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Principi sull’applicazione del divieto di remunerazione per il conferimento di incarichi al personale in quiescenza

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DFP-0036607-P-28/05/2021

 

Alla Società controllata omissis

E, p.c. all’ANAC

Ufficio del Presidente

protocollo@pec.anticorruzione.it

Al Comune omissis

Ufficio di staff del Direttore Generale

Settore delle società partecipate

 

Oggetto: Parere in merito alla portata applicativa dell’articolo 5, comma 9, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, relativamente alla carica di amministratore unico della società di servizi territoriali del Comune omissis.

Si fa riferimento alla nota dell’ANAC omissis del omissis, acquisita in pari data al protocollo DFP n. omissis, con la quale si trasmette  – per competenza – un quesito posto all’Autorità da parte della Responsabile per la prevenzione della corruzione della società controllata dal Comune omissis, denominata omissis, in merito all’applicabilità dell’articolo 5, comma 9, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, alla carica di amministratore unico di detta società. In particolare, si chiede se sia possibile attribuire un compenso al soggetto che attualmente ricopre l’incarico e che risulta essere percettore di una prestazione pensionistica.

In merito a tale aspetto, nell’ambito dei poteri di indirizzo in materia di lavoro pubblico attribuiti dalla legge al Dipartimento della funzione pubblica, si rappresentano di seguito alcune indicazioni generali in ordine all’interpretazione della disciplina applicabile in materia, al fine di supportare l’ente nelle determinazioni da assumere nell’ambito della propria autonomia organizzativa e nell’esercizio delle sue funzioni gestionali, esulando, infatti, dalla competenza dello scrivente Ufficio la risoluzione di singole fattispecie.

In linea generale, il richiamato articolo 5, comma 9, prevede il divieto per le pubbliche amministrazioni di conferire incarichi direttivi, dirigenziali, cariche in organi di governo, incarichi di studio o consulenza, a soggetti già lavoratori pubblici o privati, collocati in quiescenza. La norma prevede, altresì, che le amministrazioni non possano conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo sia delle stesse amministrazioni che degli enti e società da esse controllati. Tale divieto non è però assoluto, in quanto è fatta salva la possibilità di conferire tali incarichi o cariche a titolo gratuito e, con specifico riguardo agli incarichi direttivi e dirigenziali, con il limite di durata annuale. Al fine di fornire indicazioni interpretative e attuative, il Ministro pro tempore per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha elaborato sul tema due circolari: la n. 6 del 2014 e la n. 4 del 2015 (a seguito delle modifiche alla disciplina introdotte dall’articolo 17, comma 3, della legge n. 124 del 2015).

Preliminarmente, deve tenersi presente che il menzionato articolo 5, comma 9, ha una duplice ratio: da una parte, è chiara la volontà di favorire il ricambio generazionale, con particolare riguardo alle figure di vertice delle amministrazioni pubbliche largamente intese, e dall’altra, quella di rispondere ad una esigenza di contenimento della spesa pubblica.  La componente relativa al ricambio generazionale deve considerarsi prioritaria, in quanto la disposizione mira ad evitare che il conferimento di alcuni tipi di incarico sia utilizzato dalle amministrazioni pubbliche per continuare ad avvalersi di dipendenti collocati in quiescenza o, comunque, per attribuire a soggetti in quiescenza rilevanti responsabilità nelle amministrazioni stesse, aggirando di fatto lo stesso istituto della quiescenza e impedendo che gli incarichi di vertice siano occupati da dipendenti più giovani. In definitiva, la norma non è volta a introdurre discriminazioni nei confronti dei pensionati, ma ad assicurare il fisiologico ricambio di personale nelle amministrazioni.

Tanto premesso, come suesposto, la disciplina comprende nel divieto di remunerazione anche le cariche negli organi di governo delle amministrazioni stesse o delle società da esse controllate. Le cariche sono quelle che comportano l’esercizio di effettivi poteri di governo: ci si riferisce, senza dubbio, al ruolo di Presidente, Amministratore o Consigliere d’Amministrazione presso le stesse amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dell’elenco ISTAT e delle società da esse controllate. In questo ambito, giova rammentare quanto previsto dall’articolo 11 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 che, al comma 1, prevede che, per i componenti degli organi amministrativi e di controllo di società a controllo pubblico, resta fermo quanto previsto dall’articolo 5, comma 9, del citato decreto legge n. 95 del 2012.

