21/08/2020 – Conferenza di servizi e V.I.A.

Ambiente in genere. Conferenza di servizi e V.I.A.
Pubblicato: 21 Agosto 2020
TAR Lazio (RM) Sez. I-quater n. 7963 del 13 luglio 2020

Il parere preventivo favorevole eventualmente espresso dall’amministrazione comunale prima della conferenza di servizi non può vincolare la condotta della stessa amministrazione comunale in conferenza di servizi, rendendo immodificabile l’avviso originario. Ciò in quanto la funzione della conferenza di servizi risiede proprio nel confronto delle diverse posizioni, al fine di pervenire ad una determinazione finale che tenga conto di tutti i fatti e di tutte le considerazioni emerse nel corso della procedura. Sulla base di tale presupposto non si può escludere un ripensamento da parte dell’amministrazione comunale che pure si era espressa in precedenza favorevolmente sul progetto, purché la nuova posizione sia sorretta da una congrua motivazione e da una adeguata istruttoria. Sarebbe inutile pretendere che la mutata posizione sia espressa esclusivamente in conferenza di servizi, perché altrimenti si costringerebbe l’autorità procedente a convocare formalmente la conferenza di servizi solo per sentirsi comunicare, formalisticamente, una determinazione già assunta in precedenza e che impedisce la costruttiva celebrazione della conferenza di servizi.

Pubblicato il 13/07/2020

N. 07963/2020 REG.PROV.COLL.

N. 14632/2019 REG.RIC.

N. 14684/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14632 del 2019, proposto da

R.E.S.S. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Artemisia Riccio, Federico Mazzella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Poggio Nativo, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Eleonora Miotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Regione Lazio, in persona del presidente della G.R. p.t. non costituita in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 14684 del 2019, proposto da

R.E.S.S. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Artemisia Riccio, Federico Mazzella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Lazio, in persona del presidente della G.R. pro tempore, rappresentata e difeso dall’avv. Teresa Chieppa, domiciliataria in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;

nei confronti

Comune di Poggio Nativo, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Eleonora Miotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Provincia di Rieti, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

quanto al ricorso n. 14632 del 2019:

della deliberazione del Consiglio Comunale di Poggio Nativo n. 21, del 5.7.2019, pubblicata all’Albo Pretorio dal 29.7.2019 al 13.8.2019, avente ad oggetto “parere preventivo all’autorizzazione unica in variante al piano urbanistico comunale ai sensi della d.g.r. n. 12/2018 – istanza di V.I.A ai sensi dell’art. 27 bis del d. lgs. n. 152/2006 avanzata dalla RESS s.r.l. alla Regione Lazio per la realizzazione di un impianto di trattamento dei rifiuti inerti”;

quanto al ricorso n. 14684 del 2019:

della Determinazione della Regione Lazio, Direzione Politiche Ambientali Ciclo Rifiuti, n. G11841 del 9.09.2019, avente ad oggetto “Procedura di Valutazione di Impatto Ambientale ai sensi del combinato disposto dell’art. 27-bis del D.lgs. 152/2006 e s.m.i. e D.M. 52/2005 relativa al “Progetto per la realizzazione di un impianto di trattamento di rifiuti inerti” in località “Casali” nel territorio comunale di Poggio Nativo in provincia di Rieti. Proponente R.E.S.S. s.r.l. – Registro elenco progetti: n. 27/2019”

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Poggio Nativo e della Regione Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 22 giugno 2020 il dott. Antonio Andolfi e presenti per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso numero 14.632 del 2019, notificato dalla società a responsabilità limitata RESS al Comune di Poggio Nativo e alla Regione Lazio il 29 ottobre 2019, la società ricorrente impugna la delibera del consiglio comunale di Poggio Nativo numero 21 del 5 luglio 2009 pubblicata all’albo pretorio dal 29 luglio 2019 al 13 agosto 2019.

La delibera reca il parere preventivo alla autorizzazione unica in variante al piano urbanistico comunale ai sensi della delibera di Giunta regionale numero 121 del 2018, in relazione all’istanza di valutazione di impatto ambientale ai sensi dell’articolo 27 bis del decreto legislativo numero 152 del 2006 presentata dalla società ricorrente alla Regione Lazio per la realizzazione di un impianto di trattamento di rifiuti inerti.

L’istanza è stata presentata per la realizzazione di un impianto di trattamento di rifiuti inerti in una località con destinazione urbanistica agricola.

