21/08/2020 – Nullità parziale dell’indennità di rischio

Nullità parziale dell’indennità di rischio
di Vincenzo Giannotti

Nullità parziale dell’indennità di rischio se sommata al disagio. La Cassazione ha ribaltato la sentenza dei giudici di appello che hanno ritenuto legittima la restituzione, richiesta dall’ente al dipendente, dell’indennità di disagio corrisposta in aggiunta a quella di rischio, non perché la prima dovesse essere assorbita dalla seconda, ma in ragione della nullità della clausola del contratto integrativo che aveva autorizzato la liquidazione ad una platea indifferenziata di dipendenti. Secondo la Cassazione, invece (ordinanza n.17316/2020), la Corte di appello è incorsa in errore per aver giudicato l’intera clausola del contratto decentrato illegittima. Infatti, nel caso di specie, non si verte in tema di nullità dell’accordo integrativo, ma di una sua nullità parziale con salvaguardia, in ogni caso, delle clausole che dovessero risultare favorevoli al dipendente.

La vicenda. L’ente ha proceduto al recupero della indennità di disagio corrisposta a tutti i dipendenti in ragione dell’assorbimento della stessa nell’indennità di rischio. La Corte di appello, cui si è rivolto il dipendente, ha rigettato il ricorso, pur con diversa motivazione rispetto al giudice di primo grado. Secondo la Corte territoriale, non è messo in dubbio la possibilità concessa dal contratto collettivo di poter applicare l’indennità di disagio anche a chi già percepisce il rischio, ma piuttosto l’illegittimità e, quindi, la nullità della clausola contrattuale che ha, inopinatamente, esteso a tutto il personale di categoria A, B e C il predetto cumulo delle indennità. È stata, infatti, precisata la nullità della contrattazione decentrata, cui era demandata dal Ccnl, nella parte riferita all’individuazione dei criteri di attribuzione dell’indennità di disagio, perché sostanzialmente attributiva di essa ad un coacervo indifferenziabile di addetti. La nullità della clausola integrativa ha, di conseguenza, comportato la legittimità del recupero disposto dall’ente nei confronti di tutti i dipendenti che l’avessero ricevuta in quanto si è in presenza di erogazione di indennità effettuata in violazione di legge (ossia della normativa collettiva nazionale). Avverso la decisione dei giudici di secondo grado ha presentato ricorso in Cassazione il dipendente. A dire di quest’ultimo, la Corte territoriale avrebbe dovuto, semmai, rilevare la nullità della parte della clausola identificativa dei profili dei destinatari dell’indennità, ossia solo nella parte in cui riconosceva il beneficio per tutti i profili delle categorie A, B e C, di cui all’art. 26 del Ccnl 2001, e non rispetto alla precedente elencazione specifica al cui interno restava ricompreso il ricorrente.
Le indicazioni della Cassazione. Secondo il giudice di legittimità, la questione non attiene soltanto al profilo di diritto relativo alla coerenza tra norma legittimante (Ccnl) e norma di attuazione (art. 14 della Contrattazione Integrativa), ma anche all’ulteriore profilo della eventuale possibilità, qualora fosse effettivamente ritenuta la nullità, di scindere il rilievo delle diverse previsioni della contrattazione integrativa, secondo le regole proprie della nullità parziale e quindi con salvaguardia, secondo la tesi del ricorrente, delle clausole a lui favorevoli, pur se altra parte del contratto dovesse essere ritenuto invalido. In quest’ultimo ambito si impone un rinvio della decisione alla Corte di appello, in diversa composizione, la quale dovrà giudicare sia, sull’effettiva nullità delle clausole determinative dell’ambito di applicazione dell’indennità di disagio, sia sull’eventuale sussistenza, qualora tale nullità fosse ritenuta ricorrere, di un effetto di essa solo su una parte del contratto, come sostenuto dal ricorrente. Spetterà alla Corte di appello verificare se i contraenti avrebbero concluso il contratto pur senza la parte colpita dalla nullità parziale, trattandosi di questione attinente all’interpretazione del contratto ed alla volontà delle parti.

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