20/12/2017 – Contenuto e limiti operativi dell’ordinanza di demolizione

Contenuto e limiti operativi dell’ordinanza di demolizione

di Giuseppe Cassano – Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics

 

Adito per la riforma della sentenza resa dal T.a.r. Campania, Napoli, sez. III, n. 6581 del 2007, concernente la demolizione di talune opere edilizie abusive, il Collegio di Palazzo Spada richiama e fa proprio l’insegnamento di recente espresso dall’Adunanza Plenaria n. 9 del 2017.

Ivi si è affermato, espressamente, il seguente principio di diritto: “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino”.

L’Adunanza Plenaria, in tale importante arresto:

– ha confermato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui gli ordini di demolizione di costruzioni abusive, avendo carattere reale, prescindono dalla responsabilità del proprietario o dell’occupante l’immobile (l’estraneità agli abusi assumendo comunque rilievo sotto altri profili), applicandosi anche a carico di chi non abbia commesso la violazione, ma si trovi al momento dell’irrogazione in un rapporto con la res tale da assicurare la restaurazione dell’ordine giuridico violato (Consiglio di Stato, sez. VI, 26 luglio 2017, n. 3694);

– ha precisato come la mera inerzia da parte dell’amministrazione non ingeneri un’aspettativa giuridicamente qualificata in capo al titolare dell’immobile abusivo. Il tempo trascorso (in ipotesi, anche rilevante) fra il momento della realizzazione dell’abuso edilizio e quello dell’adozione dell’ordine di demolizione non determina l’insorgenza di uno stato di legittimo affidamento e non innesta in capo all’amministrazione uno specifico onere di motivazione (Consiglio di Stato, sez. III, 27 marzo 2017, n. 1386Consiglio di Stato, sez. VI, 6 marzo 2017, n. 1060).

– ha affermato che il carattere del tutto vincolato dell’ordine di demolizione (che deve essere adottato a seguito della sola verifica dell’abusività dell’intervento) fa sì che esso non necessiti di una particolare motivazione circa l’interesse pubblico sotteso a tale determinazione. Inoltre, il provvedimento di demolizione non deve motivare in ordine a un ipotetico interesse del privato alla permanenza in loco dell’opus (Consiglio di Stato, sez. VI, 21 marzo 2017, n. 1267).

Orbene, in ragione del fatto che la demolizione degli abusi edilizi non richieda nessuna specifica motivazione (necessaria invece in casi di contrarie determinazioni) e che l’ordine di demolizione di opera edilizia abusiva è sufficientemente motivato con l’affermazione dell’accertata abusività del manufatto, ne consegue che la repressione degli abusi edilizi è espressione di attività strettamente vincolata e non soggetta a termini di decadenza o di prescrizione.

In altre parole, la misura repressiva intervenire in ogni tempo, anche a notevole distanza dall’epoca della commissione dell’abuso.

Invero, l’illecito edilizio ha carattere permanente, che si protrae e che conserva nel tempo la sua natura, e l’interesse pubblico alla repressione dell’abuso è “in re ipsa”.

Di conseguenza l’interesse del privato al mantenimento dell’opera abusiva è necessariamente recessivo rispetto all’interesse pubblico all’osservanza della normativa urbanistico-edilizia e al corretto governo del territorio.

In altro passo della decisione qui in esame si osserva e precisa come, nell’ingiunzione di demolizione, sia necessaria e sufficiente l’analitica descrizione delle opere abusivamente realizzate, così da consentire al destinatario della sanzione di rimuoverle spontaneamente.

Ogni altra indicazione esula dal contenuto tipico del provvedimento non occorrendo, in particolare, anche la descrizione precisa della superficie occupata e dell’area di sedime da confiscarsi in caso di mancata spontanea esecuzione; elementi questi, invece, necessariamente afferenti alla successiva ordinanza di gratuita acquisizione al patrimonio comunale.

Si è precisato, ancora, in giurisprudenza che:

– “Mentre per l’area di sedime l’automatismo dell’effetto acquisitivo, che si verifica “ope legis” a seguito dell’inottemperanza all’ordine di demolizione, rende superflua ogni motivazione sul punto ulteriore alla semplice identificazione dell’abuso, l’individuazione dell’ulteriore area va motivata, volta per volta, con l’esplicitazione delle modalità di delimitazione della stessa, proprio perché il legislatore non ha predeterminato, se non nel massimo, l’ulteriore area acquisibile, ma ha indicato un criterio per determinarla rapportato alla normativa urbanistica rilevante nel singolo caso; viene, dunque, delineato un procedimento di determinazione della c.d. pertinenza urbanistica da condurre di volta in volta sulla base di criteri di individuazione che tengano conto di quanto previsto dalle vigenti disposizioni urbanistiche “per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive. (Consiglio di Stato, sez. VI, 5 aprile 2013, n. 1881sez. V, 17 giugno 2014, n. 3097)” (T.a.r. Lazio, Roma, sez. II quater, 29 maggio 2017, n. 6377);

– “la notifica dell’ordine di demolizione al proprietario, oltreché all’autore dell’abuso edilizio, è il presupposto necessario per il successivo provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale, in quanto questo secondo atto costituisce una sanzione per l’inottemperanza alla demolizione, che non può essere pronunciata nei confronti di chi non sia stato destinatario dell’ordine di demolizione, per cui la mancata notifica al proprietario dell’ordine di demolizione non inficia la legittimità dello stesso, ma preclude l’emanazione del provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale” (T.a.r. Campania, Napoli, sez. VIII, 21 ottobre 2016, n. 4808);

– “nei procedimenti preordinati all’emanazione di ordinanze di demolizione di opere edili abusive non trova applicazione l’obbligo di comunicare l’avvio dell’iter procedimentale in ragione della natura vincolata del potere repressivo esercitato, che rende di per sé inconfigurabile un qualunque apporto partecipativo del privato (che gli appellanti per la verità evocano, ma in termini del tutto generici). In questo senso va così intesa la ricorrente affermazione del medesimo Consiglio di Stato, secondo cui le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo non vanno applicate meccanicamente e formalmente (così testualmente, fra le tante, sez. IV, 17 settembre 2012, n. 4925, proprio con riguardo all’ipotesi del provvedimento vincolato)” (Consiglio di Stato, sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4279);

– “secondo la Giurisprudenza, ai sensi dell’art. 31 T.U. Edilizia (già L. 47 del 1985), il titolo per l’immissione in possesso del bene e per la trascrizione nei registri immobiliari è costituito dall’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire, ma per tale atto deve intendersi non il mero verbale di constatazione di inadempienza, atteso il suo carattere endoprocedimentale e dichiarativo delle operazioni effettuate durante l’accesso ai luoghi, ma solo il formale accertamento, che faccia proprio l’esito del verbale e che costituisca, quindi, il titolo ricognitivo idoneo all’acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio comunale delle opere edilizie abusivamente realizzate (Consiglio di Stato, Sez. V, 17 giugno 2014 n. 3097)” (T.a.r. Sicilia, Catania, sez. I, 23 aprile 2015, n. 1118).

Cons. di Stato Sez. IV, 11 dicembre 2017, n. 5788

D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (G.U. 20 ottobre 2001, n. 245)

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