Il Comune resistente, con una precedente delibera di consiglio comunale, numero 25 del 19 dicembre 2018, si era già espresso in senso favorevole alla localizzazione dell’impianto, per cui il 2 aprile 2019 la società ricorrente aveva presentato alla Regione Lazio la necessaria istanza di valutazione di impatto ambientale.

Con il provvedimento impugnato il Comune esprime parere preventivo contrario al rilascio dell’autorizzazione regionale unica in relazione all’istanza di valutazione ambientale presentata ai sensi dell’articolo 27 bis del decreto legislativo numero 152 del 2006.

Il provvedimento negativo comunale è impugnato dalla società ricorrente con la deduzione di 6 motivi di illegittimità.

Il Comune di Poggio Nativo si costituisce in giudizio per resistere al ricorso.

Con il ricorso numero 14.684 del 2019, notificato dalla stessa società alla Regione Lazio e al Comune di Poggio Nativo il 29 ottobre 2019, è impugnata la determinazione regionale del 9 settembre 2019, avente ad oggetto la procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi dell’articolo 27 bis del decreto legislativo 152 del 2006 e del decreto ministeriale 52 del 2005, relativa allo stesso progetto per la realizzazione di un impianto di trattamento di rifiuti inerti.

Con il provvedimento impugnato la Regione si è pronunciata negativamente sulla valutazione di impatto ambientale in quanto, dopo la comunicazione di avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale, in data 4 luglio 2019, a norma dell’articolo 27 bis del decreto legislativo 152 del 2006, il Comune di Poggio Nativo ha espresso un parere preventivo contrario al rilascio dell’autorizzazione regionale unica sull’istanza di valutazione di impatto ambientale.

La Regione ha comunicato il preavviso di rigetto alla società interessata, riscontrato dalla attuale ricorrente che ha richiamato la precedente delibera comunale di parere favorevole, ma la Regione ha ritenuto che, configurandosi l’intervento come variante urbanistica, il parere preventivo del Comune impedisse la prosecuzione del procedimento.

Avverso il provvedimento regionale la società ricorrente deduce 3 motivi di illegittimità.

La Regione Lazio e il Comune di Poggio Nativo si costituiscono in giudizio per resistere al ricorso.

I ricorsi sono trattati all’udienza del 22 giugno 2020 per essere decisi.

DIRITTO

Preliminarmente si deve disporre la riunione dei ricorsi, aventi ad oggetto due segmenti dello stesso procedimento amministrativo, avviato per l’autorizzazione, previa valutazione di impatto ambientale regionale, di un impianto di trattamento di rifiuti inerti.

Con il ricorso numero di registro generale 14.632 del 2019 è impugnata la delibera del consiglio comunale di Poggio Nativo numero 21 del 5 luglio 2019, recante parere preventivo negativo alla autorizzazione unica in variante al piano urbanistico comunale ai sensi della delibera di Giunta regionale numero 121 del 2018, in relazione all’istanza di valutazione di impatto ambientale ai sensi dell’articolo 27 bis del decreto legislativo numero 152 del 2006 presentata dalla società ricorrente alla Regione Lazio per la realizzazione di un impianto di trattamento di rifiuti inerti.

La delibera del consiglio comunale impugnata si pone in contrasto con una precedente delibera del consiglio comunale, la numero 25 del 19 dicembre 2018 con la quale il Comune aveva espresso parere preventivo favorevole alla localizzazione dell’impianto proposto dalla società ricorrente.

Con il 1° motivo di impugnazione, la società ricorrente deduce violazione del procedimento amministrativo disciplinato dalla D.G.R. 132/2018 che non avrebbe dovuto consentire al Comune di esprimere nuovamente il parere già pronunciato in quanto il Comune avrebbe dovuto limitarsi a controdedurre alle osservazioni presentate nella consultazione pubblica esclusivamente nella sede istituzionale, la conferenza di servizi. Il potere di esprimere il parere preventivo, quindi, si sarebbe già consumato.

Il 2º motivo di ricorso è connesso al precedente, essendo dedotta violazione del principio di legalità e tipicità degli atti con valenza urbanistica che impedirebbe la riedizione di un parere in senso contrario a quello già espresso.

I motivi sono infondati.

L’articolo 27 bis del decreto legislativo numero 152 del 2006, codice dell’ambiente, disciplinando il provvedimento autorizzatorio unico regionale, prevede che, al fine della valutazione di impatto ambientale di competenza regionale, la proposta progettuale presentata dall’interessato sia discussa in conferenza di servizi, da convocare dopo la scadenza del termine di conclusione della consultazione del pubblico, affinché, in tale sede, siano valutate la posizione del proponente e quella di tutte le amministrazioni competenti o potenzialmente interessate.

