23/01/2024 – Le modifiche del contratto in corso di esecuzione. Innovazioni e punti fermi della disciplina nel nuovo codice dei contratti pubblici

 

Abstract

Con l’introduzione del D. Lgs. N. 36/2023 recante il nuovo “Codice dei contratti pubblici”, sono state introdotte alcune importanti innovazioni in materia di modifiche del contratto in corso di esecuzione. Il presente contributo analizza le innovazioni e i punti fermi della nuova disciplina, con attenzione particolare per le novità in punto di varianti in corso d’opera ammissibili, principio del risultato e obblighi di rinegoziazione in caso di incremento dei costi dei materiali, precedentemente introdotte dalla normativa volta a dare celere attuazione al PNRR e poi recepite in sede di redazione del Codice.

Pertanto, ad una prima introduzione in ordine alle modifiche in corso di esecuzione del contratto ammesse dalla legge in quanto non “snaturanti”, segue l’analisi delle modifiche ammissibili in quanto non sostanziali e le differenze con le proposte migliorative. Il contributo si conclude ribadendo alcuni punti fermi della disciplina con riferimento al quinto d’obbligo, la proroga tecnica e gli oneri di comunicazione e pubblicazione.

Sommario: 1. Introduzione. Le modifiche ammissibili; 2. Le modifiche non sostanziali; 3. La rinegoziazione del contratto; 4. Quinto d’obbligo; 5. La proroga; 6. Cessione dei crediti e oneri di comunicazione e pubblicazione.

 

  1. Introduzione. Le modifiche ammissibili

L’art. 120 del D. Lgs. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici, d’ora in avanti “Codice”) è dedicato alla modifica dei contratti in corso di esecuzione, tanto nei settori ordinari quanto nei settori speciali, come previsto dall’art. 141, comma 3, lett. i) del Codice. L’articolo innova l’elencazione prevista dalla previgente disciplina (art. 106 del D. Lgs. 50/2016) riprendendo il testo della Dir. UE 24/2014 in ordine alla possibilità di modificare i contratti di appalto già conclusi e in corso di esecuzione senza ricorrere ad una nuova procedura di affidamento e attua il criterio di cui all’art. 1 della L. 21/06/2022, n. 78 (Legge delega), comma 2, lett. u), che richiedeva la ridefinizione della disciplina delle varianti in corso d’opera, nei limiti previsti dall’ordinamento europeo, in relazione alla possibilità di modifica dei contratti durante la fase dell’esecuzione.

Con tale disciplina, il legislatore limita ai casi tassativamente previsti la possibilità che un contratto pubblico possa essere modificato in corso di esecuzione. Ciò perché, come noto, l’individuazione dell’operatore economico aggiudicatario delle prestazioni richieste dalla stazione appaltante avviene secondo una procedura ad evidenza pubblica volta a garantire il rispetto del principio di concorrenza per il mercato. In tale contesto, le modifiche in corso di esecuzione sono potenzialmente idonee ad alterare il risultato della procedura di gara, che assimila, salvo incidenti patologici della procedura, l’appaltatore delle prestazioni di lavori, servizi e forniture, all’aggiudicatario della stessa, attribuendo allo stesso una prestazione nuova e diversa rispetto a quella oggetto della gara, che richiederebbe una nuova procedura ad evidenza pubblica. In questa prospettiva, la disciplina in commento si presenta come un equo contemperamento tra il principio di concorrenza per il mercato e i principi di buon andamento e di risultato dell’amministrazione.

In linea generale, il legislatore ha preferito mantenere l’impostazione dell’art. 106, che ricalca perfettamente il testo dell’art. 72 della Dir. UE 24/2014, riservando: al comma 1 le modifiche consentite dal punto di vista qualitativo, perché non “snaturanti” la struttura del contratto o dell’accordo quadro in questione; al comma 2 l’individuazione del dato quantitativo entro la quale le modifiche sono ammesse; al comma 6 l’individuazione delle modifiche “sostanziali” per definizione e, implicitamente, delle modifiche ammesse perché non “sostanziali”; al comma 7 si sono previste le modifiche che, invece, tenuto conto dei limiti posti dalle direttive, possono comunque essere ammesse[1].

