26/02/2018 – Niente sanzioni per gli incarichi esterni illegittimi se le regole non sono «chiare»

Niente sanzioni per gli incarichi esterni illegittimi se le regole non sono «chiare»

di Giuseppe Nucci

“Nel caso di provvedimenti illegittimi – nella fattispecie, il conferimento di un incarico di esperto del Sindaco – la responsabilità amministrativo contabile è esclusa se i pareri e la giurisprudenza non sono uniformi. In tali casi, infatti, manca il requisito della condotta gravemente colposa, individuabile nelle evidenti e marcate trasgressioni degli obblighi di servizio o di regole di condotta che siano ravvisabili e riconoscibili per dovere professionale d’ufficio (ex multis C. Conti, Sez. riunite, n. 56/1997).

È questo il principio affermato dalla sentenza n. 38/2018 della Corte dei Conti, sezione di appello per la Sicilia.”

 

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La Corte dei Conti

Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A N. 38/A/2018

nel giudizio di appello, in materia di responsabilità amministrativa iscritto al n. 5808/A/Resp del registro di segreteria promosso ad istanza di:

· Sc. Gi., nato a (omissis) (Messina) il (omissis), rappresentato dagli avvocati Gi. Im. e Be. Ca. ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Palermo, Via (…);

· La. Ca., nato a (omissis) (AG) il (omissis), rappresentato dagli avvocati Gi. Im. e Be. Ca. ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Palermo, Via (…),

Contro

la Procura Generale presso la Sezione Giurisdizionale di Appello della Corte dei Conti per la Regione Siciliana e contro la Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana, per l’annullamento della sentenza della Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana, n. 47/2017 del 15 giugno 2016, depositata in data 25 gennaio 2017 e notificata in data 3 marzo 2017.

Visto l’atto introduttivo del giudizio depositato in data 26 aprile 2017.

Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale.

Uditi, alla pubblica udienza del 12 ottobre 2017, il relatore Consigliere Guido Petrigni, il Vice Procuratore generale dr. Pino Zingale e gli avvocati Gi. Im. e Gi. Im. (quest’ultimo per delega dell’avv. Be. Ca.) in favore dei sigg. Sc. Gi. e La. Ca..

F A T T O

I sigg.ri Gi. Sc. e Ca. La. venivano convenuti in giudizio per rispondere del danno erariale pari alla somme di Euro 53.201,00, secondo la seguente ripartizione: € 33.263,00, a favore del Comune di (omissis) e carico di Gi. Sc., nella sua qualità di sindaco di quell’ente locale; € 16.615,00 a favore dell’Unione dei Comuni “(omissis)” e carico di Gi. Sc., nella sua qualità di presidente della stessa; € 3.323,00 a favore dell’Unione dei Comuni “(omissis)” e carico di Ca. La., nella sua qualità di presidente della stessa.

Con più provvedimenti, il sindaco Gi. Sc. aveva conferito e prorogato, tra il 2009 e il 2012, l’incarico di esperto in materia giuridico-amministrativa a tale dott. Gi. Ra.; il presidente della predetta Unione di comuni, dapprima Gi. Sc., poi Ca. La. ha conferito e prorogato, tra il 2011 e il 2012, analogo incarico allo stesso dott. Ra..

In relazione a tali fatti, la Procura, ritenendo i conferimenti e le proroghe in argomento in contrasto con la disciplina recata dal citato art. 14 della legge regionale n. 7 del 1992 e con il canone costituzionale di buon’amministrazione, ha citato in giudizio i predetti convenuti ( oggi appellanti).

Con sentenza n. 47/2017, la Sezione Giurisdizionale di primo grado, con ampia ed articolata motivazione, in accoglimento della domanda della Procura regionale, rilevata la sussistenza degli elementi strutturali dell’illecito, ha dichiarato la responsabilità amministrativa degli odierni appellanti, condannandoli al pagamento delle somme contestate.

Con atto di appello depositato in data 26 aprile 2017, i signori Sciotto e Lamberti hanno impugnato la sentenza reputando non condivisibile il percorso argomentativo svolto.

Secondo l’atto di appello ha errato il Giudice di prime cure a condannare, in quanto gli incarichi in contestazione sono quelli previsti dall’art. 14 della legge regionale n. 7 del 1992 e non quelli ex art. 7, comma 6 D. Lgs n. 165/2001.

L’incarico al dott. Ra. è stato conferito in conformità ai principi espressi dalla giurisprudenza contabile (Corte dei Conti, Sez. Giurisdizionale n. 3123/2007) e alla deliberazione n. 10/2011/SS.RR./PAR della Corte dei Conti- Sezioni Riunite per la Regione Siciliana in sede consultiva.

Secondo parte appellante è paradossale che il giudice di prime cure rimproveri agli appellanti di non avere avvertito il dubbio del contrasto con la disciplina di riferimento, se risulta pacifico che hanno perfino chiesto un parere alle Sezioni Riunite, escludendosi così quella negligenza massima e/o disprezzo delle comuni regole di comportamento, risultando vero il contrario.

L’esclusività del rapporto di servizio che si instaura tra la figura dell’esperto e il Sindaco, non si instaura tra il Segretario comunale e il Sindaco.

Il Segretario comunale è al servizio di tutti gli organi dell’ente e svolge una attività di assistenza in ordine alla conformità dell’azione amministrativa, mentre l’esperto ex art. 14 cit. svolge una attività di consulenza e collaborazione anche per tutta l’attività non solo amministrativa ma prettamente politica di competenza del Sindaco.

Peraltro aggiunge la difesa non è affatto vero che il Segretario comunale sarebbe legato da un rapporto di fiducia con il Sindaco identico e/o sovrapponibile q quello che lega l’esperto ex art. 14 cit. al Sindaco. E’ assolutamente assurdo tentare di sovrapporre le due figure professionali senza tener conto del sistema normativo e ordinamentale vigente.