Non vi è dubbio che il Comune territorialmente competente per la localizzazione del progetto debba partecipare alla conferenza di servizi, per valutare le osservazioni e le eventuali opposizioni emerse anche nella fase di consultazione pubblica.

Si deve, quindi, ritenere che il parere preventivo favorevole eventualmente espresso dall’amministrazione comunale, come nel caso di specie, prima della conferenza di servizi non possa vincolare la condotta della stessa amministrazione comunale in conferenza di servizi, rendendo immodificabile l’avviso originario.

Ciò in quanto la funzione della conferenza di servizi risiede proprio nel confronto delle diverse posizioni, al fine di pervenire ad una determinazione finale che tenga conto di tutti i fatti e di tutte le considerazioni emerse nel corso della procedura.

Sulla base di tale presupposto non si può escludere un ripensamento da parte dell’amministrazione comunale che pure si era espressa in precedenza favorevolmente sul progetto, purché la nuova posizione sia sorretta da una congrua motivazione e da una adeguata istruttoria.

Sarebbe inutile pretendere che la mutata posizione sia espressa esclusivamente in conferenza di servizi, perché altrimenti si costringerebbe l’autorità procedente a convocare formalmente la conferenza di servizi solo per sentirsi comunicare, formalisticamente, una determinazione già assunta in precedenza e che impedisce la costruttiva celebrazione della conferenza di servizi.

Nel caso controverso la rimeditazione dell’avviso favorevole, convertito in parere contrario, è avvenuta prima della convocazione della conferenza di servizi, di fatto rendendola inutile, essendo necessario un parere favorevole di compatibilità urbanistica per l’autorizzazione del progetto, in base alla delibera di giunta regionale n. 132 del 2018 disciplinante la procedura di valutazione di impatto ambientale che prescrive l’acquisizione della conformità urbanistica prima della presentazione dell’istanza di VIA.

Ciò non rende automaticamente invalido il parere negativo, non potendosi sostenere la consumazione del potere inizialmente esercitato, trattandosi di avviso destinato a confrontarsi con posizioni di segno diverso, quindi per sua natura non irrevocabile.

Ne consegue la infondatezza dei primi 2 motivi di ricorso.

Con il 3º motivo, proposto in via subordinata, la società ricorrente deduce violazione dell’art. 21 quinquies, in materia di revoca, della legge sul procedimento amministrativo, non essendo sopravvenuto un fatto nuovo rispetto al precedente parere favorevole. Neppure sarebbe stata consentita la partecipazione del privato al procedimento di secondo grado.

Il motivo è infondato.

La disciplina della revoca invocata dalla ricorrente è riferita al riesame di un provvedimento amministrativo di primo grado, del quale si dispone la revoca per ragioni di inopportunità e di contrasto con il pubblico interesse.

Nel caso di specie non è stato revocato un provvedimento amministrativo definitivo, bensì un parere che si pone come atto inserito nella sequenza procedimentale che conduce alla determinazione definitiva.

Come si è visto, si trattava di un parere destinato a confrontarsi, in sede di conferenza di servizi, con una pluralità di interessi e di posizioni, quindi inidoneo a determinare il legittimo affidamento altrui.

Di conseguenza non è applicabile al parere iniziale la disciplina garantista recata dall’articolo 21 quinquies della legge sul procedimento amministrativo, volta a tutelare l’affidamento del destinatario di un provvedimento definitivo favorevole.

Con il 4º motivo, in ulteriore subordine, la ricorrente deduce violazione dell’articolo 21 nonies della legge 241/90, non essendovi i presupposti per l’annullamento d’ufficio in autotutela del precedente parere.

Anche il 4º motivo è infondato, a maggior ragione rispetto a quanto ritenuto con riferimento al motivo precedente, non solo perché non è stato annullato in autotutela alcun provvedimento amministrativo definitivo, ma anche perché il parere precedentemente espresso in senso favorevole al progetto non è mai stato oggetto di una valutazione di illegittimità in autotutela.

Con il 5º motivo parte ricorrente deduce difetto di motivazione e di istruttoria in quanto il precedente parere sarebbe stato assistito da un’ampia istruttoria dell’ufficio comunale tecnico mentre il parere negativo ne sarebbe carente.