Con riferimento alla nozione delle modifiche o varianti “sostanziali”, la Direttiva utilizza una terminologia piuttosto generica per individuare le modifiche ammissibili al contratto in corso di esecuzione che non costituiscono, in sostanza, una nuova aggiudicazione: le modifiche che non alterano “la natura generale del contratto”. Con maggior aderenza alla nozione della Direttiva, il legislatore ha riformulato la nozione rispetto alla definizione adottata dall’art. 106 del D.Lgs. 50/2016 (“Una modifica di un contratto o di un accordo quadro durante il periodo della sua efficacia è considerata sostanziale ai sensi del comma 1, lettera e), quando altera considerevolmente gli elementi essenziali del contratto originariamente pattuiti), proponendo, nei commi 1, 3 e 5, una nozione unitaria di modifica “snaturante”, trasponendo, quindi, il concetto di “non alterazione” della “natura generale del contratto” di cui alla direttiva con la seguente dizione: “nonostante le modifiche, la struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa possano ritenersi inalterate[2].

In particolare, ai sensi del comma 1 le modifiche consentite dal punto di vista qualitativo, perché non “snaturanti” sono:

  1. Le modifiche previste nei documenti di gara in modo chiaro ed inequivocabile.

    La struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa devono rimanere inalterate.

  2. Le modifiche ammesse in caso di sopravvenuta necessità di prestazioni supplementari ove un cambiamento del contraente, al contempo:
  • sia impraticabile per motivi economici o tecnici;
  • comporti per la stazione appaltante notevoli disguidi o un sostanziale incremento dei costi.

Si segnala la modifica apportata all’espressione della parte finale del comma 1, lett. b), n. 2 dell’art. 106, con la sostituzione del riferimento alla “duplicazione” dei costi con “sostanziale incremento dei costi”. Questa modifica è dovuta al fatto che il termine duplicazione, risalente al testo italiano della direttiva, evoca necessariamente il concetto di raddoppio; tuttavia, non è certo che fosse questa l’intenzione del Legislatore europeo.

L’eventuale aumento di prezzo non deve eccedere il 50% del valore del contratto iniziale. 

  1. Le modifiche ammesse per varianti in corso d’opera dovute a circostanze impreviste e imprevedibili, compresa la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità o enti preposti alla tutela di interessi rilevanti.

    La struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa devono rimanere inalterate.

L’eventuale aumento di prezzo non deve eccedere il 50% del valore del contratto iniziale. 

  1. Le modifiche ammesse in caso di sostituzione dell’aggiudicatario a causa di una delle seguenti circostanze:
  • le modifiche soggettive implicanti la sostituzione del contraente originario sono previste in clausole chiare, precise e inequivocabili dei documenti di gara;
  • all’aggiudicatario succede, per causa di morte o insolvenza o a seguito di ristrutturazioni societarie, che comportino successione nei rapporti pendenti, un altro operatore economico che soddisfi gli iniziali criteri di selezione, purché ciò non implichi ulteriori modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l’applicazione del codice, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 124;
  • nel caso in cui la stazione appaltante assume gli obblighi del contraente principale nei confronti dei suoi subappaltatori.

Ciò premesso, in primo luogo, occorre rilevare che è stata espunta la disciplina delle clausole di revisione dei prezzi, precedentemente contenuta nel comma 1, lett. a) dell’art. 106, ed ora riservata all’art. 60 il quale prevede, tra l’altro, l’obbligo di inserimento nei documenti di gara della suddetta clausola.

In secondo luogo, si è eliminata la lett. e) del comma 1 dell’art. 106, inserendo in un unico comma dell’art. 120, il comma 5, la previsione della generale ammissibilità delle modifiche non sostanziali. Non è stata riprodotta la previsione della facoltà per le stazioni appaltanti di “stabilire nei documenti di gara soglie di importi per consentire le modifiche” per la considerazione che le “soglie” ammesse senza alcuna previsione nei documenti di gara sono quelle del comma 2 e che, per eventuali modifiche con soglie superiori, è sufficiente la possibilità di prevedere le modifiche nei documenti di gara iniziali con apposite clausole, chiare precise e inequivocabili, ai sensi della lett. a) del comma 1.