Le funzioni di esperto non sono affatto contemplate né attribuite ad una figura, il segretario comunale, presente nella struttura dell’ente.

Proprio al fine di non incorrere nella contestazione di responsabilità, e intendendo conferire legittimamente l’incarico al dott. Ra. ai sensi dell’art. 14 della Legge regionale n. 7/1992 proprio nella qualità di esperto del sindaco (lo stesso vale per l’incarico conferito come esperto del Presidente dell’Unione dei Comuni), con nota prot. N. 15335 del 16 settembre 2010 veniva inoltrata richiesta di parere alle Sezioni Riunite, le quali hanno chiarito che il conferimento di tali incarichi non rientra nel divieto previsto dalla legge, in quanto gli esperti del Sindaco non sono assimilabili ai consulenti esterni.

Nel caso di specie la presunta genericità è, nel caso di esperti del Sindaco ex art. 14 cit., condizione di legittimità del conferimento dello stesso, atteso che l’incarico, per essere legittimo, deve essere finalizzato all’espletamento di attività connesse con le materie di competenza del sindaco e mirare insieme al primo, a rendere effettivi il principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione

Peraltro, prosegue l’atto di appello, la lettura delle relazioni dimostra l’intensissima attività svolta a vantaggio del Sindaco e del Presidente dell’Unione.

Gli incarichi in contestazione sono quelli previsti all’art. 14 della legge regionale n. 7 del 1992 e non quelli ex art. 7 comma 6 Dlgs n. 165/2001.

Vengono evocati a suffragare la tesi difensiva due arresti giurisprudenziali di questa Sezione di Appello, precisamente le sentenze n. 122/2008 e n. 334/2008.

A prescindere, poi, dalla sovrapposizione (che non vi è), appare evidente che, in ogni caso, tale esperto ha offerto all’Ente un surplus di competenze, di professionalità e di esperienza che hanno reso più efficace, efficiente, economica e, in generale, più spedita l’intera azione amministrativa e l’azione politica del Sindaco.

La Procura Generale ha versato le sue conclusioni in data 19 settembre 2017 sottolineando che nessuna valenza può avere la deliberazione n. 10/2011/SS. RR delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti per la Regione Siciliana, dovendosi precisare che l’organo consultivo, in quella occasione, ha soltanto precisato che agli incarichi di cui ci si occupa non si applicano vincoli finanziari.

Il Legislatore, vietando, come nella specie, determinate spese, esprime in modo implicito un giudizio di inutilità, senza che possa residuare alcun margine interpretativo.

Alla odierna pubblica udienza gli avvocati intervenuti in favore degli appellanti hanno chiesto che venga accolto il gravame e riformata la sentenza; il PM intervenuto ha chiesto la conferma della sentenza di condanna.

DIRITTO

L’odierno giudizio di appello è finalizzato all’accertamento della fondatezza della pretesa azionata dal Pubblico Ministero, concernente un’ipotesi di danno erariale (quantificato in complessivi € 53.201,000) per il reiterato conferimento di incarichi di esperto al dr. Ra. Giovanni, secondo la seguente ripartizione:

· € 33.263,00, in favore del Comune di (omissis) e a carico di Gi. Sc., nella qualità di sindaco del Comune di (omissis);

· € 16.615,00 a favore dell’Unione dei Comune (omissis) e a carico sempre dell’appellante Gi. Sc., nella sua qualità di presidente della stessa;

· € 3.323,00 a favore dell’Unione dei Comuni di (omissis) e a carico di Ca. La., nella sua qualità di presidente della stessa.

L’azione è stata promossa nel presupposto che, per le asserite ripetute e significative violazioni degli stringenti vincoli imposti dalla disciplina relativa al conferimento di incarichi esterni, le spese sostenute dall’ente per remunerare gli esperti siano qualificabili come danno erariale.

L’Organo requirente ha ritenuto che la remunerazione corrisposta agli esperti integrasse un danno erariale imputabile alla condotta gravemente colposa del Sindaco che aveva adottato le delibere di conferimento degli incarichi e le successive delibere di riconferimento/proroga dei medesimi e poi del Presidente dell’Unione dei Comuni (omissis).

La Sezione Giurisdizionale per la Regione Sicilia con la sentenza n. 47/2017, in accoglimento della domanda della Procura regionale, rilevata la sussistenza degli elementi strutturali dell’illecito, ha dichiarato la responsabilità amministrativa degli odierni appellanti, condannandoli al pagamento delle somme contestate.

Orbene, la questione che viene in rilievo, ancora una volta, è quella dell’attitudine del conferimento di un incarico a professionisti esterni, che si assume essere stato eseguito in violazione degli stringenti vincoli imposti dalla disciplina di settore, a generare un danno erariale per l’Amministrazione conferente.

Non è revocabile in dubbio, nel solco di un orientamento giurisprudenziale pressoché pacifico (cfr., ex multis, Corte conti, Sez. Lombardia, 5 marzo 2007, n. 141; id, Sez. App. III, 10 marzo 2003, n. 100/A), che si conferma, che i profili di illegittimità degli atti costituiscono un sintomo della dannosità per l’erario delle condotte che all’adozione di quegli atti abbiano concorso.

In altri termini, la non conformità dell’azione amministrativa alle prescrizioni che ne regolano lo svolgimento non genera, di per sé, una responsabilità amministrativa in capo all’agente, ma certamente può assurgere a elemento rilevante a tale scopo solo allorché quegli atti si risolvano in una manifestazione di una condotta almeno gravemente colposa, foriera di un nocumento economico per l’Amministrazione.

Tale principi, espressione di una condivisibile metodologia di indagine, tuttavia, non possono essere invocati prescindendo dalle peculiari connotazioni della disciplina dell’agire pubblico che, di volta in volta, viene in rilievo.

