26/03/2020 – Rapporto tra i piani paesaggistici e gli altri strumenti urbanistici

Rapporto tra i piani paesaggistici e gli altri strumenti urbanistici
di Giuseppe Cassano – Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics
 
Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato interviene sul tema della pianificazione del territorio avendo così modo si precisare (tra l’altro) come le scelte in tale settore siano caratterizzata da lata discrezionalità in capo alla P.A con conseguente riduzione degli spazi di intervento del sindacato del Giudice Amministrativo.
In particolare, sono principi costantemente affermati dalla giurisprudenza amministrativa, nella materia qui in esame, quelli secondo cui:
a) le scelte effettuate dall’amministrazione nell’adozione del piano regolatore costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che risultino inficiate da errori di fatto, abnormi illogicità, violazioni procedurali, ovvero che, per quanto riguarda la destinazione di specifiche aree, risultino confliggenti con particolari situazioni che abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate (Cons. Stato, sez. IV, 18 agosto 2017, n. 4037Cons. Stato, sez. IV, 25 novembre 2013, n. 5589);
b) le scelte discrezionali dell’amministrazione riguardo alla destinazione di singole aree, compiute in occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale, non necessitano di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali – di ordine tecnico discrezionale – seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione al piano regolatore generale.
A ciò fanno eccezione, richiedendosi pertanto una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali le seguenti ipotesi:
i) il superamento degli standards minimi di cui al D.M. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree;
ii) la lesione dell’affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio – rifiuto su una domanda di concessione (Cons. Stato, sez. IV, 20 agosto 2018, n. 4965; Cons. Stato, Ad. Plen., 22 dicembre 1999, n. 24; Cons. Stato, sez. IV, 26 aprile 2006, n. 2297Cons. Stato, 5 settembre 2003, n. 4980).
Passaggio fondamentale dell’argomentare dell’adito Collegio di Palazzo Spada – nella sentenza qui in esame – è quello che colloca i piani paesaggistici al vertice della «piramide degli strumenti di pianificazione» con la conseguenza che ad essi devono necessariamente conformarsi gli altri strumenti urbanistici.
Le norme di riferimento «sono contenute all’interno del titolo I della parte terza del D.Lgs. n. 42 del 2004artt. 131159, dedicato alla tutela e valorizzazione dei “beni paesaggistici”, ove per “paesaggio” si intende, ai sensi dell’art. 131, commi 1 e 2, il “territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni” tutelato “relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali”: in questo modo, all’evidenza, viene precisato e concretizzato il comma 2 dell’art. 9 Cost., per cui la Repubblica “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” » (Cons. Stato, sez. VI, 11 novembre 2019, n. 7715).
La sentenza in esame si pone in linea con il sistema di principi, cristallizzati da una ormai consolidata giurisprudenza (anche costituzionale: Corte Cost., 23 novembre 2011, n. 309Corte Cost. 29 ottobre 2009, n. 272Corte Cost. 23 dicembre 2008, n. 437Corte Cost. 7 novembre 2007, n. 367), che regolano la materia del governo del territorio e che individuano i presupposti e la natura dei poteri tipici (programmatori e pianificatori) che su di esso incidono.
Si ha in particolare una concezione del paesaggio quale valore primario, di morfologia del territorio per i contenuti ambientali e culturali che contiene (la cui conservazione è attribuita alla competenza esclusiva statale in separazione funzionale rispetto alla fruizione dello stesso affidata alla competente legislativa concorrente) e la cui tutela trova espressione diretta nei piani territoriali a valenza ambientale o nei piani paesaggistici redatti dalle regioni (ne risulta così affievolita la competenza in ordine al governo del territorio che non può mai legittimare l’introduzione di norme che alterino la primazia della tutela paesistica o ambientale).
L’interazione fra governo del territorio e tutela dell’ambiente si manifesta nella contemporanea legittimazione della legge statale a fissare standards ambientali uniformi su tutto il territorio nazionale e nella competenza della regione alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (tra gli interessi collegati si trova proprio il governo del territorio inteso quale disciplina degli adempimenti necessari per l’edificazione e la localizzazione delle infrastrutture nonché delle diverse forme di controllo del territorio).
L’urbanistica e l’edilizia costituiscono così il nucleo duro del governo del territorio ma non ne esauriscono l’ambito sia sotto il profilo dimensionale, sia sotto quello funzionale.
I piani paesistici (e quelli territoriali con valenza paesaggistica) hanno assunto nel tempo una portata territoriale e qualitativa sempre più ampia, affidandosi ad essi il compito di dettare una specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale.
Tale processo è stato portato a compimento nella sua massima estensione con il citato D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 – Codice dei beni culturali e del paesaggio – attraverso il quale la tutela del paesaggio ha assunto una portata generale e comunque una decisiva prevalenza di valore rispetto alla pianificazione urbanistica, sull’intero territorio, venendo quindi a disciplinare anche immobili non soggetti a vincolo paesaggistico; è stato delineato un evidente recupero di funzioni e poteri da parte dello Stato in materia di paesaggio anche in osservanza degli impegni assunti con la Convenzione europea conclusa a Firenze il 20 ottobre 2000 ed entrata in vigore in Italia nel settembre 2006 (all’interno di questo quadro si collocano le previsioni normative che stabiliscono che i piani paesaggistici dettino misure di coordinamento con gli strumenti di pianificazione territoriale di settore, nonché con gli strumenti regionali e territoriali per lo sviluppo economico – art. 145 del Codice dei beni culturali).
Si consideri, infine, che la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico è principio fondamentale della Costituzione (art. 9 Cost.) ed ha carattere di preminenza rispetto agli altri beni giuridici che vengono in rilievo nella difesa del territorio, di tal che anche le previsioni degli strumenti urbanistici devono necessariamente coordinarsi con quelle sottese alla difesa di tali valori.
La difesa del paesaggio si attua eminentemente a mezzo di misure di tipo conservativo, nel senso che la miglior tutela di un territorio qualificato è quella che garantisce la conservazione dei suoi tratti, impedendo o riducendo al massimo quelle trasformazioni pressoché irreversibili del territorio propedeutiche all’attività edilizia; non par dubbio che gli interventi di antropizzazione connessi alla trasformazione territoriale con finalità residenziali, soprattutto quando siano particolarmente consistenti per tipologia e volumi edilizi da realizzare, finiscono per alterare la percezione visiva dei tratti tipici dei luoghi, incidendo (quasi sempre negativamente) sul loro aspetto esteriore e sulla godibilità del paesaggio nel suo insieme. Tali esigenze di tipo conservativo devono naturalmente contemperarsi, senza tuttavia mai recedere completamente, con quelle connesse allo sviluppo edilizio del territorio che sia consentito dalla disciplina urbanistica nonché con le aspettative dei proprietari dei terreni che mirano legittimamente a sfruttarne le potenzialità edificatorie.
In relazione difficile equilibrio tra tali contrapposti interessi l’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico deve trovare, quando sia consenta lo ius aedificandi, il giusto contemperamento nel rilasciare o denegare il necessario assenso al formarsi del titolo autorizzatorio (Cons. Stato, sez. II, 14 novembre 2019, n. 7839)

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