Sono state eliminate le previsioni meramente esemplificative o descrittive tra cui quella relativa al considerevole incremento dei costi delle materie prime[3], già considerata in sede di redazione dell’art. 60, sulla revisione dei prezzi; fa eccezione la specificazione sulle norme o provvedimenti sopravvenuti, inserita nel comma 1, lett. c), perché, avendo natura peculiare e non essendo stata indicata nemmeno nella parte esplicativa dei Considerando della direttiva, il legislatore ha ritenuto preferibile mantenerne l’esplicita qualificazione in termini di “circostanze imprevedibili” nella disposizione primaria.

Al comma 2 sono previste le modifiche ammesse in ragione del dato quantitativo, ovvero quelle ammesse nei casi di cui al comma 1, lettere b) e c), nella sola eventualità che l’aumento di prezzo non ecceda il 50 per cento del valore del contratto iniziale. In caso di più modifiche successive, la limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. 

Ulteriori ipotesi di modifica all’oggetto del contratto in ragione del valore della stessa sono disciplinate al comma 3 dell’articolo in esame. I contratti possono essere parimenti modificati in corso di esecuzione, senza necessità di una nuova procedura di gara, se il valore della modifica è al di sotto:

  1. delle soglie fissate dall’art. 14 del Codice;
  2. del 10 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di servizi e forniture; del 15 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di lavori; in caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo del contratto al netto delle successive modifiche.

Ai sensi del comma 4 dell’art. 120, ai fini del calcolo del prezzo di cui ai commi 1, lettere b) e c), 2 e 3, quando il contratto prevede una clausola di indicizzazione, il valore di riferimento è il prezzo aggiornato. 

In ogni caso, le modifiche sostanziali attribuiscono alla stazione appaltante un diritto alla risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 122, comma 1, lett. a) e b). Rispetto al previgente art. 108 in materia di risoluzione, all’art. 122, comma 1, è stato introdotto l’inciso chiarificatore per il quale le stazioni appaltanti possono risolvere il contratto di appalto “senza limiti di tempo”, in correlazione con la soppressione dell’art. 108, comma 1-bis, che escludeva l’applicabilità alla risoluzione del termine di cui all’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990, sull’annullamento d’ufficio.

In linea di continuità con la disciplina previgente, ai sensi del comma 13 dell’art. 120, fatto salvo quanto previsto al comma 8 per il caso di rinegoziazione, le modifiche e le varianti devono essere autorizzate dal RUP con le modalità previste dall’ordinamento della stazione appaltante. Le modifiche progettuali consentite ai sensi del comma 7 devono essere approvate dalla stazione appaltante su proposta del RUP, secondo quanto previsto dall’allegato II.14 al Codice.

 

  1. Le modifiche non sostanziali

In materia di modifiche non sostanziali, la disciplina del previgente comma 4 dell’art. 106 D.Lgs. 50/2016 è stata articolata nei commi 5, 6 e 7 del nuovo art. 120 del Codice.

In via generale, sono sempre ammesse le modifiche non sostanziali.

Ai sensi del comma 6, la modifica è considerata sostanziale quando altera considerevolmente la struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa. In ogni caso, fatti salvi i commi 1 e 3, una modifica è considerata sostanziale se si verificano una o più delle seguenti condizioni:

  1. la modifica introduce condizioni che, se fossero state contenute nella procedura d’appalto iniziale, avrebbero consentito di ammettere candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o di accettare un’offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione;
  2. la modifica cambia l’equilibrio economico del contratto o dell’accordo quadro a favore dell’aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale;
  3. la modifica estende notevolmente l’ambito di applicazione del contratto;
  4. un nuovo contraente sostituisce quello cui la stazione appaltante aveva inizialmente aggiudicato l’appalto in casi diversi da quelli previsti dal comma 1, lettera d).