Si osserva infatti che qualora lo specifico contesto normativo di riferimento imponga stringenti vincoli, inequivocabilmente preordinati a preservare il pubblico erario dall’abuso di strumenti operativi (altrimenti impiegabili secondo le comuni regole), eventuali violazioni di prescrizioni procedurali vertenti su profili nevralgici della disciplina, finiscono per integrare, per ciò solo, un nocumento per il patrimonio dell’Amministrazione.

Il rispetto delle limitazioni di carattere modale al conferimento di incarichi a soggetti esterni è presupposto di legittimità della spesa sostenuta per la remunerazione dei medesimi: le lacune procedurali, rilevabili per il tramite della motivazione del provvedimento, quindi, non sono meri vizi inficianti l’azione amministrativa con rilevanza circoscritta alla sfera di legittimità del provvedimento, ma si riverberano anche sugli effetti economici prodotti da questo, rendendo, automaticamente, dannosa per l’erario la conseguente spesa.

Tale ricostruzione, certamente condivisibile è in linea con un orientamento giurisprudenziale consolidato sia in primo grado (tra le tante, Sez. Giur. Sicilia Sent. 7.1.2008, n. 185; Sez. Giur. Molise Sent. 28.2.2007, n. 50; Sez. Giur. Sicilia Sent. 21.9.2007, n. 2492), che in grado di appello (ex pluribus: Sez. I App Sent. 28.5.2008, n. 237; Sez. App. III Sent. 5.4.2006, n. 173; Sez. App. II Sent. 20.3.2006, n. 122; Sez. App. II Sent. 16.2. 2006, n. 107; Sez. App. III Sent. 6.2.2006, n. 74).

In particolare, poi, tale indirizzo ha ricevuto anche l’avallo della locale Sezione d’Appello (cfr. Sent. 1.10.2008, n. 284; Sent. 29.5.2008, n. 206 e Sent. 2.4.2008, n. 122), la quale, dopo aver evidenziato che le speciali condizioni (rispondenza dell’incarico agli obiettivi dell’ente; assenza di una apposita struttura organizzativa della P.A. ovvero carenza organica che impedisca o renda oggettivamente difficoltoso l’esercizio di una determinata funzione pubblica, da accertare per mezzo di una reale ricognizione; complessità dei problemi da risolvere che richiedono conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze del personale della P.A. o dell’ente pubblico; indicazione specifica dei contenuti e dei criteri per lo svolgimento dell’incarico; indicazione della durata dell’incarico, svolgimento da parte del consulente privato di un’attività non continuativa; proporzione fra il compenso corrisposto all’incaricato e l’utilità conseguita dall’amministrazione) che legittimano il conferimento degli incarichi di consulenza a professionisti esterni alla P.A. «devono coesistere e, soprattutto, devono essere oggettivamente sussistenti», ha affermato che «nei rapporti pubblicistici (…) si deve tenere conto dei limiti posti dal legislatore all’azione degli amministratori, soprattutto quando, come nella specie, detti limiti mirano a tutelare preminenti interessi pubblici, quali quelli che si ricollegano alle esigenze di equilibrio della finanza pubblica in un momento di grave crisi economico – finanziaria del Paese.

Pertanto, quando, come nel caso in esame, il legislatore pone agli amministratori pubblici determinati vincoli di spesa, ritenendo implicitamente non utili tutte quelle spese che non rispettino i limiti da esso posti, è sufficiente che la spesa si effettui contra legem perché si realizzi il danno».

Poste tali premesse, che, si reitera, appaiono pienamente condivisibili, occorre apprezzare se tali elementi si palesino (recte, si debbano palesare) tutti nella vicenda in esame.

Occorre cioè valutare se, in occasione dei conferimenti degli incarichi al dr. Ra., siano ravvisabili plurime e qualitativamente significative devianze dalle vincolanti prescrizioni di riferimento.

Per pervenire ad una condivisa lettura delle carte processuali, occorre, in linea propedeutica, per cogliere le adombrate censurabili condotte, delineare il pertinente contesto normativo.

Come è noto, nel processo evolutivo dei paradigmi organizzativi della pubblica amministrazione, ruolo non trascurabile ha avuto la previsione della possibilità di conferimento di incarichi a soggetti estranei alla compagine amministrativa, variamente disciplinata a seconda del livello del sistema (nazionale o locale), delle funzioni e delle finalità che di volta in volta vengono in rilievo.

Va poi rilevato che l’indirizzo giurisprudenziale in tema di nomine dei consulenti esterni alla p.a non può essere applicato alla fattispecie in esame.

Tale indirizzo, infatti, è diretto a fissare i limiti di carattere generale entro i quali deve muoversi l’esercizio “iure privatorum” della potestà amministrativa in assenza di specifica normativa, mentre nel caso in cui, come nella specie, la legge regola esplicitamente il conferimento degli incarichi (sia nel senso dell’ammissione che del divieto), è la stessa legge che stabilisce l’ambito e i limiti entro i quali il potere dell’autorità amministrativa deve essere esercitato; con la conseguenza che il ricorso ai principi che stanno a fondamento del suddetto indirizzo può essere utilizzato solo in funzione interpretativa o integrativa, ma non certamente sostitutiva o derogatoria, della norma.

Per quel che concerne i profili che assumono rilievo nel presente giudizio, nell’ambito della Regione Siciliana, l’art. 14 della Legge regionale n. 7 del 1992 e successive modifiche ed integrazioni al primo comma prevede che “Il sindaco, per l’espletamento di attività connesse con le materie di sua competenza, può conferire incarichi a tempo determinato che non costituiscono rapporto di pubblico impiego, ad esperti estranei all’amministrazione”.