Le censure sono sviluppate con il 6º e ultimo motivo, laddove si deduce che le motivazioni sarebbero inconsistenti sia con riferimento alla tutela delle aziende agricole insistenti sul territorio sia per non essersi tenuto conto della reale situazione dell’area nella quale già operano impianti industriali; il cammino di San Francesco non potrebbe interessare il territorio comunale come confermerebbe la provincia di Rieti; neppure risulterebbe la presenza di aziende agricole DOP o DOC. Sarebbe stata ignorata anche la prevista mitigazione dell’impatto visivo.

Le censure dedotte con il 5º e con il 6º motivo sono parzialmente fondate.

Si deve escludere il difetto di motivazione del provvedimento impugnato che risulta invece sorretto da un’ampia motivazione.

La motivazione della delibera impugnata si può sintetizzare nei termini seguenti: nel piano regolatore generale è già individuata un’area con destinazione urbanistica D 3, impianti di trasformazione, in cui sono consentite attività industriali, artigianali e depositi; quest’area sarebbe solo in parte occupata da un impianto per la produzione di calcestruzzo; l’area libera rimanente sarebbe potenzialmente utilizzabile per il progetto della società interessata; l’amministrazione intenderebbe avviare una revisione del piano regolatore generale e in tale sede si dovrebbe valutare la reale necessità di un impianto di lavorazione di inerti; andrebbe valutata, oltre la pubblica utilità dell’opera, anche l’opportunità di un ampliamento della zona industriale esistente con il consumo di terreno agricolo di pregio per la realizzazione dell’impianto che sembrerebbe produrre modesti benefici economici; l’utilità pubblica dell’opera sarebbe da valutare anche alla luce dell’esistenza in comuni vicini di centri di conferimento di rifiuti inerti, potenzialmente in grado di assolvere alla raccolta degli scarti dell’attività edilizia del territorio; andrebbero considerate anche le distanze con zone abitate, per la previsione, a meno di 500 m dalla localizzazione dell’impianto, di case sparse e di una convenzione per la lottizzazione ad uso residenziale.

Quindi il consiglio comunale ritiene rilevanti nella scelta di non avallare la variante urbanistica che muterebbe la destinazione della zona da agricola ad industriale i seguenti elementi: l’area non ricade in alcun comprensorio industriale ed è individuata come paesaggio agrario di valore dal PTPR; il sito interessato dal progetto riguarda un terreno agricolo con oliveti, vigneti, orti e un oleificio; sono presenti nella zona diverse aziende agricole che subirebbero un danno all’immagine e un danno economico; la Via Carlo corso sarebbe inserita all’interno del cammino di Francesco e l’amministrazione comunale intende siglare un accordo di programma per entrare in un ampio progetto pubblico e privato per il rilancio della via di Francesco e del turismo lento.

Si deve riconoscere, quindi, che la motivazione del parere negativo è congrua e ben articolata.

Non si può dire lo stesso sulla completezza dell’istruttoria che ha condotto a tale motivazione.

Suscita perplessità, innanzitutto, la premessa della delibera impugnata laddove, attribuendosi rilevanza alle recenti elezioni amministrative, si ammette la impossibilità di una istruttoria adeguata e tuttavia si esprime una prima valutazione dalla quale sarebbero emerse criticità tali da far mutare il segno del parere, da positivo a negativo.

Sembrerebbe, dunque, essere stata espressa, con la delibera impugnata, una prima e sommaria valutazione, in carenza di una completa cognizione dei presupposti di fatto.

Le perplessità sono rafforzate da alcuni elementi di fatto, contestati dalla difesa della ricorrente con argomenti di una certa rilevanza.

Le considerazioni comunali sull’area interessata dal progetto come paesaggio agrario di valore, come tale individuato dal piano territoriale paesistico regionale, non sono sostenute da vincoli specifici, con riferimento a beni paesaggistici determinati.

La documentazione fotografica allegata dalla ricorrente sembra dimostrare una sostanziale indistinguibilità tra la zona individuata come industriale dall’amministrazione comunale e quella qualificata come paesaggio agrario di valore.

Il riferimento alla produzione, nell’area interessata dal progetto, di olio di oliva extravergine con certificazione DOP risulta smentito dal documento, rilasciato dalla stessa amministrazione comunale il 16 maggio 2017, in atti, che esclude la presenza nel territorio comunale di certificazioni di aziende agricole con produzione di qualità dell’olio d’oliva DOP o DOC.