Diversamente, il comma 7 stabilisce che non sono considerate sostanziali e, pertanto, sono comunque ammesse, le modifiche al progetto proposte dalla stazione appaltante ovvero dall’appaltatore con le quali, nel rispetto della funzionalità dell’opera:

  1. si assicurino risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare in compensazione per far fronte alle variazioni in aumento dei costi delle lavorazioni;
  2. si realizzino soluzioni equivalenti o migliorative in termini economici, tecnici o di tempi di ultimazione dell’opera.

Restano fermi i limiti, posti dalle direttive, derivanti dalle somme a disposizione del quadro economico e dalle previsioni di cui alle lettere a) b) e c) del comma 6.

Con la disposizione del comma 7 e la ridefinizione dei commi precedenti il legislatore ha inteso ampliare la portata delle varianti in corso d’opera, pur nei limiti fissati dal diritto europeo, al fine di realizzare il delicato bilanciamento tra le regole comunitarie sulla concorrenza e le esigenze sopravvenute della stazione appaltante, che richiedono una modifica del contratto senza la quale l’interesse che sta alla base della stipula verrebbe ad essere in vario modo frustrato, in particolare negli appalti di lavori in riferimento alla necessità di realizzare l’opera pubblica.

A tale riguardo, per quanto attiene alle ipotesi di cui al punto a) del comma 7, il Nuovo Codice dei contratti pubblici ha recepito le modifiche introdotte nel Codice previgente con il D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito dalla legge 29 giugno 2022, n. 79, recante ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che all’art. 7, comma 2 quater, ha previsto che, nel caso di incrementi del costo dei materiali previsti dal precedente comma 2 ter, sono consentite “senza che sia alterata la natura generale del contratto e ferma restando la piena funzionalità dell’opera” varianti in corso d’opera che assicurino “risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare esclusivamente in compensazione per far fronte alle variazioni in aumento dei costi dei materiali”. L’emergere dell’obiettivo di risultato evidenziato nel PNRR anche come “risultato da conseguire in tempo utile” e la contestuale necessità di consentire elasticità al progetto per compensare gli aumenti dei costi delle costruzioni ha portato ad introdurre con la citata conversione in legge del D.L. n. 36 del 2022 la regola appena enunciata.

In linea di continuità con tale previsione ed in coerenza col principio del risultato di cui all’art. 1 del Codice, con il comma 7, lett. a) dell’art. 120 il legislatore ha disposto che, a regime, le varianti che trovano copertura nelle somme a disposizione del quadro economico, non comportano aumenti di spesa e che mantengono la piena funzionalità dell’opera siano sempre ammesse se adeguatamente motivate da miglioramenti in termini di qualità dell’opera e/o di tempi di ultimazione. Infatti, è interesse precipuo della stazione appaltante e della comunità entrare nella disponibilità dell’oggetto del contratto nel più breve tempo possibile, senza contare il fatto che a tempi di realizzazione più brevi si associano minori rischi di sopravvenienza di eventi incidenti sull’andamento previsto, il primo dei quali è proprio l’aumento dei costi. Il rischio di ribassi eccessivi in fase di gara, con il successivo “abusivo” ricorso all’istituto delle varianti in corso d’opera, dovrebbe essere arginato dalla previsione della necessaria copertura e dal divieto di aumenti di spesa.

Per quanto attiene alle ipotesi previste al punto b) del comma 7, il legislatore sembra aver recepito la distinzione operata dalla giurisprudenza tra varianti in corso d’opera e proposte migliorative[4].

Invero, come sopra rappresentato, non tutte le modifiche suscettibili di rientrare nell’alveo delle varianti, per come tracciato dal legislatore, sono poi effettivamente sottoposte al regime per esse previsto. Sussistono infatti non trascurabili differenze tra le proposte migliorative e le varianti in corso d’opera. La giurisprudenza è pacifica nel ritenere che, quando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, “le soluzioni migliorative possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’Amministrazione, mentre le seconde si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante[5].