Ai sensi dell’art. 14 della legge regionale 26 agosto 1992, n. 7 e successive modificazioni, Il numero degli incarichi conferibili è rapportato al numero degli abitanti. Gli esperti nominati ai sensi del citato articolo devono essere dotati di documentata professionalità e, nel caso di nomina di soggetto non provvisto di laurea, il provvedimento deve essere ampiamente motivato.

Il sindaco annualmente trasmette al consiglio comunale una dettagliata relazione sull’attività degli esperti da lui nominati. Agli esperti è corrisposto un compenso pari a quello globale, previsto per i dipendenti in possesso della seconda qualifica dirigenziale.

La ratio delle cennate disposizioni, nonostante lo scarno quadro normativo di riferimento, si coglie agevolmente partendo dalla constatazione che la distribuzione delle competenze tra gli organi politici e amministrativi del comune (consiglio, giunta, sindaco e dirigenti) non è effettuata dall’ordinamento soltanto per materia, ma anche per funzione, e considerando le novità introdotte dalle recenti leggi di riforma dell’ordinamento degli enti locali e del sistema di elezione del sindaco.

Il sindaco, dopo tali leggi, ha sostanzialmente mantenuto le sue principali e tradizionali competenze (quelle delegate dallo Stato e dalla Regione; la qualità di ufficiale di governo e di rappresentante dell’ente; i poteri di impulso, direzione ed esecuzione nei confronti dei due organi collegiali dell’ente locale – esplicati soprattutto attraverso la potestà di proposta e di parere nelle materie di competenza del consiglio comunale e della giunta comunale, ma che possono anche concretarsi in forme di collaborazione attiva, di tipo informativo e istruttorio, ed esterna esercitate nell’ambito dei processi decisionali rientranti nella competenza degli organi collegiali; il potere di convocare e presiedere la giunta – partecipando in tal modo al governo dell’amministrazione locale con ulteriori compiti di natura organizzatori e amministrativa anche di natura residuale, non essendo state ancora recepite nell’ordinamento regionale siciliano le modificazioni organizzative introdotte dal d.l.vo n. 29 del 1993 e successive modificazioni; il potere di sovrintendere al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti, di nominare i responsabili degli uffici e dei servizi, di vigilare sull’andamento dei servizi – intervenendo ogniqualvolta ciò sia necessario per garantire da parte degli uffici comunali il rispetto della legge e delle regole di buon andamento, ecc…), acquistandone poche altre, quali il potere residuale di compiere tutti gli atti di amministrazione che dalla legge o dallo statuto non siano specificamente attribuiti alla competenza degli altri organi del comune, degli organi di decentramento, del segretario e dei dirigenti, di nominare, designare o revocare i rappresentanti del comune presso enti e aziende, o di concludere contratti a trattativa privata fino ad un determinato importo, e così via.

Un siffatto limitato aumento di competenze di per sé solo non può di certo essere ritenuto sufficiente a giustificare il diverso trattamento riservatogli dall’art. 14 della l.r. n. 2 del 1997 rispetto agli altri organi di vertice dell’amministrazione comunale (consiglio e giunta), che pure svolgono compiti di non minore impegno e rilevanza.

Ciò che giustifica una tale diversità è, dunque, soltanto il fatto che il sindaco è ora eletto direttamente dai cittadini sulla base del programma che si è impegnato a realizzare, con l’ausilio di una giunta designata già all’atto della sua candidatura e senza che sussista più, necessariamente, un rapporto fiduciario con il consiglio comunale.

L’attuale sistema di elezione, in sostanza, pone il sindaco in una posizione di diretta responsabilità politica verso i cittadini e, conseguentemente, lo impegna ad assumere un ruolo maggiormente attivo nell’ambito dell’amministrazione comunale; ruolo, in qualche misura funzionalmente autonomo, che viene esercitato non solo attraverso lo svolgimento dei compiti specificamente attribuiti al sindaco dall’ordinamento, ma anche, soprattutto, con l’accentuazione dei compiti generali di direzione, di indirizzo, di impulso, di stimolo, di proposta, di coordinamento e di controllo, che spettano al primo cittadino, distintamente, nei confronti degli organi collegiali e degli uffici comunali e che sono diretti al perseguimento degli interessi pubblici che fanno complessivamente capo all’ente locale.

L’art. 14 della l.r. n. 2 del 1997 dunque, proprio per consentire al sindaco la possibilità di espletare al meglio tutti i molteplici e complessi compiti (gran parte dei quali ad altissimo contenuto specialistico) assegnatigli dall’ordinamento, gli ha attribuito il potere di avvalersi, in via generale e non soltanto per specifiche esigenze, come è dimostrato dal fatto che il numero degli esperti è commisurato al numero di abitanti, dell’apporto, personale e diretto, di esperti estranei all’amministrazione comunale, indipendentemente dal fatto che determinati compiti possano essere svolti anche da altri organi o uffici comunali, attraverso il conferimento di incarichi temporanei, anche continuativi, ma che comunque non possono eccedere la durata del suo mandato.

Corollario di tali regole è, anzitutto, che il sindaco non può conferire a soggetti estranei all’amministrazione incarichi che abbiano, invece, ad oggetto, non attività rilevanti ai fini dell’esercizio delle sue specifiche attribuzioni, ma lo svolgimento di attività gestorie affidate per legge agli uffici amministrativi.

Il potere di nomina degli esperti è subordinato, inoltre, all’esistenza di due altri presupposti: la professionalità del nominato e la finalizzazione dell’incarico all’espletamento di attività connesse con le materie rientranti nella sfera delle attribuzioni sindacali.