Lo stesso riferimento al cammino di San Francesco e al turismo lento sembra più una dichiarazione di intenti, seppure tradotta in un accordo di programma, che una realtà efficacemente ostativa alla localizzazione del progetto.

Le considerazioni sulla utilità pubblica dell’opera, da valutare in base a determinati parametri, nonché le intenzioni dell’amministrazione comunale di avviare una revisione del piano regolatore generale, sembrano rimandare ad una valutazione ancora incompleta, destinata a perfezionarsi con una più accurata valutazione dei fatti, quindi inidonea ad esprimere un definitivo arresto procedimentale al progetto.

In conclusione, ferma restando la discrezionalità amministrativa nella valutazione della compatibilità urbanistica del progetto, si deve ritenere che la delibera impugnata sia stata adottata in difetto di una istruttoria adeguata sulla reale situazione del territorio.

Di conseguenza, il ricorso merita accoglimento e il provvedimento impugnato deve essere annullato al fine di consentire all’amministrazione comunale il rinnovato esercizio del potere sulla base di una approfondita ed esaustiva acquisizione di tutti gli elementi di fatto rilevanti.

Con il ricorso numero di registro generale 14.684 del 2019 la stessa parte ricorrente impugna la determinazione regionale del 9 settembre 2019 avente ad oggetto la procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi dell’articolo 27 bis del decreto legislativo 152 del 2006 e del decreto ministeriale 52 del 2005 relativa allo stesso progetto per la realizzazione di un impianto di trattamento di rifiuti inerti.

Il provvedimento impugnato è stato adottato dall’amministrazione regionale in applicazione della delibera di giunta regionale numero 132 del 2018 che prescrive l’acquisizione della conformità urbanistica del progetto prima della presentazione della istanza per la valutazione di impatto ambientale.

Il provvedimento regionale, quindi, si pone come atto dovuto, essendo ostativo alla valutazione di impatto ambientale il parere contrario espresso dall’amministrazione comunale sulla variante urbanistica necessaria per la compatibilità del progetto sul piano urbanistico.

Avverso il provvedimento impugnato la ricorrente deduce 3 motivi di impugnazione:

Con il 1° motivo, violazione della legge sul procedimento amministrativo, essendosi già consumato, ad avviso della ricorrente, il potere comunale di esprimere parere sul progetto, essendo in corso la fase successiva alla pubblicazione dell’avviso, nella quale possono essere presentate osservazioni cui controdedurre esclusivamente in sede di conferenza di servizi.

Con il 2º motivo, violazione dell’articolo 21 quinquies della legge sul procedimento amministrativo non essendovi i presupposti per la revoca del precedente parere comunale.

Infine, con il 3º motivo, violazione dell’articolo 10 bis della legge sul procedimento amministrativo, per difetto di motivazione e di istruttoria rispetto alle osservazioni presentate dalla società interessata.

Le censure procedimentali mosse dalla parte ricorrente sono prive di fondamento, trattandosi, come già chiarito, di un atto vincolato, adottato dall’amministrazione regionale in esito a una istanza di valutazione di impatto ambientale non sorretta da un favorevole parere di compatibilità urbanistica.

Il ricorso, di conseguenza, deve essere respinto.

Ciò non può impedire alla ricorrente di riproporre l’istanza per la realizzazione dell’impianto, essendo stata accertata, nella decisione del connesso ricorso, la illegittimità, sotto il profilo del difetto di istruttoria, del parere contrario comunale.

Pertanto, il rigetto del ricorso contro il provvedimento negativo regionale non può essere interpretato in senso preclusivo per la riedizione del procedimento amministrativo di interesse della ricorrente.

In conclusione, il ricorso numero di registro generale 14.632 del 2019 deve essere accolto e, per l’effetto, deve essere annullato il parere comunale impugnato.

Il ricorso numero di registro generale 14.684 del 2019 deve essere respinto.

Le spese processuali dei ricorsi connessi, tenuto conto della complessità nel caso, devono essere interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti:

Riunisce il ricorso numero di registro generale 14.684 del 2019 al ricorso numero di registro generale 14.632 del 2019.

Accoglie il ricorso numero di registro generale 14.632 del 2019 e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Rigetta il ricorso numero di registro generale 14.684 del 2019.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio da remoto del giorno 22 giugno 2020 con l’intervento dei magistrati:

Mariangela Caminiti, Presidente FF

Ines Simona Immacolata Pisano, Consigliere

Antonio Andolfi, Consigliere, Estensore

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