In definitiva “le proposte migliorative consistono in soluzioni tecniche che, senza incidere sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia del progetto a base di gara, investono singole lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell’opera, lasciati aperti a diverse soluzioni, configurandosi come integrazioni, precisazioni e migliorie che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste”[6].

 

  1. La rinegoziazione del contratto

Un’importante novità della nuova disciplina in materia di modifiche al contratto in corso di esecuzione si registra sotto il profilo della rinegoziazione del contratto.

Infatti, nel comma 8 dell’art. 120 si è introdotta una disposizione di coordinamento col principio di necessaria rinegoziazione espresso nell’art. 9 del Codice (Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale) con il quale il legislatore ha apportato una significativa innovazione volta a codificare una disciplina generale da applicare per la gestione delle sopravvenienze straordinarie e imprevedibili considerate dalla disposizione, tali da determinare una sostanziale alternazione nell’equilibrio contrattuale[7].

Invero, il legislatore ha stabilito che “se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali”. Nonostante l’identità di ratio con l’art. 1467 c.c., in ragione dell’interesse dei contraenti e, in particolare, dell’amministrazione, il legislatore ha ritenuto più opportuno il rimedio manutentivo introdotto rispetto alla tutela meramente demolitoria apprestata dall’art. 1467 c.c.

In tale prospettiva, il contratto è sempre modificabile ai sensi dell’articolo 9 e nel rispetto delle clausole di rinegoziazione contenute nel contratto. Nel caso in cui queste non siano previste, la richiesta di rinegoziazione va avanzata senza ritardo e non giustifica, di per sé, la sospensione dell’esecuzione del contratto. Il RUP provvede a formulare la proposta di un nuovo accordo entro un termine non superiore a tre mesi. Nel caso in cui non si pervenga al nuovo accordo entro un termine ragionevole, la parte svantaggiata può agire in giudizio per ottenere l’adeguamento del contratto all’equilibrio originario, salva la responsabilità per la violazione dell’obbligo di rinegoziazione.

 

  1. Quinto d’obbligo

Ai sensi del comma 9 dell’articolo 120 del Codice, resta ferma anche nella nuova disciplina la potestà della stazione appaltante di imporre all’appaltatore un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto. Tuttavia, innovando rispetto alla disciplina previgente, per rendere la previsione compatibile con le fattispecie di modifica consentite dalla direttiva comunitaria, il legislatore ha disposto che la potestà di imporre il quinto d’obbligo in corso di esecuzione sia preventivamente prevista nei documenti di gara. In ogni caso, la natura potestativa del diritto riconosciuto in capo alla stazione appaltante fa sì che l’appaltatore non possa far valere il diritto alla risoluzione del contratto, verificandosi ipso iure al momento dell’atto di sottomissione l’effetto di aumento o diminuzione della prestazione dovuta direttamente nella sua sfera giudica[8].

Diversamente, gli aumenti dei lavori o le variazioni richieste dalla stazione appaltante, che superino il quinto dell’importo delle opere inizialmente pattuite, attribuiscono all’appaltatore, che non intenda assoggettarvisi, un diritto soggettivo alla risoluzione del contratto. Ciò non esclude categoricamente uno ius variandi per importi superiori al quinto, ma questo richiederebbe il necessario consenso dell’appaltatore oltre che della stessa stazione appaltante, mediante la redazione e approvazione di un negozio aggiuntivo al contratto d’appalto, nonché la previsione nei documenti di gara qualora la modifica ecceda il 50 per cento del valore del contratto iniziale.

 

  1. La proroga

Costituisce una modifica dell’oggetto del contratto anche la proroga degli effetti del contratto. Negli appalti di lavori la proroga consiste in una modifica della sola clausola del termine finale della durata del contratto d’appalto richiesta dall’appaltatore per ritardi al medesimo non imputabili. Tale ipotesi trova disciplina nell’art. 121, comma 8 del Codice e si applica, per quanto compatibile, anche ai contratti che hanno ad oggetto servizi e forniture.