Con riferimento alla locuzione “soggetti già lavoratori pubblici o privati collocati in quiescenza”, contenuta nella disposizione, con il termine «lavoratori» devono intendersi, alla luce di un consolidato e condivisibile indirizzo della giurisprudenza contabile [1], sia dipendenti che autonomi, a prescindere dall’attività lavorativa svolta precedentemente il collocamento in quiescenza “in coerenza, peraltro, con la ratio della disposizione di conseguire risparmi di spesa.”.

 

Questione rilevante riguarda la possibilità, già rappresentata nelle circolari interpretative menzionate, che la disposizione non impedisca a soggetti in quiescenza, che abbiano superato il limite di età previsto dal proprio ordinamento, di concorrere per un impiego in una pubblica amministrazione, relativo a una carriera nella quale il limite ordinamentale sia superiore a quello dell’ordinamento di provenienza. Tale possibilità deve però realizzarsi attraverso il superamento di un concorso pubblico che abbia come obiettivo il reclutamento di personale stabile all’interno della struttura organizzativa dell’amministrazione stessa. In tale ambito, infatti, la locuzione “accesso agli impieghi” non può intendersi come sinonimo di conferimento di un incarico o nomina ad una carica, seppure queste ultime scaturiscano da una selezione pubblica. La distinzione delle due fattispecie risiede, infatti, nella “stabilità” della posizione acquisita attraverso il superamento del concorso pubblico che ha come obiettivo quello dell’immissione in un ruolo che comporti il dispiegarsi di una carriera.

 

Con riferimento, in ultimo, alla corresponsione del trattamento retributivo per coloro che nell’arco temporale dello svolgimento dell’incarico o della carica accedono alla pensione, d’ufficio oppure per autonoma volontà, deve tenersi in conto che in tale situazione si determina la sussistenza, nell’arco del periodo di vigenza della carica o dell’incarico, di due condizioni differenti per il soggetto: quella precedente e quella successiva all’accesso al trattamento pensionistico. In tale situazione, a parere dello scrivente e anche a seguito di consolidata giurisprudenza contabile, ci si deve riferire alla ratio di contenimento della spesa pubblica sottesa alla disciplina. Infatti, “la modifica di status del soggetto incaricato (da dipendente a pensionato) nel corso dell’espletamento del mandato e, quindi, la “sopravvenienza” di una situazione giuridica diversa rispetto a quella inizialmente considerata all’atto del conferimento dell’incarico, determina l’obbligo di applicare la normativa prevista per lo status sopravvenuto, con la medesima decorrenza e col prescritto regime di gratuità.”[2]

Sul punto, anche il Consiglio di Stato, nell’Adunanza della Sezione Prima del 15 gennaio 2020, si è recentemente espresso in questa direzione, chiarendo infatti che: “nell’ipotesi in cui venga conferito incarico ad un soggetto ancora in servizio, per evitare elusioni, al momento della collocazione in quiescenza il rapporto debba trasformarsi in un rapporto a titolo gratuito. Ed invero, ai sensi dell’articolo 5, comma 9, terzo periodo, gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti dello stesso comma 9 sono comunque consentiti a titolo gratuito.”[3].

Quanto precede, come detto, ai fini delle definitive valutazioni di codesto Ente.

 Il Direttore dell’Ufficio

F.to Riccardo Sisti

 


[1] In questo senso, ad esempio, Cfr. Corte dei conti Lombardia Sez. contr n. 425/2019, n. 180/2018, n. 148/2017, Sez. Piemonte n. 66/2018, Sezione Puglia n. 193/2014.

[2] Corte dei conti – Sez. Reg. di controllo per la Lombardia, deliberazione 30.01.2019 n. 28/2019

[3] Consiglio di Stato, Sezione Prima, Adunanza di Sezione del 15 gennaio 2020-Numero 309/2020 – numero affare 01708/2019.

Massima

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