Per quanto riguarda la professionalità, va detto che si tratta di un requisito che deve essere in concreto verificato sulla base di criteri di comune esperienza e che, normalmente, ma non sempre, si individua nel possesso di titoli di studio, culturali o di servizio che rendano un soggetto particolarmente idoneo allo svolgimento di una determinata attività (non, a caso, la legge richiede che, nel caso di nomina di soggetto non provvisto di laurea, il provvedimento sia “ampiamente” motivato).

Per quanto concerne l’altro presupposto, va rilevato che la finalizzazione dell’incarico all’espletamento di attività connesse con le materie di competenza del sindaco mira, insieme al primo, a rendere effettivo il principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione, stabilendo l’obbligo (che di tale principio è espressione) del sindaco di perseguire comunque l’utilità della spesa pubblica; sicché egli non può certamente usare del suo potere per conferire incarichi che non abbiano alcuna attinenza con i suoi compiti istituzionali o che comunque non siano finalizzati allo svolgimento di attività oggettivamente necessarie per l’adempimento di tali compiti. L’art. 14 della l.r. n. 2 del 1997, inoltre, non stabilisce in quale modo debba essere documentata l’attività svolta dagli esperti, ma soltanto che il sindaco annualmente trasmette al consiglio comunale una dettagliata relazione sull’attività degli esperti da lui nominati.

Posto, però, che è principio generale dell’ordinamento pubblicistico – chiaramente desumibile dall’art. 97 cost., che obbliga gli amministratori e dipendenti pubblici a tenere comportamenti assolutamente trasparenti, e dal complesso delle norme di contabilità pubblica poste a garanzia dell’erario – che gli acquisiti della p.a. debbano essere oggettivamente documentati e le relative spese adeguatamente giustificate e dimostrate, non vi è dubbio che comunque, indipendentemente dalla lettera della cennata disposizione, sussiste un preciso obbligo giuridico del sindaco di documentare l’attività degli esperti da lui nominati, anche quando tale attività sia stata esplicata oralmente o attraverso comportamenti materiali

Si ritiene opportuno richiamare a tal proposito i principi affermati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 252 del 2009, secondo cui il riconoscimento agli amministratori pubblici di un certo grado di autonomia nella scelta dei propri collaboratori esterni (v. sentenze n. 187 del 1990 e n. 1130 del 1988), non li esime dal rispetto del canone di ragionevolezza e di quello del buon andamento della pubblica amministrazione, al fine precipuo di scongiurare che “la previsione dell’assunzione (sia pure a tempo determinato) di personale sfornito dei requisiti normalmente richiesti per lo svolgimento delle funzioni che è destinato ad espletare determini l’inserimento nell’organizzazione pubblica di soggetti che non offrono le necessarie garanzie di professionalità e competenza” (sentenza n. 27 del 2008).

Nel merito, quindi, il Collegio deve verificare se, con riguardo alla vicenda descritta in narrativa, sussistano gli elementi tipici della responsabilità amministrativa che, com’è noto, si sostanziano in un danno patrimoniale, economicamente valutabile, arrecato alla pubblica amministrazione in base ad un rapporto di servizio intercorrente tra coloro che lo hanno determinato e l’ente che lo ha subito, in una condotta connotata da dolo o colpa grave, nel nesso di causalità esistente tra il predetto comportamento e l’evento dannoso.

Occorre in altri termini esaminare gli incarichi controversi e accertare se il Sindaco del Comune di (omissis) poteva o non avvalersi di un supporto di un esperto di fiducia in materia giuridico amministrativa.

Ritiene il Collegio che, pur confermando in toto il quadro di principi e di regole comportamentali sopra descritte, il caso in esame meriti una diversa connotazione sotto il profilo soggettivo.

Con sentenza n. 334/2008, questa Sezione di Appello, nel confermare la sentenza di primo grado n. 3123/2007, affermava, in fattispecie similare relativa cioè alla nomina di esperti del Sindaco ex art. 14 l.r. n. 7/1992, che il presente giudizio non riguarda la legittimità di un atto, ove ritenuto illegittimo, ma la ricerca dell’eventuale danno erariale per effetto di un atto o di un comportamento rispetto al quale la carenza di motivazione non svolge certamente la funzione di evidenziare ex se il danno stesso e rispetto al quale la motivazione può sopravvenire all’emanazione dell’atto o risultare da atti concludenti.

In particolare poi, la Sezione Giurisdizionale per la regione Siciliana con la sentenza sopra richiamata 3123/2007, opinava che “non è previsto alcun obbligo per il capo dell’amministrazione comunale di verificare preventivamente la sussistenza o meno all’interno dell’amministrazione comunale di soggetti che posseggano i requisiti professionali per assolvere ai compiti oggetto dell’incarico,”.

In tale cornice istituzionale, le Sezioni riunite della Corte dei conti, per la Regione siciliana, in sede consultiva, con parere reso su richiesta del Comune di Naro (Deliberazione n. 29/2008), esplicitava, alla luce della giurisprudenza della Corte dei conti che “ non solo l’interpretazione letterale, ma anche quella sistematica della anzidetta normativa, consente di configurare la nomina dell’esperto come una prerogativa speciale a lui riservata, subordinata a determinate condizioni indicate dalla medesima legge e, comunque, di natura fiduciaria, subordinata a specifiche condizioni.

Certo, mai la condotta improntata ad un pregresso modello comportamentale totalmente e manifestamente sbagliato, perché contrario alla disciplina di settore, potrebbe essere idonea ad esimere da responsabilità l’agente, comunque, tenuto all’esercizio delle funzioni pubbliche in modo avveduto e prudente, salvaguardando prioritariamente il buon andamento dell’amministrazione in tutte le accezioni in cui esso si declina, fra cui l’oculata gestione delle scarse risorse.

Tuttavia, con la deliberazione n. 10/2011/SS RR./Par le sezioni Riunite in sede consultiva, su richiesta fatta proprio dal Sindaco del Comune di (omissis), in ordine alla applicabilità della disciplina contenuta nell’art. 6,comma 7 del DL n. 78/2010 convertito in legge 122/2010, alla fattispecie degli incarichi di esperto del Sindaco contemplati dall’art. 14 della legge regionale Sicilia n. 7/1992 e seguenti, precisava, che l’art 6,comma 7 della legge 122/2010, introduce una precisa limitazione alla spesa per gli incarichi esterni, stabilendo che al fine di valorizzare le professionalità interne alla amministrazione a decorrere dal 2011, la spesa annua per studi ed incarichi di consulenze, sostenuta dalle amministrazioni pubbliche di cui al comma 3 dell’art. 1 della legge 31.1.2 2009 n. 196, non può essere superiore al 20% di quella sostenuta nell’anno 2009.

Non v’è dubbio che il parere era stato chiesto per conoscere se, nel novero degli incarichi esterni considerati ai fini della determinazione del tetto massimo alle spese effettuabili dagli enti locali, fossero da annoverare alcune spese sostenute per gli esperti del Sindaco, tipologia di incarico contemplata dalla normativa regionale della Regione Sicilia, la quale contempla la possibilità per il Sindaco di conferire incarichi a tempo determinato ad esperti per l’espletamento di attività connesse con le materie di sua competenza.

Proseguiva il parere in questione “trattasi, in sostanza, di consulenti nominati dal Sindaco, al fine di coadiuvare lo stesso nell’attività di programmazione e di indirizzo dell’attività amministrativa, tipica dell’organo di direzione politico e come tale estranea allo svolgimento di funzioni di natura gestionale, affidate ai dirigenti e al personale amministrativo”.

L’inerenza dell’attività degli esperti del sindaco alla funzione di governo, come sopra specificata, fa sì che gli stessi non siano assimilabili tout court ai consulenti esterni.

La soluzione prospettata risulta, peraltro, avvalorata dal tenore letterale della norma (art. 6 comma 7 della legge 122/2010) laddove la stessa, riferendo i motivi della limitazione prevista dall’esigenza di valorizzare le professionalità interne alla amministrazione, appare avere escluso le ipotesi in cui l’attività di supporto, come nel caso in esame, faccia riferimento ad attività estranee alla sfera gestionale ed amministrativa tipicamente affidata ai dipendenti dell’amministrazione.

Orbene, che l’attività degli esperti fosse da considerare altra rispetto a quella dei consulenti rimane chiara e reiterata in altri pareri resi dalle precitate Sezioni riunite della Corte (cfr. pareri resi con deliberazioni n. 21/2011, 33/2011, 50/2001).

Soltanto a partire dalla deliberazione n. 72/2011 delle Sezioni Riunite in sede consultiva per la Regione Sicilia (poi confermata dalle deliberazioni n. 95/2012, 19/2013, 33/2014) e dalla più avvertita giurisprudenza della Corte dei conti, sensibilizzata da un uso talvolta distorto degli strumenti normativamente voluti dal Legislatore regionale, si è cominciato a considerare che gli incarichi conferiti dal Sindaco ad esperti estranei all’Amministrazione (ex articolo 14 della legge regionale n. 7 del 1992, articolo 14) vanno ascritti, in buona sostanza, alla categoria delle consulenze con tutti i corollari inevitabili.

In altri termini, come si desume dalla rubrica dell’articolo 6 del dl 78/2010, denominata riduzione dei costi degli apparati amministrativi, l’intento del legislatore è stato palesemente rivolto a tale finalità in un più generale disegno di coordinamento della finalità pubblica, con conseguente riduzione di tutte le possibili forme di compenso corrisposto dalle amministrazioni ai componenti di organi comunque denominati e ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo.

Non v’è dubbio che l’intervenuto mutamento di orientamento al riguardo, e la presenza di una giurisprudenza contabile che in astratto affermava la legittimità del conferimento di tali incarichi, rendevano plausibile, confidare nella attribuzione degli incarichi.

Sembra al Collegio che nel caso in esame l’appellante Sc. Gi. si sia rivolto alle Sezioni riunite della Corte dei conti per la Regione Sicilia in sede consultiva, non già per avere una egida alle sue condotte, e, comunque, non certo soltanto per risolvere un problema di contabilità che inizialmente ha affannato non poco le Sezioni di controllo.

Nel caso in specie, e ciò, assume peculiare rilevanza, il Comune di (omissis) ha chiesto espressamente alle Sezioni riunite in sede consultiva della Corte dei conti per la Regione Sicilia se gli incarichi in oggetto, conferiti ai sensi dell’articolo 14 della legge regionale n. 7 del 1992, fossero pure da ricomprendere, come gli altri, nel divieto assoluto posto dalla legge, nell’implicito presupposto che fossero ontologicamente diversi dall’incarico conferito ai consulenti tout court, stante la loro strutturale e ontologica diversità.

Certo le Sezioni riunite non si sono espresse sulla legittimità dell’incarico, ma gli appellanti hanno confidato sulla diversità della tipologia dei incarichi attributi e nella sussistenza dei presupposti.

La necessità di rinvenire all’interno della struttura amministrativa pubblici dipendenti competenti nella materia e la facoltà di rinvenire tali compiti in quelli attribuiti al segretario comunale appare oggi condivisibile ma occorre contestualizzare il conferimento dell’incarico. Incarico, questo, che è stato preceduto da una richiesta di parere che ha distinto, sia pure per altri profili, la figura del consulente da quella dell’esperto.

Del resto, il Segretario Comunale, figura individuata quale escludente ex se figure parallele, svolge un’attività di assistenza in ordine alla conformità dell’azione amministrativa, mentre l’esperto ex art. 14 svolge una attività di consulenza e collaborazione anche per tutta l’attività non solo amministrativa ma prettamente politica di competenza del Sindaco.

Nel caso che ci occupa, si rileva che:

-non è stato superato il limite numerico degli esperti in relazione al numero degli abitanti;

-la professionalità del Ra. è certamente documentata;

-lo stesso è soggetto laureato, requisito prescritto espressamente;

-sia il Sindaco che il Presidente dell’Unione dei Comuni hanno trasmesso annualmente, rispettivamente al Consiglio Comunale e al Consiglio dell’Unione, la dettagliata relazione sull’esperto nominato;

-è stato predeterminato il compenso;

-è’ stato rispettato il limite numerico soggettivo.

Nel caso in specie, dalle relazioni prodotte si evince che il dott. Ra. ha svolto una intensissima attività a favore del Sindaco e del Presidente dell’Unione:

attività di assistenza e consulenze al Sindaco su diverse problematiche;

redazione dei pareri orali e scritti;

assistenza nella predisposizione di bozze di documenti e provvedimenti, partecipazione ad incontri con funzionari, assessori e capigruppo e intervento ad incontri di delegazione trattante;

elaborazione di un documento di sintesi contente le linee guida del riassetto organizzativo dell’Ente;

partecipazione a riunioni della Giunta, ad incontri con le rappresentanze sindacali e con i funzionari comunali;

atti di indirizzo per il recupero delle morosità, dei ruoli ICI Tarsu ecc.;

assistenza al Sindaco nella delicata trattativa con la Regione Siciliana riguardante la definizione delle modalità di estinzione del consistente debito del Comune;

assistenza nella redazione degli strumenti finanziari e di bilancio, proposte di modifiche e integrazione al regolamento di contabilità e al regolamento sulla disciplina delle alienazioni, anche al fine di rispettare il patto di stabilità;

assistenza nell’approvazione del nuovo regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi, assistenza nella introduzione del Piano esecutivo di gestione e del piano dettagliato degli obiettivi;

assistenza nella predisposizione dello Statuto dell’Unione dei Comuni e nella predisposizione dei documenti necessari alla Fondazione per la gestione dell’Auditorium;

assistenza al Sindaco in materia ambientale (tutela del sito naturale area industriale di Milazzo) e partecipazione al Tavolo tecnico promosso dal Sindaco con la partecipazione, dei Comuni del comprensorio e di altre istituzioni pubbliche, incontri con l’Arpa e con la Provincia di Messina, problematiche interessanti il SIN e la messa in sicurezza e bonifica dei suoli, nonchè nella gestione dei rapporti con l’Asi e l’Autorità portuale; assistenza al Sindaco in materia sanitaria; analisi delle procedure e delle problematiche connesse alla stabilizzazione dei precari e ai sistemi di valutazione del personale ai sensi del DLGS n. 150/09; richiesta di parere alla Sezione consultiva della Corte dei conti sulla possibilità dei Comuni di riassorbire il personale transitato all’ATO ME”, in liquidazione;

assistenza al Sindaco negli incontri con la Società Tirreno Ambiente, creditrice di somme dei Comuni dell’ATO, per la definizione di transazioni sostenibili per il Comune e in diverse altre problematiche (descritte nelle relazioni) relativi ai servizi erogati dall’Ato.

In favore dell’Unione dei Comuni il Ra. ha svolto una attività importante per l’impostazione di documenti fondamentali per l’organizzazione dell’Unione stessa, fornendo, nel seguire le indicazioni fornite dalla Corte dei conti in sede consultiva, bozze di lavoro sulla possibile dotazione organica (dopo avere elaborato i dati forniti dai vari comuni, dove si era recato) e sul fabbisogno triennale del personale.

Ha poi reso pareri e ha collaborato con il Presidente rendendo una decisiva collaborazione sulla programmazione economico finanziari, sullo stato di attuazione dello Statuto con precipuo riferimento agli adempimenti di carattere programmatorio.

L’attività emerge dalle numerose relazioni e da tutta l’ampia documentazione.

Il vero è che le censure rivolte dall’Organo requirente e fatte proprie dalla Sezione giurisdizionale si soffermano sulla genericità dell’incarico e sulla impossibilità di attribuire alcuna utilitas ad un conferimento illegittimo.

Orbene, il Collegio non può che confermare la protasi di quanto indicato ma non la sua apodosi.

Non è revocabile in dubbio che nessuna utilità possa attribuirsi a una prestazione conseguente ad un incarico conferito contra legem con conseguente impossibilità di considerare, ai fini della quantificazione del danno risarcibile, l’eventuale vantaggio conseguente all’attività del soggetto esterno all’Ente, illegittimamente incaricato.

Tuttavia, occorre esaminare la scolpita inescusabile negligenza gestionale di cui risulta espressione l’ingente allocazione di risorse per remunerare un esperto nominato e reiteratamente prorogato.

Tutto si concentra sulla evanescenza degli incarichi e sulla mancanza di motivazione degli stessi che non spiegano quali attività dovevano essere svolte.

Invero, seppur erroneamente, la mancanza di specificità dell’incarico è stata considerata condizione di legittimità del conferimento dello stesso, posto che l’incarico, per essere legittimo, deve essere finalizzato all’espletamento di attività connesse con le materie di competenza del sindaco e mirare insieme al primo a rendere effettivo il principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione.

Per ciò che attiene all’elemento soggettivo, e arriviamo al punto focale, il Collegio deve valutare, però, se il danno imputabile agli odierni convenuto sia ascrivibile a titolo di colpa grave.

Certamente vi sono state reiterate violazioni, su profili di importanza primaria, della disciplina dei conferimenti di incarichi a soggetti esterni all’Amministrazione: la rilevanza quantitativa e qualitativa degli scostamenti e la circostanza che gli stessi hanno riguardato un segmento dell’agire pubblico assistito da prescrizioni imperative che non davano margini di opinabilità agli operatori, indurrebbero quindi a ritenere preclusa ogni ulteriore indulgente valutazione.

Tuttavia, il Collegio non reputa sussistenti i presupposti per la configurabilità, in relazione ai conferimenti di incarico in esame, della colpa grave, in considerazione delle notazioni sopra esposte.

La convinzione che la genericità dell’’incarico fosse speculare alla variegata e complessa attività poi dispiegata dall’esperto, la comprovata professionalità del medesimo e le attività da lui svolte in sinergia con il rappresentante del Comune prima e dell’Unione dei Comuni poi, la giurisprudenza e il convincimento espresso, al tempo, dagli organi consultivi della Corte dei conti che la figura dell’esperto fosse altra, e lo è, rispetto a quella dei consulenti, ma soprattutto il convincimento fondato su un parere espressamente richiesto hanno dato la stura al conferimento di incarico (poi rinnovato), che si ribadisce non poteva, per la sua genericità, essere così attributo.

La natura essenzialmente normativa del giudizio in ordine alla sussistenza della colpa grave impone, allora, al giudice di effettuare una doppia valutazione (cd doppia misura della colpa).

Da un lato deve essere individuato il fondamento normativo della regola a contenuto cautelare che esprime, in termini di prevedibilità, prevenibilità ed evitabilità, la misura della condotta in relazione alla quale il legislatore ha risposto l’affidamento per prevenire ed evitare il rischio del danno; dall’altro deve essere accertato in concreto il grado di esigibilità della condotta normativamente prevista in ragione delle condizioni concrete nelle quali è stato posto in essere il comportamento (C. Conti, Sez. II App., 23/09/2015, n. 637).

Affette da colpa grave vanno considerate quelle evidenti e marcate trasgressioni degli obblighi di servizio o di regole di condotta che siano “ex ante” ravvisabili e riconoscibili per dovere professionale d’ufficio, e che, in assenza di oggettive ed eccezionali difficoltà, si materializzano nell’inosservanza del minimo di diligenza richiesto nel caso concreto ovvero in una marchiana imperizia o in una irrazionale imprudenza (C. Conti, Sez. riunite, 10/06/1997, n. 56).

Orbene, proprio gli arresti giurisprudenziali richiamati e i pareri resi dalle Sezioni riunite sopra richiamate, sia pure, come cennato, con i dovuti distinguo, danno la cifra non di un contrasto giurisprudenziale vigente all’epoca delle determinazioni che oggici occupano, ma di un processo di affinamento degli approcci esegetici a figure, volute dal legislatore regionale, per consentire al Sindaco di esprimere le sue funzioni.

Quanto al fatto che non era stata condotta alcuna ricognizione diretta ad accertare la presenza di analoghe professionalità all’interno dell’amministrazione e il conferimento non era stato preceduto da alcuna forma di selezione comparativa, in tal senso eloquente, per intuire che sussisteva in giurisprudenza una visione antinomica a quella postulata (correttamente) come conforme al dettato normativo dall’organo requirente, appare utile richiamare proprio quella giurisprudenza che coglieva elementi di diversità tra le figure degli esperti e quelle dei consulenti.

Del resto la Corte dei conti ha più volte ribadito che è ravvisabile colpa grave quando l’interpretazione normativa non correttamente eseguita dalla P.A., era contraddetta da un costante ed univoco indirizzo giurisprudenziale (Corte conti Sezioni riunite 22 maggio 1997 n. 49), nonché quando l’iniziale incertezza interpretativa di un dato normativo sia stata superata e risolta da univoche pronunzie successive della Magistratura.

Ebbene, sotto il profilo esaminato, allora, non sembra possa ritenersi sussistere colpa grave in una valutazione ex ante, l’unica che può permettere di apprezzare la condotta dei soggetti chiamati a rispondere del danno loro ascritto, proprio in virtù del fatto che si riteneva, erroneamente, ma nel convincimento alimentato da talune pronunzie che gli stringenti limiti previsti per i consulenti non fossero applicabili alle figure degli esperti. Ciò nel convincimento che il potere del Sindaco di nominare esperti, previsto dall’art. 14 della legge regionale n. 7/1992 non fosse assoggettato immancabilmente al rispetto delle disposizioni di cui ai commi 6 e 6 bis dell’art. 7 del dlgs n. 165/2001 e s.m.

Alla luce del coacervo delle considerazioni sopra esposte, per la particolarità degli elementi evidenziati, il Collegio reputa accoglibili gli appelli mossi da Sc. Gi. e La. Ca. e li manda assolti da ogni addebito con conseguenziale riforma della sentenza di primo grado.

All’assoluzione, segue la statuizione sulla liquidazione delle spese legali, per entrambi i gradi di giudizio, ai sensi dell’articolo 31, secondo comma, del Codice di Giustizia Contabile che si liquidano, a cura della Segreteria, complessivamente in € 1.300,00, in favore di La. Ca.; € 4.000,00 in favore di Sc. Gi., oltre accessori come per legge, ponendole a carico, in parti eguali, del Comune di (omissis) e dell’Unione dei Comuni “(omissis)”.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale di appello per la Regione siciliana, definitivamente pronunciando nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 5808/R del registro di segreteria,

ACCOGLIE

L’appello mosso da Sc. Gi. e La. Ca. e li manda assolti da ogni addebito con conseguenziale riforma della sentenza di primo grado.

Liquida, per entrambi i gradi di giudizio, le spese legali, che si quantificano, a cura della Segreteria, complessivamente in euro 1.300,00, in favore di La. Ca.; in € 4.000,00, in favore di Sc. Gi., oltre accessori come per legge ponendole a carico, in parti eguali, del Comune di (omissis) e dell’Unione dei Comuni “(omissis)”.

Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.

Così deciso in Palermo, nella Camera di Consiglio del 12 ottobre 2017.

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