23/08/2019 – Accesso agli atti di procedura indetta da società mista pubblica privata per concessione in locazione di immobili. Legittimità.

Accesso agli atti di procedura indetta da società mista pubblica privata per concessione in locazione di immobili. Legittimità.

Consiglio di Stato, Sez. V , 22 / 08 / 2019 , n. 5781
Scritto da Roberto Donati 22 Agosto 2019
 
Sentenza significativa ,quella in commento, perché riferita all’applicazione del diritto di accesso ad  una società per azioni a partecipazione mista pubblica e privata.
Con il contestuale riepilogo dei principi in materia di accesso agli atti secondo quanto previsto dalla Legge 241/90.
La vicenda riguarda un’impresa che aveva manifestato  il proprio interesse nei confronti di un avviso di società mista pubblico-privata teso a sollecitare manifestazioni di interesse per la concessione in locazione di spazi di proprietà della medesima.
La manifestazione di interesse presentata però non viene accettata.
L’impresa chiede di accedere agli atti .
L’accesso agli atti viene  negato, perché l’avviso pubblico non prevedeva “alcuna forma di selezione comparativa, ma la mera facoltà di valutare discrezionalmente la sussistenza, rispetto a ciascuna manifestazione pervenuta, di un interesse ad avviare con l’operatore istante una negoziazione finalizzata, eventualmente, alla sottoscrizione di un contratto di concessione temporanea di spazi per progetti e iniziative”.
Si rilevava, inoltre, che l’istanza di accesso era generica e non sufficientemente circostanziata, non essendo stati “indicati gli elementi concreti volti a suffragare l’affermazione secondo cui l’apprensione degli atti e documenti richiesti [potesse] risultare necessaria alla paventata [sic!] tutela del diritto di difesa”.
Il diniego all’accesso viene  impugnato di fronte al Tribunale amministrativo per la Lombardia .
Il Tar accoglie  il ricorso , sancendo il diritto dell’impresa ad accedere agli atti della selezione .
La società proprietaria delle aree si appella al Consiglio di Stato che conferma la sentenza del Tar e respinge l’appello.
Vale, invero, osservare:
a) che, per consolidato orientamento, il diritto di accesso ai documenti soffre le limitazioni previste espressamente dalla legge o da norme comunque evincibili da ordinamenti di settore (cfr. Cons. Stato, VI, 6 settembre 2018, n. 5257);
b) che, in base alla disciplina generale degli art. 22 seg. l. n. 241 del 1990, l’accesso può essere esercitato anche rispetto a documenti di natura privatistica, purché concernenti attività di pubblico interesse. Infatti l’attività amministrativa, soggetta all’applicazione dei principi di imparzialità e di buon andamento, è configurabile non solo quando l’Amministrazione eserciti pubbliche funzioni con poteri autoritativi, ma anche quando persegua le finalità istituzionali e provveda alla cura concreta di pubblici interessi mediante un’attività sottoposta alla disciplina dei rapporti tra privati (cfr. Cons. Stato, III, 17 marzo 2017, n. 1213);
c) che, sotto il profilo della legittimazione passiva, le disposizioni della l. n. 241 del 1990 (ivi comprese quelle di cui agli artt. 22 ss.) hanno applicazione a carico di società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative (cfr. art. 29, 1° comma, l. n. 241 del 1990, come modificato dalla l. 18 giugno 2009, n. 69), posto che anche i soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative hanno l’obbligo di assicurare il rispetto dei canoni di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza (cfr. Cons. Stato, V, 6 novembre 2017, n. 5099);
d) che – indipendentemente dalla soggezione agli obblighi evidenziali, nella specie non sussistente – va per quanto qui interessa riconosciuta rilevanza pubblicistica anche alle attività di natura negoziale preordinate alla gestione dei beni e delle risorse pubbliche, che non sono sottratte alla logica del buon andamento ed al principio di trasparenza;
e) che, sotto distinto profilo, l’interesse all’accesso documentale non è condizionato, in prospettiva strumentale, alle esigenze di tutela giurisdizionale, essendo correlato ad un bene della vita autonomamente apprezzabile (Cons. Stato, IV, 20 ottobre 2016, n. 4372). Sicché – in disparte l’inappropriata lettura dell’art. 53 del Codice dei contratti pubblici, palesemente inapplicabile in assenza di procedure a carattere evidenziale – la circostanza che la società appellata non abbia impugnato il rifiuto della propria manifestazione di interesse non ha carattere dirimente, perché non spetta all’amministrazione che detiene il documento valutare le modalità di tutela dell’interesse del richiedente e negare l’accesso per il caso in cui ritenga talune di esse non più praticabili, al segno che “è solo del privato richiedente, una volta ottenuto il documento, la decisione sui rimedi giurisdizionali da attivare ove ritenga lesa la sua situazione giuridica soggettiva e se per taluni di essi (o per quelli unicamente esperibili) siano già spirati i termini di decadenza (o, eventualmente, di prescrizione) l’eventuale pronuncia di inammissibilità non può, certo, essere anticipata dall’amministrazione destinataria della richiesta di accesso allo scopo di negare l’ostensione del documento” (cfr. Cons. Stato, V, 27 giugno 2018, n. 3953);
f) che, in relazione al requisito dell’interesse ostensivo (diretto, concreto ed attuale e – cioè – complessivamente qualificato e differenziato), la cui sussistenza è necessaria, quanto meno nell’accesso documentale c.d. ordinario di cui agli artt. 22 ss. della l. n. 241 del 1990, lo stesso deve ritenersi sussistente in virtù dell’obiettivo collegamento della documentazione richiesta (inerente la “gestione” dell’avviso pubblico preordinato a ricevere manifestazioni di interesse alla stipula di contratti di locazione) alla posizione della società appellata che – lungi dall’essere un quisque de populo – aveva formalizzato la propria istanza di trattativa, pur rimasta priva di esito (cfr. Cons. Stato, III, 12 marzo 2018, n. 1578): dovendosi, con ciò, escludere la pretesa attitudine meramente esplorativa dell’istanza in questione, ovvero la sua asserita idoneità a legittimare un controllo diffuso e generalizzato;
g) che l’eventuale sussistenza di controinteressi (segnatamente riconducibili alle esigenze di riservatezza di soggetti terzi) è oggetto di indimostrata allegazione verbale, non essendosi l’appellante peritata né – come avrebbe dovuto, ex art. 24, comma 6 l. n. 241 cit. – di attivare in via preventiva e in sede procedimentale il necessario contraddittorio, né di (ivi) effettuare il relativo (e doveroso) bilanciamento assiologico, né – infine – di evidenziare, nella presente sede processuale, l’effettiva e concreta esistenza di profili di segretezza commerciale o industriale, suscettibili di concreto apprezzamento comparativo.
L’appello viene respinto.

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