerare indugi in ordine all’attivazione dei pubblici poteri, deve essere corredato, però, da altre condizioni onde poter ritenere legittime le ordinanze de quibus.
Segnatamente, in primis, deve sussistere l’impossibilità di provvedere in via ordinaria alla rimozione del pericolo con l’impiego di provvedimenti amministrativi tipici (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 30 luglio 2007, n. 10).
In secundiis, la temporaneità (Corte Costituzionale, 2 luglio 1956, n. 8) del provvedimento e, quindi, la sua impossibilità di introdurre in via stabile una disciplina integrativa o sostitutiva di quella ordinaria, come pure di derogare ai canoni sostanziali, fondamentali dell’ordinamento come espressi dalla Carta Costituzionale (in termini, ex multisConsiglio di Stato, Sez. VI, 6 settembre 2010 n. 6464, secondo cui, in particolare, «le situazioni di emergenza prese in considerazione dall’art. 5L. n. 225 del 1992 consentono l’esercizio di poteri derogatori della normativa primaria solo a condizione che si tratti di deroghe temporalmente delimitate, non anche di abrogazione o modifica di norme vigenti, e sempre che tali poteri siano ben definiti nel contenuto, nei tempi, nelle modalità di esercizio, non potendo in particolare il loro impiego realizzarsi senza che sia specificato il nesso di strumentalità tra lo stato di emergenza e le norme di cui si consente la temporanea sospensione»).
In tertiis, sotto l’aspetto più squisitamente contenutistico, le ordinanze contingibili e urgenti devono essere in grado di realizzare compiutamente il fine che perseguono in relazione alle esigenze del caso concreto.
Criterio, quest’ultimo, al quale si riconnette, in quartis, quello della proporzionalità, intesa come adeguatezza tra intensità del potere esercitato e situazione di fatto da fronteggiare, anche in relazione all’interesse pubblico da perseguire, tenuto conto che la straordinarietà dello strumento derogatorio impone un più accorto uso della funzione autoritativa ed una più puntuale motivazione, onde evitare che trasmodino nell’arbitrio incontrollato ed incontrollabile anche in sede giudiziaria (pacifica la giurisprudenza nella rigorosa applicazione del principio di proporzionalità inteso nel senso del perseguimento dello scopo, con il minor sacrificio possibile per il destinatario dell’ordine. Ex plurimis : Consiglio di Stato, Sez. V, 3 aprile 1990, n. 332; Consiglio di Stato 11 aprile 1991, n. 542, nonché Consiglio di Stato 14 aprile 2006, n. 2087 e T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 15 novembre 2011, n. 1376).

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