Diversa è la disciplina in tema di proroga prevista dall’art. 120. È stata mantenuta al comma 10 la disposizione sull’opzione di proroga, contenuta nel comma 11 dell’art. 106, provvedendo tuttavia a distinguere questa fattispecie, che sostanzialmente rientra nella previsione del comma 1, lett. a), dalla c.d. proroga tecnica, resa necessaria da eccezionali situazioni relative alla successione degli affidamenti. Nel testo dell’art. 120 è stato pertanto eliminato dal comma 10, relativo all’opzione di proroga, il riferimento, contenuto nell’art. 106, comma 11, al “tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente” ed è stato inserito un apposito comma 11, che disciplina specificamente la c.d. proroga tecnica. Per quest’ultima, è stata esclusa la possibilità di applicare prezzi più favorevoli, poiché il gestore uscente subisce una proroga che è indipendente dalla sua volontà. Diversamente, l’opzione di proroga di cui al comma 10 può prevedere la variabilità dei prezzi, da inserire necessariamente in corrispondenti clausole contrattuali.

L’istituto della proroga tecnica si differenzia dal rinnovo del contratto pubblico proprio perché mentre la proroga ha come solo effetto il differimento del termine finale del rapporto, che rimane per il resto regolato dall’atto originario, il rinnovo comporta una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l’integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse in quanto non più attuali[9].

Peraltro, ai fini di una corretta qualificazione del negozio eventualmente posto in essere a scadenza del contratto, “non è rilevante il nomen iuris formalmente attribuito dalle parti, bensì l’esistenza in concreto, per il rinnovo di una nuova negoziazione e per la proroga del solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall’atto originario, con la precisazione che la nuova negoziazione può anche concludersi con la conferma delle precedenti condizioni[10].

 

  1. Cessione dei crediti e oneri di comunicazione e pubblicazione.

In ultima analisi, sono state soppresse le disposizioni di cui all’art. 106, commi 9 e 10 sul c.d. errore progettuale. Il legislatore non ha ritenuto opportuna un’apposita previsione dell’errore progettuale nella norma sulle modifiche poiché tale fattispecie non è prevista in nessuna delle fattispecie di modifica consentite in pendenza di esecuzione, che restano tutte e soltanto quelle espressamente indicate. La disciplina delle conseguenze sulla responsabilità dei progettisti è stata inserita nella parte del Codice destinata a regolamentare la progettazione.

Quanto alla modifica del contratto sul piano soggettivo, la disciplina della cessione dei crediti di cui all’art. 106, comma 13, è rimasta invariata. L’art. 120, comma 12 ribadisce che si applicano le disposizioni di cui alla legge 21 febbraio 1991, n. 52. L’art. 6 dell’allegato II.14 disciplina le condizioni per l’opponibilità alle stazioni appaltanti.

La cessione dei crediti è efficace ed opponibile alle stazioni appaltanti previo consenso di queste ultime da notificarsi al cedente e al cessionario. Il mancato rifiuto espresso con comunicazione da notificarsi al cedente e al cessionario entro quarantacinque giorni dalla notifica della cessione equivale ad assenso. In ogni caso, le amministrazioni pubbliche possono preventivamente accettare la cessione da parte dell’esecutore di tutti o di parte dei crediti che devono venire a maturazione.

In punto di oneri di pubblicazione, è previsto, al comma 14 l’obbligo di pubblicazione a cura della stazione appaltante delle modifiche intervenute di rilevanza europea mediante avviso contenente le informazioni di cui all’apposito allegato II.16 al Codice. Per i contratti di importo inferiore alla soglia di cui all’art. 14, la pubblicità avviene in ambito nazionale. In luogo del suddetto allegato è previsto l’intervento di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro per gli affari europei, che sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice

In punto di oneri di comunicazione e trasmissione all’ANAC di modifiche e varianti in corso d’opera, ai sensi del comma 15, si rinvia alla disciplina prevista all’art. 5 dell’allegato II.14 al Codice il quale contiene anche disposizioni operative in ordine alla procedura da seguire nel caso di modifiche contrattuali. In particolare: la stazione appaltante comunica all’ANAC le modificazioni al contratto di cui all’articolo 120, commi 1, lettera b), e 3, del Codice, entro trenta giorni dal loro perfezionamento. L’Autorità pubblica sulla sezione del sito Amministrazione trasparente l’elenco delle modificazioni contrattuali comunicate, indicando l’opera, l’amministrazione o l’ente aggiudicatore, l’aggiudicatario, il progettista, il valore della modifica.

Per i contratti pubblici di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza europea, le varianti in corso d’opera di importo eccedente il 10 per cento dell’importo originario del contratto, incluse le varianti in corso d’opera riferite alle infrastrutture prioritarie, sono trasmesse dal RUP all’ANAC, unitamente al progetto esecutivo, all’atto di validazione e a una apposita relazione del RUP, entro trenta giorni dall’approvazione da parte della stazione appaltante.

 

 

 

[1] In tal senso, Consiglio di Stato, Schema definitivo del Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici” – Relazione agli articoli e agli allegati, p. 172;

[2] Sulla nozione di modifica “snaturante” si veda anche il Dossier del Servizio Studi della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, Codice dei contratti pubblici – A.G. 19 del 16 gennaio 2023, pp. 265 e ss;

[3] Il D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022, n. 79, ha disposto (con l’art. 7, comma 2-ter) che il numero 1), lettera c), comma 1, dell’articolo 106 D.Lgs. 50/2016, si interpretasse nel senso che tra le circostanze indicate al primo periodo sono incluse anche quelle impreviste ed imprevedibili che alterano in maniera significativa il costo dei materiali necessari alla realizzazione dell’opera;

[4] Sul discrimen tra proposte migliorative e varianti in corso d’opera si veda anche Delibera Anac n. 211 del 27 aprile 2022;

[5] Si veda Consiglio di Stato, Sez. V, 25 ottobre 2023, n. 9231; 05 febbraio 2021, n.1080; 08 gennaio 2021, n.282;

[6] Consiglio di Stato, Sez. V, 25 ottobre 2023, n. 9231; 12 maggio 2020, n. 2969;

[7] Sul punto, Autorevole Dottrina ha rilevato che “il meccanismo revisionale risultante dal D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, a seguito degli accadimenti storici intercorsi e agli interventi normativi che si sono susseguiti per colmare le lacune presenti nell’ordinamento, mira al raggiungimento di un giusto punto di equilibrio fra due obiettivi contrapposti: da un lato, tutelare il mondo imprenditoriale in un periodo di grave incertezza caratterizzato da un rilevante incremento dei prezzi e dall’altro, l’esigenza, tipica del settore pubblico, di non ammettere una fiscalizzazione di qualunque incremento dei prezzi ma autorizzandola solo nel caso in cui superi la normale alea d’impresa e assoggettandola a forme di decurtazione attraverso i meccanismi della soglia d’alea e della percentuale di compensazione”. Si vd. Giuseppe Sferrazzo, La revisione dei prezzi nel sistema dei contratti pubblici, in Giornale di diritto amministrativo, n. 6, 2023, p. 788;

[8] Tar Lazio, Sez. Terza Quater, sent. n. 13539/2020;

[9] La distinzione tra proroga e rinnovo trova riscontro nell’indirizzo consolidato della giurisprudenza che pone come discrimine tra le due figure l’eventuale presenza di una nuova negoziazione delle condizioni contrattuali tra le parti. Sul punto, Consiglio di Stato, Sez. III, 18 ottobre 2019, n. 7077; Sez. III, 22 gennaio 2016, n. 209; Tar Campania, Napoli, Sez. V, 2 aprile 2020, n. 1312;

[10] Tar Calabria Catanzaro, Sez. I, 31/07/2023, n. 1094; Tar Basilicata, Potenza, Sez. I, 26 marzo 2020, n. 215.

 

 

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto